31 luglio 2006

Torino capitale mondiale del libro con Roma

Sì evviva, e oggi ho girato 3 ore per cercare un libro che qui, capitale mondiale ecc ecc, non ho trovato, e a Firenze esiste in due enormi librerie del centro. Ok, era un libro di informatica che qui è un po' bistrattata e relegata in un angolino, però che nessuno mi venga a chiedere come mai compro i libri online. Mi piace andare per librerie quando non devo comprare nulla, ma se cerco non trovo.
Torino capitale del fancazzismo, ora e sempre, in saecula saeculorum. Amen.
Nelle notti di luna piena ti penso molto intensamente
E le stelle stanno a guardare.

Visula Basic


Firenze ha l'odore di asfalto caldo e il sapore di pelle salata. L'amore è amaro e dolce.
Ci accoglie come turisti e occhieggia un po', complice di dolci risvegli alle quattro del mattino e nottate avvinghiati come polipi. Anche i capelli avvinghiati. Anche i pensieri intrecciati.
Il mondo è una grossa ostrica e noi siamo le perle, ne calpestiamo il suolo ruzzolando e sbattendo contro i bordi. Noi.
Venerdì sera il treno ci regala altri 40 minuti di ritardo. Con coraggio decido di mangiare un piatto di pasta al "pasta express", un distributore automatico di pasta. Sì, lo so, nemmeno a Torino ci sono. Te inserisci i soldi (dai 3 ai 4 euro a seconda del piatto) e lui prepara la pasta in vaschetta e scalda quanto deve. Devo dirlo, ho mangiato paste peggiori.
Poi di corsa, al teatrino. Il teatrino Scribe è un locale molto carino, attualmente deserto, dove una birra media ha un prezzo ragionevole e raro di 2.50 euro. Dentro ci siamo solo io, Roccio, Giorgio e Melania che ci spiega con poco fervore il programma estivo delle vacanze.
Tra parentesi, oggi Minchietta Uno e Ducci sono partiti per Djerba. Chiusa parentesi.
Giorgio e Melania cruciverbizzano mentre l'hip hop spara nella sala allestita con drappi leopardati e lampade a forma di luna. Degli spermatozoi e un ovulo stilizzati e luminosi fanno da luce al bordo del bancone.
Dopo un birrone ci congediamo anche noi.
Sabato ha una sopresa in serbo. Di sera arriverà Snoopy con la sua donnina, la Ballerina. Finalmente la conosco, e Roccio conoscerà Snoopy e Snoopy Roccio e così via, verso l'infinito e oltre.
Sabato è stato difficoltoso avvicinarsi al centro. Mentre al mattino il nostro solito giro al centro commerciale ci ha regalati una pasta che pesante è dir poco (abbiamo passato tutto il pomeriggio cercando di digerirla anche ingerendo una quantità incredibile di idraulico liquido, ma non è servito a molto), il pomeriggio, con qualche nuvola e due gocce d'acqua ci ha fatto desistere dalla passeggiata in centro. Peccato, eravamo quasi arrivati. Ma decidiamo di tornare indietro. Immaginate beccare un temporale e dover ancora camminare per un tot di chilometri fino alla macchina. Torniamo a casa, cerchiamo un cd che non abbiamo trovato, ovviamente, e poi ci riproviamo. Centro? Centro.
Parcheggiato sul lungarno e appropinquati al parchimetro, un volatile di dubbia salute intestinale decide di regalarci quei due o tre chili di merda che ci colpiscono di rimbalzo. Non so se fosse un piccione. Dal volume della cagata per me poteva anche essere un cigno reale con problemi intestinali gravi. Entrambi pieni di merda ci guardiamo e ridiamo. Ridiamo più che altro per soffocare l'istinto di arrampicarci lungo la parete del palazzo come lucertole e arrivare al nido del dubbiovolatile per farne una deliziosa cena da consumare in compagnia.
Cosa fare? Tornare a casa, potrebbero scambiarci per una nuova versione a dimensione umana di Mr. Hankey di South Park. Ci si cambia e ci si lava e ci si riprova. Ce la faranno i nostri eroi? Sì, ce la fanno. Andiamo a prendere Giorgio in ufficio, e ne approfittiamo anche per usare il bagno. Tra poco si va a cenare alla festa dell'unità. Intanto scopro che Snoopy sta arrivando, ci raggiunge alla Fortezza, hanno fame!
Io invece dopo la pasta della giornata non ho molta fame, però lo dico: guardare tutti quei panini, salsicce e cose simili mi ha aperto un po' lo stomaco.
Snoopy si avvicina, ormai è entrato alla festa dell'unità. Lo scopro con lo sguardo e gli corro incontro. Woodstock.
Ci abbracciamo e poi saluto la sua donnina. Bella, alta, magra, a tratti sofisticata ma non troppo. Mi piace, e molto. Ha quel fascino che solo le ballerine possiedono e quando cammina, o quando mangia, o quando parla, o quando gesticola, trasforma ogni cosa in un minuscolo balletto. Snoopy è visibilmente più sereno, e questo non può che farmi felice. Compagni di sventura, ma anche compagni di gioia, ora.
Ci sediamo e mangiamo e ci raggiunge Stephen. Notarlo non è difficile. Stephen è magrissimo, molto pallido e ha un volume cranico non indifferente. Una testa con due gambe, magre e sottili.
La serata è allegra, profuma di salsicce arrosto e sa anche di salsicce arrosto. Il rumore è anche quello delle salsicce arrosto. Sarà che è uno scoppiettio di carne ovunque, odore di carne ovunque, sapore di carne anche sulle labbra di Roccio. E' molto bello essere lì tutti insieme. Accenti e storie diverse. Giorgio con accento napoletano, io e Snoopy torinese, Ballerina veneto, e i toscani. Che allietano l'aria di "c" aspirate, tra uno scoppiettio di carne e l'altro.
Il giorno dopo prendo il treno delle 17, c'è ancora tempo per passeggiare, finire ancora in libreria, guardarsi ancora un po'.
L'amore è amaro e dolce.
Anche la vita è amara e dolce.

Canzone del giorno: I'm Not a Girl, Not Yet a Woman Britney Spears

28 luglio 2006

Curiosa

All'età di 10 anni ho trovato un opuscolo che ha segnato in modo significativo tutta la mia vita. Mia sorella, assidua lettrice di "Cioè" lo aveva trovato come inserto. Una piccola guida a incantesimi e simili, che comprendeva anche una brevissima guida ai tarocchi, alla lettura della mano, dei fondi del caffè. E chi più ne ha più ne metta.
Non avendo dei soldi per comprare un vero mazzo di tarocchi (che poi andrebbero regalati) ho cominciato a scarabocchiare con una penna su carta i 22 arcani maggiori e a ritagliarli per avere il mio piccolo mazzettino su cui poter sperimentare. Mio padre mi guardava allibita e bofonchiava. Ma io disegnavo. Ecco La Torre, ecco La Morte, ecco Il Diavolo, ecco Il Sole, e così via. Un giorno mi sono trovata in libreria, non a caso, allora come adesso ci passavo molto tempo. Acquistai un libro enorme sui tarocchi, che in regalo offriva un vero mazzo di tarocchi, comprensivo di arcani maggiori e minori. Ovviamente specificava che il mazzo era in regalo, giusto per togliere qualsiasi dubbio. Il libro, enorme, spiegava ogni singola carta e io, essere mononeuronale, ancora oggi se riprendo in mano i tarocchi non posso fare a meno di sfogliarlo. Il terzo occhio, di cui parla il volume, evidentemente non fa parte di me.
Cominciai ad entrare in una spirale fatta di curiosità da cui ancora oggi non esco (gli ultimi libri acquistati un paio di mesi fa riguardano la Wicca, incantesimi celtici, e i viaggi astrali). In particolare un giorno mi trovai in piazza Carlo Felice, quella che abbraccia la stazione di Torino Porta Nuova. Lì ci sono parecchie bancarelle che vendono libri usati e nuovi. C'erano tre volumi enormi, un trattato di Magia, su cui mi si posarono gli occhi. Fu amore a prima vista. Aprii il volume numero uno alla prima pagina. A matita una scritta "1.4.1981 Ecco il problema ed ecco i mezzi: andate avanti". Il fatto che io ricordi a memoria questa frase che a prim'occhio può sembrare stupida e banale, è molto indicativo. Quello che mi colpì fu il fatto che ci fossero scritti il mio mese e il mio anno di nascita. E la frase. Avevo diversi problemi in quel periodo e per quanto possa sembrare stupido, quell' "andate avanti" mi fu notevolmente d'aiuto. Comprai in blocco i tre volumi, anche se, ancora oggi, non ne ho letto nemmeno uno. Forse li ho sfogliucchiati qua e là, e devo dire che oggi mi è venuta una gran voglia di riaprirli. Arrivò il momento dell'I Ching, sempre in una di queste bancarelle (anzi, credo di avere due testi sull'I Ching). Poi veloce come un lampo un altro testo di magia bianca, magia egiziana, un "libro infernale", un manuale di stregoneria. Quest'ultimo fu fantastico perché non ero l'unica ad averlo. Anche la mia migliore amica lo lesse. Decidemmo di fare insieme dei pentacoli con la pergamena, atti a eseguire gli incantesimi che poi erano sul libro. I miei pentacoli sono ancora nel portafogli, e anche loro hanno una storia buffa.
Un giorno sul tram mi rubarono il portafogli. Complice anche il mio zainetto di peluche, di nome "Pellizza" davvero troppo facile da aprire. Dato che all'interno c'erano circa 4000 lire, non le rubarono neppure e il mio portafogli venne ritrovato al Mc Donald's della stazione Torino Porta Susa. Mi chiamò la polizia e andai a ritirarlo. Il poliziotto era giovane e carino e mi fece un mucchio di domande. Ovviamente loro controllarono tutto il contenuto. Lo controllai anch'io e non mancava davvero nulla. Poi però il poliziotto continuava a guardarmi, mi fissava proprio e alla fine attaccò:
"Ma cosa sono quei 'cosi' dentro la bustina gialla?".
Silenzio.
"Sono pentacoli".
"Cosa?"
Gli spiegai ogni cosa.
E lui: "Ma funziona?"
In verità non so se funziona. L'unico incantesimo preso da quel libro che volevo fare alla fine non l'ho più fatto. Dicesi incantesimo d'amore. Ci voleva un limone e non so quanti mila spilli, che io comprai. Con la casa piena di spilli e limoni decisi poi di non farne più nulla.
Idem per la magia egiziana. Dopo aver consacrato un numero di candele pari a quelle che potrebbero illuminare per intero il Duomo di Milano, una settimana sotto la luna crescente, dopo aver consacrato una boccetta di olio e una di sale e messo tutto in una scatola da scarpe ben sigillata (perché non devono assolutamente prendere luce), la suddetta scatola è finita in cantina ed è ancora lì, sigillata.
Poi arrivò la Wicca, già in età universitaria. La Wicca si sposa bene con lo spirito che è in me, quello spirito che si agita e si commuove per ogni cosa. La neve che cade, un fiore che sboccia, il grano maturo, le foglie che cadono.
La Wicca parte da un'idea di base che adoro. Ci sono un Dio e una Dea. E fanno sesso, tra le altre cose. Ecco perché gli ultimi libro che ho preso riguardano proprio la Wicca.
Piccola figura di merda, 14 anni circa. Sempre quell'opuscolo famoso di mia sorella trattava di incantesimi d'amore da fare con la verbena. Ovviamente nè io nè la mia amica sapevamo come cazzo fosse fatta la verbena, quindi di raccoglierla non se ne parlava. Decidemmo di andare in erboristeria. Peccato che la tizia era interessata all'utilizzo che dovevamo farne. Noi sparammo a caso "pediluvio per il babbo", ma non funzionò. All'ennesima richiesta dell'utilizzo che dovevamo farne, la mia amica sganciò e disse "E' per un incantesimo". La tizia, invece di mettersi a ridere, ci cazziò alla brutta maniera e noi uscimmo dal negozio con la coda tra le gambe.
In prima superiore mi avvicinai allo spiritismo e cominciai a fare le classiche sedute spiritiche, ma da sola. Provai la scrittura automatica dalla quale vennero fuori solo sgorbi e ogni tanto ciaciavo con qualche spirito di dubbio nome, ad esempio ricordo "Jim Morte". Ricordo che quando la monetica ha cominciato a viaggiare sulla tavoletta Ouija improvvisata sulla carta, segnando J I M M O R .. per un attimo ho pensato che fosse Jim Morrison, giuro. Poi però le ultime lettere mi fecero ricredere e lì smisi.
Non che io abbia intenzione di fare qualcosa, semplicemente la curiosità mi porta un po' più in là di quanto a volte vorrei.
Sto riflettendo su quanto io sia asociale in alcuni momenti, e fin troppo riservata con tutti. Parlo per ore senza dire nulla. Riesco solo a scrivere per sfogare.
I miei amici sono i soliti da decenni, o comunque da anni, e anche loro non sanno tutto. La mia specialità è raccontare quelle due o tre cose traumatiche che mi sono accadute: però non so se ho mai raccontato davvero a nessuno come ci si sente. Non riesco a ricordare di averlo detto. Forse però l'ho pensato forte.

27 luglio 2006

Blocco popup


Oggi mi ha chiamata Snoopy. Che bello! E' molto che non ci si sente, all'incirca 3 settimane al telefono e un po' di più con altri mezzi simil-informatici. Sta bene, stiamo bene, ed è passato molto tempo da quando ha ricevuto la mia mail in cui scrivevo "Mi sa che ho combinato un casino. Forse è meglio se vengo a trovarti". E lui, senza fare domande, ha accettato il mio autoinvito.
E con pazienza mi ha sorretta e fasciato più volte la testa, avvertita e poi vista mentre sbattevo il capoccione nei soliti spigoli, consigliata e guardata mentre, da vera testarda, mi ripetevo nello stesso frenetico loop faticoso dal quale difficilmente potevo uscire. Però si sa, gli amici assistono alle tue disfatte senza mai riderne, semmai sono sempre pronti con nuove garze a bendare nuove e vecchie ferite riaperte. E a farti dimenticare tutto con una sbronza leggera e due (tre) tiri. Se tutto va bene domenica o, spero, sabato sera ci raggiunge a Firenze. Conoscerò la sua stupenda donnina e lui conoscerà il mio stupendo Batman. Speriamo solo che Snoopy e Batman non si mettano insieme a cercare di sconfiggere il Barone Rosso o Joker se no siamo tutti perduti.

26 luglio 2006

Complimenti (è spaventoso..)!

Non ho parole.

Il rosa va di moda

Mentre la vicina del piano di sotto sta ascoltando Nino D'Angelo a tutto volume e io sto valutando seriamente un omicidio di massa (un palazzicidio) cerco di non morire cerebralmente scrivendo una qualsiasi cagata che mi svegli da questo piattume encefalografico. Il male alle chiappe, dovuto alla camminata montagnina, sta lentamente svanendo, e comincio a spellarmi come di consueto non appena prendo due minuti di puro sole senza crema (evidentemente 6 ore sono state troppe). Oggi ho annaffiato le mie carnivore che erano giorni che invocavano pietà. Purtroppo questo caldo ha mietuto alcune vittime.
Ricordiamole insieme,
Dionaea muscipula Pink Venus. Riposi in pace.
Dionaea muscipula comprata in inghilterra. Riposi in pace.
Sarracenia purpurea. Riposi in pace.
Riposino in pace, amen.
Ho una Sarracenia flava in stato avanzato di premorte (continua a dirmi che vede un tunnel con una luce in fondo), e alcune invece miracolosamente resuscitate.
Sono in uno stato di perenne gongolimento (non so se esiste il termine ma poco importa) e mi trascino col sorrisone ebete da una parte all'altra della casa e della città. Ieri pomeriggio ad esempio, in un momento di follia pura, considerata l'alta temperatura e l'umidità, ho optato per una passeggiata in centro. E chi ti vado a incontrare? RagnoB. Voglio dire, Torino non è Serracapriola (FG) che ha il suo popo' di 5000 abitanti esagerando e contando anche cani, gatti e galline. Torino ha il suo quasi milione di abitanti e suo centro è abbastanza grosso da contenere non Serracapriola ma Foggia intera. Ovviamente io non stavo camminando, ma correndo, e guardavo dappertutto tranne che dalla sua parte, senza contare che avevo l'mp3 alle orecchie a non so quanti mila decibel sparati dentro. Lei opta per una sbracciata più o meno visibile (forse dalla luna l'hanno vista, ma io, distratta come sono, l'ho notata appena con la coda dell'occhio). Lei deve comprare una camicia per il babbo. Occasione: un matrimonio. E se già è un'impresa titanica comprare qualcosa per se stessi, acquistare qualsiasi minchiata per qualsiasi altra persona è da pazzi. Ecco perché ai compleanni regalo sempre cose assolutamente inutili. Non posso sbagliare, una cosa vale l'altra. Purtroppo sono arrivata alla scelta della cravatta quando mi accorgo che devo tornare a casa, saluto in fretta RagnoB (a proposito, che cravatta hai preso?) e mi dirigo a casa.
Oggi non ho voglia di fare nulla, ma nulla. Ho un libro accanto da finire di leggere ma non l'ho ancora aperto. Ho scritto una piccola recensione sull'uscita montagnifera di domenica, che potete leggere qui e ho scritto un paio di cagate su questo blog. Che non fa mai male.

25 luglio 2006

Bonazza

Ho una nuova scritta sulla macchina. Dopo il "BONA", dopo il "BACIO", ora occhieggia fiera anche una nuova scritta "BONAZZA", sulla mia macchina.
Deo gratias l'ultima scritta mi è stata fatta da un amico che voleva completare l'opera iniziata chissà da chi e rendere la mia seicento una vera bat-mobile.
Ieri sera, per l'appunto, scopro che un mio caro amico di Salerno, sempre in viaggio per lavoro, si trova a Torino. Il suo albergo è vicino la stazione di Porta Nuova, quindi opto per un parcheggio in centro e una bella passeggiata fino a dove sta lui. Peccato che la zona dietro Porta Nuova è un po'.. come dire.. Diciamo che ti senti proprio in Marocco. La puzza di piscio la fa da padrone e non c'è un italiano nemmeno a pregare in cinese. Io sono al telefono e bado bene di non alzare gli occhi nemmeno un secondo. Guardo dritto o per terra e faccio finta che non esista nessuno, fino all'arrivo all'albergo. Un 4 stelle che però si smorza in quell'ambientazione puzzosa e poco italiana. Faccio uno squillo a Ovetto e lui mi risponde con uno squillo. Starà scendendo. Doppia cena per me, dato che lui non ha cenato. Strozzapreti, una bionda media e tante tante chiacchiere. In via Roma le luci sono accese ma in giro c'è poca gente. Prendiamo la macchina e gli faccio fare un breve giro del centro, prima di riaccompagnarlo in albergo. Sono estremamente cotta, e oggi penso anche che mi tocca lavare la macchina prima che qualcuno si spinga troppo in basso a scrivere volgarità sulla mia bat-mobile.

24 luglio 2006

Come siamo fatti (più o meno..)


Roccio



Io


Stephen


Francesca


Cosimo


Treni e seggiovie

Non c'è nulla di più bello di un sabato mattina che ti sveglia con il pensiero stupendo di qualcosa di ancor più stupendo che sta per accadere.
Quindi alla 13 sono in stazione, Torino Porta Nuova, aspettando un treno che, in ritardo come al solito, porterà un po' di spiaggia in questa calda e assolata Torino. Odore di ferro. Il mio sguardo perso all'orizzonte. Non lo vedo, non lo vedo, non lo vedo, non lo vedo. Cazzo, non lo vedo! E proprio in quel momento lui mi passeggia davanti ridacchiando. Nei suoi occhi una domanda chiara "ma dove cazzo stai guardando?".
Risate e abbracci e poi baci e poi ancora, abbracci e baci e risate.
Raggiungiamo il parcheggio, dove un parcheggiatore mafioso vuole che io paghi lui invece di infilare monete nel parchimetro, posiamo il suo zaino e andiamo a mangiare qualche schifezza al Mac. Un bigkevinbaconfootlosemaxi menù per lui e un happy meal per me. Poi andiamo al balon (mercatino delle pulci famoso a Torino), peccato che è già quasi tutto smontato e non si può notare quanto sia enorme, quanto sia rumoroso e colorato. Ogni tanto qualcuno dietro di noi emette questo suono "cs cs cs", e presto qualcun altro ci chiama per propinarci strane sostanze "Ehi! codino! fumo?".
Ritorniamo alla macchina e andiamo a fare spesa, centro commerciale più che pieno e io in completo blackout mentale. Cosa dobbiamo prendere? Assì, i panini per la scarpinata di domani, l'affettato, ma guarda, ci sono i cioccolatini belgi, dai prendiamo qualche lattina di cioccolatini, uh ma guarda, un videogioco di calcio con omini ciccioni, prendiamo anche quello, maionese? Massì. Sottilette? Pure quelle.
Siamo invitati a cena da Gianlu e Chiara, poco fuori Torino. Quindi ci avviamo tranquilli. Lei ha preparato cena per un esercito, pizza a gogò per tutti. Passiamo la serata in maniera molto allegra. Vino, birra, pizza e risate. Mi rendo conto che a modo loro sono una coppia straordinaria. Mi ricordano Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, si stuzzicano, si pizzicano, ma si vogliono molto bene e si vede.
Noi però ci dileguiamo non troppo tardi. L'indomani sveglia alle 5. Alle 6 dobbiamo essere da RagnoB e Rosa (ricordate il compleanno di RagnoB?) Alle 6.30 incontro con Minchietta Uno e Ducci. Alle 7.30 dobbiamo essere nel luogo di incontro segretissimo con altri amici, appassionati, carnivorofili e non. Roccio, poverino, è in coma totale. Già il mattino prima si era svegliato presto e la mia sveglia alle 4.30 di ieri non ha aiutato.
Il programma però non era molto complicato. Si arrivava lì e poi io, Roccio e chi voleva seguirci si andava su in seggiovia e si attendeva con ansia l'arrivo degli altri. Peccato che appena arrivati scopriamo che la seggiovia non funziona. Noooo. Io, animale di città, assolutamente non montagnina. Roccio, animale di città assolutamente non montagnino. Va bene, facciamo i coraggiosi e ci avviamo. La meraviglia della montagna però ci aiuta. Salamandre e rane, piante carnivore e paesaggi favolosi, ci aiutano un po' a sopportare le 3 ore di scarpinata. Per non parlare della compagnia. Roccio e Ducci si trovano e si piazzano in fondo alla coda. Chiacchierano, ma di cosa non si sa, dato che alla fine si confessano l'un l'altro di essere entrambi sordi. Luciano e Carlo avanzano spediti. RagnoB e Rosa camminano senza alcun lamento. Io e Minchietta Uno ci raccontiamo un po' di cose, delle sue future vacanze e ogni tanto passeggiamo indietro per andare a trovare i "nostri" un po' sfiancati dal cammino. Giuseppe & co. anche loro procedono a passo spedito. Il panorama è mozzafiato e il sole picchia, picchia parecchio. Sostiamo ogni tanto quel tanto che basta per riprendere fiato e riprendere a lamentarci del cammino, sempre scherzando. Alla fine la camminata è piaciuta a tutti e io sono la prima a dire di essere stata contenta di non aver preso la seggiovia.
Arriviamo su in cima, finalmente ci aspetta un primo lago. Ma. Lago. Bhe, palude. Il lago è un po' prosciugato e all'idea di proseguire e andare a vedere gli altri 12 laghi, in tutta risposta ci sediamo. E cominciamo io e Roccio a prepararci i panini, con i coltelli di plastica tagliamo in due il pane, poi mettiamo le fettine di prosciutto e poi ogni schifezza comprata. E tadà, apriamo anche una buona bottiglia di Chianti, anche per scaldarci visto che il sole è andato via e comincia a fare davvero freddo. Ancora 4 chiacchiere e un po' di risate ma il tempo (e in questo caso non metereologico) non gioca a nostro favore. Alle 17 Roccio ha il treno e dobbiamo ancora fare i biglietti, quindi alle 13 ci tocca scendere. Un po' ruzzolando a dire il vero. La discesa è meno piacevole della salita, ma ci da' il pretesto per foto nuove e divertenti. Io comincio a sentire davvero il sole picchiare. Roccio ha il viso più che rosso. Arrivati giù troviamo i nostri compagni che miracolosamente sono arrivati prima di noi. Scopriamo quindi che la seggiovia ha ripreso a funzionare per un pezzo e loro sono scesi giù con quella. Incredibile.
È comunque tardi e non ce la faremmo lo stesso col treno, quindi beviamo una birretta in un bar io, Roccio, RagnoB e Rosa (che prendono un gelato e un frappè), Minchietta Uno e Ducci, e Carlo. Poi scappiamo, ovviamente. In stazione troviamo un treno che parte alle 17.50. Mancano ancora 20 minuti, il tempo minimo per abbracciarci ancora. Sono state giornate faticose e bellissime e anche se siamo a pezzi, sempre vicini. Noi. Guardo il treno allontanarsi lentamente e torno a casa. Oggi sono qui, aspettando un altro weekend, un altro brevissimo istante di Noi, con la felicità nel cuore di chi sa che non sta sognando a occhi aperti, e che ora l'importante è tenersi stretti. E godersi ogni cosa.

22 luglio 2006

Thanksgiving

Ho il cuore che batte forte e non rallenta affatto.
Tachicardia. Emozione.
Mi sento come una bimba di 5 anni che sta per spacchettare il suo regalo più grosso e ambito. Ora però devo prepararmi. Porterò giù il cane, andrò a comprare le camole per i camaleonti, farò ogni cosa che va fatta.
Amo la mia vita e non la cambierei con quella di nessun altro. Amo me stessa, e molto, anche se conosco i miei difetti, tutti. Ma come in ogni amore che si rispetti, li accetto, e un po' amo anche loro.
Non puoi amare nessuno se non ami davvero te stesso. Volersi bene è la prima condizione necessaria per voler bene.
Eliminate piccole e grandi azioni autodistruttive si può dire di essere sulla buona strada. Accettare se stessi però è raggiungere la vetta più alta.
E a me mancano pochi pochi passi..

21 luglio 2006

Hallelujah

D'improvviso ogni cosa è svanita. Le sabbie del deserto mi inghiottivano lentamente lasciando solo la testa fuori dalla terra, a guardare con occhi impauriti il mondo. Il cielo azzurro, un tavolino di legno, la mia famiglia che accorreva a salvarmi.
Leggo sul blog di franci omi della sua registrazione di hallelujah e scarico la sua versione. Ed eccomi qui con i lucciconi. E anche la sabbia del deserto che mi inghiottiva non c'è più. Ora cammino sotto la luce del sole, che mi scalda e protegge. E domani...

Canzone del giorno: Hallelujah Versione Franci Omi

20 luglio 2006

Vicini mafiosi et altro

Dunque, dunque. Il colloquio di ieri è andato bene. Ma come al solito non è un lavoro che posso accettare. Si lavora da martedì a domenica, e io il weekend non voglio essere impegnata. Se mi serve trovare lavoro anche per andare più spesso a Firenze e poi non ci posso andare, questo non è il lavoro che fa per me.
Quindi scontenta lascio l'ufficio, ma con una piccola speranza in più.
Prima che colloquiassi con il signor Experimenta, mi chiama un'agenzia di lavoro interinale, per farmi un colloquio l'indomani stesso.
Quindi oggi.
Ma tornando a ieri: torno a casa un po' mogia, ma alla fine mai troppo triste. C'è sempre una via di uscita da ogni situazione.
Accendo il computer e sento urlare da fuori. Come ben sapete vivo in un palazzo altamente meridionale e mafioso, dove tutti si chiamano l'un l'altro dai balconi o dalle finestre. Sento una voce che urla "Carla". Credo di aver sentito male e faccio finta di nulla ma poi "Carla". E insomma, mi affaccio.
Il mio vicino di pianerottolo che apostrofa in maniera molto poetica "Carla, ma come cazzo si fa ad entrare nel BIOS?"
"Basta cliccare CANC all'avvio"
"Aspetta, vieni alla finestra più vicino"
Mi affaccio alla finestra più vicina al suo appartamento e lui si affaccia alla finestra accanto alla mia. Sporge il portatile e mi fa "Tiè, vedi cosa riesci a fare"
Forte, assistenza sul posto tramite finestra. Mai capitato.
Comunque alla fine gli avvio il computer ed entro nel BIOS, cambio le impostazioni di Boot della macchina e gli ripasso il computer. Devo pensare a farlo come lavoro.
Ieri sera sono uscita con l'Anonimo ungherese, da me rinominato ancora Anonimo Michele, per ricordarmi il suo nome. Lui scrive/scriveva sul blog. Appena tornato in Italia dal progetto Erasmus in Romania. Un matto. Ma non poteva essere altrimenti, dato che frequenta questo blog. Ieri sera appuntamento in piazza Statuto e una birra in un pub. Si chiacchiera del più e del meno, finchè non entriamo nel buco nero di Torino.
Ora, io amo la mia città. Trovo che sia bella, verde, spaziosa, ecc ecc. Solo che Anonimo non è innamorato di Torino. Ha una passione quasi morbosa per Torino. Il dialogo diventa monotematico: ChebellaTorinocittàdeiremaqualecazzodicittàgrigiaèbellissima
stupendatuttabiancapiazzeenormi.
Inutili i miei tentativi di cambiare discorso. Scopro che conosce alcune cose in più di me sulla città e rimaniamo d'accordo per andare a visitare il museo Pietro Micca, parte del quale si può ammirare sottoterra, nei vecchi cunicoli che circondano la cittadella dell'antica Torino.
Anonimo è matto, sul serio. Mi ricorda tanto Ivano, e quindi mi sta subito simpatico. Soprattutto per l'intraprendenza e il coraggio che ha avuto a venire qui, con 600mila lire in tasca e null'altro, da Taranto. Fa un mucchio di cose, snowboard, skate, pattini, giocoliere, ecc.
All'1 di notte siamo gli ultimi fortunati a godere di un gelato da Fiorio, un locale storico a Torino dove Nietzsche passava le giornate gustando gelati.
Un salutino veloce al palazzo col piercing, anche perché è tardi, oggi mi sono svegliata presto per il colloquio.
Il colloquio è stato... termine esatto "divertente". Non ho mai sorriso ai colloqui e oggi ho avuto mille spunti per farlo. Il nuovo lavoro sarebbe ideare mailing da mandare in giro e aggiornare il sito di questa piccola azienda che, fortuna vuole, si trova a pochi km da casa mia. Il tizio vuole sapere se sono in grado di scrivere qualcosa, ovvio. Allora gli dico che ho un blog. Così quando esco, garrula garrula e contenta, mi rincorre chiedendomi l'indirizzo del blog. Passano dei secondi lunghissimi ma alla fine cedo, ma specifico "guardi che io parlo schietto". Ride.
E ora sono terrorizzata all'idea che legga tutte le cazzate che scrivo.

piesse: stanotte qualcuno ha scritto sulla macchina "BONA". Su, avanti, chi è stato?

Canzone del giorno: Boadicea Enya

19 luglio 2006

Sono Casper

Non solo per il bianco cadaverico della mia pelle. Un fantasma, dentro casa. Ho un colloquio oggi pomeriggio a Experimenta. Non sono ancora riuscita a dirlo qui. Come del resto un mucchio di altre cose, per poi sentire mia mamma che si lamenta perché non sa nulla di me. È faticoso dirle qualsiasi cosa senza che interrompa sul tempo giusto di cottura delle patate, oppure chiedendomi se la pasta è al dente o scotta.
La comunicazione con mia sorella sta lentamente peggiorando, in quanto parlare con lei è ancora più difficoltoso che con mia mamma. Lei infatti da brava neomamma non stacca gli occhi di dosso alla piccola e i nostri dialoghi sono fatti all'incirca così:
"No, ti stavo dicendo che.."
"Carlotta, scendi da lì. Sì scusa dimmi"
".. ecco che alla fine è successo che..."
"Carlotta non lì che caschi"
"..insomma non sono più andata perché.."
"Scusa un attimo eh? Carlotta vuoi stare ferma?"
".. e basta"
Insomma, sono paziente e mi va bene ogni cosa, basta che poi non rompano i coglioni per sapere qualsiasi cosa su di me perché davvero poi mi scazzo.
Comunque, ritornando al punto principale ho un colloquio. Quindi ancora una volta incrociate le dita. È un lavoro estivo e va bene, mi basta per racimolare qualcosa per l'estate etcetc. Quasi quasi oggi mi ricompro la tinta che ho i capelli ormai sbiaditi, sognando questo sabato. Domenica gita in montagna a vedere le carnivore in natura. Due ore e mezza di cammino. Arriverò lì sciolta, se ci arrivo. Ma del buon chianti e una buonissima compagnia mi solleverà da qualunque fatica. Ma soprattutto sapere che un cuore batte in due anime.

Canzone del giorno: Why Dont' You Do Right Peggy Lee (Jessica Rabbit)

18 luglio 2006

È solo un lunedì

Quando i lunedì sono nient'altro che lunedì. Il primo giorno della settimana lavorativa in cui tutto può accadere: capita ad esempio che la macchina non parta, che sbagli a prendere il pullman, che la giornata al lavoro non cominci proprio bene, che al ritorno il pullman è bloccato per la strada da una serie di tifosi incazzati, e che quando scendi dal pullman numero 1, il pullman numero 2 parte in quell'istante e tu lo perdi.
Non preoccuparti, del resto è solo un lunedì. Sono stati progettati apposta per farti fare le ossa sugli altri lunedì che potrebbero essere peggiori.
Per quel che mi riguarda ieri non ho fatto nulla. Nulla nulla. Ho solo messo da mangiare ai camaleonti, ma non ho bagnato le piante, non sono uscita di casa, non ho letto, non ho fatto nulla. Mi sono riposata.
Del resto a non fare un cazzo ci si stanca.
Quindi ho acceso il pc con windows, quello ormai ammuffito che non accendo mai se non in casi disperati e ho cazzeggiato. Ho giocato (è davvero tanto che non tocco il pc per giocare). Poi ho attaccato il C64DTV e mi sono persa un po' tra i ricordi. Avanti, chi non ha mai avuto un commodore 64?
Io ricordo bene quando il mio babbo l'ha comprato. Dove abitavamo prima, sotto casa c'era un grosso negozio di elettrodomestici e mobili, Audisio. Noi ci abbiamo comprato tutto lì, ma tutto tutto. La tv, il videoregistratore, il frigorifero, il divano, la sorella, il cane, la tappezzeria, i criceti e qualche stronzata in meno di quelle che sto dicendo. Audisio era il negozio di fiducia: io ci andavo a comprare le videocassette vergini, le cassette vergini, le pile, i jack, le cuffie, ogni cosa: davvero. Quando ha chiuso mi è davvero spiaciuto. Mi piaceva un sacco andare da quel signore con i capelli bianchi, faccia conosciuta e familiare, quasi un amico consigliere. Te andavi e chiedevi "Perché questo costa meno di quello? Cosa mi consiglia tra le due cose?" E lui non cercava mai di liquidarti in due secondi, poi con noi era davvero gentile avendogli praticamente acquistato ogni merce possibile e immaginabile in pochi anni. Mio padre era del partito che "Se non funziona si compra nuovo". Così un giorno la tv è morta e lui è sceso da Audisio a prenderne una nuova.
Il commodore è stato un regalo per mia sorella. Noi non si navigava nell'oro ma abbiamo sempre avuto tutto. Anche il videoregistratore quando pochi ce l'avevano. E poi il mio babbo era geniale a comprare le cose giuste alle persone sbagliate. Difatti il commodore mia sorella lo usò davvero poco: ma indovinate chi ci passava intere giornate? Bravi. La sottoscritta.
Io non sapevo e non mi importava assolutamente nulla di cosa capitasse all'interno del grosso tastierone quando lo accendevi. Sapevo solo infilare la cassettina, scrivere "LOAD" e leggere "PRESS PLAY ON TAPE". Ai tempi non sapevo nemmeno che significasse. Io comunque premevo play e aspettavo. Aspettavo. Aspettavo. 8 minuti per caricare un gioco, un'eternità se si pensa che oggi bastano pochi secondi, e anche meno.
Poi la pausa, tornava lo schermo azzurro scuro su azzurro chiaro e te scrivevi "RUN" e magicamente compariva il gioco. Principesse da salvare, uomini in preda all'ira degli dei, palline che devono rimbalzare ovunque, mezzi spaziali che devono sparare a ogni cosa. Io ho dei ricordi molto belli di quel periodo. E questo aggeggino che Roccio ha preso a Firenze è eccezionale. Solo un joystick con dentro i giochi. Lo attacchi alla tv e va. Spaziale.
Poi si ruppe e venne abbandonato.
Qualche anno fa, io e il mio ex ne comprammo uno usato da una coppia che lo vendeva a qualcosa come 100 mila lire con incluse non so quante cassette. Per dirvi la quantità c'era una busta grossa tipo quelle mediaworld, piena di cassette. Ci passammo qualche pomeriggio ma poi lo rivendemmo anche noi. Un po' mi è dispiaciuto: insieme alle loro cassette abbiamo poi rivenduto anche le mie, che anche se ormai non me ne facevo nulla, erano comunque un ricordo.
Perché se il mio babbo era del partito di comprare tutto nuovo, io comunque sono del partito che non butta mai via nulla. Casa mia è un magazzino.
Come la mia testa.

17 luglio 2006

Le mie avventure con le FS

Sono proprio una ragazza fortunata. Da circa 3 anni viaggio assiduamente con i treni, praticamente ogni weekend, e non ho mai avuto particolari problemi di ritardi e simili. Tranne nelle ultimi tre fine settimana.
Tre fine settimana fa Roccio viene a Torino: treno in ritardo di 40 minuti.
Due fine settimana fa io vado a Firenze: treno in ritardo di 60 minuti.
L'altroieri, treno in ritardo di 50 minuti che mi ha fatto perdere la coincidenza a Bologna, ovviamente.
È stato stupendo perché invece dell'intercity ho preso apposta l'eurostar, ricordando il meraviglioso spot di trenitalia dove le vecchine sono sedute in questi sedili verdi pulitissimi e parlano di mondi meravigliosi dove i treni sono sempre puntuali, e alla fine esclamano "Attenzione, però: eurostar".
L'eurostar è l'equivalente di un albergo a 3 stelle, per prezzi. Per comfort un po' meno, dato che l'aria condizionata è tenuta talmente alta che ci camminano dentro i pinguini e il poggiatesta non serve a nulla e anche se tenti di dormire, tra freddo e stenti, la testa comincia a ciondolare non appena chiudi gli occhi.
Il treno parte da Torino puntuale: un buonissimo auspicio. Peccato che si ferma inspiegabilmente circa 10 minuti dopo, rimanendo così bloccato per mezz'ora. Attenzione, però: eurostar.
Quando poi riparte la situazione è meno che rosea, si ferma almeno 20 minuti a stazione e a Bologna ha ormai accumulato la bellezza di 50 minuti di ritardo.
A coincidenza persa mi affanno per cercare un treno. Ochei, c'è un altro eurostar che parte a minuti. Io però ho un biglietto per un intercity plus ma non ho tempo di passare in biglietteria a farmelo cambiare. Arrivo sul binario e il capostazione mi dice che non c'è problema, posso farlo sul treno, però non c'è posto. Nessun problema: è solo un'oretta, sto in piedi.
Arriva il capotreno, e reclama la differenza del biglietto. Un'ora di tragitto, io ho già un biglietto in mano pagato 8 euro. Lui mi dice "Sono 13 euro". Sbatacchio gli occhioni "Come, scusi?". "Sì" mi dice "sono 5 euro di differenza e 8 euro di tasse perché ha pagato sul treno". Ripeto "Scusi, ma il mio treno ha fatto 50 minuti di ritardo e ora devo ancora pagare 13 euro di differenza?"
Lui mi dice, sentite che genio del male "Ci sono tre treni che vanno a Firenze, poteva prendere il successivo e fare il biglietto in biglietteria".
Odio.
Io avevo già gli occhi lucidi per il nervoso, ma non importa. Pago e sto zitta. Intanto gli auguro almeno due settimane di emorroidi dolorose e molto sanguinolente. Ora per me l'importante è arrivare a Firenze senza uccidere nessuno, il resto è solo contorno.
Arrivata, questa volta a Santa Maria Novella. Meno male che c'è lui. Porcazozza, rischiavo davvero di uccidere il capotreno.
Il pomeriggio ci siamo arrischiati nell'ufficio dove lavorano il sosia di Stallman & co. Fatte quattro chiacchiere siamo andati a pappare e poi alla Festa dell'unità fiorentina, dove ho conosciuto il Cinfa e la sua donnina, Alanise.
Due birre e via, alla ricerca del bagno perduto. Ogni volta che bevo la birra la mia vescica smette di avere pudori. Anche lei.
Ogni tanto ci vuole, però. Il problema è che io reggo davvero poco. Certo, sto migliorando. L'anno scorso con due medie non ricordavo più come ero arrivata a casa. Adesso mi gira un po' la testa, mi scappa da morire la pipì, però ricordo tutto.
Oggi sono qui a Torino, aspetto l'estate, e mi godo la primavera. Ma forse l'ho già scritto. Maledetto Altzheimer.

16 luglio 2006

Per essere latinlover

Credo di sapere come si faccia ad essere dei perfetti latinlover.
Risparmiate i soldi che spendereste in lampade o cerette o palestra e compratevi un computer. Dovete cambiare mestiere e fare gli informatici.
Le donne degli informatici sono sempre (o quasi) delle turbofighe.
Pensavo a questo ieri sera, alla festa dell'unità a Firenze, mentre guardavo il sosia di Richard Stallman con la sua donna e il Cinfa con la sua donna, sosia di Alanise Morisette. Io e Roccio non valiamo in quanto entrambi informatici.
Entrambe, la ragazza di Stallman e Alanise sono molto molto belle.
Credo che ci sia anche un altro mito da sfatare. Sono pochi gli informatici che conosco che hanno i classici occhiali a fondo di bottiglia, con la schiena curva e che tirano costantemente su con il naso (e magari hanno anche la riga di lato): suvvia, i cosiddetti nerd. Che anche lì, tra i nerd, non è mica detto che siano tutti così, anzi.
Il fascino delle donne per il genio informatico ha radici oscure.
Riflettevo sul treno che anche io e Roccio siamo su pianeti diversi. Io non so proprio un cazzo di Windows e programmazione. Lui invece ne sa un sacco. Quindi lo ascolto affascinata quando cerca di spiegarmi qualcosa.
Che poi, sfatiamo anche quest'altro mito, e sfatiamolo davvero. Non sono una sistemista. Prima o poi lo incontrerò un vero sistemista che mi farà fare figure di merda, e dato che non voglio collezionare altre figure di merda perché l'album panini l'ho terminato, dirò a tutti che sono una grafica. Ma anche lì mi chiederanno "Fai siti? Fai web?". Allora diciamocelo: sono una grafica editoriale.
A proposito di figure di merda, ho scoperto che con due medie in corpo adesso ricordo le cose. Soprattutto le figure di merda che faccio.
Ieri sera alla seconda birra il Cinfa mi dice qualcosa. Io non capisco, e raccatto e metto come mi pare le uniche parole che afferro, che sono: "Solo due o tre foto", "Roccio", "fotomontaggi". Io traduco con "Ho solo due o tre foto di Roccio per fare i fotomontaggi". Mia geniale risposta "Dai allora ti mando qualche foto". E Roccio "Ma come? E' proprio quello che ti ha chiesto!".
Mi ricordo al mio unico anno di liceo, quando facevo le versioni di latino e le facevo a caso. Quando mi avanzava qualche parola la mettevo a casaccio, e devo dire non mi è stato di aiuto. Non mi è di aiuto nemmeno ora.
Ho davvero mille cose da raccontare ma ho poca voglia. Ho un mal di testa incredibile e non è per le birre. Stamattina ho dormito fino alle 13, una cosa da segnare sul calendario e fare festa nazionale. Aspetto l'estate godendomi la primavera.
Piesse: stasera ho giocato col commodore 64. Mi sono quasi commossa quando ho visto la schermata blu e la scritta "LOAD".
Che nostalgia.
A domani con le news che stasera non riesco a scrivere.

15 luglio 2006

Il mattino ha l'oro in bocca

Ieri sera io, Nicole, Gianluca ed Erika (una ragazza che non vedo da secoli che ha fatto un pauroso restyling su se stessa) siamo stati a casa di Ivano.
Ivano ha avuto una serie di difficoltà a ricordarsi il nome di Roccio, ma anche a ricordarsi che ero io quella che saltellava da Torino a Firenze, e non Nicole.
Prima gaffe:
costruisce un aeroplanino di carta, lo fa planare su Nicole e poi le dice (Nicole era stanchissima e si stava addormentando sul tavolino del bar): "Con questo aereo puoi andare a Firenze tutte le volte che vuoi". Alchè Nicole lo guarda con aria perplessa, io lo guardo con aria perplessa, lui mi guarda con aria perplessa ed esclama: "Ah, no, ma sei tu che vai a Firenze". Seguito ovviamente da un: "Com'è che si chiama?"
Seconda gaffe:
Serata finita, è tardi, ci salutiamo, baci e abbracci. Ivano abbraccia Nicole, sempre più stanca, oramai dormiva in piedi, e le dice: "Dai, non essere triste che domani lo vedi". Nicole lo guarda perplessa, io lo guardo perplessa, lui mi guarda perplesso e mi dice: "Ah, no sei sempre tu che vai a Firenze". E poi, immancabile: "Come si chiama già?".
Temo per il loro incontro. "Tu sei, mmm Carlaaaa com'è che si chiama?"
Scherzone della serata. Nicole scippa il telefonino a Ivano quando siamo al bar e me lo porge. Io lo nascondo in borsa. Ovviamente Ivano non se ne accorge.
Tornando indietro Ivano esclama "Dov'è il mio telefonino?" e poi "Dai stronzi, lo avete preso voi". Noi, con aria innocentissima, aureola e ali d'angelo "Ivi, lo avrai lasciato lì, vai a controllare". Lui corre al bar. Torna dopo qualche minuto: noi intanto gli avevamo spento il telefono. "Non c'è, dai, siete stati voi". Erika: "Proviamo a farlo squillare", Nicole: "È spento". Gianluca "Se è spento te l'han già fottuto". Io: "Ivi, non è che quando hai pagato lo hai poggiato un attimo sul bancone e poi lo hai dimenticato lì?" Ivi: "No, la barista dice che non c'era nulla"
Insomma alla fine mentre ci stiamo ridirigendo tutti al bar, Gianluca dice che "non ha voglia di tornare indietro" e io tiro fuori il telefono.
Tadà.
Nicole dice che il Chianti è afrodisiaco: dopo questa nuova affermazione sono state prenotate circa 3-4 bottiglie di Chianti. Un po' da portare su in montagna per il 23, quando scarpineremo per due ore e mezza in un posto di cui non ricordo il nome, ma ricordo le foto ed è un posto stupendo. Minchietta Uno dice che il vino in montagna è più buono. Immagino che poi per scendere ruzzoleremo giù.
Un po' per la serata del 22, in cui amici vecchi e nuovi sono stati prenotati per conoscere Roccio. Con Ivano ho quasi perso le speranze: se lo ricorderà?
Tornando verso casa, Gianluca mette un cd pieno di ricordi. Premetto che da piccina ero una fan degli Articolo 31. Ma non ero l'unica, piacevano un po' a tutti noi. In particolare ricordiamo Ivano che cantava sempre "Funky Tarro" e ripeteva sempre, sempre, sempre "Tipa, permetti una parola? Lo sai che c'hai una camminata che c'ho il cuore in gola". Eravamo piccini, non si parlava mai di lavoro, nessuno di noi sapeva cosa fosse, a parte Ivano che lavora dall'età di 14 anni. Passavamo i pomeriggi a pensare a cosa avremmo mai fatto da grande, a divertirci, suonare la chitarra e cantare alla Pellerina, prendere per il culo Gianluca che studiava sempre fisica, giocare a freesbe e a chiederci come saremmo stati 10 anni dopo e se ci saremmo frequentati ancora.
È bello sapere che 10 anni dopo siamo tutti qui, stessi sogni e speranze, ancora noi, che ci rivediamo il tempo di una birra e una pizza e per un attimo ci chiediamo ancora che cosa faremo mai da grandi. Un po' consapevoli che persone come noi, grandi non si diventa mai.
Canzone della serata, ovviamente: Funky tarro Articolo 31

14 luglio 2006

Silencio

Che giornata, quiete prima della tempesta.
Sto leggendo "Gli scarafaggi non hanno re" consigliato da Giàgià che ha chiuso i battenti del suo blog da un bel po' ormai.
Giàgià vedi di tornare. Te con le tue bici, le ciclofficine cazzi e mazzi.
Tra parentesi, se un giorno vorrete comprare una bici, lui fa delle robe fantastiche. La ciclofficina è questa qui: appena trovo un lavoro compro una bici da lui, il problema è portarla poi da Roma a Torino, ma è un altro paio di maniche.
La mia bici personalizzata piena di insetti e piante carnivore.

Finita parentesi bici. O quasi. Sto cominciando a farmi venire la voglia di imparare. Ricordo quante persone hanno provato a insegnarmi. I miei ultimi progressi risalgono agli ultimi anni delle medie/primi anni delle superiori: una mia cara amica mi ha dato la sua bici e mi ha detto "Vai, basta che pedali". In effetti era vero, bastava pedalare. Il mio problema? Girare. Non riesco proprio.
Tant'è che pensavo che Torino è fatta apposta con tutte queste strade dritte: posso andare per un bel po' di km sempre dritto e poi, a piedi, girare la bici e tornarmene indietro. Fattibile? No, mi sa che devo proprio imparare a curvare.
Finita del tutto parentesi bici.

Oggi, a 400 km di distanza sta capitando qualcosa che non so. Quindi sono un po' agitella. Spero di avere notizie a breve, il silenzio un po' distrugge.
Meglio che vada a pattinare.

13 luglio 2006

Voglio andare a vedere

il sacro bosco di Bomarzo e Villa Lante a Bagnaia.

Carla che sbatte i piedi

Fibonacci racconta

Era buio nella grande madrasa allagata di vino. Non è una metafora: dappertutto rigagnoli di rosso lambivano il tetro atrio.
Il tetro atrio venne aperto, la luce invase la stanza rivelando l’orrore. Quel che per tutti noi appariva come inconsistente, era in realtà un mix letale di psicofarmaci e film dei fratelli Vanzina.
Ma il film non era l’unico orrore della stanza, sul fondo si vedeva chiaro che qualcosa era stato lasciato a metà… l’oui-ja continuava a muoversi, resti di alcool sul pavimento, sangue, arance.
Improvvisamente l’oui-ja prese fuoco, ma questo non preoccupò i presenti, inebriati dal vino e distratti dalla retrospettiva cinematografica. Solo il più giovane del gruppo cercò di attirare l’attenzione sull’incendio che, nel frattempo, si stava propagando anche sulle pareti di legno canadese.
il ragazzo corse verso l’estintore, ma inciampò su una conchiglia.
Era una di quelle conchiglie con l’interno in madreperla.
Sentì il periostraco sbriciolarsi sotto di lui al momento dell’impatto col suolo e i suoi frammenti si conficcarono nel suo esile torace nudo.
Si rialzò quasi subito. Sul suo corpo non trovò nessun frammento; ma si accorse, gridando, di essere intrappolato nella spirale conchifera.
Il dramma continuò… Enrico Vanzina entrò nella stanza, lo guardò negli occhi… sputò.
Un gesto di disprezzo, subito terminato nelle fiamme. Quella conchiglia era forse maledetta?
Il ragazzo si strofinò gli azzurri
..."

12 luglio 2006

MetròTorino

Torno ora dal colloquio che non era un colloquio. Mi hanno fatto compilare il solito modulo che bisogna compilare in ogni agenzia interinale e stop.
Per portare il mio curriculum stampato alll'892424, invece, ho preso la metro.

Premetto che Milano non mi piace come città. Forse sono troppo legata allo stereotipo della città grigia e nebbiosa, come molti vedono Torino. Però ci sono stata un paio di volte e mi sono sentita soffocare. L'unica cosa che davvero apprezzo di Milano è la metropolitana. Ogni volta che ci vado non mi faccio mai venire a prendere alla stazione ma mi piace scendere in quei sotterranei quasi bui e sporchi. Sentire odore di.. credo che la metropolitana di Milano abbia un odore tutto suo, difficilmente traducibile. Ferraglia e sporco, misto a chiuso e muffa. E poi aspettare il treno che passa veloce e salirci sopra; cercare di guardare il buio fuori dai finestrini e vedere solo se stessi specchiati sui vetri.
La metro di Torino è un'altra cosa. È davvero *stupenda*.
Scendi le scale e la prima cosa che senti è questo odore di cosa nuova, stile centro commerciale appena aperto. La musica che si diffonde nell'aria è quella simile al suono di uno xilofono. Dling dling dling. In effetti sembra un centro commerciale.
Quando arrivi all'obliteratrice d'ingresso infili il tuo bel biglietto e lui lo risucchia, per poi sputarlo da un'altra fessura in alto. Qui non ci sono aste girevoli e simili, ma solo due porticine in plexiglass che si spostano di lato per farti passare, simili alle porte automatiche di qualsiasi modernissimo negozio. Non c'è quasi nessuno quaggiù, si sentono solo rumori lievi di passi e lo xilofono, o presunto tale, che continua a suonare. Dling dling dling.
Scendendo ancora più in basso, per la seconda rampa di scale e arrivata al binario ho la seconda novità. Non c'è nessun accesso ai binari. Tra la banchina e i binari c'è una parete di vetro o plexiglass. I suicidi avrebbero notevoli difficoltà qua. Ci sono delle porte nella parete e quando il treno si ferma, con le porte del treno allineate a queste porte, entrambe si aprono e tu puoi salire sul mezzo. Fantastico.
L'altra eccezionale novità è che non solo non c'è il guidatore, ma se ti siedi nella prima carrozza, nei primi posti, godi di una vista davvero incredibile. Una vetrata dalla quale tu puoi guardare fuori.
Uhm.
Non riesco a spiegarmi, è da vedere. Immaginate un normale pullman, ma togliete tutta l'area destinata al conducente perché non c'è. Quindi metteteci dei posti a sedere, lì, al posto di questa area. Ora immaginate che il pullman incominci a muoversi, da solo ovviamente. E voi siete proprio lì davanti, e vedete tutto.
Tralaltro va a una velocità davvero impressionante e non fa in tempo ad annunciare la prossima fermata che già ci si arriva.
Sono rimasta più che colpita da questa cosa. Peccato che l'unica linea fatta segue un percorso non molto battuto, che a me interessa davvero poco, altrimenti sarei ogni giorno lì sopra.
Ho fatto qualche foto, semmai appena riesco a scaricarle le metto online.
Stasera si pattina, ne ho proprio voglia. E bisogno.

Canzone del giorno: Non abbiam bisogno di parole Ron
Dedicata a te.
Ho un colloquio!

Alzheimer

Oggi pare essere una bella giornata. Lo dico anche se ancora ho gli occhi chiusi e appiccicati dal sonno. Non che ieri sia andata a nanna tardi, anzi. È che sto prendendo la brutta abitudine di dormire tanto.
Ieri pomeriggio io e RagnoB ci siamo trovate per un passeggio in centro. C'erano un sacco di cose da raccontarsi, molte delle quali probabilmente già raccontate ma il mio Alzheimer galoppante ha raggiunto dei massimi storici e mi impedisce di ricordarmi addirittura cosa mangio a pranzo o a cena.
Siamo salite sulla Mole, dopo la sua confessione di non esserci mai stata. E ho rivisto Torino dall'alto.
Peccato che sono stanca morta, pur non avendo fatto nulla, e le palpebre cominciano a danzare un improbabile tip tap sui miei occhi. Decidiamo di congedarci, io oltretutto dopo cena sarei andata a casa di Gian.
Le notizie, a 400 km di distanza, sono che ha riaperto il teatrino, locale dove la birra costa come dio comanda, locale dove Roccio & co. passavano le serate parcheggiati. Vorrei un sacco essere lì.
Vado da Gian, stranamente senza perdermi. Scopro che lui e la sua donnina hanno preso due mici di una bellezza incredibile. Non ho ben capito come si chiamano, ma penso nemmeno loro due. Gian mi dice che si chiamano "Sminchialo" e "Prendilo". O forse "Scassalo" e "Minchiolo". Non ricordo. Alzheimer galoppante.
Ci facciamo una birra fuori, nel suo giardino e si chiacchiera del più e del meno. Del più, Roccio, e del meno, il lavoro e altre minchiate.
C'è molta curiosità nei confronti di Roccio: com'è, ma come l'hai conosciuto, ma quando lo conosciamo, etc.
Nel mio universo parallelo, qualche km più in giù, sta avvenendo la stessa cosa. Qualcuno chiede a Roccio chi sono, come ci siamo conosciuti, e magari quando potranno conoscermi.
Io e Gian rimaniamo per andarci a mangiare una pizza venerdì sera, al massimo martedì prossimo, insieme a Nicole e Ivano, gli altri matti.
Ci si congeda, esco e lo chiamo. È un po' alticcio, mastica le parole e mi fa sorridere. Vorrei essere lì.
Ma forse non è solo una sensazione del momento. È che vorrei essere sempre lì.
Comunque sono stata brava in questi giorni. Pur sconvolta dagli ormoni del ciclo, nè ora e nè in fase premestruale ho dato segni di cedimento: non ho pianto e non ho dato di matto.
E credetemi, è davvero difficile quando sei sul binario 7 a Pisa, stai tornando a Torino e non vuoi, il tuo treno è in ritardo di 50 minuti, vorresti prendere un treno per tornare a Firenze e un ingegnere biotecnologico sardo sta cercando di tampinarti parlandoti di fotografia digitale.
Mai stata così serena. Davvero.

10 luglio 2006

Siamo Noi, siamo Noi..


Campioni del mondo, Firenze in delirio. Gente che si accoppia, spumante che spruzza, gay che slinguano, Cosimo che abbraccia un uomo di colore, Stephen che si fa fotografare, Roccio che mi bacia cercando di non farsi investire da una serie di infuocatissimi napoletani. Tutto il mondo tifa Italia, persino i francesi in visita a Firenze.
A me
di calcio
m'importa
una sega.
Però mi piace festeggiare con le persone a cui voglio bene. Mi piace festeggiare qualsiasi cosa. Ogni giorno val la pena di essere festeggiato ma non sempre si ha la scusa del mondiale vinto per correre per le strade sotto secchiate d'acqua lanciate dai balconi.
Non potevo mancare ieri sera. Sarei dovuta ripartire ieri pomeriggio e vedermi qui la finale, ma come potevo? Così, grazie anche a Stephen che mi ha ospitata l'ultima notte, sono rimasta.
Andiamo verso il piazzale xxx dove hanno montato un megaschermo a forma di PSP. Non si vede una sega. Ma non importa.
Una serie di ragazzi omosessuali o bisex, non possiamo capirlo, si piazzano davanti a noi a petto nudo mentre si abbracciano e si dicono cose molto intime solo con gli occhi. Noi siamo circondati da stranieri. Italiani all'appello? Pochissimi.
Io mi piazzo sulle punte dei piedi, reggendomi un po' su Stephen e un po' su Cosimo per non cadere mentre Roccio mi abbraccia dietro e continua a gridare "BVAIAN" reduce dal concerto dei Placebo, dal quale secondo me non si è più ripreso. La love story tra i gay riprende al meglio dal secondo tempo in poi quando cominciano a baciarsi e a dichiararsi. Margherita ci tiene aggiornati sul lieto evento mentre Cosimo cerca di non guardarli e Roccio comincia ad impallidire. Stephen no, altrimenti diventa trasparente (l'unica persona che gareggia con me in quanto a pallore) ma dice che ho una faccia da "fotografare". Evidentemente anche io li sto fissando con aria perplessa.
Altro che TorinoPride. Più che altro mi verrebbe da chiedergli, dato che non stanno guardando la partita, se possono spostarsi. Così mi eliminano almeno due capocce che devo evitare dondolando sulle punte dei piedi come una ballerina un po' "impedita".
Tra parentesi: sui mezzi pubblici di Firenze una targhettina ricorda di lasciare il posto a sedere alle donne incinta, agli invalidi e agli impediti. Altra ragione per cui Firenze è la mia città: avrei il posto a sedere in qualunque mezzo pubblico.

La vittoria dell'Italia è stata una conseguenza logica di giornate talmente belle da non poter essere rovinate da una perdita qualsiasi. Era così che doveva andare. Sulle strade del centro si riversano persone, macchine, motorini e moto. I clacson si fanno via via più deboli fino quasi a morire. Cosimo suona la toccata e fuga di Bach sui campanelli cantando a sguarciagola "siamo noi, siamo noi, i campioni del mondiale siamo noi". Il capo claque è Roccio che gli da' solo l'incipit "siamo noi" e Cosimo continua poi da solo. Suonando i campanelli e battendo contro le saracinesche dei negozi. Il mondo si ferma, l'Italia si ferma, Firenze si ferma, sotto un'unico coro di persone che non si conoscono ma sono lì per festeggiare tutti assieme. E davvero poco importa cosa.

Oggi sono ripartita. Dio quante cose non ho scritto nè raccontato. Le stelle viste a Fiesole, il centro commerciale con la clientela più brutta del mondo, dove io e Roccio ci siamo sentiti stupendi e comunque non è un complimento, il kebab greco che ho davvero apprezzato, io e Francesca che cerchiamo di fare pipì in un bar ma veniamo bloccate all'ingresso da una specie di buttafuori che alla fine però ci fa andare, il gelato buono della gelateria De' Medici, la mostra di abiti Vintage, inguardabili e inacquistabili.
Il modo in cui ha la capacità di trasformare ogni istante in una cosa tanto bella e irripetibile.

Oggi, per l'appunto, sono ripartita. I treni non mi volevano ancora, non c'era posto e sono stata costretta a prendere un treno alle 11.27. Roccio ha perso metà mattinata di lavoro, però abbiamo avuto altri due secondi per stare insieme, mangiarci qualche schifezza, guardarci negli occhi ancora un po' e salutarci con un "a dopo". Il mio treno ovviamente ha ritardato di altri 60 minuti, ma non importa nemmeno quello. È che non riesco a strapparmi dalla faccia questa espressione ebete e felice, ma soprattutto non voglio proprio farlo.

Canzone del viaggio di andata: One U2
Canzone di Firenze: Walk Like An Egyptian Bangles
Canzone del viaggio di ritorno: Wish You Were Here Pink Floyd

07 luglio 2006

Ad Anselmo

D'accordo, lo sapete già. Oggi riparto.
Sarò sul treno in compagnia di Cavie di Chuck Palahniuk, che oramai è il mio libro dei viaggi. È abbastanza lungo da permettermi di portarlo dietro ogni volta, e ogni volta leggere almeno una sessantina di pagine.
Ieri riflettevo sul fatto che Franci Omi, il cantante de Il Grande Omi, è arrivato qui digitando il nome del suo gruppo su google. Magari posso fare così anche con altri artisti per vederli arrivare qui a fiotte. Tipo.
Giuseppe Culicchia. Giuseppe Culicchia. Giuseppe Culicchia. Magari spunta da qualche parte.
Ma ne dubito. Una volta avevo un cavallo di nome Anselmo, che ricorda vagamente il suo formichiere di nome Anselm. In verità la scelta del nome non è copiata, anche perché il nome ad Anselmo non l'ho scelto io. Lui è arrivato da me e lui si è presentato, mostrandomi il suo enorme zoccolo (sapete, è un cavallo da traino) e dicendomi "Piacere, Anselmo". Un anno fa è scappato dall'altra parte del mondo. Ogni tanto mi arrivano sue foto. Anselmo sulla tour Eiffel, Anselmo sulla Statua della Libertà, Anselmo con gli occhiali da sole in Egitto mentre cerca di conquistare una cammella. Ammetto che un po' mi è mancato dalla sua partenza, ma sono convinta che un cavallo, anche se da traino, debba sentirsi libero di fare ogni cosa. E poi avere un cavallo in casa è impegnativo. Quando non riusciva a dormire e passeggiava per la casa faceva un rumore allucinante con quei suoi zoccoloni. Quando partivo per qualche luogo insisteva per venire, e sul treno Anselmo non passava inosservato, anche se per l'occasione portava occhiali da sole, impermeabile e cercava di leggere un giornale che puntualmente cadeva per terra costringendolo a manovre assolutamente ridicole per recuperarlo. Come si fa senza pollici opponibili? Aveva paura degli insetti e ogni notte ne vedeva uno nuovo, cercava di venirmi a svegliare salendo sulle scalette del mio letto a soppalco ma non riusciva. Però faceva rumore, molto rumore. Io mi svegliavo e gli dicevo "Anselmo, che c'è?", e lui mi spiegava di queste o quelle antenne o zampette o occhietti che lo fissavano. E poi attaccava a passeggiare per la casa terrorizzato. Però con Anselmo potevo parlarci. Sempre.
Aveva delle sue teorie del cazzo, ma cosa si può pretendere da un cavallo (da traino)? Ma sapeva ascoltare e non è da tutti. Un giorno forse tornerà, ma non sarà per forza Anselmo, magari sarà un tasso di nome Alfredo o un bradipo di nome Gerundo. Qualcuno tornerà prima o poi a intasarmi la mente e a ricordarmi che non sono cresciuta affatto, nonostante la partenza di Anselmo mi abbia illuso del contrario.
Se volete scrivergli la sua mail è .anselmo@email.it . Non dimenticate il punto all'inizio che poi le mail non gli arrivano e lui se la prende con me. È molto, molto permaloso.
A lunedì.

06 luglio 2006

Grilli e postini

Ho rifiutato il mio nuovo lavoro.
Stanotte non ho dormito, sapevo di dover andare dal Direttore, mio ex-futuro-capo e dirgli che no, non potevo. Ci volevo provare e avevo necessità di lavorare ma 4 ore di viaggio in tutto erano troppe.
Quindi stamattina arrivo un'ora prima, anche perché non c'era il treno per l'ora successiva, cammino cammino. Arrivo al giornale. Il cuoricino fa tutum.
Chiedo alle grafiche se c'è il Direttore, ma no, ancora non c'è. Quindi spiego loro che non so se accetto questo lavoro, è perfetto ma troppo lontano. Cominciano a ululare in qualche strana lingua che dispiace loro moltissimo, che si erano trovate molto bene, mi propongono di andare lì piuttosto solo due giorni a settimana.
Sì. Ma con due giorni a settimana mi ci pago solo il treno per il viaggio e rimango bloccata comunque per 5-6 mesi di contratto.
Comunque comincio a lavorare. Stavo quasi imparando questo nuovo complesso ma efficientissimo sistema editoriale. Dove lavoravo prima in confronto sono alla preistoria ed è una rivista che esce in tutto il mondo.
Tuttavia appena arriva vado da lui. Coda tra le gambe e con un po' di sensi di colpa. Forse per lui ora è tardi cercare qualcun altro. Si arrabbierà? Comunque gli spiego. Mi sorride, fa l'occhiolino. Dice che immaginava. Che non c'è problema.
Esco sollevata, ma mi fermo comunque fino alla fine del mio orario.
Ora devo trovare un lavoro.
A Torino però.

p.s. oggi mi sono arrivati a casa i grilli vivi ordinati via internet. Il postino dice che i grilli hanno fatto un buco nella scatola e hanno invaso l'ufficio postale. Decisamente comico.
p.p.s. oggi dico alla mia ex-futura-collega che ho due camaleonti. Mi dice che anche la morosa del loro tecnico informatico ha queste bestie. Gli dico che ero io quella ragazza. Silenzio. Imbarazzo. Risata.
Un ragno deve avermi morso stanotte. Due puntini rossi si affiancano all'onnipresente morso di zanzara. Sembro avere il morbillo, con pustole più grosse e rosse, però.

Ci sono cose che anche passati anni ti chiedi come possano essere accadute, come possano aver perdurato nel tempo nonostante tutto, e quindi ti metti a cesellare con la pazienza di un decoratore ogni cosa. Da quando vi siete conosciuti, a quando quel famoso mattino, ti sei svegliata e hai detto prima a te stessa e tre giorni dopo a lui "Non ti amo più".
Giuro, non lo avevo mai capito fino a ieri. E ieri improvvisamente senza pensarci, qualcosa deve essersi acceso in me. Ieri ho capito.

Quando ci siamo conosciuti io ero piccina e lui in visita a Torino. Ma lo prendevo più che altro per il culo e dentro di me mi dicevo che con uno così "mai".
Quando ci siamo rivisti io non stavo molto bene: mi chiamò per dirmi che era tornato in città dopo un anno di marina e potevamo vederci. Io stavo con un altro ragazzo, e nemmeno lui stava bene. Formavamo una coppia di quelle che fa tenerezza, con questi grandi occhioni senza ciglia e il cranio senza l'ombra di un capello. Diversissimi ma per l'occasione, nostro malgrado, molto simili. Avevo le vene ormai andate, le braccia erano ridotte a colabrodo e come tutti i piccoli pazienti decisero di "installarmi" un catetere venoso centrale. Un due vie. Le infermiere lo chiamano Broviac.
Questo Broviac mi faceva sentire un pochettino cyborg e ne andavo decisamente fiera, tranne quella volta ogni giorni in cui dovevo medicarlo: è una facile via di accesso per batteri e schifezze qualsiasi, pensateci bene. Accede direttamente a "dentro di voi". Per una cosa del genere anche il virus più innocuo stappa una bottiglia di champagne.
La procedura era: mascherina sterile che non potevo indossare, altrimenti non vedevo nulla. Spacchettamento di una serie di componenti in modalità più o meno sterile, quindi non potevo assolutamente toccarne il contenuto con le mie mani luridissime, benché pulite. Aprire boccettine di soluzione fisiologica. Bagnare tocchettini di garza con soluzione fisiologica, poi con Betadine. E poi l'eparina, ciò che mi faceva davvero sentire una star. Prendevo il mio bel siringone, levavo l'ago e mettevo un ago da insulina, prelevavo la mia bella boccetta di eparina e bucavo entrambi i tubicini. Sangue denso, ero costretta a questa operazione quasi tutti i giorni. Poi impacchettavo tutto con le garze ed eccolo lì, il pacco sorpresa in mezzo alle tette.
Il problema era quando i globuli bianchi raggiungevano il minimo storico. Lì era quasi sempre infezione. Infezione vuol dire che presto o tardi, ma lo senti già nell'aria, ti viene una febbre da cavallo. E ti sparano in vena un antibiotico potente che uccide qualsiasi cosa.
Fu così che lo conobbi. Uscimmo insieme, e ci provava palesemente. Io non cedevo. Tutt'a un tratto però cominciai a sentire quella brutta aria, come di qualcosa che sta andando storto. Brividi. Vertigini. Infezione.
Mi feci accompagnare a casa e intanto la temperatura saliva, 38, 38 e mezzo.
Chiamai l'ospedale, mi dissero di prendere Tachipirina e aspettare. Ma la febbre non scendeva, anzi saliva.
Il mio babbo non mi accompagnava mai in ospedale, per ragioni a me sconosciute (forse pesa troppo a un papà vedere la propria figlia stare così, non so), quindi chiamai lui. E lui arrivò e mi accompagnò all'ospedale. Seguì una brutta nottata: la mia febbre arrivò a 40 e mezzo. Avevo chili di coperte addosso eppur tremavo. E intanto pensavo a questa persona tanto gentile che pur conoscendomi appena, mi aveva portata fin lì.
Rimessa un pochetto in sesto, con il superantibiotico in vena, uscimmo ancora. Il mio ragazzo di allora mi lasciò, io ero guarita ormai e non avevamo davvero più nulla in comune. E indovinate come finì?
La verità nascosta è che prima di lui avevo sempre avuto storie bizzarre, di gente che davvero non aveva alcun minimo interesse nei miei confronti e forse quella sera non mi avrebbe accompagnata all'ospedale. Questo gesto così gentile fu per me prova di avere davanti una sorta di nobiluomo. Ci teneva a me ma le cose non andavano così bene. Geloso e possessivo, fui costretta a sorbirmi scenate di gelosia di ogni tipo. Finché non accadde che mi resi conto, così in un lampo, che forse la vita non era quella.
Insomma, a paragone con tutti gli stronzi che erano arrivati da me, lui sembrava (e non solo sembrava) ci tenesse davvero. Una sera però cominciammo a discutere. Disse che non si fidava, che forse non si sarebbe mai fidato di me.
Dopo tre giorni ci lasciammo.
Siamo stati insieme cinque anni e finora non avevo mai capito.
Temevo, e temevo davvero, non solo di rimanere sola, ma di non trovare nessun altro disposto a tenerci così.
A me.

05 luglio 2006

Un altro quarto di secolo

Ieri sera siamo stati tutti a cena da RagnoB, era il suo compleanno e festeggiavamo anche un segreto. Per cui di pomeriggio passeggio in centro e mi godo ancora un po' di TorinoBarocca, poi vado dal meccanico a ritirare la macchina. Il meccanico, meno male, per farmi risparmiare e per risparmiarsi un lavoraccio, invece di sostituire i nottolini e cambiare le chiavi, lavoro lungo più che altro perché bisognava contattare la Fiat etcetc, decide di sistemarmi il nottolino che già c'era. Il risultato è un prezzo più basso e la macchina pronta in un giorno. Dice di avermi fatto un "regalino". Grazie meccanico, per ringraziarti ti faccio pubblicità onweb. La sua officina si trova in via Bollengo 15 a Torino, nel caso dovesse servirvi..
Presa la macchina vado da RagnoB, parcheggio, abbracci abbracci. È elettrizzata, si vede che è felice e si è fatta un bel regalo. Il Segreto, appunto. D'accordo, le dico, stasera alziamo i calici per una cosa che solo noi sappiamo.
Mi dice che all'inizio dovevo cenare solo io lì, ma poi ha invitato anche tutte le altre. Quindi la soluzione finale è questa: cinque donne e un solo uomo, il fratello di RagnoB, che chiameremo RagnoC, a questo punto.
Quando più di due donne si riuniscono il risultato è quello di discorsi assolutamente privi di pudore. Abbiamo con noi Fischietto, una specie di fischietto umano, tira su dei decibel da paura con i suoni che fa. Frangetta, che da quello che ho capito ha cambiato da poco pettinatura. C'è Variante, che "come lei nessuno mai". Rosa, vestita tutta in tinta rosa, scarpe, canottierina, bracciale e persino girocollo. RagnoB ed io.
La serata comincia con toni tiepidi, ci si racconta, si parla, io non conosco praticamente nessuno quindi mi si chiedono le solite cose, lavoro, studi, vita. E io ascolto le stesse cose, lavoro studi vita. Persino RagnoC chiacchiera con noi raccontando di lavoro studio vita. Si riferisce a me e a lui come "noi del campo informatico", mi chiede se so programmare e dice che un'azienda sta cercando. Ma purtroppo non so programmare, anche se Roccio mi sta aiutando in java. Piano piano gli argomenti si spostano, mentre la partita Italia-Germania fa da sottofondo ai nostri discorsi. Scendono giù i primi bicchieri di birra e, non ricordo assolutamente come, ci ritroviamo a parlare di "posizioni". Io non conosco molte posizioni, lo ammetto. Il mio PuntoG è abbastanza pigro. Gliene piacciono due o tre e il resto è roba da contorsionisti che io, SchienaRotta, non posso permettermi. E se la schiena fa male il PuntoG ovviamente sta per i fatti suoi. Ma la cosa più sorprendente è che non conosco assolutamente i nomi delle posizioni. Quando Frangetta comincia a spiegarci questa o quell'altra posizione, disegnando su tovaglioli di carta che ho accuratamente portato a casa con me, io esclamo con stupore "sììì, fatta!!", oppure "questa la conosco!". Ma se mi parla delle posizioni come fossero dei pullman (la 49, la 65) cado in crisi mistica. Variante è davvero mitica perché ha una variante per ogni posizione. Invece della 90 lei ha la 45, piegata a 45 gradi. Mi consiglia scarpe non scivolose perché ci si potrebbe fare male. Insomma, un mondo da imparare. RagnoC guardava, rideva, ma secondo me avrebbe voluto sprofondare.
Una volta un amico mi disse che partecipare a questi incontri tra donne è devastante. Secondo le sue parole "il pisello rientra dentro".
Il clou è stato parlare delle dimensioni. Frangetta sbotta dicendo "non è vero che le dimensioni non contano". Variante esclama "Certo: se è troppo grosso fa male".
Siamo rimasti un po' a disquisire sulle dimensioni, cercando di capire cosa significasse troppo grande, e usando penne, candelina e quant'altro a nostra disposizione per raggiungere la dimensione perfetta. Concordiamo tutte che una penna "trattopen" più 2 cm circa è la dimensionie ideale.
Faccio notare che io, e io sola, stavo bevendo birra.
Intanto l'Italia segna il primo gol, si urla. Fischietto fischia. Variante varia. Frangetta frangia. Rosa rosae. E io? Al telefono. Ad abbracciare una persona che non è lì con me, ma c'è. Sempre.
E secondo gol. Urla, baci abbracci, fischi.
Taglio della torta, foto e baci e abbracci.
E alla fine il congedo. Scopro che fuori piove, che sono un po' brilla ma in forma per tornare a casa, pian pianino. Suonando il clacson a tutti quelli che suonano. Aspettando un altro fine settimana che mi porterà lontano da qui, ma vicino. Sempre.

Canzone del giorno: Think Aretha Franklin

03 luglio 2006

Ho portato la macchina a far sostituire nottolini e chiave e ho fatto la denuncia ai carabinieri. Ma perché i carabinieri sono tutti napoletani o baresi? Comunque sia ho fatto un'altra passeggiata per il centro e ho comprato "Nessun luogo è lontano" e "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach. Il primo, molto breve e toccante, l'ho letto sul pullman. Il secondo lo farò fuori stasera, e mangerò ancora qualche pagina del mio librone.

Il 23 luglio qualche manciata di buontemponi piemontesi e appassionati di piante carnivore passeggerà sui monti alla ricerca delle carnivore in natura. Ho guardato le foto del posto e non credo andrò lì per le piante. E' un posto talmente bello che mi immagino così il paradiso.

Il meccanico dice che domani sera la macchina sarà pronta. Io traduco con "la settimana prossima" e poi. Spero che chiunque abbia rubato stereo e navigatore abbia una diarrea da qui a domani almeno, e che il navigatore gli faccia sbagliare strada finchè la benzina non finisce e mentre cercano di trovare la strada con le cartine gli si fonda anche lo stereo.
Un po' di giustizia divina ci vuole.

02 luglio 2006

Quando

Quando basta una domanda perché una persona faccia centinaia di chilometri solo per stare insieme
quando ti aprono la macchina e rubano stereo, navigatore e sorridi pensando "meno male che non si sono portati via l'auto"
quando fremi al binario attendendo un treno in ritardo di 45 minuti, e una volta fermo corri vedendo ciò che ami vedere
quando una semplice pizza all'aperto, divorati da zanzare, ti ricorda quanto sia bello
quando dormire abbracciati sembra un sogno
quando un bacio fa ancora battere il cuore..
quando.

Oggi ho messo i primi tacchi a spillo della mia vita. Oggi qualcuno mi ha detto che Kate Moss è più grassa di me. Oggi siamo stati intervistati da una nuova trasmissione televisiva sul perché le persone viaggiano in treno. Oggi ho posato il mio cuore su un treno e l'ho visto partire.
Oggi ho sorriso e mi sono sentita completa.

Libro del giorno: Torino è casa mia Giuseppe Culicchia

01 luglio 2006

Il fumo uccide

Grazie a Zion, che come sempre ci regala queste perle del web. Incredibile.

Peccato, tutto petto...

Ieri sera avevo due opzioni. Rompermi le palle a casa o uscire e andare a vedere la partita nel paesello sperduto dove vive Minchietta Uno. Dopo lievi titubanze ho deciso di andare lì. Una trentina di minuti di strada, tra monti e valli fatate. Tanto c'è il Tom Tom a guidarmi.
Arrivo ed è la fine del primo tempo, il momento giusto perché lei mi presenti gli altri. Circa un 2-300 persone di cui ho naturalmente formattato i nomi appena sentiti.
Ci sono Borsetta e Bandiera, già conosciuti al concerto dei Placebo. C'è l'Elegantona, vestita in pantaloncini bianchi e canotta fashion, con i capelli così pieni di gel che sembrano scolpiti da Michelangelo in persona. C'è la Bionda, in crisi nera perché ha una semistoria con Bandiera ma a quanto pare non stanno insieme. C'è Lupin, un personaggio simpatico e buono. C'è Tutore, una ragazza con il tutore a una gamba, e il suo ragazzo detto anche, da Minchietta Uno, Pantà oppure Fratello. C'è Bubino, scappato in macchina dopo la partita. Gli è bastato un "Allora, si va via?", e lui pem, sparito. Giustificazione "Quando si dice che si va, si va!" Dopo il meraviglioso 3 a 0 passiamo circa mezz'ora a decidere il posto dove andare. Si va, alla fine, in una specie di bettola arredata alla meno peggio dove le birre costano pochissimo. Per me birra, patatine e alla fine un caffè per tenermi sveglia. Minchietta vorrebbe documentare la cosa: io non prendo mai caffè, ma poi mi tocca l'autostrada ed è bene tenersi svegli.
Il locale sembra, e forse è, un vecchio bar dove i pensionati giocano a poker: tavolini verdi, biliardo, luci soffuse. Si brinda e si festeggia, c'è sempre un motivo per festeggiare. Qui incontriamo Priscilla.
Priscilla è, a parer mio, la persona più straordinaria della serata. È un lui. Un maschietto che vuole diventare donna e subirà degli interventi, mi spiega Minchietta Uno. Ormoni da prendere per due anni, laser per eliminare i peli, operazione alle corde vocali per la voce. Ammiro Priscilla perché lotta per ciò che desidera, e la invidio perché è più femminile di me.
Poco dopo andiamo in un famoso locale, chiamato "La sacra birra", un tempo ritrovo di harleysti e ora Zoo dove qualsiasi specie di essere umano può fare la sua comparsata. Addirittura al posto del rock c'è normalissima musica da disco.
Lo Zoo appunto è formato da ragazze e ragazzini, uomini e donne di mezza età, tamarri e motociclisti. Una popolazione eterogenea al massimo.
Le regole del corteggiamento dicono che bastano pochi secondi di sguardi incrociati per far capire all'altra persona che ti interessa: ecco perché il mio sguardo si posa su una singola persona per un tempo massimo di mezzo secondo. Io non posso più bere da adesso in poi, tutti ascoltano con stupore che vengo da Torino e dicono "Ammazza!" scuotendo la mano destra dall'alto verso il basso. Andiamo a ballare e Minchietta Uno ha subito un ammiratore, un ragazzo dalla maglietta rossa che la fissa con sguardo allupato. Lo controllo guardandolo un secondo per volta, non di più, non vorrei mai cambiasse il proprio obiettivo. Priscilla si muove bene ed è davvero più femminile di noi donnine. Mi sta simpatico allora cominciamo a spettegolare delle persone che stanno ballando. Guarda il capellone muscoloso che balla, non è assurdo? E la quarantenne vestita di verde che non azzecca il ritmo nemmeno per sbaglio? E quella che balla attorno al palo?
Scopriamo che alla fine Priscilla riesce a tampinare uno. Io continuo invece a guardarmi attorno e noto, senza falsa modestia, che io e Minchietta Uno siamo tra le ragazze più carine del locale.
Il clou è stato ballare con Ducci un latino-americano sulla pedana. Io non azzecavo mezzo passo e lui, a detta di Minchietta, non sapeva guidare: quindi si è trattato non di ballo ma di mezze giravolte andate a male e passi fatti a caso, mentre Priscilla invece sculettava davvero bene. Dovevo nascere uomo, lo so.

Il cocktail più buono e famoso del locale si chiama pompino. Il massimo è andare dal barista e chiedere "Scusa, mi fai un pompino?". Ovviamente non l'ho fatto, ma ho sorseggiato una corona che ogni tanto, e molto gentilmente, Lupin mi passava. Di tanto in tanto usciamo a prendere un po' d'aria e a fare due chiacchiere col resto della ciurma. Insomma, alla fine per farla più breve possibile si fanno le 2, pensiamo di tornare via. E mentre andiamo alla macchina Ducci mi confessa che ho fatto colpo.
C'è da dire mezza cosa al riguardo, e cioè che io non capisco quasi mai quando faccio colpo. Pare che un ragazzo della compagnia mi abbia notata perché, a suo dire sono "una ragazza che esprime bene i suoi sentimenti".
Non so voi, ma quando una persona che non mi conosce spara una cosa del genere io traduco sempre come "è una ragazza scopabile".
Quindi non più un complimentone profondo, ma un istinto dal basso. Quindi nemmeno troppo un complimento. Mi riaccompagnano alla macchina e Minchietta Uno mi spiega che strada prendere. Io ascolto e formatto due secondi dopo (per dirvi quanto i miei neuroni cedano in fretta. Mi sono presentata alla stessa persona, Bubino, due volte. Un tizio si è presentato facendo il baciamano, mi sono girata e mi sono scordata il nome), penso che comunque ho il navigatore. Ma, sopresa sorpresa il navigatore non si accende. Nemmeno mettendolo sotto carica. Nemmeno sbattacchiandolo. Nulla, morto.
Ci metto un po' ma alla fine trovo la strada, ho avuto solo dei problemi in tangenziale perché sono uscita dalla parte opposta della città, ma questa è un'altra storia. Io e l'automobile siamo due cose totalmente diverse.
E io ho parecchi santi in paradiso.