05 settembre 2006

Pensieri tristi in un giorno meraviglioso

Giornata calda, in casa ci sono 28°. Giornata noiosa, Carla in sindrome premestruale, totalmente scazzata ma sempre felice. Programma della settimana:
  • domani colloquio all'892424. Se non trovo altro chiedo il turno serale o meglio, quello notturno. Pare sia il più divertente, pieno di chiamate di gente che cerca sexy shop o club di scambisti. E maniaci sessuali che ansimano al telefono.
  • Dopodomani riunione con i neoassunti di experimenta. Non so che pensare, se questo significa che mi assumono o no. Farei la guida in questa mostra scientifica o laboratori per bambini o qualcosa del genere.
  • Venerdì mi vedo con Minchietta Uno, lei farà un test di ammissione e poi andremo da Zara a fare finta di fare shopping.
Ieri ho montato lo stereo in macchina e oggi sono andata al centro commerciale in compagnia degli Slayer (indovinate un po' chi mi ha passato il cd?).
Ho cercato di uscire di casa ma sembrava luglio durante il periodo più caldo, allora mi sono chiusa nella mia stanzuccia a guardare puntate di scrubs e a finire di sentirmi inutile perché anche oggi non ho combinato nulla (a parte provare per la prima volta in vita mia a mettermi un po' di fondotinta e fard e ombretto pesante e rossetto assomigliando alla brutta copia di un clown).
Tornando da Panorama sono passata davanti al cimitero e ho pensato che è più di un anno che non vado a trovare il mio babbo. Se potesse parlarmi sarebbe incazzato come una iena perché non avrebbe voluto gli portassimo mai fiori.
Mi ricordo bene quando se n'è andato. La mia canzone di quel giorno era "Beautiful day" degli U2, ma non era un giorno biutiful. La sera mia sorella mi scrisse questo sms "Siamo al Giovanni Bosco. Papà è grave aspettiamo che il medico ci dica qualcosa". Io mi trovavo da RagnoB quella sera, alla casa dello studente. Poco prima una chiamata del mio ex, mi disse di non muovermi che stava arrivando. Collegare le due cose non era difficile, e lo aspettai. Ma il tempo di arrivare e mia sorella mi scrisse che era inutile andare all'ospedale perché non saremmo potuti entrare. Quindi andammo a casa di mia mamma. Io ero andata via di casa, anche mia sorella. Mia mamma era rimasta sola con papà. Mio padre ebbe una crisi, ma mia mamma non mi ha mai detto cosa fosse successo esattamente. Lei chiamò l'ambulanza e gli prestò i primi soccorsi.
Qualche giorno prima gli capitò una cosa simile, ebbe come delle crisi convulsive e io non ebbi il coraggio di andare a trovarlo a casa. Non ci andai per una settimana.
Non siamo mai andati molto d'accordo. Mi spaventava però l'idea di vederlo peggiorato.
Quando andai era sul letto, non riusciva a camminare. Gli occhi erano sporgenti, la pelle gialla, il respiro affannato, qualche rantolo. Si accese una sigaretta. Un occhio a tutti quelli che fumano: il mio babbo aveva 49 anni quando se n'è andato, quasi 6 anni fa, e fumava 3 pacchetti di sigarette al giorno. Nel '98 un medico gli disse che se non avrebbe smesso sarebbe morto entro due anni. Una previsione quanto mai corretta: se ne andò il 4 dicembre del 2000.
Guardavo quella sigaretta e gli dissi con disprezzo di smettere di fumare. Furono le ultime parole che gli dissi.
La notte a cavallo tra il 3 e il 4 dicembre fu la notte più lunga della mia vita. Eravamo tutti lì, aspettando qualcosa. Quando il telefono squillò.
Andammo all'ospedale. Un medico ci venne incontro dicendo che, purtroppo, mio padre aveva avuto un altro attacco di cuore. E che non ce l'aveva fatta.
Ce lo portò disteso in barella, assolutamente finto. Immobile come un pupazzo rigido. Mia sorella pianse forte ma disse che sembrava sorridesse. Era vero, sembrava proprio. Cercavo di spiegarmi razionalmente una cosa del genere col rigor mortis. Può un cadavere sorridere? Possono tirarsi all'insù lievemente gli angoli delle labbra? Può essere rigor mortis?
E' difficile spiegare cosa si prova in un momento del genere: paura, senso di colpa, rabbia, tristezza, smarrimento. Lui è disteso su una barella, coperto da un lenzuolo verde. Sono passati gli anni dei litigi, gli anni delle rivalse, gli anni del rancore, ma rimane la gran rabbia per il poco bene che si è sempre voluto e quindi per il poco bene che ha voluto agli altri, noi compresi. Può una persona che non si vuole bene, volere bene ad altre persone?
Ho tenuto molto dentro in quei giorni, non ricordo di aver pianto al funerale. A me sembrava solo di vivere in un mondo parallelo dove la morte è diventata un problema burocratico. Andare dal prete per programmare la messa. Comprare l'abito per mio padre. Andare alle pompe funebri e scegliere la bara.
Ora al pensiero mi viene da sorridere, è stato tutto talmente surreale.
Il becchino ci mostra delle bare, mia sorella ne guarda una e con gli occhi gonfi di lacrime dice "Questa mi sembra carina". Per quanto possa essere carina una bara. Ovviamente non la giudico, ognuno si stacca dal dolore come può.
Scegliere i fiori. Chiamare le persone e avvisarle. Tornare a scuola e tenere il segreto perché non si desidera compassione, da nessuno. Scegliere come seppellirlo: mia mamma non voleva seppellirlo in terra perché le faceva impressione l'idea che se lo mangiassero i vermi. E allora loculo. Scelta del marmo, della scritta. Ma la nonna paterna vuole un'iscrizione solo per sè e bisogna tenerne conto. I miei zii poi vogliono prendere una corona per conto loro e bisogna dirlo al becchino. E' tutto finto, mi dicevo.

Credo che mia mamma e mia sorella abbiano una specie di sesto senso, qualcosa che anch'io vorrei avere ma mi manca.
Mia mamma si sente chiamare nella notte, e quando succede il giorno dopo riceviamo una chiamata. Si tratta di qualche parente che è morto.
Mia sorella fa sogni molto strani.
Alla morte di mio padre sognò lui e mio nonno materno (anche lui andato via circa un anno prima). Mio padre non parlava, ma parlò mio nonno per lui. Disse che nessuno doveva preoccuparsi, che adesso mio padre stava bene e che riusciva anche a camminare.
E io, dopo anni, me lo immagino così. Con mio nonno, che cammina.

Canzone del giorno: Beautiful Day U2

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Non tutti riescono a raccontare le proprie esperienze tristi, anzi quasi mai ammettiamo nemmeno di averle avute, queste esperienze, quasi fosse una colpa...
Per me è bello il tuo fare anche questi salti nel passato (direi insolito, in un blog), negli eventi anche dolorosi, alla ricerca delle tue sensazioni e della tua identità, della tua storia e del cammino che ti ha portato a come sei.
E confermi quel che hai scritto più volte di te: tanta voglia di scoprirsi e di vivere, tanto amore per la vita. E, aggiungerei, la capacità di guardare sempre avanti, con la forza che viene dall'osservare e capire.
Perdonami il commento un po' impegnativo e lungo...
Un salutone

Ch

Carla ha detto...

Eheh, no non preoccuparti. Ogni tanto fa bene anche un piccolo momento di riflessione. Credo che gli eventi tristi siano indispensabili per farci godere appieno delle cose belle che abbiamo. Insomma, se non hai mai avuto problemi non sai come affrontarli, se non sei mai stato triste come puoi capire cosa sia la gioia? Credo che tutti abbiamo dei momenti dolorosi che, come dici tu, rimangono un po' impolverati come scheletri nell'armadio, come fosse una vergogna perché rappresentano anch'essi quello che siamo. Il nostro passato che ha formato il presente.
Non potendo conoscere il passato degli altri posso solo raccontare il mio che è costellato di una serie di piccoli e grandi eventi dolorosi, dai quali però ho capito che razza di dono mi è stato dato.
Potrebbe sembrare un po' patetico, ma amo la mia vita: anche se mi lamento sempre, anche se a volte vorrei davvero essere un'altra persona. Ma è quando rimetto i piedi a terra e mi guardo allo specchio che sono proprio contenta di quello che sto facendo.
Anche quando, come in questo periodo, non sto facendo obiettivamente nulla.

Un bacione
Carla

Zion ha detto...

Non ho mai perso nessuno che avesse un peso rilevante nella mia vita.

Mi ero persa questo post, ed è come essersi persi un pezzetto di te. C'è da dire cmq che hai ragione: è tutto finto. La metabolizzazione avviene col tempo, perciò al momento non credo sia nemmeno necessario essere lucidi.

In ogni caso, quando ci sono i pensieri tristi la cosa migliore è lasciarli scivolare via, magari con un abbraccio di un amico.
I cimiteri poi sono per i defunti: un fiore fa piacere certamente più a noi che a loro. Se fossi in te i fiori li comprerei per tenerli qualche giorno in casa e magari fugacemente pensare a qualcosa di bello che ti è capitato da piccola con tuo padre.
Non è forse il regalomigliore che a questo punto puoi farvi?
:-*

Zion

Carla ha detto...

Nemmeno troppo tristi. Forse è quello, non riesco a ricordare nulla che mi faccia sorridere di mio papà. Ma questa è un'altra storia.

Un abbraccio :)

Carla

Anonimo ha detto...

Non so se possano sorridere i cadaveri... Inevitabilmente appaiono però tranquilli e sereni. La cosa sconcertante e alla quale non avevo mai pensato e visto prima della morte di mio nonno, era la valanga di pratiche e cose varie da fare appena dopo la morte, una frenesia mai vista: e i documenti e la bara e il loculo e le scritte... e poi i fiori, la messa, i manifesti ecc... poi alla messa spesso o ci sono solo i parenti strettissimi oppure persone che non hai neanche mai conosciuto e che non immaginavi neanche della loro esistenza. Anche io non vado spesso (diciamo mai) al cimitero a portare fiori o cose varie. Perchè farlo? Può sentirne il profumo o vederne i colori? Preferisco pensarla come gli Egizi: essi avevano due nomi, uno conosciuto a tutti, uno segreto e chi conosceva il nome segreto aveva la persona in pugno poichè il vero nome rappresentava l'essenza della persona, il suo essere. Finchè il nome era scritto e veniva ricordato il nome, il defunto viveva ancora, ma quando i nomi venivano cancellati (come accadde ad Akhenaton) e il ricordo svaniva, esso scompariva per sempre. Non è patetico amare la vita, sai? In pochi ci riescono, perchè dovrebbe risultare patetico quando invece la maggior parte delle persone o ne è indifferente o è sempre malinconicamente irrequieta?

Carla ha detto...

Sì è vero. Perché poi essere malinconicamente irrequieti della vita?

Anonimo ha detto...

Non saprei il perchè... Credo dipenda da come ci si mette davanti alla vita, se con rassegnazione, con entusiasmo o con indifferenza... Irrequieti perchè magari si aspetta con impazienza il futuro nonostante se ne ha un po' paura e malinconici perchè si ha sempre un occhio buttato dietro alle spalle a osservare il passato... Purtroppo però è difficle capire il punto di vista di un'altra persona che la pensa in modo anche non diamentralmente opposto al proprio...

Carla ha detto...

Cliff, la vita è meravigliosa. L'irrequietezza passa con gli anni. Si raggiunge un equilibrio che non è rassegnazione, ma solo stabilità. E si guarda il mondo con occhi più consapevoli..