19 agosto 2007

(S)fortunate fatalità

Quanto sono belle le vacanze: anche se a metà. Ho lavorato in questi pomeriggi, tranne il 15. Ma Roccio era qui, ogni mattina con me, la sera a prendermi al lavoro, e ogni cosa era meno pesante. Persino attraversare in lungo e in largo la città per veterinari, medicine per camaleonti, lezioni di punture sottocutanee camaleontabili.

Ci siamo concessi anche due cene fuori: la prima in una pizzeria ristorante dietro casa (e nonostante l'ottima cucina abbiamo rischiato l'indigestione: forse abbiamo esagerato col cibo) e la seconda in un cinese/giapponese/vietnamita. Volevo fargli assaggiare un po' di sushi con la 'esse' maiuscola e il mio ristorante giapponese preferito era chiuso (il wasabi). Sono una rompicoglioni in fatto di cucina etnica: ogni volta che decido di andare a mangiare in qualche posto che non faccia cucina italiana cerco febbrilmente su internet tutte le opinioni per conoscere quale ristorante non solo è il più buono, ma fa anche vera cucina del posto. Alla fine abbiamo optato per questo posto. E devo dire, nonostante il misto di cucine il sushi non era davvero male. Persino Roccio che non ha proprio mai apprezzato queste cose ha detto che era abbastanza buono. Anche se poi siamo passati a prendere un cheeseburger.

Questo ieri sera, prima di vederci con mia sorella, cognato e nipotina (e futuro nipotino, già scalciante in pancia) per prendere un gelato alla gelateria storica di Torino, Fiorio. Un tempo Fiorio era la gelateria più buona della città: personaggi più o meno storici si sono seduti nelle sue sale riccamente decorate da stucchi dorati e affreschi variopinti. Fiorio ora ha solo un nome, ma non può dirsi il miglior gelato di Torino. Grosse catene di gelaterie stanno emergendo, e sono davvero buone. Poco storiche, poco belle, ma proprio ottime.
Comunque un gelato da Fiorio è sempre piacevole, sotto via Po, protetti dai portici.

Filippo, mio cognato, spiegava tutti i negozi, i locali, i posti a Roccio che ascoltava attento. Poi gli ha fatto la cronistoria del Torino (lui non è solo cuore granata: ha anche tutto il resto). Poi si è lamentato del fatto che io non lo abbia mai portato ai Murazzi.
Quindi ci siamo diretti lì. I locali di piazza Vittorio Veneto sono pieni. I tavolini fuori dai locali ospitano grappoli di gente felice che ride e brinda sotto le stelle della piazza porticata più grande d'Europa. La attraversiamo per andare ai Murazzi e guardare le luci dei locali che si riflettono sul Po. Sembra quasi un bel posto visto da qui.

Non sono mai stata un'assidua frequentatrice dei Murazzi: non è un bel posto per una fanciulla e più di una volta ho sentito di persone che sono state derubate di qualcosa. E magari lì per lì non se ne sono accorte.

Torniamo indietro verso piazza Castello passando dall'altro lato. Quindi sulla destra. Accompagnamo la famigliola alla loro macchina e torniamo su via Po. Fatalità.

Si sente la sirena della polizia e rumori metallici. Ci affacciamo sulla strada. Dal lato opposto al nostro una macchina esce da sotto i portici, scagliando col muso tavolini e sedie. Passa davanti alla macchina di mia sorella e Filippo, che intanto stavano proseguendo per piazza Castello, e la sua corsa si arresta. La polizia è riuscita a fermarlo.

Una folla inferocita lo insegue da sotto i portici, mentre i poliziotti lo fanno uscire dalla macchina: volano pugni, la folla vuole linciarlo, gridano “bastardo” e “devi morire”. Dentro la sua Polo grigia un cane che si guarda curioso attorno. Le persone accerchiano la macchina della polizia e la spingono, la fanno ondeggiare, gridano ancora. Da quel momento è tutto un suonare di sirene. Arrivano 3 o 4 ambulanze, arrivano diverse macchine dei vigili, della polizia e dei carabinieri. Arrivano anche i pompieri.

Noi guardiamo la macchina e torniamo indietro in piazza Vittorio per capire cosa è successo. Ascoltiamo qualcuno che racconta. Vediamo alcune persone a terra, l'ambulanza cerca di caricarle ma una ragazza urla di dolore. E' impaurita e piange. Un'altra persona è a terra e viene portata via. I baristi sistemano sedie e tavolini e cercano di riportare ordine. E' mezzanotte.

Un po' siamo sconvolti, pochi minuti prima stavamo passeggiando proprio da quel lato e siamo stati fortunati ad andare dall'altra parte.

Io e Roccio fantastichiamo su cosa può essere accaduto: era uno spacciatore che scappava? Era drogato e/o ubriaco? Come mai la targa dietro era coperta da un foglio bianco? Perché c'era un poliziotto in borghese lì? Lo stavano già seguendo? Sono stati davvero tutti celeri: erano già nascosti aspettando che succedesse qualcosa?

Oggi leggiamo La Stampa e scopriamo che in verità non è accaduta nessuna di queste cose. Il tizio era depresso e soffriva di manie di persecuzione. Gli sembrava di aver visto il suo capo tra le persone sedute (era convinto che volesse licenziarlo) ed è salito sul marciapiede andando dritto verso i tavolini. Poi ha fatto retromarcia, si è fermato due secondi ed è ripartito. Sotto i portici. Ancora tavolini che saltano via e sedie. Alla polizia ha dichiarato che nessuno lo capisce e di essere vittima del sistema.

Fatalità.

Siamo stati fortunati.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

lo siamo ogni istante.

Grazie di tutta la fortuna che mi regali.

E di tutto il resto.

TI AMO!

Carla ha detto...

Grazie di tutta la fortuna che CI. E di tutto il resto.

TI AMO mio cuore...