05 novembre 2008

Vince Obama, segno che qualcosa sta cambiando. E dato che si parla dell'america, si parla del mondo intero. Dai Obama sollevaci dallo schifo che ci circonda!

In questi giorni sto andando a mangiare con le mie colleghe e sono simpatiche. L'altro giorno si parlava delle cotte avute ai tempi delle superiori e, devo dirlo, non ho avuto ai tempi delle cotte come le hanno avute loro. Ma del tipo che seguivano i loro beniamini o li aspettavano all'uscita da scuola solo per sospirare al loro passaggio. Io cazzeggiavo alle superiori, e i miei fidanzatini, ai tempi, erano fuori dalle mura scolastiche.

Poi abbiamo cominciato a chiacchierare delle prime volte. Non quelle, intendetemi, ma i primi baci. Ho scoperto di essere stata abbastanza precoce in quanto le altre ragazze hanno dato il loro primo bacio alla francese dopo i 16 anni.
Il ragazzo a cui ho dato il primo bacio me lo ricordo. Aveva due sopracciglia enormi. Era un ragazzotto tutto sommato carino e io mi chiedevo come facessi a piacergli. Ero la sua compagna di banco: un giorno mi disse che una ragazza della classe gli piaceva particolarmente. Feci tutti i nomi, tranne il mio. Disse di no a ciascun nome.
Non capivo.
Questo mi capitò parecchie volte nell'arco della mia gioventù: non recepivo i segni di un chiaro interesse nei miei confronti. Questo perché un po' tutti, e alla fine ci ho creduto anch'io, mi consideravano una specie di scarafaggio con le gambe. Un ragazzotto con cui sono stata mi confessò che nella sua compagnia mi chiamavano lo "scarrafone". Un altro mi disse che con un naso più piccolo potevo quasi sembrare normale.

Certe cose ti segnano, come dice il comico.

Quindi spesso non capivo. Alla fine questo ragazzo me lo disse, ma era un pirla.
Era davvero un pirla. Uso il termine milanese perché nessun altro termine lo descrive meglio.
Lui era quello che diceva di avere già limonato, quindi tutti gli altri ragazzi lo guardavano con ammirazione e le ragazze si chiedevano cosa mai significasse limonare.
Si andava da lui a chiedere le cose più sporche per noi ai tempi così piccini: gli chiedevamo cosa fosse una sega, cosa fosse la sborra (ai tempi non si andava tanto per il sottile col linguaggio) e lui si armava di pazienza e ci spiegava.
Quindi a ripensarci oggi, era davvero un pirla.
Però io ero la più bruttina della classe e lui in fondo non era tanto male, aveva anche un mezzo accenno di pelo in viso che lo faceva sembrare quasi uomo. Un giorno mi invitò da lui per studiare e non studiammo.
Mi diede il mio primo bacio e io schifata scappai di corsa giù per le scale.
Il giorno successivo si era già sparsa voce nella classe e le ragazze ripetenti mi guardavano con una certa ammirazione.
In seguito questo ragazzotto si mise con ciascuna delle ragazze della classe, tranne una.

A quel che mi ricordo venne fuori una sorta di beautiful in cui lui era ridge e a turno stava una settimana con tutte. Io non ci cascai due volte, grazie a Dio. Anche perché venne l'epoca del secondo pirla. Ma lui poverino mi sembrava più una vittima del mondo.

Questo ragazzo era della classe accanto e, a differenza del pirla numero uno, sembrava che io gli piacessi davvero.
La classe accanto era composta da delinquentelli e lui sembrava davvero l'unico bravo ragazzo. Mi portava nel parco e facevamo lunghe passeggiate. L'unica cosa, mi diceva, la domenica non ci sono mai. La domenica è sacra. La domenica non posso.
Non che dicessi nulla. Anzi, un po' di respiro mi ci voleva proprio.
Questo ragazzo mi aspettava all'uscita da scuola, veniva a prendermi per uscire il pomeriggio, mi veniva a prendere a catechismo, e quando facevo il tempo prolungato a scuola era lì che mi aspettava.
Finchè un giorno se ne uscì con la confessione.
Mi disse "Sai devo dirti una cosa piuttosto importante, una cosa che potrebbe cambiare le cose, una cosa che faccio fatica a dirti".
La scena era davvero seria e pareva davvero una soap opera però fatta da ragazzini. Eravamo al parco e faceva fresco e lui cercava di dirmi questa cosa tanto importante dopo aver criticato il mio abbigliamento "sciallo" (che cosa c'era di male nei miei anfibi e nei miei pantaloni rosa confetto? e nella mia camicia a quadri da boscaiolo?). Il vento soffiava ma faceva caldo. E io cominciavo a preoccuparmi perché la sua aria era davvero grave. Credevo fosse malato.
Dopo un po' cominciò a blaterare su che cose fosse per lui la donna, e una volta terminata questa lezione filosofica disse "Vedi, io sono un testimone di Geova".

Avrei voluto ucciderlo, mi aveva fatto prendere un colpo. Da lì le cose cambiarono un pochetto. Prima di tutto perché il loro punto di incontro era sotto casa mia e me lo trovavo sotto casa in giacca e cravatta la domenica (giorno fino ad allora tabù) che mi salutava quando ero sul balcone e io avrei voluto buttarmi di sotto.

E poi perché bene o male ti ci trovi dentro questa cosa. I testimoni di Geova sono una comunità vastissima e in un certo senso tengono sott'occhio quello che fanno i loro seguaci.
Così un giorno trovai una ragazza della scuola (che tutti chiamavano Natascia la bagascia, povera stella) che mi prese da parte e mi disse all'orecchio: "Dì ad A. che gli anziani sanno tutto, digli di fare attenzione". La cosa da un lato mi garbava, mi sembrava di essere in un film di spionaggio.
Ma poi lui era troppo appiccicoso e io lo mollai.

Ho scritto questo anche per arrivare a questo collegamento. Sono una persona essenzialmente curiosa, e dopo aver cercato (e non trovato) risposte nel cattolicesimo, per un breve periodo mi sono dedicata a buddha, un periodo durato più o meno cinque minuti di un namnio orenghe chiò detto una sera di fretta perché avevo sonno, sono andata anche a un incontro dei testimoni di Geova.

La loro comunità, ripeto, è davvero grande. Io ci andai vestita come al mio solito, ovvero male. Occhi bordati di nero e rossetto. Ma loro mi accolsero con grandi feste.
Mi strinsero la mano e ma che begli occhi, ma che bella ragazza, che sguardo dolce e così via.
Ai tempi avevo circa 18 anni, ero sempre stata curiosa di sapere cosa si celasse in quel luogo dove queste persone si incontravano. C'era un pappagallo di fronte casa mia che quando li sentiva parlare cominciava a dirgli parolacce. E ogni tot usciva una sposa da quel portone.

La messa è molto simile a quella cattolica, se non fosse per il fatto che lì tutti portano una copia della bibbia con sè. Io non l'avevo e un signore accanto a me la mise in mezzo affinché potessimo seguire le letture direttamente lì e insieme. La cerimonia della comunione è diversa. Viene fatto passare prima un piattino con l'ostia, si passa di mano in mano ma nessuno tocca nulla. Poi lo stesso con una brocchetta di vino rosso.
E poi saluti abbracci, e di nuovo ma che bella giacchina ma che begli occhioni verdi, ecc ecc.

Il signore seduto accanto a me mi regalò un libro, qualcosa come la supedizione de "La torre di guardia". Cercai di leggerlo un po' ma poi mi bloccai quando vidi in una pagina l'immagine di una ragazza seduta sul bordo del letto che piangeva. E il testo spiegava che toccarsi era un peccato grave, e che bisognava chiedere aiuto a Dio e perdono per quanto fatto.

Ho chiuso il libro (che da qualche parte a casa di mia mamma ho ancora) e ho deciso a cosa credere. Infatti sono atea.

4 commenti:

Zion ha detto...

questo post è bellissimo...
cmq sai, mentre leggevo che A. la domenica non poteva proprio vederti, pensavo andasse a spacciare al parco o qualcosa del genere... :D
Che spavento!!!

Zion

Carla ha detto...

Eh! Ehehehe poteva essere sai? Ehehehe

Serena ha detto...

Dopo aver assistito ad un loro matrimonio in cui l'oratore spiegava che Geovah Dio ha donato la donna all'uomo perchè fosse una serva fedele.... ho lottato con me stessa per non salire sul pulpito e strangolarlo!!!! Grrrrrrrrrr!!!!

Anonimo ha detto...

Silvio Berlusconi vuole incontrarsi presto con Barack Obama.
Anche perché se fa buio non lo vede più.