29 ottobre 2009

Impasse

Stanotte ho sognato la mia scuola superiore. Ci sono diverse ragioni per cui l’ho sognata.
Negli ultimi anni la l’istituto “Albe Steiner” di Torino è diventato tristemente famoso per episodi di bullismo verso ragazzi disabili e in generale. L’ultima notizia parlava addirittura di marchiature a fuoco fatte su alcuni studenti.
Devo dire che quando ci andavo io non è mai capitato nulla di così grave. La scuola era bella, colorata, graffitata anche all’interno ed era piena di “alternativi” di ogni genere. Punk con la cresta colorata, metallari bordati di borchie, dark pallidissimi con aria malinconica, rapponi con pantaloni larghi e cavallo bassissimo (ma ancora nessuno a mutande di fuori), modelli fighetti tiratissimi. Non c’erano mai scontri tra le varie fazioni, ognuno trattava con superiore indifferenza i membri degli altri gruppi. Molto spesso non esistevano limiti così invalicabili e il metallaro volentieri girava col punk, a volte il punk col rappone. Mi sembrava che solo i fighetti snobbassero un po’ tutti gli altri, ma forse sono (ero) prevenuta.
L’ho sognata anche perché mi ricordavo della regola d’oro del grafico pubblicitario che il nostro prof ci ripeteva con assoluta fermezza, ovvero per quanto possiamo creare cose bellissime e incredibili, la scelta finale spetta sempre al cliente che, generalmente, non ha un gusto estetico particolarmente raffinato.
Quindi, ci diceva, rassegnatevi a fare biglietti da visita bianchi con il disegno di un bullone o un martello a seconda del cliente. Questo l’ho potuto appurare quando ho lavorato come grafica. Preparavo 2 - 3 bozzetti di cui uno stupendo (che a me piaceva un monte) uno così così e uno davvero orripilante, con tutte le cose che avrebbero fatto ribrezzo al mio prof (fondini sfumati, caratteri gotici, mille elementi confusionari).
Quale veniva scelto? Se ero fortunata quello così così, altrimenti quello orripilante e io zitta e mosca. Se mi chiedevano un’immagine di sfondo mi toccava fargliela, se mi chiedevano un logo giallo e blu potevo al massimo strizzare il naso, se volevano una scritta in carattere gotico potevo assentarmi per andare un attimo in bagno.
Nel sogno io e Roccio entriamo nella scuola, ma non ricordo come mai ci troviamo lì. Chiedo ai vari professori se possiamo assistere alle lezioni, e la cosa è piuttosto divertente. Poi andiamo in aula di fotografia, quanto mi piaceva fare fotografia, era un po’ come giocare al piccolo chimico che non ho mai avuto, però lo immagino così. Buio, pellicola, liquidi, luce rossa, stampa, liquidi, asciugatura ed ecco la magia della foto. La parte teorica era un po’ più noiosa ma ora vorrei tanto riprendere in mano il nostro libro di testo (che si trova come testo autorevole in merito), devo cercarlo a casa di mia mamma. Ma sto divagando.
Entriamo nel laboratorio e la mia professoressa (la Tempesta, non è un nomignolo si chiama proprio così) si avvicina festosa e mi fa un sacco di domande “Dimmi che sei diventata fotografa! Eri così brava, una delle migliori, dai sedetevi, che bello vederti” ecc ecc. A dire la verità non ricordo di essere stata così eccezionale a fotografia, chissà come mai nel sogno ho pompato così il mio ego. Ci sediamo e la prof fa delle domande agli studenti e nessuno risponde, così si rivolge a me ed è una domanda assurda, davvero non ricordo queste cose, qualcosa sulla lunghezza focale, io balbetto qualcosa ma sono imbarazzata da morire, non lo so davvero, guardo Roccio ma lui fa cenno di no con la testa, non lo sa e la prof mi guarda delusa perché pochi secondi prima mi aveva lodata e io sono imbarazzata a morte.
Ieri è successo questo: si parlava al lavoro di Parnassus, il film nelle sale in questi giorni. Parliamo dell’attore morto a mezzo delle riprese di cui nessuno di noi ricordava il nome. Io sparo un nome ma è un nome che non ha senso, di un giornalista famoso che non conosco. Così le mie colleghe mi guardano scandalizzate e io mi sento effettivamente in imbarazzo. Alchè una mia collega mi dice che quel giorno dovrebbe segnarlo sul calendario (questo perché sono diverse volte che le chiedo consulenza e aiuto sulle cose che secondo lei dovrei conoscere a menadito, perché mi crede un genio e io ne sono lusingata ma non sono un genio). L’elaborazione di questo imbarazzo è sfociato nel più classico teatrino della vergogna: una domanda banale a cui non si sa rispondere, a scuola.
Ieri una mia collega ci ha portato dei bellissimi anellini fatti con la terracotta, mi piacciono proprio tanto!

Canzone del giorno: My Way Sid Vicious

28 ottobre 2009

Ci stiamo preparando per halloween

Siamo andati da Nicla a comprare qualche trucco per halloween. Abbiamo preso il fondotinta non bianco ma molto chiaro, dei colori per body painting ad acqua (tutto marca kryolan). Guardate cosa si può fare con questi trucchi ad acqua:



ed è solo una delle tante applicazioni. Non mi serve per ora, ma possono essere usati anche come eye-liner e come ombretti per effetti particolari.

In verità il mio trucco non è molto halloweenesco come mi suggerisce un amico, non ha sangue nè ferite, però chi lo sa. Intanto ho necessità di un qipao da comprare qui a Firenze, ora dove lo trovo? Ahiahia, mi sveglio sempre all'ultimo.
Canzone del giorno: Annina Max Gazzè

27 ottobre 2009

La regina dei tremolii

Ogni tanto mi capita una cosa buffa. Una minuscola zona del mio viso attacca a battere, a vibrare. Avete presente quel battito, quello sfarfallìo della palpebra che ogni tanto capita a tutti? Bhe, capita anche a me. Però non solo quello e non per poco. Il mio sfarfallìo dura qualche settimana, lo sento soprattutto al lavoro, prosegue ininterrotto per qualche secondo, poi fa una lunga pausa di mezz’ora un’ora o più e poi riprende. Così, per settimane. Qualche anno fa mi successe con la palpebra. Per diverso tempo non facevo che strofinarmi l’occhio destro perché mi dava un fastidio terribile. Non sapevo come farlo smettere e poi com’era arrivato se ne andò.
Qualche tempo fa ha cominciato il timpano destro, o quel che era. Vrrrrr sentivo. Vrrrrr. Vibrava.
Non so se era il timpano o quant’altro, ma qualcosa dentro l’orecchio vibrava. Immaginavo una farfalla che sbatteva le ali (com’è davvero capitato a una ragazza che conosco), ma non sentivo muoversi nulla dentro. Solo Vrrrrr ogni tanto. Vrrrrr. Che fastidio.
Per due settimane e poi com’era arrivato se ne andò.
Ora di nuovo, ma non la palpebra né il timpano. E’ difficile spiegare il rettangolino di carne che pulsa. Si trova sul lato destro del naso accanto all’occhio. Quella zona dove poggiamo i naselli degli occhiali, però ipù interna, più vicino all’occhio.
Che fastidio. E’ già più di una settimana che ogni tanto balla. Mi ci premo il dito contro ma posso solo aspettare che passi. La cosa buffa (e che noto solo ora) è che sono tutte zone sul lato destro del viso.
Secondo una mia collega è carenza vitaminica dovuta alle pastiglie che prendo. Ma mi capitava anche prima di prendere le pastiglie. Mi sto informando per seguire un corso di linguaggio dei segni.
Non so perché ma una parte di me è affascinata dall’idea di parlare in silenzio.
Quanto mi piace il silenzio.
Canzone del giorno: Pussy Rammstein

26 ottobre 2009

Sabato e Domenica

Il risparmio energetico a casa di mia mamma non esiste moltissimo, quindi mi sono chiusa gli occhi e ho fatto finta di nulla. Io continuo, qui a Firenze, a prendere il bus per andare al lavoro, a fare la lavastoviglie ogni 2-3 giorni, a usare tovaglioli di stoffa (mitici, davvero). Intanto mi sono costruita un piccolo bozzolo dove mi rintano quando la realtà mi ferisce abbastanza da farmi sanguinare dentro. Il mio bozzolo è di plastica (riciclata) e ha una zip che mi permette un facile accesso. E’ grande abbastanza per farmici stare dentro rintanata in posizione fetale, ma comunque elastica per permettermi di stirare le braccia e non farmi venire i crampi. Il bozzolo mi isola dai rumori ma mi permette di capire se c’è un interlocutore che mi sta rivolgendo qualche domanda per annuire o rispondere. Ma è sempre la persona che sta fuori di me che risponde e non io, che riposo felice nel bozzolo. Nonostante sia trasparente ed elastico è molto resistente e ho deciso che non può essere rotto, solo io posso aprire la zip per uscire quando voglio. Ma ora è un posto che mi piace, non avevo mai inventato un luogo dove potermi riposare, lo trovo grandioso.
Ci sono, purtroppo, alcuni rumori fastidiosi che filtrano. Per esempio il rumore della tv. Voglio annullarlo ma passa e rompe la mia pace. Un altro rumore che passa è la sveglia, e questo è un bene in un certo senso. E sono sicura che in situazione di emergenza i suoni passino, anche se non ho ancora testato.
Credo di essere in grado di inventare mille posti piacevoli in cui stare nell’attesa che passi la tempesta. Per esempio in un prato isolato dal mondo, o su una spiaggia dove il vento soffia forte. Ma il bozzolo è un luogo del nulla, entrando lì mi cancello e non esiste nulla che possa scalfirmi.
Salvo emergenze, ovvio.

Canzone del giorno: Valentina Max Gazzè

23 ottobre 2009

Venerdì

Vivere a basso impatto non modifica di molto la nostra vita. Oggi è la giornata dell’acqua. Come evitare di consumare tanta tanta acqua?
Qui ci possono essere diverse regole, quasi tutti le conosciamo: lavarsi i denti chiudendo il rubinetto, insaponarsi sotto la doccia chiudendo il rubinetto, lavare i piatti a rubinetto chiuso, ecc ecc.
Altre possono essere non esagerare con lo sciacquone: già installare uno sciacquone che preveda due getti, uno più piccino e uno più grande è una gran cosa. Ancora meglio è la regola: “Se è marrone tira lo sciacquone”, evitare di tirare l’acqua a ogni pipì, basta chiudere il coperchio del water per non sentire odori e tirare l’acqua 2 volte al giorno invece che 5-6 è una gran cosa (visto che vengono “buttati” più di 10 litri d’acqua a ogni getto).
Installare dei miscelatori aria acqua è una soluzione. In cucina non siamo riusciti a svitare il cosillo (io e i termini siamo due cose differenti) e quindi ciccia.
Ogni 2-3 giorni usiamo la lavastoviglie, anche per le pentole con il programma supereconomico (basso consumo di acqua e corrente) e abbiamo visto che basta che non si mettano incrostate e vengono fuori bene.
La lavatrice solo a pieno carico, senza separare colorati dal bianco. Usiamo il foglio che cattura i colori e funziona piuttosto bene. Laviamo tutto a freddo con un detersivo ecologico certificato ecolabel e facciamo circa una lavatrice a settimana.
Per bere usiamo la caraffa Brita ormai da qualche mese e ci troviamo piuttosto bene. Purtroppo qualche bottiglia di plastica la compriamo, più che altro per quando saliamo a Torino, ma ci durano davvero un’infinità. La doccia ha bassa pressione e comprando un apparecchio speciale riusciamo a risparmiare e ad avere un getto decente (l’ho ordinato ieri ci deve ancora arrivare). Questo aggeggio, oltre a miscelare aria e acqua, ha una pallina al suo interno che ruota veloce aumentando la pressione del getto.
Me l’ha consigliato una collega che prima aveva davvero solo un pisciolino e ora ha una pressione altissima. Spero che funzioni perché finora mi sono fatta la doccia nella vasca da bagno, da seduta, in modalità “scomoda”, ma almeno con un getto decente. Roccio ha preferito la doccia ma con grande fatica.
Ah, cosa buffa. Non so come mai da qualche giorno ci siamo convinti di avere l’impianto di riscaldamento centralizzato. Visto che nei giorni passati c’era freddino abbiamo quindi acceso i termosifoni e avviato la caldaia. “Tanto” pensavamo “se è centralizzato lo spengono loro, lo abbassano loro, ecc ecc”:
Faceva piuttosto caldo in questi giorni così stamattina mi si è accesa la lampadina. Se fosse stato davvero centralizzato l’impianto, non si sarebbe acceso il riscaldamento dalla caldaia, che a quel punto sarebbe stato solo uno scaldabagno. Stamattina cerco il contratto di affitto, effettivamente il nostro impianto è autonomo! La prima cosa che ho fatto è stata rispegnere tutto, dopo due giorni di riscaldamento acceso giorno e notte è il minimo.
Quello che ci ha tratti in inganno è stato il termostato che non è temporizzato, quindi non possiamo programmare l’orario di accensione. Questo vuol dire che quando la sera torneremo a casa farà piuttosto freddino e dovremo aspettare che si scaldi tutto.
Del resto un termostato programmabile non costa molto, quindi potremmo anche installarlo. Semplificherebbe molto la vita.

22 ottobre 2009

Giovedì

Oggi giornata ecologica. Accendere solo luci necessarie (bhe a dirla tutta il progetto chiede di non usare apparecchi elettronici). Cosa molto difficile perché mentre io aderisco al progetto (e scrivo al pc, che già non dovrei) Roccio no, quindi la tv è accesa, la luce della sala è accesa, la lucina della lampada che usa per fare gli aeroplanini è accesa.

Diciamo che di questa settimana ecologica sono stata brava solo a usare i trasporti pubblici (e venerdì c'è già sciopero, sigh...).

Però mi trovo piuttosto bene, anzi, per la prima volta in vita mia il bus che prendo ha sempre posto e fa pochissime fermate, inoltre fa una scorciatoia che mi permette di essere al lavoro puntualissima! Decisamente non male.
Ah e i tovaglioli di stoffa. Quelli nemmeno sono male. Mi ci trovo bene e poi sono enormi, piegati un mucchio di volte, regà, c'è sempre un angolo pulito dove sbavare!

Poi, sto leggendo penso uno dei libri più belli che io abbia mai letto, speriamo che alla fine non si sciupi.
Si intitola "Molto forte, incredibilmente vicino", quando lo finirò inserirò il mio commento su anobii. Ci sono dei libri che non possono essere letti ma, inevitabilmente, vissuti. Protagonisti che riesci quasi a vedere, personaggi che ami al primo istante e altri no. Il libro mi chiude in un mondo meraviglioso e l'odore delle pagine sfogliate è un aroma che mi da' dipendenza.

21 ottobre 2009

Mercoledì

Oggi giornata della spesa ecologica. Purtroppo non ce l'abbiamo fatta ad andare dal verduriere a comprare frutta e verdura di qui (prodotta entro 250 miglia, suggerivano loro).
Abbiamo avuto altre incombenze, come riportare di nuovo l'iphone in assistenza. Speriamo.

20 ottobre 2009

Martedì

Oggi è la giornata dei trasporti. Prendere il bus non è così faticoso perché ci metto lo stesso tempo. Ma è faticoso alzarsi un po' prima e aspettare al freddo. Devo dire che una cosa positiva c'è: il bus è sotto casa e gli orari mi permettono di entrare a un'ora decente e a tornare a casa a un'ora altrettanto decente. Quindi non lo disdegno (anche se le mie colleghe mi danno tempo fino a giovedì prima di riprendere la mia comodissima macchinina).
Ma conoscendomi ho fatto di più: ho lasciato la macchina in riserva così se voglio prenderla devo comunque andare a fare benzina e svegliarmi prima. Per cui va bene così, vediamo come va questa settimana e come sarà la prossima settimana. E ora leggiamo il nostro compitino di domani!

19 ottobre 2009

Lunedì

Il mio compito di oggi è separare la spazzatura e riutilizzare il riutilizzabile. Difficile, dato che si tratta di scatolette di tonno, confezioni di shampoo esaurito, sacchetti di plastica di vario genere. Dovrei riflettere su quanta spazzatura si produce per fare un elenco di ciò di cui si può fare a meno.
Domani dovrò usare i mezzi pubblici. Quando vivevo a Torino usavo quasi sempre il bus. Un po' per mia personale avversità alla macchina, un po' perché su i bus funzionano abbastanza bene. Domani invece dovrò svegliarmi prestissimo per prendere il bus, speriamo bene.

18 ottobre 2009

Domenica

Questo è il primo giorno dell'esperimento "noimpactweek" che ti propone, passo passo, un esperimento della durata di una settimana dove si cercherà di essere il più "ecologici" possibile. Quindi a bassissimo impatto ambientale. Ogni giorno si dovranno eliminare o modificare delle cose e queste si aggiungeranno alle modifiche dei giorni precedenti.
Oggi il lavoro è semplice e riguarda i consumi. Bisogna fare una semplice lista delle cose che si desiderano comprare e controllare se è possibile riciclare cose già possedute, noleggiare o costruirle da sè.
Poi il secondo consiglio riguarda la spazzatura, ogni persona deve avere il suo sacchetto di spazzatura riciclabile. Questo lo saltiamo, giusto perché noi produciamo poca spazzatura (un sacchetto a settimana di organico, plastica e indifferenziato) e dividere ulteriormente questo poco consumo aumenta il numero dei sacchettini e rende tutto un po' meno "a basso impatto".
Nei giorni successivi ci saranno nuove cose (temo per il martedì in cui dovrò cominciare a rinunciare alla macchina!) e vi terrò aggiornati!

16 ottobre 2009

Peripezie

Com'è andata a finire con l'esenzione? Ovviamente nessuno mi ha chiamata. Chiamo io ma mi dicono di richiamare di mattina perché al pomeriggio non c'è nessuno.
Va bene.
Però stavolta mi faccio dare il nome del responsabile con cui parlare.
Chiamo l'indomani e mi spiegano come funziona per l'esenzione. Me la può mandare anche via e-mail (meno male) ma sarà valida solo fino al 31 dicembre. Dopodiché dovrò andare dalla mia dottoressa che prenoterà una visita all'asl affinché possano decidere se posso ancora usufruirne o meno. Non sono molto fiduciosa. Del resto come darmi torto? Finora le visite di controllo per questioni burocratiche sono andate peggio del peggio!

Mica è finita.
Il 19 settembre portiamo l'IPhone in assistenza. La batteria dura 3-4 ore (forse anche meno), il Wireless perde segnale, ricevo gli SMS dopo ore, e spesso mi da' campo pieno ma non mi si riesce a chiamare.
Mi dicono di richiamare dopo 10 giorni per vedere se il telefono è arrivato (devono spedirlo, come tutte le cose Apple). Chiamo dopo dieci giorni ma nulla, richiamo dopo qualche giorno, nulla, richiamo ancora dopo qualche giorno, nulla. Per dirla tutta, richiamo questo lunedì e mi dicono che mercoledì arriva. Io per sicurezza mercoledì richiamo e mi dicono "Ma ti avevo detto giovedì!".
Bene, dico, allora è domani, però io domani chiamo lo stesso (che se non è arrivato almeno non ci facciamo un viaggio a vuoto).
Finalmente ieri chiamo ed è arrivato, non ci volevo credere. Arriviamo al negozio, porto il foglio dell'assistenza e il ragazzo mi dice che non è tornato nessun IPhone. Sbianco.
Meno male che si sbagliava: il mio telefono ce l'aveva un altro ragazzo in mano.
Lo accendo e vedo che è stato resettato, poco male. Avevo fatto il backup quindi non fa nulla. Risistemo tutte le mie cosine e mi metto a giocare.
Oggi di nuovo. Poca batteria, non prende, mi si sconnette il wireless. Ci incazziamo, praticamente non è stato fatto nulla. Nemmeno cambiare la batteria! Il mio cruccio è che questi siano difetti propri del telefono, e in questo caso non ci si può fare nulla. Domani glielo riporteremo, e se non funziona di nuovo, glielo porteremo nuovamente.
Mi spiace soprattutto perché è un regalo di Roccio, e lui stesso è incazzato abbestia perché di certo gli avrebbe fatto piacere comprarmi qualcosa di funzionale. Chissà se anche altre persone hanno avuto gli stessi problemi.
E' difficile trovare qualcuno che critichi i prodotti Apple per due semplici motivi:
- i prodotti Apple costano tanto, e spendere tanti soldi fa sì che ne giustifichiamo i difetti. O li nascondiamo. Insomma, dobbiamo giustificare quanto speso con un "funziona benissssimo", per intenderci.
- chi compra un prodotto Apple generalmente è un fedelissimo, ovvero se ha l'IPod, magari ha anche il Mac, o l'IPhone. La campagna pubblicitaria della Apple, Think Different, fa sentire tutti i possessori di un prodotto Apple appartenenti ad un elìte difficile da raggiungere. Gli appassionati del marchio Apple vanno fieri della loro diversità. Ma più che parlare di diversità si può parlare di conformismo.
Per cui se esiste al mondo una persona che riesce a rompere questi schemi e mi confessa di avere avuto gli stessi problemi con l'IPhone me lo scriva, please.
Premetto che tengo questo telefono come un gioiellino, gli ho messo la plastichina sullo schermo e una buccia di gomma morbida ed è l'unico telefono che ancora non mi è cascato a terra.

Stasera ho visto "Inland Empire" di David Lynch. Mi piace Lynch perché i suoi film sembrano dei lunghi sogni dove nulla ha senso ma le immagini rievocano altre scene del film apparentemente slegate tra loro. Mi ha creato un senso di angoscia vivissimo (me lo sono guardata da sola e con le cuffiette perché so che è il genere di film che Roccio non ama) e a qualche scena sono anche saltata dalla sedia.
Forse ancora più onirico di Mulholland Drive che è uno dei miei film preferiti.

Una sola parola:

aberrante.

13 ottobre 2009

Lotto con la burocrazia (e ne esco perdente).

Ricordate l’avventura di venerdì all’asl?
Bene, ieri ho chiamato per chiedere cosa devo fare per il rinnovo della mia esenzione e il ragazzotto, molto velocemente, mi ha detto che dovevo solo andare lì a ritirare un modulo. Insisto perché venerdì mi era stata detta una cosa diversa. Dico che la mia esenzione è di un'altra regione e quindi abbisogno di rifare tutto da capo. Mi dice che no, non è davanti al piccì e quindi non può vedere (ma cosa?) ma adesso è il medico di famiglia che deve fare tutto. Devo insomma solo prendere il modulo e consegnarlo al mio medico curante. "Allora niente documentazione?". No, mi dice, niente documentazione. Questo ieri, quindi in fretta e furia chiedo un permesso al lavoro, alla mia responsabile che mi dice, che va bene, tanto se vado lì alle 8 (al telefono l'asl mi aveva confermato che l'ufficio competente avrebbe aperto alle 8) e devo solo ritirare un foglio, quanto mai mi ci vorrà?
Io ero un po' dubbiosa, ho ormai poca fiducia e avevo un vago sentore di domattina tanto non combino nulla.
Stamattina mi sveglio prestino e poco dopo le 8 riesco ad essere all'asl. Appena entro mi dicono che l'ufficio apre alle 8.30. Bene, penso, già mezz'ora persa così.
Vado davanti all'ufficio dove ci sono altre 4-5 persone ad attendere. Mi siedo e comincio a leggere.
Arriva una signora e dice che il signore che si occupa delle pratiche di esenzione ha avuto un contrattempo e quindi arriverà un po' più tardi. Io continuo a leggere.
Dopo un po' torna la signora e chiede chi deve fare una nuova esenzione, mentre si aspetta ci dice che fare. Un signore entra nella stanza e viene mandato da un medico all'interno della struttura. Alzo la manina e chiedo di poter fare una domanda. Mi fa entrare e spiego la mia situazione e ciò che mi era stato detto al telefono. Mi chiede la vecchia esenzione Eh no, dico io, al telefono avevano specificato che c'era solo da ritirare un foglio. Dice che senza documentazione non possono fare nulla. Ma, io avevo telefonato apposta per essere sicura. Dice che se ho chiamato dopo le 12 ho parlato col portiere che non sa nulla di queste cose e che per avere informazioni dovevo andare direttamente lì, come se io non lavorassi o non avessi altro da fare che passare le mie mattinate all'asl. Come se non bastasse aggiunge che l'esenzione è nazionale, a differenza di quanto mi era stato detto venerdì, ovvero che l'esenzione in Toscana è diversa. Non sapevo se scazzottare lei o mettermi a piangere.
Oramai la frittata è fatta, sono già praticamente passate le 9 e decido di tornare a casa a prendere la famosa documentazione. Acchiappo la mia vecchia esenzione, acchiappo l'ultima documentazione sul tumore al seno, acchiappo la prima parte della mia vecchia cartella clinica del 1995 e quella del 1997 cercando, nelle sue 200 pagine, quella che riguarda le diagnosi. Dopo un po' le trovo, le scansiono e le stampo e torno lì.
C'è finalmente il ragazzo che si occupa delle esenzioni (era lo stesso ragazzo che aveva preso la mia pratica per richiedere una nuova invalidità), è scazzato abbestia. Mi sa che le persone prima di me lo han fatto nero nero. Entro e spiego tutto, io e la mia esenzione arriviamo da un'altra regione (mi piacerebbe specificare "e non da un altro pianeta"). Prende la mia vecchia esenzione e dice "Ok, se mi lascia un numero la richiamo".
E no, dico io, sono tornata a casa per riprendere tutta la documentazione e ora mi dice che non serve? "Non mi occupo io di questa pratica, ma il mio responsabile, se ha bisogno di documentazione aggiuntiva gliela chiederà poi lui".
Quello che vorrei dire è "non è che questo mondo è pieno di gente che non ha una cispola di cose da fare dalla mattina alla sera, o meglio ce ne sono tante, ma io non sono tra queste quindi NO".
Quello che dico è "non prenderò un'altra mattina di permesso per riportare qui dei fogli, semmai ve li manderò via fax".
Alla parola fax sgrana gli occhi, come se non ne avesse mai sentito parlare, alché mi chiede di dargli tutto così almeno che servano o no, loro hanno le mie diagnosi. Gli lascio il mio numero di telefono, dice che mi richiamerà entro domani per dirmi qualcosa. Ma ho come il terrore che non sarà così.
Che cosa ne è stato del famosissimo foglio che dovevo ritirare? Nulla, anche se lo avevo preso e compilato non mi è stato nemmeno richiesto.
Lo so lo so, sembro scazzata. In verità non riesco nemmeno ad arrabbiarmi, queste incongruenze mi rendono la vita interessante e mi diverte raccontarle.
Tant'è che, nonostante non fossi io in torto e il ragazzo era piuttosto scortese, sono riuscita a farlo rilassare semplicemente chiedendo "Brutta giornata, vero?". Alchè ha sorriso e ha risposto "Non sai quanto".
Altra curiosità, mi chiede il tesserino sanitario e io gli porgo quello europeo. Mi dice "No, questo è il codice fiscale, mi serve quello cartaceo".
Anche lì stavo per svenire. Meno male che ho sempre dietro anche il tesserino cartaceo. Tenetelo a mente, siamo in Europa, ma forse l'Europa di un altro pianeta. Cambiare regione è complicato, figurarsi cambiare stato! Se mai doveste fare documenti all'asl sappiate che dovrete impazzire per ritrovare il vostro tesserino cartaceo, quello che probabilmente avrete buttato o che sarà ridotto a coriandoli nel vostro portafogli.
Se proprio non potete fare altro, almeno riciclatelo per carnevale.

Canzone del giorno: Rock'n'roll Robot Alberto Camerini

09 ottobre 2009

Tettografia

Stamane mi è toccata: la tettografia.
Prima, però, dato che la mia esenzione ticket è scaduta, sono andata all'asl per rifarla. Apriti cielo!
Il funzionario mi ha detto che fino a lunedì non si sa nemmeno cosa e come fare, e che nel mio caso è ancora più complessa la cosa, dato che la mia esenzione era stata concessa da un'altra regione. Dovrò portare (non appena sapranno anche loro esattamente "cosa" dovrò portare) la documentazione medica del '93 nella quale è stata diagnosticata la patologia, il linfoma di Hodgkins.
Devo proprio scavare nei ricordi ospedalieri per trovare quella roba là.
In ogni caso un po' mogi, io e Roccio andiamo via dall'asl per recarci a Villa delle Rose (Careggi) per fare la mammografia.
La signorina tanto gentile del CUP mi aveva comunicato il seguente indirizzo per Villa delle Rose: via del Pergolino 4/6. Ieri sera controllo su google maps, mi dico che è semplice evviva evviva ci si arriva in poco tempo.
Peccato che in via del Pergolino 4/6 non c'è nessuna Villa delle Rose. Entriamo nella struttura che sembra stare al suo posto e chiediamo informazioni. La signora ci comunica che non è la prima volta che le capita una cosa del genere ma quella non è Villa delle Rose. Io non conoscevo l'azienda ospedaliera di Careggi. Sono abituata al fatto che un ospedale è unico e all'interno ha i suoi bei reparti. Careggi è un quartiere, diciamo, dove ogni villettina col suo spettacolare giardino è un "pezzo" dell'ospedale. Capita che questi pezzettini siano però molto distanti tra loro.
Così, quando la signora ci fornisce le indicazioni e Roccio sgrana gli occhi, io capisco che c'è parecchio da camminare.
Cammina cammina cammina e Villa delle Rose mica si vede.
Arriviamo al Meyer, l'ospedale pediatrico e chiediamo informazioni. Niente, Villa delle Rose era più dietro, ci dice la signora che c'erano anche le indicazioni. Torniamo indietro e ci inerpichiamo per una salitina. Raggiungo una dottoressa e chiedo se Villa delle Rose è da quelle parti. Lei ci indica il cancello di fronte a noi e dice "E' qui".
Insomma per farla breve, meno male che siamo andati con due ore di anticipo.
Entriamo e andiamo all'accettazione. La signorina al bancone guarda la mia prenotazione e scuote la testa. "Lei non deve fare questo esame" mi dice "è troppo giovane. Le mammografie di controllo si fanno più in là con gli anni". Sorrido e le dico gentilmente che sono stata operata, mi guarda, annuisce e controlla sul suo elenco. "Troppo presto" continua "non posso farla passare".
Porca miseria mi verrebbe da arrabbiarmi ma non mi arrabbio. Le dico che se c'è da aspettare aspetteremo. "No, ora sento se posso farla passare". Chiama non so chi e mi dice di andare in sala d'attesa che verrò chiamata col numerino.
Effettivamente in sala d'attesa sono la più giovane (questa è una parola che oggi ho sentito spessissimo riferita a me). Il radiologo, che ogni tanto si affaccia dallo stanzino, è giovane ma ha un'aria austera. In netto contrasto con i suoi capelli biondi che sembrano decolorati. Non sorride, non ha espressioni, un po' mi fa paura.
Quando è il mio turno gli porto ciò che ho in mio possesso. Precedente mammografia, esame cito-istologico della fettaditetta asportata ecc ecc.
Ma appena entro mi dice "Come mai qui? E' così giovane!". Gli riassumo la mia storia clinica, mi fa spogliare e mi fa avvicinare alla macchina.
Mi dice "Lo sa che sarà doloroso, vero?". Annuisco, ma il ragazzo è stato in gamba. Non mi ha fatto male ed è stato veloce, a differenza di Torino dove sono stata maneggiata e dove mi hanno effettivamente fatto male (lamentandosi, in maniera discreta, del mio seno piccolo che per la mammografia è un casino). Il medico biondo austero quasi tedesco che chiameremo Hans mi sposta mi gira e rigira e fa tutto ciò che deve fare. All'ultima proiezione mi sorride, strano ma vero, ed esclama "Lei è molto coraggiosa". Il che mi fa arrossire, perché per me è una specie di complimento dato che mi giudico assolutamente fifona. Mi dice di aspettare perché per chi è stato operato c'è anche la visita.
Sappiate che negli ospedali, nelle sale d'attesa, è normale sentir parlare di morte. E' come quando si mangia e si parla di cibo. Non riusciamo ad estraniarci dal contesto ed è buffo sentire queste signore che parlano di chi e di come è morto questo o quell'altro. "Se nè andato così, in fretta, che peccato".
Mi annunciano che ci sarà da fare anche un'ecografia e la visita. Bene, così la visita senologica non dovrò più farla il 22 ottobre. Anche in sala ecografia c'è un'atmosfera allegra e il solito "E' così giovane" che mi si è incollato addosso a tal punto che non ricordo più di avere 28 anni.
Anche l'ecografia e la visita non hanno rilevato niente. Sono sana, nessun segno di cose strane e ho persino un intero giorno di ferie per me. Ora però vado a preparare la borsa che stasera si sale a Torino.
Weekend con compleanno di mia mamma. E raffreddore a gogò.

08 ottobre 2009

La mia paura

Ho capito cos'è che mi fa una terribile paura. Sin da piccina (e parlo di un'età davvero tenera, attorno ai 4 anni) guardavo i film horror con mia mamma, che è una superappassionata. Non ho mai avuto grandi paure. L'unico film che mi abbia mai impressionato, e avevo circa 7-8 anni, è stato "Profondo Rosso". L'unica volta che ho dormito con i miei.
Per il resto no, ricordo che mia sorella, di 6 anni più grande, mi svegliava di notte chiedendomi di dormire con lei perché aveva paura.
La cosa però non la tranquillizzava perché la sottoscritta soffriva di leggero sonnambulismo che mi faceva sedere di notte sul letto ad occhi aperti bofonchiando qualcosa. Mia sorella, dormendo con me, era più devastata che riposata.

Sto leggendo molto in questo periodo, qualcosa tipo 2-3 libri al mese. Leggendo persino nella pausa pranzo perché il tempo è poco (già risparmio tantissimo tempo non facendo le pulizie, i rotolini di capelli miei e di Roccio ringraziano perché proliferano a vista d'occhio). Il libro che sto leggendo ora è "Risvegli" di O. Sacks. Adoro i casi clinici, mi immergo totalmente nelle storie personali dei pazienti, e mi ci ritrovo. Forse perché sono stata, sono e sarò paziente e leggendo le storie cliniche riesco a capire cosa vede in me un dottore.
La differenza tra gli altri medici e Oliver Sacks è la sua umanità. Quando capisci che un medico dovrebbe essere, prima di tutto, un essere umano e avere il dono dell'empatia e vedi che spesso non è così, leggere un libro come questo ti apre il cuore.
Su "Risvegli" hanno fatto un bellissimo film con R. Williams e R. De Niro. Se siete minimamente interessati ai casi clinici vi consiglio, dello stesso autore "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" (il mio prossimo acquisto sarà la fonte d'ispirazione di O. Sacks, Lurija "Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla").

Ho divagato.
L'altra sera stavo appunto leggendo questo libro, "Risvegli" che parla di gravi pazienti post-encefalitici risvegliati, per un breve periodo, dalla L-Dopa (farmaco usato nel morbo di Parkinson). Le storie di questi pazienti sono tragoche e bellissime. Persone che, fino a pochi giorni prima erano praticamente dormienti, assenti, ora si risvegliano, apprezzano la vita, scrivono diari. Ben presto la malattia torna nella forma più estrema e la L-Dopa nulla può più. Si manifestano allucinazioni, psicosi, acinesia, crisi oculogire, tremori parkinsoniani e molti di quei pazienti tornano nel loro stato precedente. La risposta al farmaco è, però, del tutto personale e imprevedibile. Capita che alcuni pazienti non rispondano molto bene, ma fuori dall'ospedale e in ambiti più tranquilli, riescano a vivere senza alcun problema di sorta.
Mentre leggevo le loro storie ho avuto un piccolo attacco di ansia. Il respiro mozzato, la deglutizione frequente, lievi allucinazioni visive. La cosa mi ha inquietato e presto ho capito. Ho il terrore delle malattie croniche. Nè mostri, nè demoni, nè spiriti mi inquietano tanto. Ho il terrore di non essere più me stessa, di impazzire, di non essere più Carla, ma la persona affetta da tale sindrome.
Questa non è una paura che termina spegnendo la tv o chiudendo il mio bel libro. E' una paura ancestrale dell'essere umano.
Posso scriverlo? Va bene.
Ho come l'impressione a volte di sentire le mie cellule invecchiare, o moltiplicarsi senza sosta. Piccole microscopiche formiche che scorrono nel FormiCarla. Pazzia?
Forse.
Ma questo blog, non a caso, si chiama bambina borderline.

P.s. visitate la mia libreria.

07 ottobre 2009

Lodo Alfano illegittimo! E' festa!

Le solite parole del pazzo psicotico paranoico: è sempre colpa della sinistra.
Questo video è decisamente "didattico".

05 ottobre 2009

Matrimonio celtico sotto le stelle

Forse non ne ho mai parlato in questo blog, ma S è stata la mia migliore amica per un sacco di anni durante quel periodo intricato che è l'adolescenza. Ci siamo poi perse di vista, capita, una volta entrambe seriamente fidanzate.
Io e lei eravamo inseparabili, una cosa mai vista per me che sono una specie di essere antisociale. Andavamo in vacanza insieme, i weekend insieme, in Molise insieme e non avevamo grosse gelosie. Se ci piaceva lo stesso ragazzo finiva che una delle due cedeva e dice "ok, questo è tuo". Ovviamente non con queste parole.
Io dopo cena passavo a trovarla, facevamo due passi e si parlava di tutto, abbiamo condiviso molte molte cose ma dopo tanti anni alla fine ci siamo perse. Ripeto, capita.
Per questo mi ha fatto ancora più piacere essere stata invitata al suo matrimonio.
Le sue parole al telefono sono state queste: mi sposo il 3 di ottobre in comune, lì se vuoi vieni ma ci tengo di più che tu venga il giorno successivo, mi sposerò con rito celtico.
Io e S avevamo sempre al collo un triskel da cui non ci separavamo mai (il mio purtroppo si ruppe e poi andò perduto. Ma forse perso no, so dove si trova ma non voglio recuperarlo per vari motivi che non sto a spiegare). Ce li portarono sua sorella e suo cognato di ritorno dalla Bretagna. Io e lei, piccole streghe, che ci mettevamo a compiere piccoli riti propiziatori alla luce della luna. Sempre con indosso il nostro inseparabile triskel.
Sapevo in un certo senso che se mai si fosse sposata l'avrebbe fatto così. E' una ragazza coraggiosa, S, non teme ciò che gli altri pensano di lei, va dritta per la sua strada ed è una delle persone più coerenti che conosca. Mi ricordo che da piccina litigò con suo padre perché non voleva cresimarsi.
Ci compravamo libri di magia bianca e stregoneria, quei pochi che le nostre poverissime finanze di allora potevano permetterci. Poi consacrammo dei talismani che ho ancora in un vecchio portafogli. Lei mi regalò un libro dulle divinità celtiche e da allora il mio nick (prima ancora di avere un computer avevo un nickname) passò da Cay a Cleena, la dea celtica che culla le persone che soffrono fino a farle addormentare.

Il rito civile è stato breve e indolore. Note curiose, lo sposo (che appunto conobbi quel giorno) invece di dire "Sì" alla fatidica domanda, rispose "Altroché", suscitando notevole ilarità.
Il giorno dopo, la cerimonia si è svolta in montagna, a mille metri, in una specie di ex convento di monaci. Non posto foto perché mi sembra di rovinare l'incanto di quella sera, di un matrimonio assolutamente non convenzionale ma spiritualmente il più incantevole che io abbia mai visto.
Scoprii solo lì che ero destinata ad essere una delle cinque ancelle (nel matrimonio tradizionale, damigelle) che avrebbe accompagnato la sposa all'interno del cerchio.
Così mentre lo sposo si avviava scalzo seguito dai suoi cinque testimoni e da tutti gli invitati in mezzo al prato, noi, insieme al padre, aspettavamo la sposa.
Intanto si faceva buio, era essenziale, c'era luna piena.
Lo sposo si piazzò al centro del prato e tutti gli invitati si disposero in cerchio, insieme ai cinque testimoni che in mano tenevano una torcia ciascuno.
Una volta arrivata la sposa noi abbiamo seguito lei e suo padre, ognuna di noi aveva in mano una piccola bottiglietta di vetro piena d'acqua e una spilla con fiori di lavanda.
Quando la sposa è arrivata al cerchio noi ancelle ci siamo posizionate tra un testimone e l'altro, ascoltando la loro cerimonia. Sotto la luna si sono scambiati le promesse e gli anelli e, a simbolo del loro amore, hanno piantato un piccolo faggio al centro del cerchio. Faggio che poi noi ancelle abbiamo bagnato con l'acqua delle nostre bottigliette.
S si è commossa leggendo le sue promesse allo sposo e un po' mi sono commossa anch'io.
Sotto la luce della luna tutto aveva un'aria così misteriosa e, nonostante le basse temperature, non sentivo più il freddo. Guardavo il faggio e pensavo che sarà bellissimo per loro tornare di anno in anno a guardare come sarebbe cresciuto. E che magari un giorno avranno un bambino e lo porteranno lì per raccontargli la loro storia. E gli diranno "Vedi quel faggio? Era piccolo una volta come sei piccolo tu, ma ora è grande e anche tu lo diventerai. Questo è stato il simbolo del nostro amore e ora lo sei tu". E mentre fantasticavo su queste romanticherie gli sposi si sono baciati e la sposa ha donato il suo bouquet, ricco di simbologie, allo sposo. Ci siamo riavvicinati al casolare e abbiamo preso posto ai tavoli per mangiare.
Io e Roccio siamo rimasti a dormire lì (erano due ore di tragitto per tornare a casa, di cui almeno 45 minuti su stradine di montagna, strette e a doppio senso di marcia), credendo che rimanesse molta più gente. In realtà alla fine siamo rimasti io e Roccio, sposa e sposo, Claudio, la sorella di S e suo marito. Questo ci ha permesso di fare quattro chiacchiere, ché era molto che non ci si vedeva. E fare quattro chiacchiere davanti ad una immensa scodella di zuppa inglese dentro cui pescavamo col nostro cucchiaio rende tutto più allegro e sincero. Dopo aver chiacchierato un po' siamo andati alle nostre stanze. Faceva abbastanza freddino e io ho dovuto usare anche il sacco a pelo oltre alla coperta per sentirmi a posto.
Quello che mi piace di questa ragazza è che mentre tutti guardano al passato, temendo il giudizio della propria famiglia e cercando in tutti i modi di fare ciò che essa desidera, S pensa al futuro e pensa al fatto che la vita va vissuta come nei propri sogni. Perché se si vivono i sogni degli altri si finisce per rimpiangere tutto.