16 giugno 2009

Principio di coerenza

Sono delusa dal mondo che mi circonda. La gente mi prende in giro più o meno consapevolmente, difficile dire se si tratta solo di un’impressione oppure è davvero così.
Ieri mattina sono andata a fare la visita per l’invalidità all’asl. I miei precedenti (e attuali) clinici sono chiari: sono un linfoma di Hodgkin in remissione completa con ipotiroidismo iatrogeno, conseguente ovvero alla radioterapia e un tumore al seno in situ recentemente asportato.
Sì perché alla medicina legale io non sono Carla, ma sono un linfoma di Hodgkin in remissione.
Andare alla visita con un medico legale privato non è servito a molto. Anzi. Mi sono sentita ancora di più presa in giro.
Scena prima di entrate, io guardo il medico legale e gli dico “Secondo lei c’è qualche possibilità?...”
“Assolutamente sì, si figuri! Con questa documentazione alla mano non ci sono problemi, si figuri!”
Io mi tranquillizzo, penso che lui sappia bene come vanno queste cose. Poi entriamo e mi smontano tutto, lo chiamano per nome (quindi lo conoscono) e dicono “Lo sai benissimo anche tu, (nome del dottore), che le patologie oncologiche non passano poi alla visita per il riaccertamento, quindi io posso darle anche l’invalidità ma poi tra un anno gliela levano”.
Io sto zitta, non parlo, parlano tra loro. Tanto che poi mi fanno uscire e chissà che si sono detti. Però la cosa mi deprime particolarmente, soprattutto quel “lo sai benissimo anche tu..” e la sua risposta di conferma “sì questo problema lo abbiamo anche noi”, mi fa sentire presa in giro perché non è coerente con il suo “Sìsì ce la facciamo assolutamente!”. Tant’è che ci tocca pagargli la salatissima parcella, che mi sembra ancora più salata dopo questa penosa sconfitta in cui mi dice “Sono stati un po’ rigidi ma se non accettano faremo ricorso!”. Io non ho né tempo né soldi per rincorrere qualcosa che non posso ottenere. Vorrei che la gente fosse chiara con me, io non voglio favoritismi e null’altro. Voglio che mi si dica “Si può fare” oppure “Non si può fare”, voglio che mi si dica “ci proviamo” se l’esito è in forse. Voglio chiarezza. Perché se no davvero mi sembra che sia tutto inutile, il mondo sa che è tutto inutile ma mi dice che invece sì “we can”, noi possiamo, e quindi io giustamente ci investo soldi, tempo ed energia. Invece non possiamo un cazzo e a me sembra che tu lo sai.
Mi sento come quando a 15 anni c’era un ragazzotto che stava con me ma non gli interessavo un grandechè, e tutti lo sapevano che mi stava prendendo per i fondelli ma io no. Il nostro amico comune lo sapeva benissimo ma era interessato più alla sua amicizia che alla mia quindi mi teneva nascosto tutto. Così quando mi lasciò, tutti sapevano e io chiamai in lacrime il nostro amico comune elemosinando 200 lire alla stazione e lui ebbe anche il coraggio di consolarmi fingendosi sorpreso.
Però “we can” e quindi offriamo prestazioni che non possono essere offerte, ma lo facciamo giusto per guadagnare.
C’è una parte di me che si sente troppo critica nell’affermare queste cose, anche perché lo vedo tutti i giorni col mio lavoro dove spesso mi si accusa di “fregare” gli altri, cosa che non è assolutamente corrispondente al vero. E’ che sul piatto della bilancia c’è da tenere in considerazione anche il peso della nostra sfiducia verso gli altri che sussiste unicamente per il fatto che ognuno di noi, nel proprio piccolo, si sente inaffidabile e che ognuno cerca di pensare al proprio piccolo giardino senza pensare al bene comune, “anche se mi costa un po’ di più”. La difficoltà si presenta ogni giorno, quando lo specialista ti fa degli sconti enormi se non vuoi la fattura e te, che sei già in condizioni di difficoltà, ti trovi all’interno di un conflitto di coerenza per cui dici “vorrei che le regole fossero rispettate” ma in quel caso “potrei anche chiudere un occhio”. Però il dramma è proprio quello: dovremmo chiedere tutti la fattura, così tutti paghiamo le tasse su ciò che guadagniamo, anche se ci tocca sborsare di più. Quanto è difficile essere coerenti? Quanto è affidabile un ragazzotto che mi parla di salvare lo gnu africano e utilizza un gel di marca famosa testato sugli animali? Molto poco.

Meno male che in tutto questo marasma c'è sempre Roccio con me.

Canzone del giorno: I’ll never grow up Twisted Sister

11 giugno 2009

Le nuove regole sulle intercettazioni vanno incontro a una vera ossessione del Cavaliere
Vietato trascrivere anche se un capo Rai chiede silenzio su dati elettorali non graditi al Capo
Quello che sui giornali
non leggerete più
di GIUSEPPE D'AVANZO


"Se escono fuori registrazioni lascio questo Paese". Lo disse Berlusconi l'anno scorso, ad Ancona, e così annunciò la sua offensiva contro le intercettazioni. Più che un'offensiva, la distruzione risolutiva di uno strumento d'indagine essenziale per la sicurezza del Paese e del cittadino. "Permetteremo le intercettazioni - disse nelle Marche quel giorno, era aprile - soltanto per reati di terrorismo e criminalità organizzata e ci saranno cinque anni di carcere per chi le ordina, per chi le fa, per chi le diffonde, oltre a multe salatissime per gli editori che le pubblicano".

Come d'abitudine, il Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al lavoro. E, dagli strumenti dell'informazione, un utensile che, maneggiato con cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare le ombre del potere. La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni - magari perché il suo interlocutore era sott'inchiesta, come gli è accaduto nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell'Utri - è per il Cavaliere un'ossessione, un'ansia, una fobia. Ci è incappato più d'una volta.

Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi).
Berlusconi. Iniziamo male l'anno!
Dell'Utri. Perché male?
Berlusconi. Perché dovevano venire due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio!

Dell'Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In?
Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l'anno, non si scopa più!
Dell'Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto!
La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.
Già l'anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un'intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell'Utri, Alberto.
Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?
Dell'Utri. No, quanto pesava, quattro chili?
Cinà. Sì, va be'! Undici chili e ottocento!
Dell'Utri. Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò?
Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva!
Perché un mafioso di primo piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di ingraziarselo.
Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: "Io sai che poi ti ricambierò dall'altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a ... eh! A darti un grande sostegno". Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari...
Ancora uno stralcio:
Saccà. Lei è l'unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire...
Berlusconi. Io qualche volta di donne... e ti chiedo... per sollevare il morale del Capo (ridendo).
E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna "perché sta diventando pericolosa".

È l'ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy.
Per scardinare, nell'opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali, telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate leggende. Dice: "Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia". Fa dire al suo ministro di Giustizia che gli italiani intercettati sono addirittura "30 milioni" mentre sono 125 mila le utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli italiani intercettati). Alla procura di Milano, per fare un esempio, su 200 mila fascicoli penali all'anno, le indagini con intercettazioni restano sotto il 3 per cento (6136).

Altra bubbola del ministro è che gli ascolti si "mangiano" il 33 per cento del bilancio della giustizia mentre invece sfiorano soltanto il 3 per cento di quel bilancio (per la precisione il 2,9 per cento, 225 milioni di costo contro i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale della giustizia). Senza dire che, per inerzia del governo, lo Stato paga al gestore telefonico 26 euro per ogni tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare un telefono fisso, 2 euro al giorno per in cellulare e 12 per un satellitare e l'esecutivo non ha tentato nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un pagamento a forfait o tariffe agevolate in cambio della concessione pubblica (accade all'estero).

Nonostante questa inerzia, le intercettazioni si pagano da sole, anche con una sola indagine. Il caso di scuola è l'inchiesta Antonveneta. Costo dell'indagine, 8 milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il patteggiamento dei 64 indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di intercettazioni e avanza qualche decina di milioni da collocare a bilancio, come è avvenuto, per la costruzione di nuovi asili.

Comunque la si giri e la si volti, questa legge serve soltanto a contenere le angosce del premier e dei suoi amici, a proteggere le loro relazioni e i loro passi, a salvaguardare il malaffare dovunque sia diffuso e radicato. Per il cittadino che chiede sicurezza e vuole essere informato di quel accade nel Paese è soltanto una sconfitta che lo rende più debole, più indifeso, più smarrito.

Se la legge dovesse essere confermata così com'è al Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei "gravi indizi di colpevolezza" che giustificherebbero il suo arresto. E allora che bisogno c'è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive l'associazione magistrati. Certo, è l'eclissi di un segmento rilevante dell'informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei "riassuntini" dell'inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione.
La cronaca, queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto, attossica l'ordinato vivere civile.

Immaginate che ci sia un dirigente della Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per "il Capo". Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente con il conduttore spiega che quello è "un ordine del Capo". Non c'è nulla di penale, è vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai telespettatori che la scena somministrata loro, quella sera, era truccata?
Bene, ammesso che questa sia stata una conversazione intercettata recentemente in un'inchiesta giudiziaria, non la leggerete più perché l'ossessione del premier, diventata oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto chi ha il potere. Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né l'occasione.


Fonte: La Repubblica

Renatone

Ieri sera al centro commerciale “I Gigli” appena fuori Firenze c’era un ospite speciale: Renato Zero.
I Gigli erano il centro commerciale più grande d’Italia una volta costruito, e il loro “spam” era “centro commerciale ‘I Gigli’, il più grande d’Italia”. Ma la ipercostruzione di centri commerciali ovunque ha fatto sì di essere immediatamente superato e la canzoncina si trasformò in “…il più amato d’Italia”. Come dice lo scrittore Culicchia, inoltre, Torino ama i primati. E ben presto ha costruito il suo centro commerciale più grande d’Italia, poco fuori città a Grugliasco, col nome “Le Gru”.
Ma anche questo primato è durato pochissimo e ora se sono aggiornata il centro commerciale più grande d’Italia si trova a Roma vicino all’aereoporto. Il Piemonte, offeso da questa iniziativa, sta costruendo un megacentrocommercialeoutlet a Mondovì in provincia di Cuneo, a cui si accede direttamente dall’uscita dell’autostrada. Comprende outlet, centro commerciale, palestra e piscina in una corsa sfrenata al consumismo e alla costruzione irresponsabile.
Finita la storia dei centri commerciali parliamo di Renato Zero. All’esterno de “I Gigli” hanno montato un palchetto dove un gruppetto ha suonato prima del suo arrivo. Poi è arrivato, pettinatura molto fashion, occhialini, ha sponsorizzato il concerto che farà il 20 giugno a Roma con altri cantanti per ricostruire l’università de L’Aquila e poi ha promesso a tutti di salutarli uno per uno. Concludendo che a Roma, facendo così, aveva fatto le 6 del mattino.
In realtà non eravamo moltissimi, ma mettersi in coda in queste occasioni è devastante. Per una firma quasi ti avrebbero schiacciato e camminato sopra. In ogni caso ce l’abbiamo fatta alla fine. Autografo, bacino e foto. Da romano qual è ha salutato con “Grazie tesoro”.
Non conosco altri artisti che si mettono a disposizione dei fan solo per firmare autografi e salutare. Grande Renato.
Appena posso metto le foto online. Mia mamma, da brava sorcina, “starà a rosicà”.

Canzone del giorno: Phantom Of The Opera Iron Maiden
(vi aspettavate una canzone di Renato eh? Fregati!)

10 giugno 2009

La mia vita equaesolidale

Siamo proprio delle pecore e le elezioni sono il risultato di questo nostro marciare nel gregge.
I nostri valori sono variati: una volta chi lavorava sodo era rispettato, ora solo chi ha soldi e potere e donnine al seguito. Il nostro modello è diventato una sorta di Rocco Siffredi, un po’ più basso e brutto e con molti più soldi. Un uomo che si costruisce la legge attorno a sé, anche la sua banca è costruita intorno a sé (e non intorno a te come vorrebbe farti credere).
A volte andare a votare mi mette male, come si suol dire, mi sembra che il mio voto non valga un grande che. Poi quando, nonostante tutto, vedo che le cose non cambiano, o cambiano in maniera impercettibile, mi fa ancora più incazzare, perché siamo tutti bravi a lamentarci ma quando si tratta di fare l’unica cosa che abbiamo il potere di fare, ovvero votare, le persone fanno scelte devastanti.

Ma parliamo di cose più allegre. Sono diventata una consumatrice equa e solidale, almeno per alcune cose. Abbiamo comprato le noci di sapone e facciamo il bucato con quelle, una volta usate due volte possono poi essere messe nei vasi e concimano felicemente le piantine all’esterno. Presa dalla foga ho deciso di smettere di usare creme comprate in farmacia (quando si da’ un occhio alla composizione chimica di tali creme ci si mette le mani nei capelli). Promosse le creme dell’Erbolario, bocciate Vichy e La Roche-Posay. Dato che costano comunque molto in entrambi i casi, invece che comprare la crema dall’Erbolario siamo andati in un negozietto di roba equaesolidale dove, guardacaso avevano anche le noci del sapone. La cremina per il viso ha un odore gradevole, ingredienti naturali e va piuttosto bene per la mia pelle grassa. La crema contorno occhi è un po’ dura da stendere rispetto a come dovrebbe essere ma è naturale e sembra fare davvero qualcosa (come del resto tutte le creme).
Considerato che uso piccole quantità di crema e che mi durano davvero tanto, anche il costo (identico a parità di quantità di crema rispetto alla Vichy) non è eccessivo. E poi mi sembra di fare qualcosa di buono. E poi la smesso di introdurre roba chimica attraverso la pelle.

La casa nuova sta arrivando velocemente e noi le corriamo incontro. Ieri mi chiedevo se sotto al palazzo ci fossero tutti i bidoni per la raccolta differenziata. Come controllare senza andare fino a lì? Semplice: c’è street view di google maps. Con due click ho appurato che i bidoni sono tutti presenti e anche la mia coscienza ecologica sta meglio.
Per dirla tutta, ho pulito il lavandino con bicarbonato e aceto invece del solito anticalcare. Ho devastato la casa di puzza di aceto ma il naso si è abituato presto e il risultato è stato discreto.
Per concludere lascio la mia canzone del giorno e un paio di foto fatte da Stephen al matrimonio del primo cavaliere e della principessa nera, foto davvero belline!

Canzone del giorno: Back in Black AC/DC


05 giugno 2009

Case verde oliva

La casa vista ci è piaciuta, ci è piaciuta un sacco, tant’è che ci siamo mossi immediatamente e ieri siamo andati a firmare una proposta (e a lasciare una mensilità). Tutte le case viste precedentemente avevano qualcosa che non andava. Una era gigante e bellissima ma isolata dal mondo (c’era da prendere la macchina per qualsiasi ragione e poi era in mezzo a dei capannoni industriali), una era centralissima ma non aveva balconi, una era graziosa e perfetta ma non c’era parcheggio nemmeno a pagarlo.
Ci siamo mossi immediatamente per questa casa perché stranamente soddisfa tutte le nostre assurde richieste. Da fuori fa schifo, è un casermone verde oliva inguardabile. Però dentro è molto bellina. Ha due ampi balconi (ci si può sistemare un tavolino per mangiare fuori) con vista su Monte Morello chebellochebello, un bagno con vasca, si naviga nel parcheggio, è spaziosa e in centro ci si arriva a piedi (e non c’è pulizia strade). Ci sono dei fondi in cui stanno aprendo parrucchieri e negozi e anche se è obiettivamente cara come casa, è poco cara considerando il comune e la metratura.
Ieri dopo il lavoro siamo andati in agenzia a firmare questa proposta, l’agente immobiliare ha valutato le nostre buste paga e ci ha chiesto che lavoro facciamo. Rivolto verso Roccio dice “Tu sei a tempo indeterminato, ma tu (indicando me) no”. Non pensavo che anche per l’affitto facessero storie sui contratti. Quindi se si deve comprare una casa si fa prima a spacciare o rubare per racimolare soldi.
Ora quello che ci manca da fare è dare il preavviso alla proprietaria della casa che ci deve ancora fare sapere quanto preavviso dare (comunque sia un mesetto, anche perché se il proprietario della nuova casa accetta la nostra proposta il contratto parte dal 1° luglio), altrimenti finiamo per pagare doppie mensilità e non possiamo proprio permettercelo.
Sto leggendo, ma non ricordo se lo avevo già scritto, un libro peso peso, come direbbe Benni: “I medici nazisti”. La classica lettura che concilia il sonno, eh? Però è devastantemente interessante, nonostante mi venga da piangere a ogni pagina letta, un po’ per la mia sensibilità attuale e un po’ perché vi si leggono comportamenti disumani in persone che dovrebbero prestare servizio per la salute del prossimo.
Il tomo è di più di 600 pagine e lo scrittore è uno psicologo (o psichiatra) ebreo che ha compiuto uno studio di 25 anni prima di scriverlo, fatto di interviste e raccolte storiche. E’ impressionante leggere le interviste a ex-medici nazisti che non sembrano pentiti di ciò che hanno fatto ma anzi giustificano il tutto dietro una chiave biologica di alleviamento della sofferenza per persone considerate indegne di vivere. In questa categoria all’inizio erano presenti solo le persone inferme o malate di mente a cui si “concedeva” un’eutanasia attraverso la compilazione di un modulo che più che constatare le effettive condizioni di salute, spesso conteneva commenti su ideologie politiche dei pazienti piuttosto che le nazionalità.
Questa procedura divenne sempre meno complessa fino ad Auschwitz, in cui si decideva la vita e la morte delle persone direttamente sulla banchina del treno. La complessa macchina nazista ha annullato la responsabilità delle singole persone che potevano sempre giustificare le proprie crudeltà dietro la maschera del “sto solo eseguendo gli ordini”.
Ora, a parte questa parentesi pesantissima, penso alla casa nuova e spero vada tutto bene, e sono già pronta a preparare la roba per il trasloco: la nuova casetta è molto luminosa ed è al 4° piano (finalmente posso levare le odiose tende). La differenza di costo ci indurrà a farci meno pizze fuori casa ma chissene, organizzeremo più cene a casa e passeggiate all’aperto senza per forza mangiar fuori.

Canzone del giorno: Goodbye Blue Sky Pink Floyd