28 luglio 2011

Il mio primo giorno (fake)

Non c'è niente da fare, quando un posto è inculato è inculato. Non riesci nemmeno a risollevarlo parlando di luogo carino, vicino al centro, pieno di persone gentili. Castelfranco Emilia è un po' fuori dal mondo. Così mi sono addormentata a Bologna che il bus era pieno e quando ho riaperto gli occhi mi trovavo in campagna ed ero rimasta solo io.
Vado a fare colazione che senza caffè potrei morire, dato che mi sono svegliata alle 6.30 e ho preso il bus alle 7.19. Meno male che la pasta è di una bontà unica e faccio una simpatica foto alla torta a forma di maiale. Il maiale, dalle parti di Modena, è quasi una divinità.


E poi di corsa al posto X, non molto distante.
E così quella che doveva essere una passeggiata per vedere che tipo di lavoro fosse e conoscere i colleghi si trasforma in una giornata di formazione. Tanto comincerò il 22 agosto quindi dimenticherò ogni cosa. I colleghi sono carini, l'ambiente è tranquillo e i clienti anche, a parte un'esagitata che voleva chiamare i carabinieri. Però non male, davvero. Tanta gente, ma mi hanno detto che sono pochi rispetto al solito, e l'applicativo un bel po' complicato.
Imparerò.
Vi lascio con un idiota da formula uno.

26 luglio 2011

La mia commozione
cerebrale e non

Questa è stata una settimana un po' lunghina ma vorrei partire da venerdì che è stato il giorno in cui io sono tornata a Bologna. Magari un giorno vi parlerò anche degli esami, di come mi sono commossa a lasciare i miei compagni sapendo che solo attraverso grandi sforzi da parte di entrambe le parti potremo rivederci.
Venerdì 22/07:
parto carichissima con un borsone che mi fa ripensare alla mia strana ideologia contraria ai trolley (ingombrano, rompono le palle alla gente che cammina ecc ecc). Trascinandomi a forza questo borsone pieno di ogni cosa parto alla volta di Bologna. Fry verrà a prendermi alla stazione prendendosi un mezzo permessino perché non ho le chiavi per entrare a casa. Quindi ci rilassiamo un attimo e chiacchieriamo un po': alla fine tra una cosa e l'altra sono stata via una settimana e poi partiamo per Civitella Marittima, in provincia di grosseto. C'è il concerto de "Le Orme" ed è tanto che rompo per andare. Così ci incamminiamo per la strada. Google Maps (che tiene conto anche del traffico) dice che ci metteremo più di tre ore mentre il mio navigatore (che non tiene conto del traffico) parla di 2 ore e 45 minuti. Alla fine saranno 3 ore e mezza. C'è traffico e noi dobbiamo passare da Paganico perché una mia cara amica, Barbara, che quest'estate lavora al ristorante dei suoi genitori, è stata così carina da prenotarci l'albergo e ad andare a prenderci le chiavi. Per cui passiamo da lei (sono già le 22 - il concerto iniziava alle 21 ma Le Orme saranno l'ultimo gruppo a suonare), ci abbracciamo veloci, prendiamo le chiavi, portiamo la roba in albergo e cerchiamo questo posto. Lo troviamo abbastanza in fretta e appena arrivati vediamo una bancarella che vende robina de Le Orme. Non ci pensiamo nemmeno troppo e Fry decide di regalarmi "Felona e Sorona" che purtroppo non ho ancora avuto tempo di sentire. Così ci sediamo, prendiamo un paio di birre e un dolcino (avevamo cenato coi torcetti dolci che ci aveva regalato mia mamma) e cominciamo ad ascoltare. Non sono ancora loro, per fortuna, quindi vuol dire che siamo in tempo. Le Orme ovviamente partono col loro nuovo album che è carino, ma niente in confronto a "L'uomo di pezza", "Felona e Sorona" e "Collage". Il batterista, Michi Dei Rossi, è l'unico della formazione originale. Il cantante è nuovo, e la cosa buffa è che con quei capelli lunghi e bianchi sembra Gandalf. C'è una foto in cui riflette tutta la luce del mondo e sembra addirittura illuminato. Finiti i pezzi del loro ultimo album hanno un gran bel repertorio tra "Felona e Sorona" di cui purtroppo saltano qualche brano (ma la commozione di "Sospesi nell'incredibile" c'è tutta. Michi Dei Rossi ha più di 60 anni ma credo che un ventenne non riuscirebbe a stargli dietro (e poi metterò dei video dei suoi assoli di batteria). Il concerto è stato incredibile, una cosa non descrivibile a parole. Buffo quando gli abbiamo chiesto il bis e Michi ha detto "bhe facciamo una canzone" alzando il medio e io facendo le corna gli dico "bhe allora due, dai". Lui facendo le corna col pollice mi dice "no dai tre". A grande richiesta eseguono "Gioco di Bimba" (un paio di genitori mandano il proprio figlio sul palco per cantarla, tenete presente che è un pezzo pesantissimo che parla di pedofilia - il bimbo però fa scena muta e credo che questa cosa lo segnerà a vita, poverino), "Amico di ieri" e "Vedi Amsterdam". Finito tutto (c'era stato anche un problema con l'impianto e sembrava non potessero fare nemmeno il bis) sono scesi tra la folla. Bhe folla, eravamo pochini. Sembrava uno di quei concerti delle feste dell'unità che non conosce nessuno. Invece sono dei pilastri della musica rock, solo che in italia, come molti gruppi prog, non hanno avuto tanto seguito.
Alla fine mi sono fatta fare una foto con il cantante e alcune foto con Michi che tralaltro mi ha firmato il disco (A Carla con Love). Ero stracontentissima, e anche Fry ha apprezzato tantissimo il concerto. Gandalf a ogni fine pezzo piazzava il microfono sull'asta poi lasciava il palco (tanto c'erano un sacco di intermezzi strumentali) e quando tornava non riusciva più a levare il microfono e a disincastrare il filo, era una cosa buffissima. Dopo le foto e le risate siamo andati verso la macchina. Nel parcheggio, buio come la notte più nera, Fry inciampa su qualcosa e si fa male, pensa che sia solo una botta ma quando controlliamo alla luce del cellulare ha un bel taglione. Praticamente c'erano due aste di ferro che venivano in fuori dal terreno, tipo quelle che vengono usate per il cemento armato, e lui era inciampato in due di questi cosi. In macchina puliamo bene con acqua demineralizzata e vediamo che in effetti è profondino. Decidiamo quindi di fare un giro al pronto soccorso di Grosseto (distante ben 30 km). Sono già le due di notte, arriviamo verso le 2 e mezza al pronto soccorso dove oltre noi ci sono dei partecipanti a un addio al celibato (ho sentito i loro discorsi e poi avevano tutti quanti la stessa maglietta con su scritto "Stefano Game Over, si sposa.." o qualcosa del genere. Da quel poco che sono riuscita a sentire, il fratello dello sposo ha mangiato come un disgraziato e ha avuto una colite e ora stava facendo i controlli. Fry è entrato senza di me e mi hanno lasciata un po' preoccupatina in sala d'attesa. Meno male che Fry mi aggiornava con whazzapp. Gli hanno medicato la ferita e gli hanno fatto l'antitetanica. Io sarei morta di paura invece lui tranquillizzava me!
Arriviamo in albergo che sono quasi le quattro. L'albergo è costruito sulle fondamenta di un vecchio mulino ed è in un posto splendido. Ve lo consiglio assolutamente se passate in quella zona. Ci guardiamo una puntata di Futurama quasi in coma profondo e poi nanniamo.

Sabato 23 luglio.
Svegliarsi in quella pace è una cosa che non si descrive. Ci godiamo un po' la nostra mattina vacanziera toscana e lasciamo la camera. Peccato che non sappiamo a chi lasciare le chiavi, non c'è nessuno. Chiamo il cellulare che vedo su un biglietto da visita all'ingresso dell'albergo e l'albergatore mi dice di lasciare le chiavi della camera sul comodino della stanza e i soldi nel cassetto del comodino. Buffa cosa.
Comunque decidiamo di fare colazione e un giro prima di andare dalla Barbara a mangiare e fare quattro chiacchiere. Il paesino di Paganico è incantevole anche se minuscolo. In 10 minuti lo giriamo tutto un paio di volte e alla fine ci sediamo un pochino per far passare il tempo. Andiamo al ristorante e dopo quattro minuscole chiacchiere ci sediamo per mangiare. Allora, dirla tutta per dirla tutta. Se ormai avete già dormito al vecchio molino, perché non mangiare al Ristorante Malù che è un posticino graziosissimo e ci si mangia davvero bene? Noi davvero più soddisfatti di così non potevamo essere. Ragazzi che mangiata, e che bontà. Purtroppo io e Barbara non abbiamo molto tempo di fare quattro chiacchiere, nemmeno col suo compagno Carlo, arriva gente e noi dobbiamo ripartire. E' stata una vacanzina veloce, ma stupenda. Anche e soprattutto perché ho rivisto Barbarina e sono stata davvero contenta.

Lunedì 25 luglio.
Oggi pranzo con i miei amici Fiorentini, amici ed ex-colleghi. Ovviamente quando mi sposto io c'è sempre il delirio. Infatti un incendio nella stazione di Roma Tiburtina ha diviso l'Italia a metà e c'è stato un macello con i treni. Comunque alla fine sono riuscita a scendere e a risalire e confesso che tornare in ufficio mi ha fatto balzare il cuore in gola. E rivedere i miei ex colleghi, bhe che dire. Ci sono stati momenti di grandi coccole. A pranzo sono venuti anche Roccio e Umberto e davvero si sono fatti uno sbattone per venire a pranzo con me e non posso che ringraziarli tantissimo. Vi voglio un sacco bene.
E ora le foto e i video. Scusate se ho scritto di corsa e tardi ma ho davvero pochissimo tempo.
Concerto de Le Orme a Civitella Marittima






20 luglio 2011

Libera.

Fruscc, fruscc.
Che rumore fa il vento? Secondo me questo. Fruscc fruscc. C'è pace e quiete e un po' ti invidio. In fondo te non ci volevi rimanere su questo pianeta. Non hai mai dato l'impressione di combattere per rimanere tra noi. Ti sono sempre piaciuti gli eccessi e ora eccoci.
Mi sento un po' in colpa perché è tanto tempo che non passo a salutarti. Potrei addurre mille scuse, ma la verità è che non me la sentivo. Non credo nella vita dopo la morte e mi sono chiesta: cosa vado a fare? A pulire i tuoi fiori finti?
Sì lo so che alla fine l'ho fatto. E ti ho rimesso a posto anche la rosa bianca secca che pare abbia messo Chicco. Te lo ricordi Chicco? Sì lui sta bene, si è sposato e ora vive a Pescara. Ho saputo che è passato a trovarti.
Ci sono un sacco di cose che vorrei dirti.
Più che altro è passato tanto tempo. Sei andato via che mi dovevo ancora diplomare. Bhe sappi che non me la sono cavata male. Dopo il tuo "E' passata appena con la sufficienza" detto a mia sorella quando ti aveva riferito che ero passata per la qualifica professionale con 67, alla maturità sono passata con un bel 91.
Tanto lo so che cosa avresti detto. Quello che dicevi sempre quando prendevo un bel voto, ovvero che da un albero di mele non può uscire una pera. Però mi avrebbe tanto fatto piacere un minimo di sostegno. Una volta ogni tanto, così. Comunque se ti può consolare nemmeno la mamma da' tante soddisfazioni. Dev'essere una cosa del sud quella di non esprimere affetto ai figli, altrimenti ci si sente deboli e vulnerabili. Chissà.
E' passato tanto di quel tempo papà.
Io dopo il diploma ho pensato bene di fare l'università ma è durata poco. Il primo anno, anzi i primi due ho avuto bei voti, ho ottenuto la borsa di studio, ma poi ho lasciato perdere, ho cominciato a lavorare. Io e Chicco ci siamo lasciati lì, credo, al primo anno di università, o al secondo, non ricordo.
Ma cosa ci sto a fare qui, sei lì mangiato dai vermi, non mi starai certo a sentire.
Che pace che c'è qui. Mi piacciono molto i cimiteri, ogni tanto entro in qualche cimitero a caso. E' il luogo dove davvero si pensa "mammamia come riposano in pace".
Ogni tanto penso che mi manchi. Ma solo ogni tanto. Avevi un caratteraccio terribile, sappilo. Vivere con te non è stato facile.
Ma dopo tanti anni ho capito. Non è stato facile nemmeno te vivere così. Fare la vita che non volevi fare, con due figli che probabilmente non volevi avere. E poi la responsabilità di mantenere una famiglia, gli straordinari al lavoro, la salute che insomma. Io lo capisco.
Però mi ci è voluto tempo e non sei in vita perché io possa dimostrartelo.
Che fatica stare qui, coi lucciconi agli occhi, io detesto piangere. Ma qui non c'è nessuno.
Dopo l'università ho lavorato, ho viaggiato, ho amato.
Ho vissuto in altre città.
Questo non mi sarebbe stato possibile se tu fossi stato qui. Me l'avresti impedito, e io mi sarei sentita in colpa perché lo avresti fatto pesare a mamma. O forse lo avrei fatto comunque, chissà. Ora sono a Bologna, sono qui a Torino in questi giorni perché sto dando degli esami per il corso Java che ho seguito in questi mesi. Sta andando anche inaspettatamente bene.
Forse saresti stata orgogliosa di me, forse no.
Qualche anno fa presi anche lezioni di violino. Sai quanto mi piaceva.
Poi smisi, arrivo a un punto quando, bhe sai. Poi smetto.
Il mio insegnante diceva che era un peccato, perché sono portata. Mi dava pezzi più difficili di queli che dava ai miei compagni. E' anche un violinista famoso. Ma smisi.
Era solo per dirti, magari la bravura nella musica me l'hai passata te. Chissà se nel DNA ci sono queste cose. Ora però devo dirti una cosa importante.
Per tutti questi anni mi sono sentita enormemente in colpa nei tuoi confronti. Non sono stata una buona figlia. Non ho dato grandi soddisfazioni. Però ora lo so, non ero io. Non è stata tutta colpa mia. E' vero io non ci sono stata quando sei stato male. Ma durante le mie chemio non sei venuto in ospedale. Forse una volta, forse due. Ma ero sempre io, con mamma e Vi.
Per questo un po' ti devo ringraziare, ho imparato a cavarmela da sola, a non aspettarmi favori. Nemmeno quando ho incidentato: solo due persone si sono seriamente offerte, ma ho rifiutato perché potevamo fare da sole io e RagnoB.
Però volevo dirti, la colpa non è stata tutta mia.
E poi che insomma. Ti perdono.
Ora sei libero, ora sono libera.

Canzone del giorno: Here With Me Dido


Favola del giorno: L'Inverno e la Primavera di Esopo
La Primavera e l'Inverno sono due stagioni completamente opposte che non sono mai riuscite a trovare la corretta armonia per andare d'accordo. Fortunatamente esse non devono convivere, infatti, quando compare una deve umilmente ritirarsi l'altro.

Un giorno il signor Inverno si trovò faccia a faccia con la giovane signorina Primavera. L'anziana stagione, con quella sua aria sapiente prese a dire: "Mia cara amica, tu non sai essere decisa e determinata. Quando giunge il tuo periodo annuale, le persone e gli animali ne approfittano per precipitarsi fuori dalle loro case o dalle loro tane e si riversano in quei prati che tu, con tanta premura, hai provveduto a far fiorire. Essi strappano i giovani arbusti, calpestano senza pietà l'erba e assorbono ogni sorso di quel sole splendente che, col tuo arrivo diventa più caldo. I tuoi frutti vengono ignobilmente raccolti e divorati e infine, con il baccano e la cagnara che tutti fanno, non ti permettono neppure di riposare in pace. Invece io incuto timore e rispetto con le mie nebbie, il freddo e il gelo. La gente si rintana in casa e non esce quasi mai per paura del brutto tempo e così mi lascia riposare tranquillo".

La bella e dolce Primavera, colpita da quelle parole, rispose: "Il mio arrivo è desiderato da tutti e le persone mi amano. Tu non puoi nemmeno immaginare cosa significhi essere tanto apprezzati. E' una sensazione bellissima che non potrai mai provare perché con il freddo che porti al tuo arrivo anche i cuori più caldi si raggelano". L'inverno non disse più niente e si fermò a riflettere. Forse, essere ammirati ed amati dagli altri, poteva anche essere una bella sensazione.

Per ottenere rispetto ed amore non serve utilizzare la forza ed incutere paura invece i migliori risultati si ottengono con la bontà a la sensibilità.

14 luglio 2011

Ho saputo con estrema felicità che entrambi i blog vengono letti da alcuni miei compagni di corso e che i racconti sulla "monnezza" sono piaciuti tantissimo.
Ebbravi Iolao Badguy e Me.

13 luglio 2011

Il sesto senso dice no.

Che poi mi hanno appena richiamata per farmi un secondo colloquio, stasera.
Ma io ciaociao, sarò a Torino.
Mi richiameranno la settimana del 25. Andrò comunque a sentire per vedere se questa tattica della sincerità estrema ai colloqui funziona, ma ho già deciso che no. Il mio sesto senso ha detto no.

Due cose

Ieri sera alle 19.40 ho avuto un altro colloquio. La fortuna è che ho dovuto fare esattamente (vediamo che dice google maps) 160 metri.
Ero un po' in dubbio perché quando mi hanno detto l'indirizzo e ho scoperto che era dietro casa, sono andata a controllare un attimino e ci ho trovato un'agenzia immobiliare. Non ricordavo assolutamente di aver spedito un curriculum a un'agenzia immobiliare però chissà, ne ho mandati così tanti che vatti a ricordare.
Così ieri sera vado a sentire e mi presento con questa maglietta.

Prima di tutto perché un lavoro ce l'ho già, volevo comunque "andare a sentire" che non si sa mai. E poi perché questa, questa maglietta, i miei leggins e i miei capelli viola, sono io. E anche perché in nessun colloquio sono stata mai giudicata per il mio vestiario (con grande disappunto di chi, invece, dice che dovrei adeguarmi alla massa e andare a un colloquio vestita in maniera formale).
In ogni caso appena entro il tizio sta intervistando un altro ragazzo ("E' qui per il colloquio?")e mi invita ad aspettare fuori. Fuori? Va bhe, esco e aspetto.
Il ragazzo che era appena stato intervistato esce dall'agenzia immobiliare e mi chiama, salutandomi con un "In bocca al lupo".
Il tizio mi fa accomodare, mi squadra per un istante dalla testa ai piedi e commenta con un "Sportiva eh? E il viola..."
Stranamente non mi sento a disagio, è come se mi dicesse "ah, ma hai gli occhi verdi". E mi chiede "Come mai il viola?"
Che domanda. Come mai sei pelato? Avrei dovuto chiedergli.
Parto con la solita pippa del colore che mi piace ecc ecc. Rimarca ancora questa cosa della maglietta "certo, questi vampiri con i dentini". Ora, non a voler pensare male ma i dentini sono dritti dritti sul mio (quasi inesistente) seno.
Io però continuo a non capire di che tipo di lavoro si tratti, poi quando mi dice "Vedo che è residente a Torino, per quello via e-mail le avevo detto che il lavoro è a Bologna". Ora mi ricordo.
Qualche giorno fa Fry dice che dal sito dell'unibo stavano reclutando gente per un'azienda di cui mi passa il sito e ai quali invio subito il curriculum. La risposta è stata, come sopra, che loro sono a Bologna. Quindi cercano web designer, programmatori, un po' di tutto ma a Bologna. Ho rimarcato quindi di avere il domicilio qui.
Così mi spiega che si stanno appoggiando solo all'agenzia immobiliare, per fare colloqui, ma sono in espansione e in particolare mi fanno il colloquio per una posizione amministrativa. Però a metà tra segretaria e public relation, con una punta di conoscenze informatiche "per sapere di che parla il cliente". Mi comunica che mi trova una persona estremamente intelligente, che gli interessa anche il fatto che abbia studiato grafica, mi racconta la storia di Adriano Olivetti e mi dice che, nel caso venissi selezionata, dovrei essere la sua ombra, quindi se c'è da rimanere in ufficio fino a tardi per fare delle cose, si rimane. Se lui deve andare a un aperitico chic con i clienti, bhe io dovrei mettermi carina tutta sorrisi e tacchetti.
Una cosa assolutamente contraria alla mia filosofia di vita.
Però posso giocarmela, insomma, un lavoro già ce l'ho (sempre che nessuno ci ripensi) così quando scorrendo tutti i lavori che ho fatto, uno diverso dall'altro, mi chiede "Ma lei cosa vuole fare nella vita?" finalmente posso rispondere con un sincero "Non lo so". E, #sapevatelo, questa risposta piace, specialmente se corredata da un sincero "Non importa che lavoro andrò a fare, per me l'importante è trovare un bell'ambiente e tornare a casa soddisfatta. Qualsiasi cosa debba fare."
Si dondola sulla sedia soddisfatto, a quanto pare la mia risposta gli è piaciuta. E la domanda era riferita anche al fatto che lui vuole una risorsa da formare e che non cerchi altro lavoro, cioè mi sta praticamente dicendo che mi vuole pagare una miseria e che se trovo qualcos'altro non dovrei accettarlo per una promessa fatta a lui, per una promessa di crescita.
C. mi diede un consiglio essenziale. Mi disse di cercare sempre di capire ai colloqui se sei tu che devi venderti all'azienda, o se chi ti fa il colloquio vuole venderti l'azienda. Qui era vero il secondo caso. Cioè questo omino mi stava quasi dicendo che era un lavoro di merda, stare tante ore in giro con lui, vestendomi bene e sorridendo alle battute leghiste dei clienti snob, concentrata a non inciampare con i miei tacchetti, pagata quasi niente e con una parte di lavoro amministrativo di enorme responsabilità.
Mi dice che sarebbe un rischio puntare su di me perché non conosco la parte amministrativa del lavoro, che è quella più complicata. Mi chiede quanto imparo in fretta. Gli dico che il mio curriculum presenta tutti lavori diversi l'uno dall'altro e ogni volta ho dovuto imparare velocemente. Mi dice a quel punto che vorrebbe propormi uno stage ma subito rifiuto la proposta. Non posso permettermelo.
Alché mi chiede quanto vorrei (che sa un po' di richiesta a una prostituta): mi dico che il minimo sarebbe 1000 euro netti per un posto del genere in cui ci sarebbero un sacco di straordinari non pagati. Sono stata bassa anche perché se voleva prendermi in stage significa che mi avrebbe dato il meno possibile.
Mi dice che i miei 30 anni sono un problema perché non possono farmi il contratto di apprendistato e quindi mi propone un cocopro della durata di un mese, un mese in cui, ripete, non devo cercare altro lavoro. Gli dico allora che senza l'assicurazione di un futuro lavoro non posso non cercare, quindi scende a due settimane di non ricerca di altro impiego.
Guarda il libro che mi sono portata e mi chiede se mi piace leggere e parte una lunga discussione sulla crudeltà dei tedeschi verso gli ebrei e di come sia potuto accadere. Mi parla de "L'Onda" il film tratto dall'esperimento di un professore che ha ricreato nella scuola dove insegnava, la stessa obbedienza cieca verificatasi ai tempi del nazismo (esperimento che conosco però mi fingo interessata). Dice che mi farà sapere, oggi avrebbe sentito un'altra persona.
Tirando le somme, sono stata sincera più del dovuto e ho capito che questa cosa funziona, se hai contenuti. Tutto sommato il mio abbigliamento e il mio modo di essere hanno destato curiosità. Inoltre come giustamente mi ha detto Fry, se io mi mettessi in ghingheri per un colloquio non sarei io, e se ne accorgerebbero perché mi sentirei in imbarazzo. Appena uscita faccio per tornare a casa e trovo Fry per strada, si era preoccupato perché era passata un'ora (mioddio abbiamo parlato così tanto?) e stava venendo a cercarmi. Andiamo a prendere le birre scialle al piccol e intanto gli racconto. Conferma le mie prime impressioni, cioè che è un po' fumoso quando mi racconta del lavoro che andrei a fare, che gli puzza di fregatura.

Quando saliamo a casa col carico di birre a braccio, la ragazza del coinquilino mi dice che "loro" (indicando Fry e Conqui) non sono d'accordo però secondo lei dovrei vestirmi come una donna che ho trent'anni ormai. Parte una discussione già sentita in cui affermo che nessuno può dirmi come essere né come vestirmi e la società non può impormi di mettermi il tailleur perché ho 30 anni. Di solito queste cose me le dicono gli uomini che all'inizio sono incuriositi dal mio fare sbarazzino, poi cominciano a pretendere un abbigliamento meno mascolino e meno colorato, qualcosa di elegante o sexy mentre loro, d'altro canto, non hanno nessuna intenzione di mettersi eleganti - e io non lo richiederei nemmeno mai.
Dalle donne a volte ho qualche appunto, magari corredato da un "anch'io ero come te, poi sono cambiata".
Perché, perché mai devo cambiare? Posso, volendo, scendere a piccoli compromessi, ma questa sono io. Io mi piaccio così, sono a mio agio così, non potrei essere altrimenti. E se un giorno cambierò sarò perché sono realmente cambiata e non perché ho 30-40-50 anni.

Comunque, piccola parentesi, non m'importa.
Più che altro ieri prima di andare al colloquio è passata una signora di uno dei piani di sotto che tutta sfavata e con i pugni piantati sui fianchi mi aggrediva dicendo "Mi deve spiegare come mai l'ascensore è sempre bloccato a questo piano" - senza nemmeno salutare. In effetti al quarto piano succede a volte che la porta non si chiuda bene e quindi diventa impossibile chiamare l'ascensore dagli altri piani. Io di solito ci faccio attenzione e la chiudo a mano. Evidentemente non è così per tutti.
Però dalla mia ho i miei modi cortesi e gentili. E dopo una breve discussione dai toni pacati (miei) contro i toni aggressivi (suoi) è scesa chiedendomi scusa.
La cosa mi ha fatto sorridere e ha confermato la mia teoria secondo cui la cortesia vince su ogni cosa. Del resto si dice piemontese, falso e cortese, e sfruttiamoli questi stupidi detti.
Dopo questa scena ho deciso che per premiarmi del lavoro trovato mi dovevo fare un regalino. E mi sono comprata questi magnifici trucchini, dopo aver visto questo esempio di make up. Ho preso sia la palette che lucidalabbra e blush. Pare che con la pelle abbronzata questo blush renda meglio così ho deciso di diventare supernera quest'estate.
Vi lascio con due cose (oggi è la giornata due cose):
perché è giovane la scrittrice, perché è carino il tema, perché la Littizzetto ha detto "che fa morir dal ridere", vi consiglio questo libro che magari un giorno (comprati e letti tutti gli altri) prenderò anch'io:




L’allieva




Alessia Gazzola





Uno straordinario esordio tutto italiano



Vi consiglio questo libro




e poi, ovviamente, la canzone del giorno che mi ha svegliato stamane e non riesco a smettere di canticchiare da un paio di giorni: Mamma Lillo's Band

12 luglio 2011

Notizia dell'ultimo minuto: il 27 luglio andrò a firmare il contratto. Quindi sono stata presa!
Urrà (cit.)

Musica e nostalgia

Se non avete ancora letto i racconti di ieri vi invito a farlo immediatamente.
Due cose stamane.
Prima nota: ci sono due punkabbestia che dormono nel pratone fuori dall'ufficio (si trova in un complesso che una volta era una fabbrica di succhi di frutta, pensa te - a memoria è rimasta la ciminiera) sistemati alla bell'e meglio su un materasso di fortuna preso chissà dove.
Li invidio perché sono liberi. Io mi sono venduta per il lavoro e per un sacco di cose. Non potrei avere la cresta o i capelli colorati come piace a me, non posso vestirmi come mi pare (oddio bhe in quello ci sono quasi eh?) e penso allora: rinuncerei a tutto ciò che ho, tutte le mie comodità per vivere scialla in libertà? Mi dico di no e sorrido della mia ipocrisia.
In ogni caso li invidio.
Ci penso spesso, dovrei trovare qualcosa da fare che mi possa permettere di essere come sono (nel mio caso penso ci possano essere poche cose: l'artista, la parrucchiera, l'estetista o lavori tipo la fotografa).
Seconda nota: mi sono svegliata con un po' di nostalgia. Ma forse è perché mi devono arrivare. Quando mi devono arrivare qualunque cosa mi fa piangere.
Poi penso alla Corsica, si sta avvicinando la vacanza, e stasera ho un altro colloquio, e domani sera parto per Torino quindi mi rilasserò un bel po' (oddio nemmen tanto dato che dovremo studiare per l'esame) fino al venerdì della settimana successiva, giorno in cui riscenderò perché la sera c'è il concerto de Le Orme a Grosseto. E chi se lo perde?

11 luglio 2011

R'acconti

Come forse avevo già accennato, io e BadGuy ci siamo divertiti a scrivere dei racconti su un tema scelto da noi. In questo caso il tema, l'ho scelto io, era la monnezza.
Ed eccovi i racconti:

Carla

Una questione di cestino

E’ difficile spiegare come sono arrivata a questo punto, come sono arrivata qui, in questo ospedale, e perché io mi senta così intorpidita dalla luce che mi viene sparata sugli occhi per verificare cosa poi? Forse il fatto che io sia viva.
I ricordi si intrecciano nella mia mente, come fotografie sfuocate mescolate in un cassetto. E’ troppo difficile riordinare. E’ troppo complicato ricordare. Ma devo provarci.

1° giorno.
E’ il mio primo giorno di lavoro e sono entusiasta. Ci sono immagini non definite ma so per certo che ho cercato di socializzare. E mi ricordo il caffè del bar. Non era buonissimo ma per me i caffè sono tutti uguali. E poi ovviamente la mia scrivania, un po’ isolata dagli altri ma meglio. Nessuno mi romperà le scatole se scarico la posta ogni tanto, se mi infilo le dita nel naso, se scrivo sul blog.
Così mi viene un attimo fame e tiro fuori dalla borsa la mia merendina. Noto però che sotto la mia scrivania non c’è il bidoncino della spazzatura. Cosa buffa, perché nemmeno sotto la scrivania accanto alla mia. Penso che sia normale, in fondo queste due scrivanie prima del mio arrivo erano vuote, così mi alzo alla ricerca di un cestino e lo trovo sotto alla scrivania di M.
M. è l’unico autoctono tra i miei nuovi colleghi, gli altri arrivano tutti da fuori: fa un po’ il boss ma sembra simpatico. Mi chino a lanciare l’involucro del mio pasto all’interno del sacchetto scuro ma ecco che nell’aria avverto qualcosa.
Vi è mai capitato, nel silenzio più totale, di accorgervi di sentire qualcosa, una presenza? E di girarvi e accorgervi che, nonostante il silenzio e la mancanza di altri indizi, quella presenza è davvero lì. E quanta inquietudine quando invece vi voltate e non vedete nessuno alle vostre spalle? Fermate quella inquietudine, fissatela. E’ quella che provo ora. Il silenzio è totale e quando mi volto tutti mi stanno guardando. La mia risatina isterica li scuote un attimo: mi sento in estremo imbarazzo, ma la cosa finisce così. Nessuno ne parla più e ognuno torna alle sue mansioni.
2° giorno.
Non è che ci sia tanto da fare. Quando mi hanno assunta non avevano previsto che ci sarebbe dovuto essere qualcuno ad affiancarmi. Ma non può nessuno perché sono tutti molto impegnati. E io non so cosa chiedere e a chi chiedere. E’ una questione di timidezza penso. Non voglio disturbare, non voglio passare per ignorante, non voglio che uscita da quella porta qualcuno possa pensare male di me. E’ che quando sono nervosa mangio, e non so ancora dove posso buttare la mia spazzatura, dato che continuo a non avere un cestino.
Mi ricordo la strana sensazione provata il giorno prima ma mi convinco che si trattasse solo di una mia impressione, quindi mi alzo e cerco. M. mi guarda malissimo ma non capisco proprio come mai, così mentre passeggio con lo sguardo basso, cercando il famoso unico cestino di tutto l’ufficio, mi sistemo i capelli, eterna fonte di preoccupazione femminili - è il primo pensiero quello dei capelli, quando qualcuno ti fissa.. Peccato che il cestino non sia più sotto alla scrivania di M. “Scusate ma qui c’era un cestino, dov’è finito?”.
Nessuna risposta. Metto in tasca l’involucro della mia merendina e lascio passare quella stana sensazione.
3° giorno.
I miei colleghi sono proprio simpatici, in uno scherzo mattutino mi hanno staccato e scotchato tutti i cavi del pc facendomi perdere un’allegra mezz’ora. Sono qui da molto poco ma mi trovo davvero benissimo. Lo faccio presente anche a loro che mi massacrano di battute e devo dirlo: sono stata davvero fortunata. Appallottolo tutto lo scotch e mi metto nuovamente a cercare il cestino che, oggi, è in un angolino dietro l’attaccapanni, parzialmente coperto dai vestiti. Solo che quando mi ci avvicino succede qualcosa. Qualcuno, che in quel momento si trova dietro di me, mi da’ una lieve spintarella in avanti e per poco non cado. Ma quando mi giro non c’è nessuno. Mi chiedo davvero cosa ci sia legato a questo stupido cestino. Forse una questione di leadership. Per allentare la tensione sorrido a come possa essere possibile collegare questa parola a un semplice sacchetto della spazzatura. Ma ho un piano B.
4° giorno.
Appena arrivata poso la mia borsa sulla scrivania, saluto e vado ai piani alti. Infatti il mio ufficio, o meglio open space, è al primo piano ma al terzo ci sono i supercapocci. C. mi accoglie nel suo enorme ufficio semivuoto. Gli spiego la situazione, del cestino, della strana sensazione, e in un attimo mi sento stupida, si metterà a ridere, penso. Invece mi guarda con aria grave, appoggia la schiena sullo schienale in pelle nera della sua poltrona e unisce la punta delle dita delle due mani in un gesto pensieroso. Poi cambia atteggiamento: “Suvvia, che sarà mai? Si tratta solo di spazzatura. La getti fuori”.
Non conosce la frase “è una questione di principio”, ma che principio può legare spazzatura, ufficio e astio?
Lo saluto e decido di passare a un’altra strategia. In pausa pranzo vado al supermercato qui sotto e compro un bel cestino. Entro trionfante in ufficio portando tra le mani il cestino già corredato di sacchetto. Silenzio.
Lo poso sotto la mia scrivania ed esco a mangiare.
Peccato che, una volta tornata, trovo il mio cestino completamente distrutto. E’ in mille pezzi, e non ho nemmeno idea di come possano essere riusciti a ridurlo così. Non so come mai ma mi sento così frustrata, così impotente. E tutto per uno stupido cestino. Non so cosa mi è preso, ho cominciato a girare per l’ufficio, quasi correndo, nervosa, per cercare quello stupido oggetto di contesa. M. fa come per alzarsi mentre io sollevo il cestino e comincio a urlare “E’ per questo vero? E’ solo per questo? E’ solo un cazzo di cestino” e, sollevatolo sopra la testa comincio a vuotarlo per terra mentre M. mi corre incontro e F. lo segue a ruota. In poco tempo ho due persone a tenermi ferma. E davvero non so cosa sia successo, comincio a sbattere qua e là il cestino per romperlo ma non riesco, M. e F. sono due uomini, grandi e grossi, eppure fanno fatica a bloccarmi così, anche se poco, mi rimane un po’ di movimento.
In un impeto di rabbia, o follia, o non so cosa, prendo le forbici che trovo sulla scrivania di I. e le pianto in pancia a M. che finalmente molla la presa. Ora tocca al taglierino, che uso per sgozzare F. Non capisco più quale sangue mi scorre addosso mentre loro scivolano via da me e cadono a terra, in una pozza rossa. Con la forbice ripresa dal ventre di M. comincio ad “accoltellare” il cestino e giuro, mi pare di aver sentito uno strano suono provenire da lì.
E mi sembra di aver visto qualcosa fuoriuscire dalla plastica, un liquido, come se quel cestino non fosse solo un pezzo di plastica, ma come se avesse dei fluidi vitali dentro di sè.
Questo è quello che ho detto, quando l’ambulanza mi ha portata via.
Questo, ma loro non mi hanno creduta. E ora qui, tra morbide pareti bianche, non ho più bisogno di un cestino. Non più.

BadGuy

Monnezza

Il vestito di seta bianco era sul letto, un semplice velo, quasi trasparente, dell’eleganza che solo i disegni più
semplici possono avere. Quasi galleggiando nella luce soffusa, si avvicinò al letto e indossò l’abito sulla pelle
nuda in modo che cadesse perfettamente a disegnare le sue forme. Acceso lo specchio olografico, Karima
spostò con una mano i capelli corvini e sorrise maliziosa alla sua immagine 3D, poi, con un gentile gesto
delle dita, fece ruotare la figura olografica ed osservò compiaciuta il tessuto che le incorniciava la schiena
e le accarezzava le gambe. Tutte le sue insicurezze sparirono per un attimo in quel sensuale vestito che la
faceva sentire finalmente donna e ripeté a se stessa che, davvero, davvero era stata fortunata .

Seguita dalla microcamera dello specchio olografico andò a spostare le lunghe tende di morbido nylon
lasciando che un fascio di luce accendesse la polvere sospesa nell’aria, avvolgendo l’ologramma di una
superficie brillante e illuminando il suo primo incredibile regalo di nozze.

Era un one-way magic- hole costruito in un prezioso mobiletto di mogano sovrastato da un piccolo vassoio
dorato. Si trattava, anche tecnicamente, di un modello del tutto particolare, che, invece di usare il sistema
standard di distribuzione, quello giù al porto, lasciava passare direttamente gli oggetti dalla terra!

In quel vassoio, una settimana fa, era comparso il secondo regalo: un anello d’oro con un rubino: due
materiali rarissimi che, se mai qualcuno gli avesse dato un prezzo, sarebbero probabilmente costati più del
castello stesso.

Dietro al mobiletto stava appeso un modesto calendario di carta riciclata con un cuore disegnato a
pennarello rosso sul 3 di dicembre: era il suo diciassettesimo compleanno; come diceva spesso a suo padre,
il pretore Hosnisayiddi Ibrahim, troppo tardi per sposarsi.

Scalza, come voleva la tradizione, uscì sulla scalinata esterna, si fermò e, lasciandosi accarezzare dal fresco
vento invernale inspirò percependo il familiare odore dei cantieri. Oltre le mura osservò il suggestivo
paesaggio di cangianti polveri cristallizzate, vivide come una distesa di ghiaccio al sole. Quello sarebbe stato
il suo regno. Per qualche istante lasciò i grandi occhi grigi liberi di inseguire i corvi che disegnavano neri
cerchi attorno alle torri maestose riflettendo su quanto stava per succedere.

Mancava poco più di mezz’ora, molti degli operai dei cantieri avevano avuto giornata libera, al piano di
sotto il castello sarebbe stato già in fermento e suo padre, ne era certa, era già lì a controllare che ogni
ingranaggio del meccanismo organizzativo facesse esattamente il suo dovere.

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La sala riunioni, all’ultimo piano del grattacielo Mediahole, non spiccava certo per originalità ed avrebbe
avuto probabilmente bisogno di una rimodernata. Era di forma ellittica ed un vecchio DVI, dispositivo di
visualizzazione interattiva, ora in gran parte spento, ne costituiva di fatto l’unica parete. Lo schermo era
interrotto solo dalla porta a scomparsa con il grosso pulsante rosso e dalla grande vetrata sull’immacolata
distesa di neve. Lo spoglio arredamento contemplava il grande tavolo centrale, le sedie, un one-way magic-
hole a forma di cestino e un appendiabiti con due pesanti cappotti.

Silvius sedeva semisdraiato su una delle sedie, con la cravatta slacciata, ma si trovava, visibilmente, in uno
stato d’animo tutt’altro che rilassato:

-Sono stanco Giulius, questo è un impegno gravoso per me, non ho più l’età per fare queste cose.

Giulius, nel raffinato smoking verde si levò gli occhiali sporgendosi su Silvius ed indicò la zona del DVI
accesa:

-Troppo vecchio per quella pollastrella là eh? E’ Sicuro? Guardi che vestitino!

- Dai non scherzare sempre, dovremmo davvero trovare qualcun altro..

-Ma no, è solo nervoso, è il giorno delle sue nozze, è normale!

-Non è questo, non è la prima volta, sii serio, lo sai.

-E’ questo che vuole? Sarò serio allora. Quest’impero ha della necessità diplomatiche ed economiche: ci
sono venti regioni su Monnezza. Venti. Molte sono allo stremo e alcune hanno tentato una rivolta. Grazie
al portale, la loro regione ha assunto un evidente ruolo di leadership e deve rimanere sotto il più stretto
controllo. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia: qui da noi la produzione è proporzionale ai suoi
scarti e se non si dà la possibilità di eliminare ciò che viene prodotto il mercato si saturerà di nuovo e noi
finiremo col culo per terra!

Silvius appallottolò la brutta del suo discorso e la gettò nel one-way magic- hole. Solo una sottile vibrazione
rese percepibile lo smaltimento.

- No, finiamo lì dentro, non per terra: abbiamo venduto l’anima al diavolo per averlo ed è finito tutto, tutto
lì dentro, da questo foglio ai miei processi, dalla spazzatura nelle discariche alle scorie radioattive, dalle
persone in eccesso alle bottiglie di plastica.

- Il one-way magic- hole ha salvato il nostro impero, non c’erano alternative, lo sa: avevamo esigenze
immediate e abbiamo ancora bisogno di denaro.

-Sì, il problema è che non c’è niente di magico, la materia non si crea e non si distrugge… al limite puoi
spedirla in un altro posto..

-O in un altro tempo… Ma non è questo il problema, il problema è che al di là del tunnel è nato un altro
mondo complementare al nostro. Monnezza lo chiamano i giornalisti, ma deve essere gestito, con la sua
religione magic-hole centrica, con il suo governo ombra…

- … e con le sue cazzo di principesse. lo so, ne abbiamo bisogno Giulius, ma questo non vuol dire che debba
anch’io passare i miei giorni in quella pattumiera!

-Si tratterà solo di qualche giorno ogni tanto, anche su Monnezza, tutti sanno che sei un uomo importante e
che hai mille impegni..

-Già troppi impegni, ma adesso è ora di andare, o faremo aspettare la sposa.

Ad un leggero tocco del pulsante una scritta verde “TWO-WAY” sembrò sollevarsi dalla superficie del DVI
mentre Giulius prendeva i cappotti dall’appendiabiti.

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Ḥosnisayyiddi era in cucina, con la tunica ufficiale e lo sguardo severo da pretore a tempo pieno, ma
Karima riconobbe subito la malinconia nascosta dietro l’abituale maschera paterna e corse ad abbracciarlo.

- Allora tesoro, come stai?

Karima sembrò formare un pensiero alternativo per un secondo, ma poi :

-E’ un uomo saggio e affascinante papà, è così simpatico quando racconta le sue storielle col suo buffo
accento terrestre, guarda, ho messo l’anello che mi ha mandato!

- Avrai grandi responsabilità, Karima, e dovrai saper usare al meglio le abbondanti risorse che ci giungono
dalla Terra.

- Già, ora però sto solo morendo di fame: ieri non sono riuscita a mangiare niente e sono a dieta da due
settimane!

Ḥosnisayyiddi, prendendo un vassoietto incelofanato dalla dispensa:

- Vuoi una pera?

- Me la sbucci tu papà?

Il pretore, aperto il pacchetto, pulì due pere mature con un panno e dopo averle divise in quattro spicchi
iniziò a sbucciarle per lei come aveva sempre fatto da quando era bambina, poi porgendole una fetta
matura e zuccherina:

- Assaggia questa principessa, scade tra due giorni. Quest’altra oggi. Non solo si possono mangiare
benissimo, sono squisite… Ma adesso andiamo o ti farò fare tardi!”

Karima entrò nella cappella stringendo la mano del padre, era la sala più ampia e importante del
castello, da bambina ne aveva sempre avuto un misto di paura e rispetto: ogni volta che accadevano
avvenimenti eccezionali c’era sempre qualcuno che usciva di li per dirgli cosa dovevano fare, ma la cosa più
impressionante era decisamente vederli tornare indietro sulla Terra.

Visto il suo ruolo a corte era abituata a vedere oggetti di ogni tipo comparire dai normali one-way magic-
hole: addirittura una volta, ai grandi cantieri Mediahole giù al porto, aveva visto la carcassa di una nave
uscire da uno degli enormi distributori principali, ma solo in quella cappella aveva visto persone ed oggetti
risalire magicamente la corrente del tempo verso la Terra.

L’ambiente, silenzioso, era debolmente illuminato da alte feritoie e dal fascio di raggi laser ad alta potenza
che chiudevano il portale. Due file di panche erano già gremite di invitati e, nel corridoio centrale, grosse
riproduzioni di animali terrestri, ormai da tempo estinti, digrignavano i denti ricordando ai fedeli quanto
poteva essere spietata la natura. Il grande pavimento di plexiglass nero piegava in leggera discesa verso il
portale temporale, dando a tutti la possibilità di assistere indisturbati all’avvenimento.

Quando dalla Terra fu abbassato il fascio di laser l’imponente portale parve fluttuare leggermente sul suo
altare in un sommesso ronzio, quasi che tutto quel legno tempestato di gemme potesse balzare in piedi da
un momento all’altro ed inghiottire l’intero castello.

Entrò prima Giulius, avanzando spedito verso l’officiante, con la ventiquattrore in mano e i due soprabiti
sull’altro braccio. A Silvius, invece, appena uscito dal portale, quasi si piegarono le gambe. L’odore dell’aria,
aspro da togliere il fiato, e il caldo asfissiante lo avevano colpito come un pugno allo stomaco. Cercando di
riacquistare lucidità focalizzò Ḥosnisayyiddi nell’istante in cui lasciava la mano della principessa.

Karima era esattamente quello che sperava: gli occhi di un cerbiatto impaurito e il corpo giovane e perfetto
che aveva visto dal DVI, sorrise compiaciuto e – Mi ci abituerò, anche stavolta – si disse semplicemente.

Lei lo vide entrare ed improvvisamente era vecchio. Non anziano, non saggio, come aveva creduto, ma
semplicemente, umilmente, vecchio. Altrettanto improvvisamente il suo regno e le sue responsabilità
furono avvolte da una densa nebbia, mentre la mente vacillava al pensiero che forse sarebbe dovuta
fuggire e che anzi nemmeno avrebbe dovuto essere li…

Ma…

O era forse era solo quello che passava per la testa di ogni ragazza al momento di salire sull’altare. E poi
tutti sapevano che entrare nel portale sarebbe stato fatale, che solo chi veniva dalla Terra sarebbe potuto
tornarci, eppure chi usciva da quel portale lo chiamava semplicemente two-way magic-hole! Avrebbe solo
voluto essere sola, che tutto si fermasse…

E agì senza pensare, si piegò sulle gambe agili e saltò, sotto lo sguardo attonito degli invitati, verso
l’ingresso del portale, mentre lui, ancora a disagio per il caldo, fissava stordito la figura che spariva.

Fuori dal grattacielo la neve continuava a cadere silenziosa. Karima nemmeno si era accorta del passaggio
e, solo per un istinto di sbattere la porta alle sue spalle, aveva premuto quel grande pulsante rosso
negando il ritorno ai possibili inseguitori. Ma adesso, in ginocchio davanti alla vetrata, con gli occhi grigi
colmi di lacrime e stupore, non sapeva far altro che guardare la neve.

Una tranquilla domenica ordinata

Chi mi conosce per benino sa che non sono una maniaca della pulizia. O meglio se non mi faccio la doccia almeno ogni due giorni sclero, però l'ambiente che mi circonda può essere anche devastante, non mi tocca molto. Posso vivere tra ragni, scarafaggi e scorpioni, volendo. Così non mi preoccupava avere fiotte di ciocche di pelo grandi quanto Maya che le aveva prodotte, cartacce per terra, il divano intasato di roba, la scrivania traboccante di piccolezze sparse. Scarpe e calzini ovunque, il cestino della spazzatura che invocava pietà.
Ma Fry è più ordinato, o almeno vorrebbe esserlo così mi fa promettere che domenica avremmo sistemato. E domenica, purtroppo, è arrivata.
Mentre i lavo i piatti della sera prima, Fry comincia a sistemare e quando arrivo in camera la roba è già piegata sul letto. Cominciamo a trovare posto per ogni cosa. I posti sono tendenzialmente o il cestino della spazzatura o l'armadione. Nell'armadione finiscono le scarpe e i libri (e i calzini nel cesto della roba sporca all'interno dell'armadio), le varie cartacce o altra roba ignota all'interno del cestino della spazzatura. Una volta ripulito il pavimento dalla roba sparsa è arrivato il momento del superaspirapolvere di Fry. Un bidoncino a rotelle provvisto di tubo che aspira ogni cosa. Che fa tipo questo suono qua wuuuuuuuuuuuuf. E' talmente potente che ci pulisce anche il divano (sempre dai peli di Maya eh?). Wuuuuuuf wuuuuuuuuf wuuuuuuf wuuublufuuuuuu. Lo guardo e gli dico "Che era quel suono?" e lui "Credo di averti aspirato la canottierina nera"
"Ma no è qui... ah: mi sa tanto che hai aspirato le mie mutande".
Liberate dal gran tubo e dopo averlo osservato mentre puliva minuziosamente ogni dove e respirato aria pulita, ci rilassiamo con una bella granita siciliana e una passeggiata al parco.

Spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè a malapena riesco a mandar giù...

Non devo mai dare retta a chi mi dice di andare all'ultimo momento in stazione. Venerdì pomeriggio alle 17 ho questo colloquio a Modena ma ho programmato tutto per arrivare in anticipissimo, anche in stazione. E faccio bene perché in stazione c'è il delirio. Treni con ritardi di 60 minuti, treni cancellati, macchinette per fare i biglietti che non danno il resto (emmeno male che ho il bancomat). Insomma in questo clima generale di ansia e terrore riesco a partire con un treno regionale, caldo abbestia, con aria condizionata naturale (ovvero finestrini aperti, un chiasso devastante, non sono nemmeno riuscita a leggere).
Arrivata a Modena (che comunque in treno non è molto distante) ho il problema dell'acquisto dei biglietti. Devo prendere il bus 3 che mi porta al luogo X, ma il gabbiotto per fare i biglietti all'esterno della stazione è chiuso. Così mentre mi chiedo che fare e il caldo mi squaglia il cervello, vado un attimo da McDonald's a prendere una coca cola: zuccheri e liquidi essenziali per sopravvivere a una giornata così caldissima. E poi pipì ovviamente. Salgo al bagno e al lavandino trovo una ragazza che si sta lavando i piedi e le infradito. Però, non male.
Ricordo di aver visto un bar poco distante da lì, magari vendono biglietti del bus o posso chiedere informazioni su dove acquistarli. Peccato che all'esterno abbiano una stampa molto esplicativa sulla loro politica informatica, ovvero: "Per informazioni è necessario consumare".
Pensando a tutti i doppi sensi sulla parola "consumare", torno indietro verso gli autobus ed ecco che passa il 3. Dimentico di non avere il biglietto e corro per prenderlo entrando dall'uscita ma rimango subito bloccata da un tornello che appunto permette solo l'uscita da quella porta, ma non l'entrata. Meno male che una signora scende e, tenendo aperto il tornellino, riesco ad entrare. Noto che vicino all'entrata c'è la macchinetta per fare i biglietti, peccato che anche lì ci sia il tornello e quindi mi devo sporgere in avanti per fare il biglietto. La macchinetta ha poi un enorme tasto giallo e un minuscolo tastino rosso. Per ottenere il biglietto, secondo voi, quale tasto andava pigiato? Ecco il tastino minuscolo rosso. Una signora è accorsa in mio aiuto quando mi ha vista in difficoltà.
Io già mi stavo rompendo le palle.
Modena deve avere a cuore l'ordine di salita sul bus perché, oltre ad avere sul versante esterno delle porte d'uscita, un'unica enorme decalcomania del divieto d'accesso, in ogni dove ricordano anche da che parte si entra sul bus e cosa bisogna fare. Qualcosa come "entrare sempre dalla porta anteriore" e poi "preparare i soldi per l'acquisto del biglietto" ecc ecc.
Arrivo dove devo arrivare, faccio un giro perché è molto molto presto e poi vado al luogo X.
Suono il citofono e mi accompagnano dal supercapo che mi fa accomodare a un tavolo tondo mentre lui, sulla scrivania poco distante, è al telefono.
Tempo 2 minuti e arriva un responsabile commerciale che mi stringe la mano, piacere piacere, e attendiamo il supercapo. Il supercapo ha i capelli bianchi e sembra apparentemente disordinato, ci impiega tantissimo a cercare il mio curriculum che alla fine è sulla scrivania e quando lo legge esclama "Barbagli, il migliore nel suo campo". Mi spiegano che tipo di lavoro andrei a fare, quando partirebbe ogni cosa, l'orario di lavoro, chiedo informazioni sulla paga, sui buoni pasto, sul tipo di contratto.
La loro filosofia mi piace, gli stipendi sono tutti uguali (ovviamente per chi fa lo stesso lavoro, ma non fanno distinzione tra interinali e assunti), andrei a guadagnare poco meno di quanto prendevo a Firenze ma anche qui avrei i buoni pasto e si tratterebbe di un part time di 33 ore settimanali. Ogni volta che mi parla di quello che dovrei fare ci tiene a specificare "se la cosa va in porto", però tra le righe mi sembra di piacergli in qualche modo. Mi dice che il lavoro è anche più complesso di quello che facevo a Firenze ma l'ambiente è tranquillo e le colleghe si trovano bene. Il colloquio dura abbastanza, anche perché alla mia domanda sullo stipendio si mette a fare un monte di calcoli, per i buoni pasto (dato che i primi due mesi sarei interinale) chiama l'agenzia per lavoro interinale e quando scopre che l'altra ragazza assunta da loro non ha i buoni pasto dice che devono darglieli perché paga e tutto il resto devono essere uguali. Quando chiedo la data di inizio ("se tutto va in porto") guardano il calendario e si consultano e decidono che il 22 agosto potrebbe essere una buona data, "così", mi dice "può anche andare tranquilla in ferie". Mi chiede se sono interessata, ovviamente sì, se ho la macchina, purtroppo no. Mi dice che ogni tanto bisogna spostarsi da una sede all'altra ma è raro. Chiede al responsabile commerciale se hanno macchine aziendali da darmi e lui dice di no. Guardandomi allora "Bhe, una macchina serve sempre, magari tra poco la ricomprerà". "Certo, con un lavoro ci si può pensare" gli dico.
Il commerciale mi dice che sarebbe bene andare a dare un occhio allo sportello (informativo dell'acqua e del gas) prima di cominciare a lavorare, per cui mi dice che mi richiamerà per darmi una data in cui c'è qualcuno presente che può farmi fare un giro a presentarmi i colleghi e vedere la sede (e qui omette il "se tutto va in porto") e quando il supercapo mi stringe la mano afferma "Ci faccia fare bella figura".
Mi è sembrato un "va bene la prendiamo". Così stringo la mano soddisfatta ed esco tutta contenta scrivendo sull'iPhone email, twit e post ovunque. Dico a Fry che torno a Bologna alle 19 e qualcosa se può passare lui in stazione a prendermi.
Mentre sono alla fermata del bus passa un signore in macchina che mi chiede dove deve andare per Modena2. Mi chiedo se il berlusca ha fatto irruzione anche lì e dico che non ne ho idea, sono solo di passaggio.
Una signora vuole vendermi un biglietto che, dice, non è ancora scaduto. La ringrazio e dico che non importa.
Il bus che riprendo non ha i tornelli, meno male.
Alla stazione di Modena vado nei bagni (gratuiti) che sono i più puliti del mondo considerando che sono bagni di una stazione ferroviaria e in sala d'attesa cerco di leggere ma sono troppo contenta e agitata.
Anche Fry è contento e sabato ci concederemo una giornata di shopping all'outlet di Castelguelfo. Io prendo due magliette e due pantaloncini di jeans, Fry un paio di scarpe (arrivando a quota 10, ha più scarpe di me), poi da scarpe e scarpe io cerco di avvicinarmi comprando un paio di sandaletti aperti, senza tacco.
Ora devo dirlo, l'entusiasmo per il lavoro si è già smorzato e mi manca quella sicurezza di avere fatto colpo che ho avuto immediatamente venerdì. Più che altro, credo, da lunedì ci saranno gli esami per il corso java e sono piuttosto agitata per quello.
E, sono sincera, non sono del tutto convinta che lo passerò. Ma voglio provarci.
Potrebbe accadere il miracolo della vita.
Canzone del giorno: Il Diluvio Subsonica

08 luglio 2011

Se domani ho tempo vi racconterò di Modena, delle cose buffe viste e di questo colloquio andato benone. Sono ottimista.

Me?

Io e Fry abbiamo comprato al Piccol dei biscottini della fortuna cinesi. Il mio biscottino di stamane diceva "your appearance infers a management-personality".
Un mio collega ora mi stava dicendo una cosa e alla mia proposta di soluzione della cosa, ha affermato "Sei sagace. Potresti fare la dirigente".
Adoro questi biscottini.

07 luglio 2011

Questa mi stavo scordando di raccontarvela. Mia mamma ieri al telefono mi fa "Eh ma vorrei fare un regalino a Fry, visto che ti ospita ed è così gentile".
Mi ospita? A mà, ma è il mio ragazzo!
Mi è arrivata ora la password di facebook. Ne vogliamo parlare? Ma anche no. Sono quasi decisa a spostare l'intero account su google+, dato che il 90% delle persone che mi interessano sono lì. Appello pubblico a RagnoB, please, joina su g+ così ho anche te in questo bellissimo calderone.
Ieri ci è successa una cosa buffissima. Eravamo a casa io e Lambo, Pedro (passato a trovarci da Grosseto per dare un esame al conservatorio di Bologna) era appena ripartito e suona alla porta un venditore porta a porta. Noi shhtt, pian pianino cerchiamo di non farci sentire, finché Lambo si indica e mi fa intendere che ci pensa lui. Bene, penso.
Apre e questo signore, con i denti spezzati davanti e la lingua che s'infilava nel mezzo (rendendo incomprensibile qualsiasi parola) attacca col la solita pippola dell'Edison energia, e gli sconti, e conviene, e vuole vedere la bolletta. Alché Lambo gli dice che non gli avrebbe fatto vedere la bolletta e dopo una discussione in cui Lambo, calmissimo, gli spiegava che non era interessato, a un certo punto, d'improvviso, il tizio sbotta e comincia a insultarlo dandogli del tu e del "moccioso sfigato disoccupato" (premesso: Lambo è un supersistemista e ha 24 anni, lavora stabilmente mentre il venditore porta a porta avrà avuto 45 anni portati male). Quando chiudiamo la porta, dopo il suo "e non provare a venire nei nostri uffici che non ti farò il contratto nemmeno se lo vuoi", lo sentiamo ancora borbottare sul pianerottolo.
Inutile dire che abbiamo riso tutta la sera. Certo che i venditori porta a porta sono molto sotto stress, ma da qui a insultare la gente ce ne va.
Il mio tutor ieri mi ha portato la valutazione dello stage. Un voto altissimo ovviamente, ma non perché io sia un genio. Semplicemente non mi ha mai seguita e non sa che cosa io stia combinando (ovvero nulla) quindi è stata una valutazione così. A muzzo. Ma a me va bene eh?
Mi andrebbe meglio domani sentirmi dire "ehi, sei assunta!". Gettare alle ortiche corso e ogni cosa e gettarmi in pasto al lavoro, passare ore in un posto ed essere pagata per farlo. Lo so che è stata una mia scelta ma è tanto che non lavoro e non sono abituata.
Quindi grazie, tutordellostage. Ma speriamo in domani.

Canzone del giorno: Mamma Lillo's Band
Se non li conoscete è normale: sono dei miei amici, e se mi approvano la cosa metterò online qualche loro pezzo, così potete ascoltarli, sono molto molto bravi e i loro pezzi molto molto carini.

05 luglio 2011

Foto della grigliata di domenica

grigliata bellavalle 2011 - compleanno Stephen, Bajo, Annalisa e Marco

Spero e non spiro

In questi giorni sono un po' di corsa, dovrei far firmare al mio tutor il foglio delle presenze di giugno entro oggi (mi aveva assicurato che ieri sarebbe stato a Bologna ma non c'era), oggi pomeriggio passerà di qui e io in questo mese non ho fatto nulla. La responsabilità personale c'è, ma posso anche discolparmi dicendo che, in ogni caso, nessuno ma proprio nessuno mi ha seguita. Sono stata piazzata anche distante dai miei colleghi, in una zona isolata dell'open space e se questo non basta, in questi due mesi ho visto il mio tutor (con oggi pomeriggio) solo tre volte.
Le direttive mi sono state date a voce, su un linguaggio di programmazione nuovo, con un lavoro non troppo semplice.
Ok la pianto di giustificarmi, ammetto di avere fatto qualche tentativo e poi aver lasciato tutto così, dopo qualche disastrosa prova.
Se non altro ieri sera mi arriva una chiamata che ha risollevato l'intera settimana e l'intero mese. Mi chiamano per un colloquio, ma un colloquio vero stavolta. Non dico niente per scaramanzia ma posso pensare che sia un lavoro tipo quello che facevo a Firenze. Quindi qualcosa che più o meno so fare. Mi hanno richiamata tre volte per spostare l'appuntamento nell'arco di cinque minuti e il lavoro sarebbe fuori Bologna (una quarantina di minutini di bus - tanto a Torino li fai sempre e comunque quaranta minuti di bus, per andare in ogni dove) ma li faccio volentieri. Inoltre se decidono di prendermi, il contratto sarebbe fino a fine anno. Per me è stato un vero spiraglio di luce. Era uno dei curriculum mandato così a caso alle società che gestiscono l'acqua a Bologna e nei dintorni.
E il colloquio sarebbe venerdì, a Modena. Al telefono mi sono sembrati molto interessanti e io non posso che esserne felice. Per me l'indipendenza economica vuol dire tanto e anche se finora sono riuscita a tirare avanti con i soldini che abbiamo diviso a metà io e Roccio dopo la separazione, prima o poi sarebbero finiti e io mi sarei trovata allora davvero nei guai.
Incrociate quindi le dita per me che io spero tanto in questa cosa.

Stamani sono entrata in ufficio e ho trovato popò di uccello sulla scrivania. Sembra che ieri pomeriggio abbia fatto capolino in ufficio una rondine che poi è rimasta qui. Scagazzando un po' in ogni dove. L'abbiamo cercata ma nulla, probabilmente è uscita appena abbiamo aperto le finestre e non ce ne siamo accorti.

Domenica alla grigliata è successa una cosa buffa, mi sono scordata di scriverla.
A un certo punto BadGuy annuncia, rivolgendosi a Fry "Ah ma ho scoperto che tu sei sia Fry che I."
Io dico "Sìsì nel blog a volte lo chiamo Fry, a volte I."
Poi mi sorge un dubbio e gli dico "Ma guarda che I. è il suo vero nome"
"Davvero? Ah io credevo fosse una specie di nickname!"
Il bello è che se chiamo Fry in mezzo alla folla posso esser certa che si giri lui e solo lui. Il suo nome è più che un nome: è un'impronta digitale. Unico.

Canzone del giorno: Confessione Biglietto per l'Inferno

04 luglio 2011

Le piccole cose

Questo doveva essere un weekend da passare interamente con amici. Sabato sarebbero dovuti passare a trovarci degli amici di Torino. Purtroppo un equivoco sulle offerte di Trenitalia ha fatto saltare tutto. Mi è spiaciuto e spero che la prossima volta ci possa essere un'offerta decente affinché possano fare andata e ritorno in giornata senza accendere un mutuo (i treni veloci costano mostruosamente tanto e non conviene assolutamente fare andata e ritorno in giornata a quelle condizioni). In ogni caso spero davvero ci si possa organizzare la prossima volta.
Domenica abbiamo festeggiato il compleanno di Stephen ai laghi Bellavalle, a Barberino di Mugello. Non so se vi ricordate, ma siamo stati allo stesso posto anche per la grigliata dell'anno scorso ad agosto. Scelta coraggiosa visto che correvano le moto, proprio quel giorno, proprio a Barberino. Ma non abbiamo trovato tanta gente ad andare, e siamo riusciti anche a fare colazione!
Stavolta alla grigliatona eravamo circa in 23 e abbiamo cucinato e mangiato come dei maiali. Per me la parte più bella della grigliata rimane sempre ciò che c'è prima o dopo la mangiata. Lo stare insieme, le chitarre, il frisbee, il pallone, la cazzate, le risate. Anzi, potessi farei un pomeriggio ai giardini così, senza grigliata. A cantare e raccontarci minchiate.
Ricordo quando ero piccola, avrò avuto 13 anni. Io e la mia vecchia compagnia andavamo spesso alla Pellerina, senza fare un granché. Io avevo una chitarrina piccina che mi entrava nello zaino, portavamo il frisbee e passavamo la giornata così. Per me era il massimo della felicità: non mi servono grandi cose per divertirmi mi basta stare in mezzo alle persone giuste. Così ieri, affumicati e contenti abbiamo festeggiato Stephen. Mi verrebbe quasi da dire: 100 di questi giorni, per tutti però.
Oggi ho un po' di malinconia, mista a nostalgia. Mi mancano i miei amici di Torino ma essendoci vissuta distante per diverso tempo quando stavo a Firenze, sopporto meglio la lontananza. Con i ragazzi di Firenze è diverso, ho impiegato tanto tempo (che sono lenta) a costruire dei legami con loro, a fidarmi, e ora ricominciare di nuovo a stringere rapporti è per me molto faticoso. Anche se non voglio ammetterlo a me stessa, sono diffidente, antisociale. E' davvero esasperante cercare di tirare fuori la vera me da quel guscio che per anni ho alimentato. Per quello quando qualcuno delude questa fiducia io riassemblo pian pianino di pezzi del mio guscio andato in frantumi.
Ieri sono stata molto bene e sono anche contenta di sapere che alla fin fine la distanza tra Bologna e Firenze è minima, felice di sentire che Fry si è trovato bene e che ogni cosa è andata alla perfezione.
A breve, ovviamente, le foto.

Canzone del giorno: L'inno del corpo sciolto Benigni


Quanto ho riso guardando questa immagine:
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01 luglio 2011

Google+

Tra ieri e oggi sono stata totalmente presa dal nuovo social di Google: Google Plus. Non è ancora accessibile a tutti, però io mi sto divertendo un mondo. E' molto bellino e spero davvero supererà facebook, così possiamo liberarci una volta per tutte dai giochini e dalle fanpage fastidiose che ha facebook. Detto questo io non lo uso da... quasi un mese ormai e devo dire non mi manca. Poi con questo nuovo giochino. Il blog di Bologna prosegue, che fate, non ci leggete?

Fry ha scovato questo nuovo gruppo (che però fa musiche che sembrano vecchiotte) e mi piace tanto, quindi la canzone del giorno sarà: Pressure & Time Rival Sons