18 aprile 2012

Le mie domande

Ora che sono a Torino prima del lavoro, che da oggi è diventato un forse perché ho scoperto che il Frecciarossa ha solo abbonamenti mensili che partono dal 1° del mese e non ha abbonamenti settimanali, mi dedico a incastrare gli impegni e a fare un po' di public relation. Cosa che mi riesce piuttosto bene infatti, a parte oggi, ho i giorni ben benino impegnati.
Domani sono a pranzo con O, stasera cena con compagni delle elementari, domani sera in teoria cena con i compagni del corso Java che però non ho più sentito, venerdì sera cena con Ivano e mia sorella e sabato sera festa di compleanno anticipata con famiglia. Porta sfiga? Chissenefrega.
Sabato mi vedo con Ondina così facciamo due passetti ed entrerò anche in libreria x dove, udite udite, grazie a facebook ho scoperto ci lavora un ragazzo che era ricoverato con me in ospedale ai tempi della chemioterapia.
Eravamo un gruppetto di ragazzi un po' grandicelli per un ospedale infantile quindi ci conoscevamo abbastanza. C'era Luca, leucemico simpaticone che una volta mise 50000 lire in tasca al medico dicendo "Per il prelievo del midollo, tutto a posto, no?".
C'era una ragazza, di cui purtroppo non ricordo il nome, anzi sì, ma forse non è proprio corretto e quindi non lo scriverò. Tumore alle ossa e forza interiore incredibile. Se fosse stata forza fisica ci avrebbe spaccato i sassi.
C'ero io e c'era questo ragazzotto qua. Una volta non ci si faceva troppi scrupoli per la privacy. Il medico aveva sì il segreto professionale, ma qualche segretaria qua e là poteva raccontarti le ultime news. Così un giorno ero all'ospedale infantile, ormai in fase di remissione completa dalla malattia, per prenotare una visita di controllo. Essendo ancora lì potevo avere al massimo 18 anni. La segretaria da cui prenotai la visita disse di ricordarsi di me. "Tu eri ricoverata insieme ad AI, vero?"
Era proprio così. Mi disse che aveva avuto una brutta ricaduta e che non stava tanto bene. Immaginate che bello sentirlo su facebook e sapere che si ricordava di me. E che lavora alla libreria x.
Tra gli ex dell'ospedale c'è anche I che però non era stato ricoverato con me. Siamo diventati amici dopo che ho letto un suo articolo sul giornale dei volontari dell'ospedale e gli ho scritto per raccontargli la mia esperienza. Da lì ci siamo visti una sola volta ma ci sentiamo su internet. A volte al telefono.
E poi c'è chi non ce l'ha fatta. Un ragazzo di cui non ricordo il nome perché siamo stati per poco tempo, purtroppo, in ospedale insieme, che ogni volta che mi incontrava faceva il baciamano e mi chiedeva sempre come mi chiamavo perché, davvero, non se lo ricordava. Ma dalla notte al mattino seguente non c'era più. Il letto era pulito e rifatto. Non ho chiesto nulla perché non ce n'era bisogno. Sapevo che i familiari avevano cominciato la cura Di Bella da poco, l'ultima spiaggia in quegli anni.

E poi c'era L. Era a letto, non poteva più muoversi nè parlare, poteva solo sbattere gli occhi e con quelli comunicava. Io e lei passavamo molto tempo insieme, con il babbo lì vicino che la muoveva in continuazione quando lei si lamentava e si capiva che cominciava ad avere crampi. Io passavo da lei e giocavo a carte col suo babbo. Perdevo sempre e si faceva grosse risate perché non ero proprio in grado di giocare. Una volta le confessai che io e il mio fidanzatino di allora ci eravamo appena lasciati, ovviamente senza dirle che era un segreto. Sapete? Lo spifferò alla mia mamma. Come fece? Sbattendo gli occhi alle domande che le stavano facendo. Ancora adesso ci rido.
Purtroppo un giorno andai in ospedale a trovarla, non ricordo se ero ancora in terapia ma era il mio periodo di pausa o semplicemente avevo terminato le cure. Sta di fatto che non la trovai. Mi dissero che non c'era più "E' andata a casa?", chiesi. L'infermiera mi fece sedere e mi disse che purtroppo no, non ce l'aveva fatta.

Ma i sopravvissuti...
Quello che più mi incuriosisce è capire come le altre persone hanno affrontato la cosa. Quando ti ammali non è mai bello. Ma quando ti ammali di una malattia del genere in età della crescita i tuoi schemi mentali vengono indiscutibilmente alterati e modificati permanentemente. Come si affronta un peso del genere? L'ospedale, la malattia, la cura che paradossalmente è peggio della malattia, gli esami, il pensiero che non ne uscirai mai fuori completamente, la paura di rientrarci, la paura degli impegni, il terrore di sprecare il tuo preziosissimo tempo, il senso di colpa del sopravvissuto, il compito di essere coraggiosi, il lutto per le persone che non ce l'hanno fatta. E' un peso enorme per un ragazzino. Ma quando sei grande (e io lo sono?) come rivedi tutto questo? Come pensi che sia stato elaborato? Chissà se potrò parlarne o se è un argomento tabù. Conosco persone che hanno rimosso quasi quel periodo.

Vi ho annoiato con questi discorsi?
E' che me lo chiedo spesso, sono tutti come me? Riescono a impegnarsi in qualcosa? O saltellano tra gli impegni cercando di non rimanere mai invischiati?

2 commenti:

Zion ha detto...

a me non hai annojato per nulla, ma ho difficoltà a rispondere a un post così personale.
Bacini! :*

Carla ha detto...

il ragazzo che ho rintracciato su fb ha letto il post e gli sono venuti i brividi. sono le stesse domande che si fa anche lui :)