31 luglio 2013

Lavanda's trip

Non ho sponsorizzato molto questo viaggio in Provenza. Non quanto avevo sponsorizzato il viaggio a Berlino per lo meno.
E' che fino a poco prima di partire non ci eravamo organizzati molto bene, ancora non sapevamo bene le tappe, l'idea di un viaggio on the road da una parte mi elettrizzava, dall'altra mi spaventava.

Per il racconto di questo viaggio non ho tenuto un diario come quello di Berlino. Per cui mi baserò sui ricordi (ahi ahi ahi). Se tralascio qualcosa spero che non sia nulla di importante.
La Provenza è un viaggio di sensazioni, colori e profumi, che non può essere schematizzato giorno per giorno come può essere il viaggio in una qualsiasi capitale europea.
Amo viaggiare, sentire odori e sapori diversi, lingue diverse, calpestare suoli sconosciuti.
Il nostro viaggio è stato di circa 2000 km. Siamo partiti da Bologna e con varie tappe abbiamo cercato di vedere quanto più possibile, lasciandoci gli ultimi due-tre giorni di relax nel primo posto in cui abbiamo pernottato (siamo stati ipnotizzati dalla bellezza di questo paesino, e abbiamo deciso di tornarci).
Inutile dire che i primi giorni sono stati meravigliosi, pieni di cuoricini.
"Ops, ho messo male il picchetto"
"Oh, non importa tesorino, ora lo metto io"

Mentre dal terzo/quarto giorno l'andazzo è stato questo:
"Cazzo il picchetto, ti avevo detto di non metterlo così"
"Mi sgridi sempre"
"Mi fai sentire una stupida!"

E così via. Considerate che Fry non guidava in autostrade larghe e comode, ma spesso erano stradine di montagna. Inoltre al rientro abbiamo appurato che la gatta di Iolao (che stava da sua mamma) ha avuto un crollo dei reni ed è venuta a mancare proprio quando stavamo tornando a casa. In più io dormivo poco perché mi svegliavo a causa dei crampi alla schiena. No, gli sleeping bed della Quetchua non sono l'ideale se soffri di lombosciatalgia.

Inoltre ho appurato le prime difficoltà del non mangiare carne in viaggio all'estero e ho mantenuto questa promessa (fatta da poco tralaltro) con grande fatica. Soprattutto al pensiero dell'eventualità di poter assaggiare piatti di carne che non avrei mai più trovato. Ma mi sono convinta col solo pensiero che le scelte non sempre sono facili. Anche spostarmi e trasferirmi qui non è stato facile, non è facile lavorare dove lavoro, non sono facili tante cose ma alcune di queste le scegliamo perché la nostra morale ci detta così.

Lasciando perdere la paternale, era solo per comunicarvi che questo sarà anche un viaggio culinario, in cui l'odore della lavanda e il profumo del mare (ma anche le zanzare delle paludi) ci accompagneranno tanto quanto i formaggi francesi, le bistecche di toro della Camargue, i vini bianchi.
Sorpresi dal fatto che in Provenza (per cui penso anche nel resto della Francia) se chiedete una birra piccola vi danno la 125 ml (hanno anche le bottigliette), la loro media corrisponde alla nostra piccola e la loro grande corrisponde alla nostra media, dobbiamo però ammettere che il vino della casa è buono, la gente cortese e ospitale, e la benzina costa meno che qui (in particolare il Gasolio costa in media 1.40 al lt contro i nostri 1.67). E' stata in assoluto la vacanza più costosa mai affrontata perché abbiamo mangiato sempre in ristoranti, ma volevo che fosse del tutto senza pensieri, per staccare davvero. Inoltre grazie alle 14esime e alla mia liquidazione (per rinnovo contratto) ce lo siamo potuti permettere.
Prima di partire (tenda, sleeping bed, stuoie, seggiole). Portare le seggioline da campeggio è stata un'ottima scelta dato che in Corsica senza quelle non sapevamo dove poterci poggiare ed eravamo costretti a sederci sempre in macchina:


Quest'anno siamo partiti anche con un binocolo (rivelatosi poi essenziale) e un micropannello solare (rivelatosi invece essenzialmente inutile):




Ecco i campeggi a cui ci siamo appoggiati e il viaggio intrapreso (senza contare i km che facevamo per visitare questo o quell'altro posto mantenendo la nostra base al campeggio).


Visualizzazione ingrandita della mappa

Da Bologna siamo partiti alla volta di Castellane, dolce paesino sugli 800 mt di altitudine e dove ci siamo appoggiati al Camping Notre Dame. Il personale è delizioso, il posto auto, con tenda, per due persone ed elettricità costa 23,50 euro. A seconda del posto che vi danno ovviamente è più o meno comodo. Alcune piazzole danno su una strada mediamente trafficata e al mattino potreste venire svegliati di soprassalto da un quad che sfreccia incurante dei limiti. I bagni hanno la carta igienica e sono molto puliti.

Il giorno dopo abbiamo sbaraccato e siamo andati al camping Le colorado, il preferito da Fry (io non lo amavo, la postazione poteva essere raggiunta solo attraverso una salita devastante ed eravamo distanti dal paese mentre a Castellane, in 10 minuti a piedi raggiungevamo il centro abitato). Costo, senza elettricità, 23 euro. I bagni non hanno carta igienica.
Nonostante tutto il voto è positivo perché il personale è gentile e al bar la gente è sempre sorridente (e la sera talvolta ubriaca).

Il giorno dopo, passando per il Luberon e per i campi di lavanda, siamo arrivati nella Camargue, regione di fenicotteri rosa, cavalli selvatici e tori. L'idea era di andare al camping Le petite Camargue ma arrivati lì ci hanno detto che non avevano posto. E che andando comunque verso le Grau du Roi e L'espiguette, avremmo trovato altri campeggi. Abbiamo deciso di fermarci al camping L'espiguette e lì siamo rimasti due notti.
Difficile da recensire. Posto enorme, con piazzole ovunque e un accesso privato sulla spiaggia (mare stupendo e spiaggia lunghissimissima). Bagni non sempre pulitissimi (c'è davvero tanta gente), ragazzini che sfrecciano in bicicletta per le strade (è talmente grande che ha delle strade cementate al suo interno), niente carta igienica, più che un campeggio, vista l'animazione che c'è, pare un villaggio turistico. Il prezzo si aggirava intorno ai 27 euro con elettricità. Se avete una famiglia con figli è il posto ideale. Il mare a due passi, animazioni di tutti i tipi (minigolf, tiro con l'arco, concerti la sera), ristoranti bar e persino un piccolo centro commerciale. Noi non ci siamo trovati molto bene dopo due notti di campeggio selvatici. Tuttavia il personale è molto carino.

Dopo la seconda notte abbiamo smontato per andare a visitare un'altra cittadina di mare sulla Costa Azzurra. Andando a caso sulla cartina abbiamo scelto La Ciotat, minuscola cittadina sul mare, famosa in quanto i fratelli Lumiere ci girarono il primo film uscito al cinema (per l'appunto, l'arrivo del treno alla stazione di La Ciotat). Purtroppo siamo partiti tardi e arrivati dopo le 21. Il primo campeggio a cui siamo approdati era chiuso. Il secondo campeggio ci aveva dato disponibilità di una piazzola che pareva il cortile di un palazzo. Nel fare retromarcia per andare via dal campeggio incrociamo un albero e ammacchiamo un po' la macchina. Dopo aver tirato giù tutti i santi proseguiamo. Decidiamo a malincuore (ma con grande gioia della mia schiena) di andare in albergo. Il primo albergo di cui incrociamo i cartelli è l'Ibis. Il costo è di 129 euro, ma siamo stanchi, comincia a esser buio, non possiamo fare gli schizzinosi. Del resto lo avevamo messo in conto che sarebbe potuto accadere, per cui prenotiamo una stanza.
Finalmente un vero letto, un vero bagno e una doccia da cui esci senza reinsozzarti di nuovo i piedi.

Da La Ciotat dobbiamo decidere cosa fare. Ormai innamorati di Castellane decidiamo di passare lì le ultime notti e di rientrare a Bologna un giorno prima così da poter fare qualche lavatrice e riposarci prima della lunga avventura lavorativa prima delle prossime ferie.

(...to be continued...)

Prima di partire per un lungo viaggio...

... non dimenticarti di mandare a cagare un po' di gente che ti circonda. O che non ti circonda più. E magari levarla da facebook tanto per dirne una, e dire apertamente come la pensi.





05 luglio 2013

La mia scelta

E' arrivato il momento, dopo tanti anni.
Non mi è mai piaciuta particolarmente la carne, e della carne mi piacevano ricette molto speziate, oppure affettati gustosi.
Ma per il resto sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento.
Anni fa ho comprato questo libro, appena uscito.

Più riguardo a Se niente importa
Lo avevo prenotato in libreria per accertarmi di avere una delle prime copie. E per tanti anni è rimasto lì a prendere polvere. Sapevo che, nel momento in cui lo avrei iniziato, qualcosa sarebbe cambiato.
E' partito un paio di settimane fa.
A Berlino, il mio burrito preferito era quello vegano, con guacamole e fagioli. Un paio di settimane fa sono andata coi colleghi a mangiare all'American Graffiti, un posto in cui fanno praticamente solo carne o hamburger giganti impaninazzati. E io ho ordinato un burrito vegano al guacamole, molto simile a quello che mangiavo a Berlino da Dolores, molto meno buono, ma simile.
Mi hanno guardata come se venissi da un pianeta alieno "Ma come? Sei vegetariana?"

"No, mi piace questo burrito!"
Mi hanno detto Looser e lì è finita.

Questa cosa mi ha fatto riflettere e, terminato il mio libro La psicologia del giocatore di scacchi ho deciso che era arrivata l'ora, di cominciare questo libro. Di cambiare le mie abitudini alimentari e di prendere la decisione (non definitiva, forse, ma per ora è così) di non mangiare carne. Perché mi ha fatto riflettere? Perché era tanto che volevo smettere di mangiare carne, ma ero terrorizzata dal giudizio altrui, dal dovermi continuamente giustificare. Dall'apparire come una fuori di testa (disse la ragazza coi capelli viola e un teschio tatuato sulla spalla). Persino i miei (mia sorella è vegetariana da tipo 20 anni) quando l'ultima volta che sono salita e mi sono fatta il tattoo quando ho annunciato di voler cercare di smettere di mangiare carne mi hanno guardata malissimo. Mia sorella anche lei ha fatto una mezza battuta.
Non voglio definirmi vegetariana, non voglio dirmelo, non voglio esserlo. La parola vegetariano mi fa pensare a un gruppo hippy che fa proselitismo sulla crudeltà nel mangiare animali. Eppure conosco tanti vegetariani che non hanno nessun interesse a farti smettere di mangiare carne. Tipo mia sorella, tipo Zion.
Conosco tanti altri invece che pensano di poter salvare il mondo smettendo di mangiare carne. Non sono quel genere di persona.
Per me è, ed è sempre stato da quando da piccina guardavo in tv i filmati di come trattavano gli animali da allevamento singhiozzando in silenzio, una crudeltà uccidere per mangiare. Soprattutto in questo modo, soprattutto quando non ci manca altro.
Mangiare vegetali non salverà il pianeta anzi: se tutti mangiassimo solo verdura non ci sarebbero comunque campi disponibili per sfamare gli animali. Tutti i boschi verrebbero distrutti per creare campi di coltivazione intensiva. La verità è una e una sola: non c'è una soluzione per salvare il pianeta, siamo troppi. Il pianeta non ce la fa più a contenerci ma continuiamo a figliare perché diciamo che è naturale farlo. E la popolazione aumenta. Le persone vivono più a lungo, e siamo diventati un'orda assassina numerosissima sotto la cui pressione tutto muore. Scusate ma ho cominciato a giocare a World of Warcraft.

Le coltivazioni spesso uccidono luoghi meravigliosi. Il dover difendersi dai parassiti crea mostri assassini come a Bhopal o mostri multinazionali come la Monsanto.


Sarebbe bellissimo avere l'orticello e le proprie galline che producono uova, senza saperle ammassate in gabbie strettissime senza nemmeno la possibilità di voltarsi, con zampe deformi per le gabbie strette e diverse malattie. Non voglio salvare il mondo, non ce la possiamo più fare.

Ma per me, che amo gli animali, che non sopporto nemmeno portare il mio cane a fare un vaccino, che sta in angoscia per un normalissimo intervento di routine di sterilizzazione sul mio gatto, che al mattino guarda lo scarafaggio sul tavolo e lo lascia stare, per me dico, non è più proponibile cibarmi di loro.

Non so quanto durerà, magari per sempre, magari per poco. Però voglio provarci.
E finalmente usare il mio libro di ricette vegetariane. Oops, per i non mangiatori di carne.

Canzone del giorno: Diana Paul Anka

01 luglio 2013

Incubi & deliri

Stanotte:
sto passeggiando con Fry nel primo quartiere dove ho abitato a Torino. E' sera, comincia a scurirsi. Passo all'incrocio tra via Exilles e via Crevacuore. A sinistra via Crevacuore è una stradina piccola e buia. E vedo in lontananza Roccio, in via Crevacuore, che si avvicina verso l'incrocio. Nella mano destra ha un sacchetto. Il braccio sinistro è amputato sotto il gomito.
Gli chiedo cosa è successo. Mi risponde che era una piccola infezione ma sai come sono, in ospedale a farmi vedere non ci sono voluto andare. E alla fine han dovuto tagliarmi il braccio.
Rimango sconvolta così dopo vado a trovarlo per chiedergli spiegazioni maggiori.
Pare che avesse fatto un prelievo e l'ago aveva fatto una piccola ferita che si era infettata. Che un giorno aveva salvato una ragazza facendole la respirazione bocca a bocca e questa si era totalmente innamorata di lui e che in un momento di intimità in cui lei si era accorta del braccio in cancrena perché lui non riusciva a muoverlo, lo aveva convinto ad andare in ospedale.
Gli chiedo com'è la vita senza un braccio.
Gli brillano gli occhi e allora capisco. Senza il braccio sinistro non potrà più suonare la chitarra elettrica, e questo mi rende molto triste.


L'altra notte:
Siamo andati a Milano in sede centrale del posto in cui lavoro. Il direttore del personale deve dirci qualcosa, probabilmente sui rinnovi contratti, ma sono tutti tristi e non capisco.
Sento la mia collega che parlando con un'altra dice di aver saputo che il direttore del personale (che da ora in poi chiamerò Boss) si è ammalato di leucemia. E dalle facce che hanno capisco che non si tratterà di una cosa facilmente guaribile. Inoltre scopro che la malattia o la cura o entrambe provocano terribili deformazioni, rendendoti Ciclope. Osservando un paziente noto che in realtà uno dei due occhi si ingrandisce posizionandosi al centro della fronte e l'altro occhio si atrofizza posizionandosi quasi all'altezza dell'attaccatura dei capelli. Inoltre la pelle e parte della carne comincia a staccarsi lasciando vedere i muscoli. Insomma riduce tutti a essere orrende e grottesche maschere di se stessi.

Presto scopriamo di essere stati tutti contagiati, al lavoro. Sono terrorizzata, mi chiedo come dev'essere vivere in quelle condizioni, e mi chiedo quanto tempo avrò prima di trasformarmi. Sono angosciata.