22 settembre 2013

Tutto apposto, dicono.

Sono stata a Torino questo weekend. Con la scusa della mia visita annuale ho rivisto amici, fatto cose, anche se come al solito non sono riuscita a fare tutto.

Chiedo scusa se non ho avvisato tutti, se non sono riuscita a salutare tutti, ad abbracciare le persone che avrei voluto.

Sono sul treno sulla via del ritorno e sto sfruttando la connessione ballerina (ma gratuita) di frecciarossa.

Vi racconterò di un po' di cose buffe e cose meno buffe di questo weekend, come sempre, intensissimo.

Giovedì sera sono arrivata a Torino, ho deciso di tornare da mia mamma col taxi. E' vero sono arrivata solo alle 22.30 ma l'idea di prendere il bus con lo zaino pienissimo (sono riuscita a farci stare il netbook, la reflex, i vestiti e i trucchi), fare il pezzo a piedi, non capire nemmeno quali sono i nuovi percorsi dei bus mi ha fatto desistere. Pigrizia, si chiama.

Così becco un taxista, fuori dalla nuovissima e molto nordeuropea stazione di Torino Porta Susa, un omino senza denti di cui non capisco mezza parola e chiedo "Ha il bancomat?"
"Sì, venga pure"

Ovviamente la strada dove vive mia mamma non la conosce nessuno. Per cui indico una piazza lì vicino (Piazza Sòfia, ma i torinesi la chiamano Piazza Sofìa: mi chiedo sempre se fosse cambiato qualcosa con l'accento sul nome) in modo da potergli dare almeno un'indicazione.
Mi parla del tempo, della nebbia. Del fresco di questi giorni. Mi piace Torino. Di notte è ancora più bella. Passo sulla Dora, vedo i palazzi cambiare colore a seconda della luce dei lampioni. Le rotaie del tram. L'aria fresca e frizzante.

Passo davanti a luoghi conosciuti, i cui nomi non si trovano sulle cartine. Provate a cercare il Rondò della Forca. I torinesi, come i berlinesi, amano ribattezzare i luoghi.
Me ne sono accorta la prima volta da piccina quando cercavo, su Tuttocittà, Piazza D'Armi.

Arrivo da mia mamma, pago. Il signore ha uno spiccato accento Torinese ma è del Sud, o ha origini del Sud, come tutti qui, del resto. Glielo leggo nei tratti e nei modi di fare.

Salgo saluto e i cani mi accolgono. Birba è invecchiata tantissimo ma stavolta mi riconosce. Anche Poldo sta invecchiando: ha ormai 10 anni e il musetto comincia ad avere i primi peli bianchi.

Vado a riposare perché l'indomani mattina dovrò attraversare la città per andare in ospedale.

In genere vado da sola alle visite. Semmai accompagnata da Fry. Per me è una cosa privata e personale e difficilmente voglio condividerla. Quando avevo 16 anni alle visite importanti preferivo avere degli amici che la mia famiglia. Non è per cattiveria, ma mia mamma è ansiogena in un modo che non potete capire. La maggior parte delle volte vado da sola, ma stavolta ho chiesto a mia mamma di accompagnarmi. E' una delle regole sociali più difficili da accettare per me: ogni tanto è necessario rendere felice qualcuno con piccoli gesti che magari non ci piacciono molto. Così ci siamo avviate.

Arrivare lì non è stato difficile, ora la metro ci passa e dalla stazione di Torino Porta Nuova è un attimo. Quando mi siedo in attesa, una dottoressa mi chiama. Si presenta: "Ciao, sono xyz, sostituisco il dottor. Brignar****o."
Panico.

Sono 12 anni che mi visita lui, e solo lui. L'unico medico ad oggi di cui mi fido. E ora?

La prima cosa che faccio è chiedere se sta bene. "Sìsì, sta benissimo!"
Fiù. Meno male. Il mio medico è come Piero Angela, non può morire o ammalarsi.

Comincia col vedere i miei referti e a farmi domande: per esempio chi mi ha operata (era il 2009 e non ho certo chiesto il nome del chirurgo quando sono entrata in sala operatoria), e domanda fatidica - se per caso un senologo mi segue.

Uhm, no.

Guarda i miei esami, vanno bene: sono tutti perfetti, anche le analisi del sangue. Per la prima volta da quando faccio prelievi oserei dire.

Comincia a dirmi che è importante che io veda un senologo. Le spiego di averne visto uno poco dopo tutta la faccenda, uno di Prato il quale ha chiuso la faccenda dichiarandomi guarita, di continuare a prendere il Tamoxifene per 5 anni in totale e di non pensarci più.

Aggrotta la fronte.

Ha capito che tipo di persona sono, devo dargliene atto. Oltre a essere pigra, sono stanca di ospedali e visite e sono certa che trovare una persona che riesca a fare un merge di tutti i dati che gli fornirò sarà oltremodo impensabile. Scoraggiata, forse.

Così dice che vuole informarsi lei sulle strutture presenti. Anche a Bologna se necessario. Dico che non importa, che posso prendere ferie un giorno l'anno per tornare su, così chiama la Breast Unit a Torino e parla davanti a me con la dottoressa che gestisce questa sorta di struttura. Sento che vogliono addirittura vedermi lunedì perché farmi aspettare un anno (un altro anno) non è il caso. Sono quasi pronta già a chiamare la mia responsabile per chiederle un altro giorno quando la dottoressa dice che non è il caso, chiude la chiamata e mi spiega.

Dice che è inutile vedermi senza degli esami sottomano: serve un altro prelievo per i marker tumorali, una risonanza magnetica al seno, un'ecografia del basso addome, un'ecografia transvaginale e una visita ginecologica.

Porcatroia, penso: altri esami, altri permessi... un altro prelievo! E poi prenotare la visita al seno, che sarà circa a gennaio-febbraio

Mi rendo conto di aver preso sottogamba questa cosa: alla fine è sempre un tumore. Piccolo, al primo stadio, curato chirurgicamente ma sempre un tumore al seno duttale infiltrante (in situ) rilevato a 29 anni. Da giovanissima. Con alto rischio di recidiva.

Quindi dopo l'iniziale spavento ho provato quello strano senso di rassegnazione: è questa la mia vita. Trascorsa relativamente tranquilla, ma sempre con l'ansia di questo fantasma appostato dietro l'angolo, il tumore.

Respiro, penso a organizzare le prossime giornate per essere efficiente e organizzare tutto. Lunedì chiamo il medico e mi faccio fare le impegnative, poi il pomeriggio le ritiro e vado in farmacia a prenotare gli esami. Quando ho le tempistiche chiamo la dottoressa della Breast Unit e prenoto la visita da loro. E infine vado dalla mia responsabile a chiedere tutti i permessi.

A mia mamma (ricordate? la donna ansia) non ho detto niente: mi avrebbe agitata.

Ora ci vuole poco, un altro passettino. Del resto sono stupide analisi. Fino a che è solo quello, non c'è niente da temere.

Fino a qui, tutto bene.

2 commenti:

Zion ha detto...

solo gran sbattimenti. Unica consolazione: i permessi a lavoro. Almeno non dovrai andare là.


Scusa, in effetti non è che prendi i permessi per giocare. Uff. Com'è difficile, sempre. Tutto.

Carla ha detto...

Essì, alla fine riassumendo è quello: grandi sbattimenti, ma va bene così. E' necessario e alla fine a ben vedere, non sarò in quel postaccio :)