06 novembre 2016

Quando cominciai a essere una ragazza dai capelli strani

Ci sono un paio di foto che hanno ricordi immensi. Un po' come quando guardi le foto dei tuoi genitori e ti sembrano così innamorati e felici, e poi li guardi dal vivo e hanno perso più colore delle foto, anche se sono in bianco e nero e ti chiedi come possa essere possibile. Ci sono dei momenti in cui ripensi a cose accadute e vorresti segnartele come meglio puoi, anche se tante cose sono passate, anche se i ricordi sfumano nel buio, filmati con transizioni in nero assoluto, dove la luce non arriva.
Filmati che ti ricordano un po'.
Quando hai 13 anni hai pochissime preoccupazioni nella vita, eppure ti senti addosso i problemi del mondo. Quando cresci ed effettivamente riguardi al passato pensi di aver gettato via momenti bellissimi, momenti in cui forse potevi anche godere soltanto delle piccole fortune che ogni giorno ti riservava.
Io ero un brutto anatroccolo. Lo sono ancora, ma ho imparato a valorizzare due o tre cose, quelle giuste, quelle che spiccano. E in un certo senso così brutto anatroccolo non sono più. Magari non sono il cigno nero della favola, magari un'elegante gazza, ecco.
A 13 anni il mio unico problema era di non farmi prendere in giro dai ragazzi. Mi riusciva poco, a dirla tutta, con quei capelli lunghi fino al sedere ma scompigliati e spettinati. Gli occhiali tondi che mi rendevano più simile a una tartaruga di terra e gli anfibi ai piedi. A 13 anni sono queste le cose che contano, vorresti solo spiccare e non essere come tutti gli altri.
A me, a 13 anni, è stato diagnosticato un linfoma.
Ai tempi io e la mia amica Elisa dormivamo spesso una a casa dell'altra. Quel sabato dormii io da lei. Non riuscivo per nulla a prendere sonno e mentre mi giravo e rigiravo sperando di abbandonarmi ai miei sogni lo scoprii. Un ringonfiamento sul collo. Capirai, ho pensato, sarà che mi viene sempre mal di gola, non sarà nulla. Ma come la lingua batte dove il dente duole, la mia mano finiva sempre sopra la clavicola. Sembrava un rigonfiamento bello grosso, mannaggia. Il giorno dopo mi guardai allo specchio, era anche piuttosto visibile. Sì, bisognava farci caso, bisognava sapere che era lì, immobile e tondo, ma c'era. Il mio pediatra mi disse che sarei dovuta andare a fare delle analisi del sangue.
Per chi non ha paura non è un dramma, ma chi la paura ce l'ha mi capisce al volo. Aghi. Prelievi.
Non avevo ancora mai fatto un prelievo, ed ero più che paralizzata all'idea.
All'ospedale infantile mi fecero fare, oltre al prelievo che praticamente non sentii, delle lastre al torace e una visita generica. Riflettemmo sul fatto che effettivamente poco prima di notare il rigonfiamento mi venne la febbre. Una febbre che nemmeno la tachipirina riusciva a mandare via.
Ma mi rimandarono comunque a casa con pasticche grosse e rosse che mi avrebbero fatto passare ogni cosa.
Il pomeriggio stesso invece chiamarono. Mi dissero che dalle lastre risultava qualcosa ed era meglio ricoverarmi. Io stavo piombando in una realtà che non conoscevo assolutamente, e che non volevo conoscere. Non riuscivo a prendere la cosa con spirito, anzi, la presi piuttosto maluccio, convinta che un grosso male stava aspettandomi da qualche parte. Carla, piccola e catastrofica.
Durante il ricovero mi fecero la biopsia a quello che si rivelò essere un linfonodo e un prelievo del midollo. Mia sorella una sera chiamò quasi piangendo. Mi chiese se quello che avevo era un linfonodo o un linfoma. Chiesi al dottore, ma lui rispose con un "Perché me lo chiedi?". A mie successive insistenze disse che si trattava di linfonodi.
A casa controllai la differenza. Cercai sull'enciclopedia medica. Il linfoma è un tumore maligno del sistema linfatico.

Qualche giorno dopo mi chiamarono dall'ospedale. Dovevo concordare con loro la terapia e parlare di ciò che avevo. Il dottore mi parlò come si parla ai bimbi, forse perché lo ero. Forse ero solo una bambina. Ma mi sentivo male perché capivo. Capivo ogni parola. O meglio, desideravo più chiarezza.
Fu così che "il grosso sasso davanti ai polmoni" che rischiava di "pesarmi sul cuore e sui polmoni se non curato" divenne, dopo altre mie insistenze, un linfoma. Il maledetto si era insidiato davanti ai polmoni, nel mediastino. Era entrato in circolo attraverso il sistema linfatico e aveva deciso di costruirsi un'altra stazione spaziale sul mio collo. In sede sovraclaveare destra.
Ora, entri all'ospedale convinto di dover prendere qualche antibiotico e ti viene detto che invece dovrai iniziare una chemioterapia. Fa molta differenza.
Nessuno mi disse esattamente cosa fosse. Ma mi documentai fino alla nausea. Non c'era internet e passavo molto tempo in biblioteca. Volevo capire che tipo di veleni avessero intenzione di iniettarmi, volevo capire cosa mi avrebbero provocato. Volevo sapere la percentuale di risoluzione totale della malattia. Volevo capire perché io.
Non ci sono risposte a queste cose. I veleni cambiano a seconda del tuo stadio, le reazioni cambiano da persona a persona, non esiste una risoluzione totale, non esiste guarigione ma solo sopravvivenza. Non si può guarire da una malattia di cui non si conoscono le cause.
Non potevo sapere perché io.
Mi trovavo d'un tratto ad affrontare un mostro più grande di me. Quando sei appena una ragazzina ma puoi capire tutto, capisci cosa significa che forse ti cadranno i capelli, capisci che cosa significa che forse dovrai passare periodi di isolamento, perché i tuoi globuli bianchi verranno avvelenati dalle stesse sostanze che ti salveranno, capisci un sacco di cose ma non le puoi accettare.
Così ti tagli un po' i capelli, quei capelli lunghi fino al sedere li tagli alle spalle, cominci ad assentarti da scuola. Le terapie sono in day hospital, entri al mattino alle 8 ed esci alle 12, ma sei distrutta. Vomiti fino allo spasimo i succhi gastrici e ti ci vogliono circa 3 giorni per rimetterti. Poi dopo due settimane sei ancora lì, e riprendi da capo. 9 mesi di vomito, e prelievi, e flebo, e trasfusioni, e aferesi. E tu sei lì, con tua mamma che ti guarda e che si chiede anche lei perché è capitata proprio a te questa cosa. Ma a guardarsi attorno sembra di stare in un campo di guerra. Tutti bambini. Tutti malati. Allora cominci a chiederti davvero: perché noi? Perché si deve stare male?
Attacchi e cominci, smetti e riparti. Cadi e ti rialzi. Ogni giorno. E ti rendi conto di stare male ma non vuoi ammetterlo. A volte cadi nel vittimismo, a volte nell'eroismo. A volte ti senti solo male perché sei ben consapevole che le persone che ti amano soffrono molto di più a vederti stare male di quanto possa soffrire tu.
Ma io, io sono un'eroina. E trovai abilmente il modo di farmi coccolare dai miei amici. Loro che pazientemente mi stavano dietro, che asciugavano le mie lacrime, che non mi facevano mai sentire diversa. Mai.
Se è vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno, io sono stata molto fortunata. E quando i veri amici ci sono, si festeggia la vittoria. Il 4 gennaio 1995 io festeggiai la mia vittoria. L'ultima chemio. Avevo anche fatto la radioterapia, che come regalo mi ha lasciato l'ipotiroidismo e spero null'altro. Chemioterapia. MOPP/ABVD. Le sigle dei veleni.

E gli anni passano, sei il ritratto della gioia. Fai fatica a staccarti dall'ospedale, hai passato il primo quadrimestre del liceo scientifico all'ospedale, fai fatica a stare dietro ai tuoi compagni più svegli. Non riesci a studiare ma sai di aver lottato per qualcosa di più importante e sorridi a dispetto di tutto. E sei felice. E non ti interessa null'altro.

Passa ancora un anno e ogni tanto ti capita, ogni tanto, di passare la mano sul collo. Cercare, avere paura. Può capitare di sentire una pallina. Allora chiami l'ospedale e loro ti rassicurano sempre. Hai avuto mal di gola Carla. E' normale ti si gonfino i linfonodi, è la loro funzione.
E torni a casa tranquilla. Un altro giorno di sole.

E poi ancora, altro tocco, altro gonfiore.
Ma questa volta nessun rimando a casa, questa volta un'equipe di medici ti sta intorno e, a turno, palpano quella pallina. E via, tac, radiografia, scintigrafia, analisi, biopsia, prelievo midollo. Questa volta la tua biopsia viene spedita a Bologna e tu hai ancora paura.
E ti rendi conto che questa volta non è come le precedenti. Questa potrebbe essere una cosa seria. Allora decidi di tingerti i capelli strani, tanto forse cadranno. Decidi di andare in vacanza e non pensarci, perché i dottori ti hanno annunciato che al tuo ritorno ci sarà la chemioterapia ad aspettarti.
Ancora. Linfoma di Hodgkin.

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