14 dicembre 2016

Per quest'anno non cambiare,
la mammografia ti tocca fare

Da quando sono stata operata la sentenza definitiva è: visita alle tette una volta l'anno.
Inizialmente si pensava a fare solo delle mammografie ma dato che il tumore era stato radioindotto (da questo post "due radioterapie di cui una a mantellina a 36 Gy e 2 chemioterapie - per intenderci, per fare 1 Gy ci vogliono le radiazioni di 100 radiografie al torace") c'è stato un condono ad alternare risonanza magnetica al seno e mammografia.
La risonanza magnetica è un terno al lotto, tantoché mi sono rassegnata a farle a Monselice in provincia di Padova, in una struttura che fa solo risonanza. Perché?
Perché la risonanza magnetica al seno può essere fatta solo tra il settimo e il quattordicesimo giorno di ciclo altrimenti può dare falsi positivi E dato che gli appuntamenti in un qualsiasi ospedale per la RM vengono dati da qui a 6 mesi, capite come sia impossibile calcolare i giorni esatti del ciclo.
A Monselice, in questa struttura, riescono a darti appuntamento da una settimana all'altra perché fanno davvero solo quello.
Ovvio, ci impiego una giornata intera ma tant'è, finora non ho trovato altre strutture equivalenti in zona.
Pro della RM: no radiazioni. Contro: devono bucarmi per iniettare il liquido di contrasto e l'ultima volta ha bruciato da matti perché, secondo me, non era perfettamente in vena l'ago.

La mammografia è più semplice. Prenoti in qualsiasi struttura nel comasco o nel milanese, prendi e vai.
Pro della mammografia: non ti bucano. Contro: ti schiacciano le tette fino a farti male e ovviamente le radiazioni.

L'ospedale designato è Villa Aprica, sulla strada per andare a Chiasso.
Già da fuori ha un aspetto assolutamente degradato ma poco male, potrebbe essere interessante.

Entro e cerco l'accettazione: in tutti gli ospedali funziona così; entri, fai due chiacchiere con la tipa che controlla tesserino sanitario, impegnativa medica e orario dell'appuntamento e poi, teek, a sedersi in punizione.

Ma non è così, faccio la mia bella codina e quando è il mio turno l'allegra signora mi dice che devo andare alla "cassa".
La cassa?
Va bhe, non sto a sindacare anche se non devo pagare nulla perché ho la mia bella esenzione.

Vado alla cassa, non c'è nessuno. Due sportelli di cui uno impegnato con una signora.
Prendo comunque il numerino.

Mi avvicino alla cassa libera: "Mi scusi?"
"Chiamiamo noi il numero!"

Faccio un passo indietro.
La signora nel frattempo sembra non stare facendo nulla, ma anche qui non sto a sindacare.
Aspetto qualche minuto e compare il mio numerino sul display.
"Prego venga"
Sistemate le solite faccende vado al seminterrato dove sempre, in tutti gli ospedali, c'è il reparto radiologia. Quando mi chiamano, una voce nascosta nel nulla, io effettivamente non so dove andare. Così mi muovo a caso finché una dottoressa, giovane e bionda, non mi fa accomodare in uno stanzino minuscolo che comprende una seggiola dove posare i miei vestiti e l'apparecchio per la mammografia. Rimango delusa, in tutti gli altri ospedali spogliatoio e stanza con l'attrezzo sono separati, inoltre di solito la stanza è abbastanza ampia e comprende anche altri macchinari. E io che speravo di poter chiedere di fare una foto decente, ma in quello stanzino non c'è quello che vedevo nella mia testa. Così rinuncio.

Il resto non sto a descriverlo, per chi ha il seno piccolo è abbastanza una tortura la mammografia. La dottoressa mi sprimaccia le tette per cercare di schiacciarle all'interno dell'apparecchio. Il gesto potrebbe sembrare quello di un contadino che munge una mucca: acchiappa, tira e spreme. Da sopra per tutt'e due le gine, di lato per tutt'è due le gine.

Mica finita: ecografia.

L'ecografa è giovane, probabilmente polacca dall'accento. Come la radiologa mi chiede info sul mio trascorso di salute e scartabella gli altri esami che le ho portato. Chiede se ho familiarità per il tumore al seno, dico che no, mia mamma ha avuto un tumore all'utero. Ma essendo certa della mancanza di familiarità per quello, mi sento piuttosto serena.
Scrive sul monitor "Familiarità per K all'utero". MA COME? MI AVEVANO DETTO CHE NON C'ERA FAMILIARITÀ. Uff, non devo bestemmiare.

Procediamo.

Fa i complimenti ai chirurghi di Torino perché la mia cicatrice non si vede dall'esame mammografico, infatti si volta per guardarmi il seno e capire dove si trovi il taglio.
L'ecografia principia. Dopo tanti anni posso dire che l'ecografia è l'esame che mi rilassa di più. Sei sdraiata, cosparsa di questo gel tutto sommato non sgradevole ed essendo io magra di solito non devono premere troppo con lo scanner a ultrasuoni e così mi godo quel piacevole massaggio che ne deriva e, se ci sta, qualche chiacchiera sul più e sul meno.
L'ecografia che preferisco in assoluto è quella al cuore.
Soprattutto se l'ecografo è disponibile e ti spiega le cose.

Non solo sei sdraiato a goderti il massaggio, ma se hai il monitor a portata di vista, vedi proprio il pulsare della vita, e il suono del battito del tuo cuore (e nel mio caso la valvola mitralica un po' prolassata, ma niente di compromettente per la salute).
Il suono del cuore è più o meno questo: pschhtt pssschchttt psschhttt.
Una volta mi sono rilassata così tanto che l'ecografa mi ha chiesto se fossi una sportiva, perché il mio cuore batteva molto lentamente. No, ero solo in fase di relax totale.

Finito, mi chiede di accomodarmi fuori che presto arriverà il referto, "E in bocca al lupo!".

Per farla breve il mio seno è sanissimo, probabilmente lo sono anche io, quindi mi concedo di tornare a casa a piedi (un'ora circa di cammino).

Venerdì mattina probabilmente farò il mio prelievo annuale così finisco gli esami da fare nel comasco, mentre a gennaio mi attende l'ecografia della tiroide e la visita a Torino.

Oggi sono ottimista.

Vista dall'ospedale.

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