21 febbraio 2017

Il nostro (mezzo) viaggio negli States.

Che sia chiaro, prima di vedere gli States avrei voluto vedere altri posti. Il Venezuela, il Costa Rica, altri posti dell'Africa, la Thailandia, l'India, il Laos, Cernusco sul Naviglio MA in un'ottica di par condicio di ferie dato che l'anno scorso ho vinto il Madagascar (era in un'aspra lotta contro Las Vegas e il matrimonio celebrato da Elvis) quest'anno Fry ha deciso. Si va negli States a fare il coast to coast.

Non amo gli statunitensi (senza generalizzare eh? Sia chiaro), ma ho chiuso tutti e due gli occhi e ho detto ok, sperando di poter vedere la Darlingtonia in natura (cosa che non avverrà perché troppo fuori dal tragitto possibile da fare). Facendo un paio di calcoli sul chilometraggio (ma espresso in miglia, si dirà migliatraggio?) ci siamo resi conto che le due settimane previste da Fry non possono bastare.
Così il nostro sarà un mezzo coast to coast. Ispirata dalle fotografie di Robert Frank voglio andare nelle campagne statunitensi a fotografare il cazzo nulla, esattamente come ha fatto lui ma con meno stile e senza il dilemma della pellicola (dato il mio ultimo sviluppo letteralmente "in bianco" perché non era stata caricata correttamente). Fry optava per un Denver to west coast ispirato dal cazzonulla che c'è nel mezzo e alcuni parchi che incroceremo deviando di poco.

"Così puoi fare delle belle foto" e guardando online m'è preso il panico, bellissimi posti ma il rischio di cadere nella fotografia turistica compulsiva è dietro l'angolo.

Primo step. Decidere il tragitto. Passare da nord o da sud? Cosa c'è da vedere in entrambe le situazioni? C'è abbastanza cazzonulla che possa essere fotografato? Da risolvere entro questo giovedì (no stage, va da un nuovo cliente e se inizialmente mi aveva detto che potevo andare con lui ci ha ripensato).

Secondo step. Controllare il migliatraggio. Quante miglia possiamo fare in un giorno senza stancarci troppo e avendo tempo di guardare anche qualcosa? (anche questa cosa me la risolvo facile entro giovedì)

Terzo step. I money. Quanti soldi cagheremo tra motel squallidi (lo spero) e noleggio auto e benzina e cibo? Probabilmente poteva essere un secondo step ma noi siamo manibucate quindi non ci poniamo troppo il problema (non sono brava a conteggiare soldi, ogni centesimo che passa per le mie mani va speso - la vita è troppo breve per accumulare soldi).

Quarto step. Decidere i giorni e controllare i biglietti. Presumibilmente a Ottobre, quando avrò dato gli esami e sarò una fotografa diplomata senza soldi; finalmente potrò erigere me stessa a fotografa (e quindi artista) depressa che nessuno comprende e vivere sotto il ponte della mia miseria. Fry dovrà prendere giorni di ferie quindi anche questo step è necessario farlo subito.

Quinto step. Comprare i biglietti. Costeranno un sacco e si prevede un mesetto di "questa sera non esco" intervallati da "questa sera mangio la ricottina scaduta nel frigo" con qualche sporadico "prendo il treno senza biglietto sperando che occhieggiando al controllore questi non pensi che si tratti di un tic ma di un'avance per non farmi la multa" (da fare il prima possibile).

Sesto step. Questo solo mio. Controllare che tipo di bestie incontreremo, specie di piante, posti inesplorati, parchi. Ci vuole la guida? Quanto cammino? Devo portarmi il voltaren? Si può entrare nella riserva Navajo? Se sì, c'è il rischio di sembrare i soliti gringo bianchi che vogliono farsi la foto con il capo tribù? E quindi in questo caso col cazzo che ci vado? Leggere accuratamente la guida e non fare quello che consiglia. I posti più belli consigliati saranno quelli più visitati. Cacca cacca cacca. L'ultima cosa che voglio è incontrare italiani con il cappellino con la stampa della bandiera americana che mi dicono: "Bella lì, guarda amò (rivolgendosi alla fidanzata) questi so' italiani!". Ho tutto il tempo per fare questo.

Ma essendo disordinata il mio ordine delle cose da fare sarà casuale. Controllerò prima le bestie che vedremo, poi deciderò i giorni e guarderò il chilometraggio. E per non farmi mancare niente, comprerò i biglietti scegliendo date a caso.

Arriviamo, mio caro popolo americano. Trump nun te temo.

20 febbraio 2017

Fujifilm X-T1 - Una recensione (semi)seria.

Da più di un mese ho acquistato, usata, una Fujifilm X-T1, a detta di molti un'ottima macchina.

Perché: avevo due reflex, la Canon EOS 6D di Fry e la mia Canon EOS 7D. La 7D è un'ottima macchina e l'ho amata, è stata la mia prima reflex digitale e si è dimostrata impareggiabile in situazioni scomode, ad esempio in Madagascar. La sua velocità nel multiscatto, i numerosi punti di messa a fuoco (più che nella 6D) mi hanno permesso di fare molte foto valide a bestie scattanti come i lemuri.

Come: ho acquistato su subito, dopo aver venduto la 7D e il corredo di lenti per APS-C. Avendoli venduti separatamente sono riuscita a racimolare un gruzzoletto più consistente della vendita di tutto l'insieme.

Dubbi: alla 7D ero affezionata. Comprata in un momento di separazione da uno dei miei mondi, una macchina solida, pesante e compatta, tropicalizzata (era stata acquistata già allora con l'intento di viaggiare in Madagascar), con un corredo completo di obiettivi. Lasciare una cosa, un oggetto, che conoscevo e che sapevo essere perfetto per me, per una cosa che non avevo mai provato e da cui ero incuriosita, una mirrorless, non era impresa semplice.

Modalità: sono arrivata alla conclusione di dovermi separare dalla 7D perché volevo qualcosa di leggero, da portare sempre con me, qualcosa che avesse la solidità strutturale delle vecchie analogiche e la comodità pratica delle digitali. Ho quindi compiuto il salto nel buio.
Un amico fotografo mi ha fatto provare la sua Fujifilm X-E2 e me ne sono innamorata.
Del resto ho un debole per le analogiche e quella linea mi stuzzicava. Inoltre la trovavo semplice e il mirino elettronico era decisamente stupefacente.

L'ho trovata, solo corpo,  a 560 euro: ho scoperto solo dopo, di terza mano. Ma poco conta, la macchina funziona alla perfezione. Ho acquistato una custodia di finta pelle molto vintage che la rende davvero simile alle vecchie analogiche. Ho scelto la X-T1 perché ha una ghiera di regolazione in più rispetto alla X-E2, anche se il mirino di quest'ultima, posizionata a sinistra rispetto al corpo macchina e non al centro, era perfetta per il mio nasone.

La X-T1 ha una cosa che non avevo molto cagato all'inizio, ovvero lo schermo reclinabile. Dato che con le ottiche fisse (di cui vi parlerò tra qualche riga) mi sto specializzando nella street photography (mi diverte, mi piace andare in giro e non mi fa fatica allenarmici) mi è utile a volte per scattare senza farmi notare. E pensare che era uno dei motivi per cui non avrei preso la X-T1! Del resto, poi mi sono detta, "Se ti da' tanto noia basta non usarlo!".

Primo problema risolto: habemus macchina! E che obiettivi usiamo? Torna in ballo l'amico della X-E2, che in cambio del mio 24 mm pancake mi regala una sfilza di obiettivi vintage (ed ecco gli obiettivi fissi).
Oltre al mio fantastico Helios 44 M7 entrano nel mio armamentario il Kiron Macro 24 mm, il Carenar 35mm, il Tessar 50 mm e lo Jupiter 85 mm.

Sono tutte ottiche meravigliose e molto luminose per cui credo di aver ricevuto molto di più di quanto ho dato!

Ma torniamo alla nostra Fuji: mi piacerebbe dirvi che l'inizio è stato ostico, qualcosa del tipo "Miodio ma perché ho dato via la mia 7D che mi ci trovavo così bene!"
Nein.
Amore a prima vista.
La macchina è leggera, si porta bene dietro, in un attimo la tiro fuori e scatto. Le ghiere sono posizionate bene e finora ho trovato solo due nei: per muovere la ghiera delle ISO bisogna premere un pulsantino posizionato sopra la ghiera. È scomodo e spesso si rischia di girare la ghiera di modalità scatto modificandolo da "scatto singolo" a "scatto continuo", e a scuola col trigger spesso non partiva il flash. C'è da capire se si tratta di un problema di compatibilità o altro.

Altra cosa incredibile: la X-T1 è tropicalizzata e anche se a detto di un ragazzotto conosciuto per vie traverse (è stato stagista dove sto facendo io lo stage) la X-T2 è di molto superiore, posso dire di consigliare la macchina, per ora come seconda camera (anche se il ragazzotto ha solo Fuji, la X-T1, appunto, la X-T2 e la 100s).

Il mirino elettronico è una "figata pazzesca" - è un termine tecnico per indicare una cosa davvero figa.
Si possono impostare diverse modalità di aiuto per la messa a fuoco (nel mio caso ovviamente manuale) e ben presto ho abbandonato il focus peaking per NON impostare nessun aiuto per la messa a fuoco.
Tanto dal mirino elettronico e pigiando il tasto "focus assist" posso vedere ingrandita la zona di messa a fuoco e regolarmi da lì. Vero, non è velocissima la cosa, ma per la street photography mi sono abituata a tenere il diaframma abbastanza chiuso e semmaialzoleiso (altro termine tecnico) pertanto non mi capita di dover mettere a fuoco la pupilla del signore che sta passando in quell'istante in bicicletta.

Inoltre impostando lo scatto in bianco e nero, dal mirino elettronico si vedrà in bianco e nero. I fotografi un pochino vintage torceranno il naso, lo posso capire. Ma la tecnologia va avanti: siamo stati restii a passare al colore, poi al digitale e questo è un altro passo che non vogliamo fare.
Ma alla fine sarà ben più importante in questi casi il risultato?
Ci sono alcuni fotografi autocelebrativi che scattano ancora solo in pellicola per compiacersene davanti agli altri, ci sono fotografi che hanno un'idea in testa e vogliono riprodurla e usano la tecnologia in loro favore. Credo non si debba demonizzare la cosa anche se io cerco sempre di scattare a colori e poi, eventualmente, post produrre in bianco e nero.

Tirando le somme: piccola, leggera, maneggevole e nulla da invidiare alle cugine reflex più cicciotte.
Del resto la macchina fotografica è come una bella donna: chi le ama tonde, chi le ama grosse e chi le ama secche. A ognuno la sua.

Io amo il seccume e questa macchina fotografica da quando è stata acquistata non mi ha mai abbandonata. Mi segue nei miei quotidiani viaggi a Milano, a danza del ventre, a Firenze a scuola, a Firenze in giro, a Torino quando posso, per strada e ovunque.

Allego foto della macchina (da juzaphoto) e della custodia (da amazon.it) e poi alcune mie foto scattate con la Fuji.
Buona visione e buona luce!







Ed ecco alcune mie foto:


















15 febbraio 2017

Di pp e ps e lr e br. #diariodiunastagista

Oggi approfitto di una generosissima ora in più di sonno dato che il mio "capo" dovrà andare in banca. Se volete leggere qualcosina, sto scrivendo ministorie su twitter su questa avventura. Le trovate qui: https://twitter.com/moocca oppure qui, cercando l'hashtag #diariodiunastaigista: https://twitter.com/search?q=%23diariodiunastagista&src=typd

Sto imparando molto, soprattutto sulla postproduzione. Quindi non posso lamentarmi. Sì, mi sveglio davvero presto ma guardiamo il lato positivo. Sto leggendo davvero tantissimo.

08 febbraio 2017

Io, piccola Seppiolina

L'attività del primo giorno di stage è stata così frenetica che per fortuna non sono una fumatrice, perché non abbiamo fatto nemmeno una micropausa. Cioè per mangiare, ma giusto in tempo ad impiattare le pietanze cucinate dalla cuoca e sederci a mangiarli, poi ci siamo subito rimessi all'opera. Per me è stato molto osservare, sto capendo ancora come funziona questa catena di montaggio dove non c'è molto di artistico.
Il fotografo mi aveva avvertita: "è un lavoro molto noioso", io lo trovo interessante ma capisco che lavorarci su tutti i giorni per anni può essere particolarmente noioso e ripetitivo. Lui è molto paziente, visto e considerato che sono come un garzone che gli sta sempre tra i piedi e posso essere più di impiccio che altro. Tirando brevemente le somme è uno stage che mi potrà dare molto, soprattutto sull'utilizzo di Photoshop. Ieri sera ero così cotta (svegliata alle 6, tornata a casa alle 20.30) che mi sono fatta una doccia e sono andata a morire a letto.
Ho preso anche 2 caffè nell'arco della giornata perché altrimenti non avrei retto. Anche prendendo il treno, avrei voluto leggere ma gli occhi erano pesanti così mi sono abbandonata al sonno. Per fortuna il risveglio era al capolinea.
Ora si riprende.

Buona fortuna a me!

06 febbraio 2017

L'attesa

Da dove arrivava non si sa, forse era portato dal lieve vento autunnale. Nulla di troppo freddo, nulla di caldo. Un vento che ha il solo pregio (pregio?) di arruffare i capelli nel modo più fastidioso possibile. Eppure era lì.
Faceva freddo e c'era dell'acqua. Salata, dolce, ha importanza?
L'attesa.
Non so cosa sia per voi l'attesa; a tratti mi rende triste, come se quel qualcosa o qualcuno ritenesse poco importante la puntualità di un appuntamento e quindi, me.
Ma l'eccitazione era forte. Lei lo attese.

Lo attese finché non spuntò da dietro un angolo. La piazza, il fresco, il calore dell'abbraccio. Null'altro.

Quegli occhi scuri profondi che a tratti la scandagliavano, la studiavano ma lei cercava di non abbassare lo sguardo.
Due forze che si incontrano, due mine vaganti, nessun tipo di equilibrio.
Eppure lei lo sapeva che se mai fossero andati oltre si sarebbero incrociati in quel preciso punto, nella metà perfetta.
Perché due forze uguali e contrarie si annullano generando un equilibrio tra le forze. Generando lo zero, il punto perfetto, l'armonia.


Golem - chi ben comincia.

Riassunto della mattinata: mi sveglio all'alba, vado lì, lo aspetto mezz'ora, lo chiamo "ah scusa non me l'ero segnato, devo andare a una visita medica, oggi". A questo punto penso sia un problema mio dato che la gente fraintende spesso i miei appuntamenti (eppure sono certa di avergli detto "cominciamo lunedì, alle 9.30, vero?" - forse dovevo specificare giorno, mese e anno). Confermato inizio per domani (bestemmie volanti), ho trovato il bar (bar vintage, molto peso) più bello del mondo con una cliente settantenne con i capelli rosa ("vorrei un mondo fatto di gente con i capelli colorati" - parole sue), il gestore che cantava con me pezzi italiani anni '70 ("ma sei giovane come fai a conoscerli?"), che ha messo il vinile de "le orme" dietro mia richiesta e nel quale, dice, i clienti possono stare da lui quanto vogliono, anche a leggere o ascoltare musica. E sono felice che sia lì vicino. ora sono a casa, sonno della madonna. ho solo voglia di svaccarmi e andare a danza stasera, indossando la mia canotta di YouPorn.

Se 1=2

https://it.wikipedia.org/wiki/Sofisma_algebrico#Divisione_o_moltiplicazione_per_zero

Lo so, cominciamo presto questa mattina. Ma comincia (presto) anche il mio stage a Milano e dovendo fare circa 2 ore di viaggio all'andata e 2 al ritorno sono costretta a svegliarmi presto. Potrei anche essere più veloce ma non è una cosa da me. Il mate richiede tempo, la vita richiede tempo.
Guardo le ultime cose da portare. Pipa? Ma sì dai. Roba per danza del ventre? Ovvio. Quadernino se dovessi mai appuntare qualcosa? Check.

Del resto, facendo piccoli errori, può essere reso possibile l'impossibile. Come dal titolo di questo post. Perché non è possibile dividere per zero.

Di altre cose interessanti: Venerdì sono andata alla Milano Tattoo Convention perché Flap aveva appuntamento con Knot (Audrey, tatuatrice presso PopInk, Marsiglia). Come ormai tradizione vuole l'ho accompagnato anche perché io e T volevamo farci un piercing (ma nada piercer, purtroppo, in fiera). Avendo già visto parte dei disegni che la tatuatrice aveva fatto per Flap e notando una bellissima pipa che lui aveva scartato, ne ho approfittato per scrivermela addosso.
Ceci n'est pas une pipe.
Ceci n'est pas une vie.
https://www.instagram.com/p/BQFkaJQASX2/



Di altre cose buffe: sono stata intervistata (apparendo come al solito una demente non sapendo rispondere alla domanda più banale "Quanti tatuaggi hai?" - Li ho contati durante questo ultimo tattoo, ora sono 7. Sette. SETTE, se dovesse ricapitarmi). Sono stata fotografata allo stand Canon (dovevano stampare delle foto per mostrare quanto è figa la loro stampante). Già la mia postura durante l'intervista lo rivela, mi accuccio, voglio scappare. Eh va bhe.

Eh qui non possiamo spiegare nulla

Ci prepariamo 
Sotto i ferri


Alcune foto fatte da me:



Tatuaggio giapponese con antica tecnica tebori

Body modification: sclera tatuata di nero

Belly Button tattoo (Perpignan), forse la mia coscia sarà tua

Marco Galdo, "Trafficanti d'arte" Milano.

Canzone del giorno: Rimini Fabrizio De Andrè

01 febbraio 2017

L'ordine naturale delle (mie) cose

Capitolo 1: Firenze.

Firenze è e sarà sempre una città a cui sono molto legata. Nonostante sia difficile legare con i fiorentini, quei pochi che mi hanno lasciata entrare mi hanno totalmente aperto e fatto aprire il cuore.
Firenze è la città della mia scuola, sgangherata, costosa, inaffidabile. Quella però che comunque mi ha aiutata a modificare il mio sguardo, a migliorarlo anche se mi aspettavo probabilmente di più.

A luglio la mia scuola terminerà e a breve comincerò lo stage, ma di questo vi racconterò dopo.
Quello che mi mancherà di questo nuovo capitolo di Firenze è l'essermi affezionata a persone che non rivedrò probabilmente più. Che poi sono stronza, non lo ammetto volentieri ora, ma il pensiero già fa un po' male.
Ci tengo così tanto che nonostante lo sciopero dei treni regionali in Lombardia questo venerdì, ho accettato di provare blablacar per andare giù: tutto bene, sono viva. Ma uno dei passeggeri con l'alito di birra non è stato facile da reggere. Soprattutto l'odore, ahah.

Firenze, Piazza Santa Croce



Capitolo 2: Torino.

Torino è la mia città. Quando dico la mia città, non intendo la mia città preferita: sarebbe banale. È quella in cui ho riposto i miei punti strategici, quelli di riferimento. È quella che riscopro ogni volta che ci torno, è quella che amo passeggiare più di tutte. Ci sono stata un paio di settimane fa, il cielo era limpido e la vista delle Alpi innevate mi mancava come l'ossigeno. E così ho respirato quel panorama, così ho girato angoli diversi: capannoni abbandonati, collina, paesaggi lunari di vecchie fabbriche. E ho rivisto amici che erano solo conoscenti ma mi hanno regalato un paio di serate in cui ricordo di avere riso come era tantissimo tempo che non accadeva. E nulla di elaborato attorno: un pub economico, un vecchio tavolino, un personaggio assurdo. Un mesetto fa circa un mio compagno di corso mi raccontava di non avere amici, ma solo conoscenze. Un unico amico che abitava lontano.
Mi sentivo anche io così selettiva ma ora quando qualcuno mi dedica del tempo e mi regala qualche risata, mi sta facendo il dono più grande che posso immaginare.
Ho riso con accento gianduiotto, tra un "Diofà", un "neh" e un "bom" e l'avere riscoperto queste due persone mi ha tranquillizzato come non potevo nemmeno immaginare.
Per cui grazie.
Ah ho partecipato a uno stage di Naginata, una sorta di spada giapponese. Chi mi ci ha trascinato? L'unica comparabile a me, come follia: mia sorella.
P.s. La visita tuttapposto: al solito nodulini attorno alla tiroide. Al solito "non preoccuparti".

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Capitolo 3: Cömo.

Mi piace Cömo ma è come se qui non ci fosse più nulla da vedere. Scalpito per andare via, come se sentissi che questo posto, che comunque adoro, che comunque mi piace, non fosse più la mia città. In media dopo un po' sento il bisogno di vivere in un altro luogo e il posto in cui vorrei è decisamente Berlino. Ma Fry detesta il freddo, che io invece comincio ad apprezzare. Spostarsi poi così lontano è complicato. A fine marzo farò 4 giorni lassù, sarà per me la quarta volta. Le persone mi chiedono cosa io ci trovi ma non lo so spiegare. Probabilmente perché Berlino non è Germania, probabilmente per la storia contradditoria, per la separazione interna, per l'ambiente multiculturale che si respira, per l'arte, la musica, la capacità di rinnovarsi che noi non abbiamo. Ma è così: si respirano opportunità a Berlino, che non significano soldi, significano possibilità. La Svizzera ci ha regalato del denaro ma Berlino mi regala sogni.




Capitolo 4: Facebook.

Ho disattivato l'account da qualche settimana. L'iniziale decisione era di non riattivarlo prima di un mese, ma sto pensando di non riattivarlo più.
Sapete cosa mi manca, anzi chi? L'unica persona che non posso raggiungere su altri sistemi: Med.
Quando l'ho avvisato che sarei stata un po' fuori dal giro e gli ho dato il mio numero per potermi aggiungere su whatsapp mi ha detto un malinconico "Mi mancherai".
Non so perché non mi scriva con altri mezzi, però il 9 febbraio è la scadenza del mese e dovrei decidere. Giusto perché siamo in tema, Medioformato è la pagina in cui ci sono le mie foto, se volete dare loro un occhio.


Capitolo 5: Me.

Me stessa è il luogo che più amo e più odio. È difficile da spiegare. Mi sento come il nastro di Möbius, che pare a una sola facciata ma a metà percorso ti accorgi di essere dall'altro lato. E ogni giorno, sto bene e sto male, voglio una cosa ma anche un'altra, desidero stare qui e desidero partire. Faccio così fatica a starmi dietro che alla fine lascio che ogni cosa vada come deve andare.



Ultima cosa ma non meno importante, sono felicemente in possesso di una fuji X-T1, ho venduto la canon eos 7D e presto scriverò una recensione. Adoro questa macchina ma ha dei piccoli limiti superabili.

Canzone del giorno: What's up 4 non blondes