17 dicembre 2017

Questa vita tuttavia mi pesa molto

Sono in ospedale, venerdì. Attendo il mio turno per lasciare i miei dati in accettazione, al reparto di radiologia senologica. Attendo per fare la mammografia, attendo per fare l'ecografia. La sala di attesa è piena di persone, donne accompagnate dai loro mariti, molto più grandi di me. Mi guardano.
È come se con gli occhi volessero rubarmi la gioventù e non riuscendoci con gli occhi parlano di interventi e chemio. È così, sono d'accordo col fiaccarmi lo spirito.

Mi chiamano, dovrebbero chiamare con il numero ma usano nome e cognome. È la direttrice del reparto che se ne occupa. Intanto, mentre mi stringe e mi tira il seno, parla con la radiologa di qualche loro problema lavorativo.
"Eh ma cosa ci vuoi fare"
"Sì lo sai che fa sempre così"
"Non si muova eh?"
Resto immobile.
L'apparecchio per la mammografia mi scandaglia e fa rumori strani.
Tornano.
"Comunque vedrai che la prossima volta non si ripeterà"
"Si volti"
Mi volto.
"Ma poi eravamo tutti d'accordo, non capisco proprio"
Spariscono
"Non si muova eh?"
Non mi muovo.
In un'altra proiezione, la macchina fa il suo lavoro. Radiazioni nei miei tessuti, radiazioni rivelatrici.
"Senta ma lei era stata operata vero? Non ha altra documentazione con sé?"
"No, il dottor B mi aveva detto di portare solo questa risonanza"
"Ma come mai non ha fatto da noi questi esami?"
"Eh ho cambiato città diverse volte..."
"Ma che oncologo la segue, adesso?"
"... ehm.. alcune senologhe, ma sono tornata a Torino quindi posso venire da voi"
"Si rivesta pure"

Mi rivesto e vado in sala di attesa.

"Numero 61?"
Mi rialzo.
Sala ecografica. L'ecografia mi rilassa. Mi spoglio.
Ci metto tanto a spogliarmi, a Torino è arrivato il vero inverno e mi devo levare strati e strati di roba. Via il maglione, via la maglia a maniche lunghe, via la canotta, via il reggiseno.

Mi sdraio e mi cosparge di gel freddo.
È una ragazza molto giovane. "Dottoressa mi dica, si vede qualcosa?"
"No, non si preoccupi, non c'è nulla. Ora arriva la mia responsabile a visitarla"
Sparisce.

Resto parecchio da sola e comincio ad avere freddo. Guardo l'immagine fissa sull'apparecchio radiografico. Sono rimasta appesa lì, è il mio interno. Penso a quanto, nel caso peggiore, vorrei non essere come le signore in sala d'attesa. Non voglio parlare di chemio e interventi. È come per le persone che lavorano tutto il giorno e tornano a casa, e parlano di lavoro.

La vita è altro. Mi riprometto che in qualsiasi caso lascerò questa cosa fuori dalla mia vita. Che farò un breve excursus qui, manderò un unico messaggio vocale per raccontare e cercherò di non parlarne troppo, di non farmi inghiottire da quel "Male addosso" di cui parlava Sandra Verda. Ma lei avrà mai più avuto una ricaduta? Chissà.

Il tempo di alzarmi e fare una foto all'apparecchio radiografico (sarebbe proibito, ma tante cose sono proibite, le facciamo comunque e sono sicuramente più dannose) rimettermi sul lettino e arriva la direttrice.



Dopo un attentissimo esame al seno e alle cavità ascellari alla ricerca del linfonodo sentinella mi conferma un'area più scura. Probabilmente dovuto al carbone iniettato nel 2008 per l'inserimento del repere.
Non mi convince. Non avevano mai trovato quest'area scura.
Mi dice di portarle il resto degli esami fatti negli anni successivi e di non preoccuparmi: lei controllerà tutto e se c'è qualcosa di dubbio mi faranno un'agobiopsia. Infilano un ago nel seno che ha una sorta di lama tranciante in fondo, per raschiare un po' di tessuto ed esaminarlo. Il solo fatto di non dover essere aperta mi rassicura.
Esco più tranquilla, anche se so che all'80% dovranno eseguire questa procedura. "Con lei" dice la dottoressa "dobbiamo avere un'attenzione particolare".

Che è un po' un modo sfigato di essere speciali.

Una volta effettuata l'agobiopsia ci sono diverse strade. Se non c'è nulla è stato solo uno spavento. Se c'è qualcosa non so. Ma un passo alla volta. Baby steps e si arriva ovunque.

Ieri passando davanti a una bancarella di libri ho adocchiato questo titolo, edizione Adelphi: "Questa vita tuttavia mi pesa molto".

La vita, in effetti, a volte è una cosa abbastanza faticosa da tenere in piedi. A tratti mi sento logorata, a tratti immensamente felice. Mi sembra di non conoscere medi e viaggiare per questo ottovolante. In caduta libera verso il basso e in rapida ascesa.

Domani porterò i precedenti esami che vorrò fotocopiare, perché non voglio lasciare loro gli originali e poi attenderò la chiamata. Stay tuned.

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