31 maggio 2018

No makeup: day #4
La mia aura

"La sua vita era esemplare, e tuttavia la consumava senza tregua una disperazione interiore. Tentava continue metamorfosi, come per sfuggire a se stessa; il colore dei suoi capelli e la loro acconciatura erano famosi per la loro instabilità. Così pure cambiavano il sorriso, l'incarnato, il taglio degli occhi" (L'Aleph - Borges)

Da qualche anno mi sono accorta di soffrire di emicrania con aura. Non sento di aver bisogno di andare dal medico perché mia sorella ne soffre e ha fatto delle visite neurologiche, probabilmente anche Madre (che è della vecchia scuola di chi non va dal medico nemmeno in punto di morte).


L'emicrania con aura può non presentare il tipico mal di testa da voglia di decapitarsi. In me il mal di testa arriva sempre.

Nel mio caso comincia con la vista che presenta degli spot bianchi. Divento incapace di leggere.
È difficile da spiegare. Vedi tutto l'insieme ma ti mancano dei pezzi, delle lettere. Devi muovere spesso gli occhi per poter catturare più dettagli possibili.

Il secondo step consiste in piccoli puntini luminosi. Quelli che vedete se avete la pressione bassa, per intenderci. O per lo meno molto simili.


Il terzo step sono le coroncine luminose. Si presentano a bordo del campo visivo. Luminose, colorate e frastagliate.


È meglio non aspettare molto tempo per prendere la pastiglia per il mal di testa. In breve arrivano il senso di pesantezza, il forte mal di testa, la nausea (che impedirà di cibarvi e quindi di prendere la pastiglia della felicità).


La cosa buffa è che queste visioni sono comuni a tutte le persone che hanno questo tipo di emicrania. Sembra che siano dei pattern dovuti a una sorta di scossa elettrica che attraversa le zone visive del cervello.


In tutto questo ti senti però anche confuso, stanco. I colori diventano più brillanti anche se la vista fa fatica e poi *bam* parte il dolore.


Può accadermi in qualsiasi momento ma penso sia legata a fattori stressanti o di luce. Ho notato che quando ho la luce che mi arriva da lato destro (luce del sole) è più facile che si presenti.

Una volta ero sul tram e stavo leggendo sul mio ebook reader quando d'improvviso comincio a non leggere più bene. Non mancavano le lettere ma intere parole.

Quando sono scusa, anche la realtà mancava di pezzi. Mi sono fiondata in un bar a mangiare qualcosa e a prendere una pastiglia, appena in tempo prima che il dolore cominciasse.


In realtà, e per fortuna, sono episodi rari. Mi capita ogni 3-4 mesi a esagerare, quindi è piuttosto gestibile. Anche la mia emicrania senza aura ha diminuito di frequenza e mentre prima si presentava quasi ogni weekend, ora possono passare mesi senza ch'io l'abbia.


A discapito di tutto, continuo con il mio progetto senza makeup. Incredibile come la gente lo noti proprio.


Tra i "Ma che faccia sbattuta che hai, Carla"
"No, sono solo senza trucco"

"No no hai anche una faccia stanca"

E i "Ma come mai non ti trucchi più?"


Quasi fosse un atto dovuto. Immaginate se mi chiedessero "Ma come mai non ti tingi più i capelli?"

O "Come mai non indossi più le Superga?"

E la mia domanda invece diventa un "C'è un modo per non essere sciatte senza combinarsi la faccia con troppo trucco? Come poter essere belle naturalmente?"





Ieri poteva facilmente essere il bestemmia day. Ma sono stata brava.
Al primo lavoro ho dovuto discutere con una collega che non ha capito assolutamente che siamo tutti nella stessa barca, che le postazioni NON sono fisse anche se lei in maniera molto infantile ha incalzato con un tipregotipregotiprego. Per fortuna mi passa subito anche se non ho mancato di consigliarle caldamente di essere più elastica, come il luogo richiede. Sì, hai RAGIONISSIMO.

La collega che mi guardava in cagnesco in realtà ha mille problemi e ieri non ha mancato di elencarmeli tutti mostrandomi le gocce di xanax che porta in borsa. Credo che più che cagnesco fosse uno sguardo stanco di un po' di cose.

Avevo dimenticato il cavo per collegare il mio Huawei P9 al powerbank. Questo cazzo di telefono ha un'autonomia bassissima. Parto da casa alle 7.30 che sono al 100%. Arrivo al lavoro alle 9.00 che sono già al 70%. Alle 13 sono al 35% e spesso arrivo al secondo lavoro che sono al 20%.
Così in pausa pranzo sono corsa all'ipercoop a prendere un cavo (così almeno uno lo tengo a casa e uno sempre in borsa che non si sa mai). E sono in risparmio energetico, eh?

Il secondo lavoro ha cambiato sede, e soltanto ieri mattina scopro che il turno del pomeriggio comincia alle 13.30.

Certo, io ho il teletrasporto.

Ed è cominciata più o meno così nella chat di lavoro, che è una delle chat che andrebbe abolita in ogni modo (come, mi raccontano, le chat di gruppo delle mamme dei ragazzotti a scuola).

"Ragazzi ASCOLTATE TUTTI è importante"
[segue messaggio vocale]
"Ehm scusa, io non posso ascoltare, puoi scrivere?"
[segue ALTRO messaggio vocale].

Per fortuna per me faranno un'eccezione, dato che non posso in nessun modo cominciare alle 13.30 inizierò come sempre alle 14.30. Ma forse, correndo un po' riuscirei anche a lavorare dalle 14 alle 18 in modo da essere a casa prima.

Ieri, in mezzo al diluvio universale, ci siamo visti io e l'amico barbuto dei giochi e del blog. Ormai cerchiamo di vederci almeno una volta a settimana nonostante gli impegni. L'amico barbuto sa tutto quello che mi accade da questo blog, ma non conosce sfaccettature e dettagli che possono solo essere comunicati solo davanti a una merenda ipercalorica e a volte a una quantità indefinita di fazzolettini virtuali. Anche se ci conosciamo da poco conosco il suo sguardo da "Carla, che cazzo stai facendo" ma io sono, come dice lui e come diceva mio padre, capatosta. E mentre verbalizzavo una questione importante per me mi sono accorta, in quel preciso istante, del perché fosse così importante. È stato come attraversare la nebbia e vedere finalmente il cielo limpido e dirsi "Ok, ora mi è chiaro. Piove sempre ma c'è il sole, posso vedere tutto con maggiore chiarezza".

Quindi io, col piedino che sguazzava nell'acqua (metafora a parte, incidente dovuto a un calcolo errato di salto di pozzanghera, nuova disciplina olimpionica che verrà inaugurata alle prossime olimpiadi e dove i torinesi saranno già campioni del mondo), lo saluto abbracciando prima lui e poi un suo regalo, un gioco da tavolo che porterò a Cömo con le mie amiche questo weekend (loro sono il test ufficiale per i giochi da tavolo che mi passa o mi consiglia l'amico barbuto. Si scompisciano talmente tanto che penso sia impossibile annoiarsi giocando con loro).

Non c'è tempo di riposarsi, mi vedo con E per andare al cinema. Il film lo ha scelto lei ma non mi interessava molto, avevo piacere di vederla perché so che è a pezzi. Quando arriva, infatti, mi intima di non avvicinarmi o abbracciarla ed entra in un loop pericoloso in cui non riesco a entrare per calmarla. Non posso fare altro che ascoltarla, ma non ho soluzioni per lei, come non le ho per me.

Però lo psicologo da cui va (che è il mio insegnante di psicologia criminale e sessuologia) le dà un consiglio formidabile. Perché non ci ho mai pensato?

Le ha consigliato di cacciare. Si scelga lei un uomo con le caratteristiche che vuole. Finora lei si è sempre fatta scegliere e non ha mai scelto. Scelga lei. È una bella donna, è intelligente. Se va a una festa e ci sono tre uomini appoggiati al muro, uno di questi sicuramente si staccherà dal muro per venire da lei. Faccia il contrario, vada lei.

Le ho chiesto di appuntarsi questi consigli e di portarmeli e poi facciamo a metà per pagare lo psicoterapeuta.

Scherzo, ma è una cosa su cui riflettere. Certo, senza farsi mancare il sonno. Niente che impedisca di poter continuare a vivere la propria vita facendosi scegliere, ma è come se un amico a cui racconti i tuoi problemi e il tuo vissuto un giorno ti dicesse "Perché non provi a fare così? Vedo che è una strategia che non hai mai attuato".

Poi allora puoi continuare sulla stessa strada di sempre, conscia che probabilmente avrai gli stessi risultati di sempre, o attuare nuove strategie che magari non portano a nulla, o forse ti portano a nuove opzioni.

Ah, non sono catastrofista. Probabilmente in questo momento della mia vita la scelta è così complessa è articolata che non si può riassumere come sopra. Se c'è stata una scelta primaria, ad oggi sono io che sento di avere scelto. E con la chiarezza di cui sopra ho capito anche perché.

P.S. Chiedo scusa per la formattazione di merda ma non ho tempo di sistemarla ora. Neh?

29 maggio 2018

No makeup: day #3

Può essere un bel titolo
L'assenza del makeup
Oppure
Sono una bambina bordeyeliner

Ho sonno.
Lente scivolano le palpebre quando leggo Borges sul bus (e non per Borges eh? Lui è divino). Esco prima perché non truccandomi ho un po' più di tempo per me. Ma essendomi abituata (un parolone) alla sveglia superpresto preferisco passare quel tempo in più bevendo mate.
Il martedì scivola lento, tra uno sbadiglio e l'altro, e come alle superiori mi chiedono che voto ho preso. Solo che rispetto a 20 anni si è trasformato in tu quanto hai fatturato?
Penso di non volermi integrare e di volermene stare per i fatti miei, interagire con gli altri è faticoso.
Mi costringe sempre a essere al 101%, io che non ho voglia di parlare, di spiegare, di raccontarmi.

Solo che poi mi tocca correre dall'altra parte e interagire anche lì.
Uh Carla che faccia sbattuta.
Sono solo senza trucco.

E mentre penso a come passare questa settimana evitando i commenti altrui, immagino di creare un album fotografico chiamato Cessa tra i cessi, in cui ci sono solo mie foto nei vari bagni a disposizione.



Il ragno continua a non muoversi. Ma cerco di darmi ancora un po' di tempo.
Anche se le Drosophile dentro la scatolina danzano come se stessero festeggiando la morte del loro acerrimo nemico.
Alla fine tengo sempre un po' di spazio per una piccola speranza. Anche se più passa il tempo e più diventa uno sport estremo. La speranza, dico.

E alla fine mi chiedo quanto ancora dover aspettare. Quanto ancora posso aspettare.

28 maggio 2018

La presunta morte di un ragno

Nota: mi piace un sacco quando mi citi, accenni a me, mi sento davvero vicino :))) e orgoglioso :))
Sono curiosissimo del perché hai litigato con ****.
Anche se un sospetto ce l'ho...
Ha parlato male del Partito, vero compagna Colombaskjy?
Mi trucco da quando ho 14 anni, incitata da una mamma che da giovane era bellissima.
"Truccati che sembri una morta".
Il fondotinta ho cominciato a usarlo molto tardi, forse a 25 anni o dopo. In maniera continuativa dai 30 anni in poi.
Ma CapAtzei, di cui parlerò in altro post, mi ha consigliato di liberarmi. "Secondo me stai bene", disse lui, trentenne con occhiaie da cinquantenne, filosofo appassionato di entomologia, colui che mi vendette i ragni a EntoModena ma sta a Torino, il che mi poteva risparmiare (forse) un viaggio.
Così domenica comincio, "Ma stai bene!" incalza CapAtzei, e io invece mi sento nuda e vorrei sotterrarmi.
Ma il peggio è stato stamane.
Io smetto di truccarmi quando sto male. Divento trasandata.
Stamani il mio cervello è entrato in un loop pericoloso. Mio dio che brutta senza trucco. Se non mi trucco è perché sto male. Allora sto male davvero.
E quindi sono andata al lavoro tutta stonata.
Senza contare che la mia postazione, vicino al mio compagno di banco e collega già nel 2007 era occupata.
Nel cercarne un'altra mi sono sentita regredire a quella sensazione di non accettazione che mi accompagna un po' da sempre, dovuto al mio desiderio di essere diversa dalla massa e dalla reale resistenza che le persone provano per me. Una ragazza, vedendomi in difficoltà, mi dice "Dai siediti qui, tanto sembra occupato ma è un posto libero". Mi sgombra la postazione di fronte alla sua e comincio a lavorare.

Accanto a me si siede una ragazza che in teoria fa lo stesso mio secondo lavoro. Colleghe destinate a non vedersi come in Lady Hawk, perché abbiamo i turni invertiti. Ma non so se lei ha lasciato l'altro lavoro, perché non va più, e fa straordinari in questo lavoro (sì lo so, non so come gestire i nomi di questi due posti, quindi beccatevi questo post scritto malissimo)... Fatto sta che da quando ha capito che lavoro con lei anche in quest'altra parte di mondo mi tratta come un'appestata.

L'altro giorno si è avvicinata con fare un po' snob e ha incalzato "Non so se te l'hanno detto ma quando fai questa cosa devi chiedere la mail perché blablablabla e poi mi becco io questa tizia incazzata che era anziana e non ha capito che blablabla..."
E niente, io l'avevo accanto.
E mi ha salutata con un ciao strascicato, come se fosse in lotta col padre e la mamma l'avesse obbligata a salutarlo perché è così che fanno le brave bambine.

In tutto questo io continuavo ad avere la faccia come schiacciata da un tir.

Ricorderò questa giornata soprattutto per un fatto che boh, non capisco. Pare che uno dei due ragni sia morto.
Era avvolticciolato nella sua ragnatela e sembrava facesse la muta. Ma da quella muta sembra non essere mai uscito o avere avuto problemi. Così ecco, sono un po' triste. Mi chiedo se l'ho curato poco, se avesse avuto bisogno di più umidità, di più cibo vivo. Confido ancora nel fatto che esca da quella ragnatela così accuratamente preparata, anche se non si muove, anche se sono troppi giorni che sta lì. Intanto gli ho messo le Drosophile, l'ho umidificato spruzzando un po' d'acqua.

Ho tolto le uova di lumaca dal terrario per seppellirle nei prossimi giorni nel giardino dietro casa e impedirmi di avere la casa invasa da lumachine e ho cercato gli onischi nel terrario (reperiti 3 su 13, spero che gli altri siano belli arrotolati e nascosti).

Quindi sto male perché mi vedo trasandata, ma anche se potrei stare meglio con un semplice tocco di mascara, preferisco rompere gli schemi (ma soprattutto le palle) attraversando questo disagio.
E spero che il ragno sia vivo.

E ultimo ma non meno importante, anzi, forse finalmente la mia ferita sta guarendo. Grazie a RagnoB che ha chiesto consulto per me, e mi sta aiutando a medicare meglio la ferita.

E cerco di tirarmi su montando uno stupido video.


27 maggio 2018

La tempesta dentro

Ci sono tempeste che non c'è verso di calmare.



Ok vado a lavarmi i capelli, e a non truccarmi. Che comincia la settimana di sperimentazione senza makeup. E di storie di disinnesco di bombe della seconda guerra mondiale, di amori tra lenzuola consumate da chiarimenti, di mani che si cercano con intima complicità. Mentre fuori infuria la tempesta.

Ma forse è dentro.

25 maggio 2018

Meravigliosamente difettati

Carla non voglio smontarti, ma tieni presente che passerai momenti di grande oscillazione, tra l'euforia e il buio più profondo. Quando ti succederà leggi questo messaggio e ricordati che tutto quello che senti lo ho provato anche io e che si può attraversare, con dolore e desolazione, ma si attraversa. È tutta merda che esce dal tuo corpo.
Ah, quando ti senti avvolta da quel velo nero di desolazione, vuoto interiore, smarrimento ecc pensa che indossi un mio vestito usato!!

Ricontrollando i messaggi su Whatsapp inseriti come importanti trovo questo. Stavo in verità cercando altro, un messaggio di oggi dal mio amico Dado.
È stato uno schiaffo.
Lo avevo inserito tra i messaggi importanti per ricordarmi di leggerlo, quando mi sarei sentita perduta e sola. E ovviamente me ne sono scordata.

La persona che mi ha scritto questo messaggio è ultimamente irrintracciabile. Gli ho scritto su entrambi i numeri che ho. Gli ho mandato una email e non mi ha risposto. Su Facebook non lo trovo più.

Sento che è in pericolo, non di vita, ma che sta attraversando un periodo in cui non vuole attorno nessuno perché sta male e mi sento lontana e impotente.
Quando una persona ti chiede aiuto capisci che ha ancora forza di chiedere aiuto e quindi di uscirne. Quando una persona sparisce non sai cosa gli stia capitando.

Vorrei tanto poterti abbracciare e dirti che andrà tutto bene. E quel vestito che era tuo, usato, lo risistemo per te. Ma non perché lo indossi: desidero che tu lo appenda e possa guardarlo fiero, uscito da quel guscio che non ti è mai appartenuto. Che la vita che ci scegliamo a volte non è la vita che vogliamo.

E che dovunque tu vada, non sarai mai solo.
Sì, lo so, ci stava la frase bella perché io sarò sempre con te. Non è vero, o almeno solo in parte: i tuoi problemi ti seguiranno, sempre. In capo al mondo.

E cambiare numero di telefono sarà un aiuto momentaneo, scappare in sudamerica idem, cancellarti dai social men che meno.

Sei quello che sei, meravigliosamente difettato come la sottoscritta.

E, dovunque tu sia, ti abbraccio. Perché io sarò sempre con te.

24 maggio 2018

Divieto di impuparsi

Uh come si vede che stai male.

Quando noi magrini perdiamo un chilo si vede subito. Il viso si scava, leggermente. Se poi non si sta molto bene e il pallore si mette in bella mostra con occhiaie e tutto, bhe, arrivano anche le carezze sulle spalle. Come tu fossi sopravvissuta a un male tremendo.
Ma sicura che stai bene? Non potevi stare un altro paio di giorni a casa?

Amici che fanno i calcoli:

Da 43,5 a 42kg.
Nel giro di un mese circa, ho perso il 2,29% di Carla.
-2,29% di Carla a cui voler bene.
Non va. Non possiamo tenere questi numeri a budget.
Urge piano di rientro.
Anche perché eravamo già risicati quanto a numeri [Carla è minuta].
Obiettivi del mese di giugno:
GOLD : +2 Kg [recuperiamo il passivo e mettiamo via 1kg a magazzino per i momenti di crisi]
SILVER: +1 Kg [recuperiamo il passivo]
BRONZE: +0,5 Kg [parziale rientro – call conference per discutere più efficace strategia di rientro] 
 

Va bene, ho riso.
Direi che posso aspirare al Bronze, perché conoscendomi il Gold mi farebbe entrare subito in una crisi che mi porterebbe al punto di partenza.

Oggi al lavoro, uno dei due, la responsabile si è avvicinata. Premetto che sono stata ascoltata nei giorni precedenti in doppia cuffia e affiancamento due volte (altra collega assunta con me una volta sola). Subito le domande, Avrò fatto qualcosa che non devo? È arrivata una contestazione? Qualcuno si è lamentato? Sarò troppo lenta o poco precisa?
La responsabile ha gli occhi buoni ma lo sguardo severo. I capelli magenta con delle ciocche bianche. La pelle candida come la mia e la voce bassa, cupa e severa come il suo sguardo.
Averla accanto mentre ascolta le mie chiamate mi mette in soggezione. Ma non mi incute timore.
Anche quando sorride con le labbra, gli occhi non sorridono. Sembra sempre preoccupata per qualcosa di grave.

La sento in piedi dietro di me. Mi volto. - Ciao, dimmi.
- No guarda ti volevo chiedere. Questo tatuaggio. Qui e Ora, è molto bello. Cosa significa?

Tra tutti i tatuaggi è quello che per me ha più significato, che ho impiegato più anni per fare ma è anche quello obiettivamente più bruttino, tanto che uno dei tatuatori più volte ha tentato di convincermi a coprirlo. Ed è quello su cui nessuno chiede nulla.

Giro il braccio in modo da poterlo rivedere. È già sbiadito e i contorni non sono più così definiti. Non riesco più ad attribuirgli un significato specifico, perché sto cercando (male) di vivere in altra maniera. Di programmare, pensare al futuro, pianificare.

- Bhe, ecco. Ho una storia particolare, come tutti credo. Cerco di vivere alla giornata.

Mi sembra una spiegazione così limitata. Ricordo il viaggio da Firenze a Torino in cui, con Roccio, l'avevamo pensata. C'è stato un tempo in cui il tempo non c'era. La fascinazione per la nascita del tempo. E l'intreccio con il mio modo di vivere, secondo istanti e momenti. Non per capriccio ma per consapevolezza di non essere immortali.

Irrompe, violento, un collega - HAI VISTO CHE SULLA SPALLA HA UNA PIANTA CARNIVORA?

Alzo la manica della camicia a maniche corte per mostrarlo - eh sì, bello.

(Voce nella testa: devo fare mangiare carla, devo far mangiare carla...)
(Voce nella testa: usa la psicologia)
Mizzeca quanto sono sexy le donne quando mangiano un panino con la porchetta
Hai mai letto il libro "Coleotteri e Colonnata"? Memorabile il capitolo che tratta della farfalla parnassius latreille e del lardo di colonnata.

Vivo da bruco per il terrore di trasformarmi in farfalla, evito la metamorfosi più di ogni altra cosa, non voglio impuparmi.
Cosa me ne faccio delle ali se so che per averle la mia vita sarà già quasi terminata?

Mamma gasteropoda

Sarà l'età che avanza, ma il buio che accompagna la sera sta diventando sempre più un'anticamera per i mostri.
Negli anziani la chiamano sindrome del tramonto.
Il sogno di stamattina riguardava i miei onischi. Li ho gettati nel terrario delle lumache nostrane solo l'altroieri. Nel sogno si riproducevano a dismisura a scappavano da ogni pertugio.

In verità in parte è vero. Ieri, ricontrollando, mi sono accorta che gli onischi possono arrampicarsi lungo le lisce pareti di plastica del faunabox e arrivare al coperchio, passando anche le prese d'aria e quindi uscire fuori.
Ma non è l'unica cosa per cui sono dovuta correre ai ripari. Sul coperchio erano attaccate tante piccole lumachine. Non so quantificarle ma almeno una ventina. Più quelle sottoterra (amano interrarsi).
Le lumache si sono riprodotte. Nel cercare di capire il danno fatto dalla perdita di onischi ho smosso il terreno, trovando una lumava in procinto di fare le uova. Piccole, dal diametro di 4-5 mm, tonde, bianche e lisce.

Sono diventata mamma di una quantità imbarazzante di piccoli gasteropodi.

Ormai le piccole lumachine rimarranno, o saranno smistate tra amici che vogliono provare l'ebrezza del loro allevamento, mentre le uova dovranno essere liberate in natura, altrimenti rischio di trovarmi inconsapevolmente con un allevamento di lumache a pieno regime.

Madre lo ha definito un avvenimento importante. Mi aspetto di tornare oggi a casa e trovare fiocchi per bebè fuori dalla porta di casa. Di colore neutro, ovvio, che le lumache si sa, sono ermafrodite.

23 maggio 2018

Applausi

Poldo mi guarda con aria tenera e dubbiosa.
Sarà perché sto sbattendo la testa contro la porta del finto frigo (NB, scrivere la storia del finto frigo in un prossimo post).
Questo per evitare che le bestemmie escano dalle mia labbra. Ma a ogni testata le sento rieccheggiare in testa.
Mi sono appena medicata la ferita e quei piccolissimi miglioramenti che mi aveva fatto notare RagnoB non ci sono più. Anzi, la ferita sembra più larga, più sanguinolenta, più ferita ecco.
È passato un mese dal ritiro dell'istologico e ho deciso che tra un mese torno in ospedale se non migliora. A volte un maggiore sanguinamento serve per una guarigione. O qualcosa di simile dice l'inutile dott. Web.
Quando ho fatto la seconda chemio a 16 anni avevo un catetere venoso centrale. CVC, per gli amici. Un tubo che sbucava dal petto e si divideva in due tubicini. Questo perché la precedente chemio mi aveva bruciato le vene e fare 9 mesi di terapia endovenosa senza vene diventava complicato.

Il mio sangue è denso e coagula subito quindi dovevo fare la medicazione una volta ogni due giorni a dispetto dei miei altri compagni di sventura che se la cavavano una volta a settimana. Ricordo ancora come mettere i guanti sterili affinché rimangano tali. Preparare il telo sterile su cui poggiare le cose, come prendere le garze, l'ordine di pulizia, fare l'eparina. Coprire i tubicini con la garza, ripiegarli all'insù, mettere un bel po' di garza a copertura di tutto. Incerottare e via.
Stesso disagio di ora, anzi maggiore disagio, ma sapevo che era temporaneo. Che dopo quei 9 mesi, a mo' di parto (no aspettate, la seconda chemio è durata 6 mesi mi pare) un giorno mi avrebbero sdraiata in un lettino e senza anestesia mi avrebbero fatto girare la testa a destra strappando con forza il tubo fuori dal mio corpo.
"Lo vuole tenere?"
"Cosa?"
"Il tubo dico"

Non lo tenni ma mi misero da parte l'ago che era infilato dentro e che deve essere ancora nella tasca del mio Invicta Jolly PRO4.

So che passerà, e posso anche prevedere cosa mi diranno in ospedale.
Anzi ora farò una cosa: mi scriverò ciò che diranno su un fogliettino di carta. Lo nasconderò in una tasca.
Quando andrò lì e loro pronunzieranno la fatidica frase io tirerò fuori il bigliettino a mo' di prestigiatore che ha compiuto un gesto impossibile ai più.
"Deve avere pazienza".

Applausi fuori campo.
Dissolvenza.

22 maggio 2018

Una vacanza da se stessi

Buongiorno dottoressa, mi sento un po' sottosopra.
Ah, mi dica, cosa si sente?
Credo sia un po' di male al cuore.
Mi faccia sentire. Eh sì, tamburella veloce. Da quanto tempo è così?
Bhe non lo. Non ricordo.
Vediamo, sta assumendo qualche terapia particolare? Che ne so, dosi di coccole? Gocce di dolcezze?
Eh ma non sono costante, qualche volta, diciamo in media una volta al mese.
Mhm no, non va bene, ci vuole una terapia costante. Però possiamo sublimare con altro, per esempio pastiglie di indipendenza emotiva.
E dove le trovo?
Non sono facili da acquistare, più che altro è un percorso lungo da fare da soli e spesso ci si perde per strada, ma possiamo provare.
Solo questo?
Bhe direi anche bustine di autostima.
Sì ma dottoressa, quelle sono impossibili da trovare.
Lo so, lo so, mi rendo conto. Ma vedrà, una volta acquisite le basteranno poche dosi e non avrà bisogno di altro, il resto verrà da sé.
E poi sono anche molto confusa, ha qualcosa da prescrivermi contro la confusione?
Ah, dovrei avere qualcosa in studio. Distillato di consapevolezza. Mi raccomando, solo la sera prima di coricarsi che mal che vada non dorme, ma si immagina affrontare una giornata lavorativa con questa cosa in corpo?
No, no, sia mai.
In tutto questo un po' di riposo, una vacanza da se stessa. Provi a fare qualcosa che non ha mai fatto.
Per esempio?
Non so, come reagisce allo stress?
Mi metto il pigiama e suono l'ukulele.
Ecco no, provi allora a uscire, si diverta. Ukulele a piccole dosi che può regalare una certa malinconia. Si nutra di qualche sorriso amico, faccia qualche gita da qualche parte. Faccia aeroplani di carta con i suoi schemi mentali.
Capito, non sarà facile.
Sa, le cose importanti non sono facili. Prendersi cura di se stessi, difficilissimo. 

Amarsi, quasi impossibile.


21 maggio 2018

Il mio cinema d'essai

Se leggete questo post fate probabilmente parte di quel minuto numero di persone che si è guadagnato un posto nel mio cuore. Il mio cuore non è molto grande, gli spazi sono esigui. Se siete sovrappeso vi consiglio di dimagrire, se non altro per rispetto verso gli altri che altrimenti non ci stanno.
Una persona che conosco mi disse un giorno che nel suo, di cuore, c'erano delle poltroncine numerate. E io ero la numero 77.
Ho molte meno poltrone, io; è come un cinema di quelli vecchi, pochi posti e molto scomodi. Ma bei film. A tratti pesanti. Dipende dalla programmazione.
Nel mio cuore non si fuma e cercate di arrivarci ben lavati. Non ci sono molte prese d'aria, il ricircolo è difficoltoso e uscire è quasi impossibile. Se vi sembra una trappola è perché molto probabilmente è così.

Le mie poltroncine non sono numerate. Ci mancherebbe.
C'è una parte di me molto ordinata che dovrebbe dare i numeri delle sedie in ordine di arrivo. Ma vi pare?

Come se l'ultima persona arrivata fosse l'ultima come importanza e dovesse sedersi in fondo. Macchè.

I posti in prima fila sono quelli da cui, stranamente, si ha una visuale migliore. Ma a volte i suoni sono troppo forti e le luci accecanti. Quindi bisogna avere anche una buona resistenza.
La prima fila non è per tutti.
Chiedetelo ai miei compagni che si sono succeduti nel corso degli anni.
I primi minuti del film non sono per niente male, pieni di colore e di cose interessanti.
Poi una vagonata di paranoia. Che manco in una sala d'attesa piena di pazienti psichiatrici. Ma se si ha pazienza, la trama può essere soddisfacente.

Non penso di essere, in fondo, una cattiva persona.

Per cui mettetevi comodi, che comincia il film. E shhtt. Silenzio.


Un'indovina mi disse

Proprio te cercavo.
Ah sì, ti hanno mandato?
Mi hanno detto di venire da te. Posso registrare questa conversazione?
(Sorride).
Certo.

Mano destra, (mi applica due gocce di un olio) questo è solo per purificare e aprire i canali. Strofiniamo (strofino i palmi delle mani l'uno contro l'altro, lei fa lo stesso).
Nome e cognome di lei.
CC.
(esegue dei gesti, suona una campana, mescola le carte).
Le faccio le carte in generale e poi quando finiamo ha diritto a tre domande.
Faccio tre mazzi, passato presente e futuro.
Divida i mazzi.

Con quale mano?

Qualunque.

(divido il mazzo di tarocchi in tre pile, prende la prima pila). Per lei. (la seconda pila) per la sua casa. (la terza pila). Per quello che avverrà.
Per lei.

È un po' nervosa.
Sì (ero arrivata lì quasi con le lacrime agli occhi).
Negatività, invidia, tanta.

Tanta invidia.
Tanta invidia, e tanta tristezza. Tanta. Ha un buco nel cuore.

(con le lacrime) sì.

(intanto mostra le carte del primo mazzo, per ogni carta dice) Una persona che le ha fatto tanto male. Una persona che le è mancata. Un piccolo viaggio che deve fare però non se la sente. 

Sì.

Litigasion (è colombiana. Intende litigio). Di sera piange.

(Proprio questa notte. Io, quasi devastata) Sì.

Tanto. C'è una melanconia, vuole come sparire, vuole come trovare qualcuno, sfogarsi e urlare, ma non riesce. Ha un nodo e questo nodo la fa star male.
Sei troppo buona, troppo. Sei troppo buona. Apri il cuore per tutti, sei una persona che dai tutto e non riceve niente. Sei stata presa in giro da parte di un uomo e da parte di un'amica.

Da un uomo e da un'amica (ripeto, come a riflettere).

Chi è questa persona che è mancata? Quella che le ha fatto più male.

È mancato mio padre quando avevo 18 anni.

Perché questa persona è ancora vicina a te, non la lasci andare, capisci? Ci pensi tanto, tante volte gli chiedi aiuto e forza. Lo fai di sera, ti metti come a parlare con lui. Non lo lasci andare.
I morti devono esser morti, devono essere lasciati in pace. Ogni tanto possiamo accendere una candela per loro. Ma non dobbiamo essere presenti per loro, se no non hanno pace.

(butta giù altre carte)

Un'offerta di lavoro che esce, come uno spostamento. Una vendita, una compravendita.
Sei una persona che ti piacerebbe avere una famiglia.
(annuisco, per me famiglia è anche solo due persone che stanno insieme)
Ti piacerebbe avere quello che ti è mancato, il nucleo familiare (molto generico, troppo banale)

Una persona del passato che torna. Una persona che ti ha fatto tanto male che torna. Ti vedo con un peso sopra, hai un peso troppo forte sopra. Ti senti stanca, mal di schiena, male al collo, male alla testa. Ogni tanto come che ti viene un capogiro.
(vero, soffro di mal di schiena, sento il collo scomodo e soffro di continui mal di testa. Dei capogiri non avevo fatto parola con nessuno, ma proprio stamattina ne ho avuto un altro. Accadono quando sono in piedi, anche se ho mangiato. E nulla c'entra la pressione. Questa sua intuizione mi colpisce perché è molto, molto specifica).
Tutto quello è la negatività che hai addosso.

Ma non è provocata da me.

No, è provocata dalle altre persone. Che ti mandano del malaugurio o delle cose negative. Sei una persona da ingelosire (trascrivo cosa ha detto, voleva dire che le altre persone sono gelose di me. Uno dei miei obiettivi è allontanare le persone negative, e lo sto già mettendo in atto da un po').

Per quello che avverrà. Ti vedo in mezzo a due persone. Sei in crisi per due persone. La tua testa in una, il tuo cuore in altra. Questo non ti fa stare in pace, non ti fa stare tranquilla e sei indecisa per questo.

C'è un foglio da firmare. La ruota della fortuna è accanto a te. C'è un foglio da firmare. C'è una persona accanto a te che è negativa, una doppia faccia, devi fare molta attenzione con questa persona.

È un'amica o un familiare?

Un familiare, devi fare molta attenzione. C'è un'amica che ti parla male dietro. Dice il contrario di quello che dici, per farti fare brutta figura davanti agli altri. Soldi da recuperare, un trionfo. Qua ti esce una buona notizia e una persona che non starà bene di salute. Questo per quello che avverrà.
Tre domande.

La mia situazione sentimentale.

Undici carte. (pesco 11 carte dal mazzo che ha aperto a ventaglio davanti a me). Ma sei con una persona adesso?

Mi sto vedendo con una persona adesso.

Questa persona ha una famiglia nel passato?

Ha avuto una relazione, sì.

La tua paura è che lui stia sentendo qualcuno.

Sì.

Questa persona che lui sente è la persona del passato. Con lui sei troppo insicura. Hai paura. Non sei certa di te. Devi far capire a lui, a tutti, che tu sei sicura di te stessa. Perché avendo questa insicurezza rendi insicura questa relazione. Lui con questa persona e con altre persone non ha niente. Solamente che si sentono, solo per queste cose del passato. Lei è interessata, lui ha passato la tappa e questa persona gli ha comunque fatto molto male. Tra di voi io vedo la ruota della fortuna, c'è anche convivenza, ci sono cose nuove tra di voi.

Ok.

Seconda domanda?

Ho dei problemi di salute, vorrei sapere come va.

Nove carte (scelgo nove carte dal mazzo che ha aperto a ventaglio davanti a me).

Hai paura di rimanere in un letto?

Mmmm no (non sono del tutto sincera. Ho sempre avuto grande paura di restare invalida).

La tua salute è un passaggio. Devi fare dei trattamenti, devi curarti bene e devi fare attenzione ma io vedo che tutto andrà a buon fine. Ok? È più paura che qualcos'altro ma io vedo che è solamente una cosa che guarisce definitivamente. Con la grazia di Dio.

Ultima domanda?

Mhm non lo so, aspetta che ci penso un attimo. Ti chiedo qualcosa sui miei nipoti.

Quanti anni hanno?

Lei ha 13 anni, lui 10.

Facciamo lei, perché lui è un angioletto. Nome e cognome di lei?

CC.

Ahhhhhh, sei la sorella della mamma? Sette.

(Prendo sette carte). Magari mi dici qualcosa di nuovo rispetto a ieri.

La vedo più positiva, con più forza, con più voglia di continuare. Sì il malocchio ce l'ha ma la vedo più... Forse la nostra conversazione l'ha resa più forte. Sono contenta. (prende tre braccialetti da una ciotola). Una per ognuna, ve li regalo io. Sono benedetti.

Grazie, grazie mille. Grazie infinite. Buona giornata.

Ho tirato fuori i 10 euro e sono andata via.

Scrivo questo post, trascrivendo la registrazione di stamani. E lei non può sapere che anche stanotte piangerò.

19 maggio 2018

Delicatessen

A volte le cose bisogna lasciarle andare.
È spiacevole, molto. Come una morsa di ansia che ti chiude cuore e polmoni.

Me ne sono accorta l'altro giorno quando, fotografando insetti, incrocio un signore con cane. Un signore di una certa età che mi guarda e mi saluta. Succede abbastanza spesso ultimamente, sarà che comincio ad accumulare rughe ma ho un séguito di anzianotti che per strada mi occhieggia.
Ricambio il saluto.
"Eh, è caduto, io non posso raccoglierlo che ho il cane", mi dice.
Apparentemente è una frase priva di senso, buttata lì così. Ma sento delle cornacchie gracchiare con fastidiosa insistenza e mi basta poggiare gli occhi al suolo per vedere un pullo di Cornacchia grigia.
Del tutto formato, non di quelli spelacchiati e brutti. È immobile e guarda i passanti, con quel becco lungo grigio e la livrea ormai quasi da adulto. Ma ancora impossibilitato a volare.
Immagino l'angoscia, se così si può chiamare, dei due genitori che volteggiano senza poter fare nulla. Gracchiando all'impazzata potendo solamente tenere lontani gli eventuali predatori, per lo più cani. Il loro DNA sparato nel futuro senza quasi alcuna speranza.

Osservo la scena e mi chiedo cosa posso fare. Avevo letto da qualche parte che i pulli non vanno toccati. I genitori sanno dove si trovano, e provvedono loro. Ma a fare cosa? Non lo possono riportare sul ramo, e di certo non posso mettermi ad allevare una cornacchia. Non ho pensato in quel momento che avrei potuto portarlo in un centro LIPU e magari avrebbero provveduto loro.

Col cuore stretto in una morsa vado via, immaginandolo già morto, forse mangiato da qualche animale.

Ma la verità è che non posso fare molto. In quel caso come in tanti altri. Si tende a lasciar morire le cose, anche con enorme dispiacere. Quando si pensa di aver fatto quanto possibile, nonostante la tristezza, nonostante la ferita, si lascia andare quello che si pensava bello ma che sapevamo dall'inizio essere un pullo indifeso per il quale non possiamo fare molto.
Lo osserviamo un po', sperando che le cose si risolvano da sé.
Ma a volte ci sono cose destinate a morire. Lo si sapeva dall'inizio ma ci si ostina a guardare solo il bello. E a soffrire un po' per le mancanze.

Oggi può essere che ci sia il sole per più di 10 minuti di seguito. Il mio compito è di affogarmi di calorie, che mi è pericolosamente passata la fame. E domani andare al museo di Entomologia a Carmagnola e magari, nel parco che lo ingloba, fotografare qualche altro insetto.

È nelle cose meravigliosamente piccole che vedo la delicatezza. E la perfezione.

18 maggio 2018

Io letto, birra e ukulele.

C'è una ragazza che conosco da poco. Leggo di lei da tantissimo tempo, non era ancora nata mia figlia. Non pensavo che l'avrei mai conosciuta. E invece è successo. In maniera strana, eh. Ero un po' teso.
Lei è diversa. Dalla maggior parte delle persone che conosco. Lo capisco da come scrive, da quello che racconta. Mi considero fortunato a conoscerla. Penso a molti che "se la perdono" e penso: ahahaah minchioni.
Io faccio il tifo per lei. Da prima di conoscerla di persona. Da tanti anni.
A volte temo [ancora] che scriverle che le voglio bene, dopo solo 1 mese che ci conosciamo, possa essere frainteso. Che possa pensare, che so, che ho secondi fini. Perchè lo ammetto è strano seguire una persona 12 anni e fare il tifo per lei in silenzio, e senza secondi fini. Ma la verità è che io spero davvero che lei sia felice.
Io credo anche che a volte lei stia un po' a pezzi. Tipo oggi. Perchè lei è sensibile come un nervo scoperto.
Vorrei dirle qualcosa di figo, qualcosa che la faccia star bene anche solo qualche secondo, tipo: sei diversa, particolare, speciale, profonda, sensibile, mi piacciono i tuoi capelli verdi, quello strano hukulele.
E anche un ti voglio bene ficcato lì a tradimento.

Io non so nulla dell'amore. Guardo le coppie di lunga data che si tengono ancora per mano e le invidio un po'. Parlo con amici che stanno insieme da una vita e ancora si amano e li invidio un po'.
Invidio un po' insomma, quelli che riescono a lavorare su quello che io ho sempre considerato il mostro a due teste che chiamo coppia.

Ognuno ha il suo modo di mantenere vivo l'amore. Di certo, anche se sembrerà banale, il sesso è importantissimo. Ma a parte questo, al secondo posto, c'è la lotta continua per gli spazi.

Definisco la coppia aiutandomi con una banale intersezione di due insiemi matematici.


Definisco "coppia", l'unione dei due insiemi. TU ∪ ME.
La differenza tra i due insiemi sarà quello che siamo, i nostri spazi, le nostre passioni che rimarranno nostre, il tempo che dedichiamo solo a noi stessi. In cui usciamo da soli con gli amici a prenderci una pizza o che facciamo una passeggiata, in cui fotografiamo o andiamo a vedere una mostra che ci piace.
Quindi lo spazio fisico e mentale di ciascuno di noi, quello spazio inviolabile e sano che dovremmo avere tutti (e che le coppie mostriadueteste non hanno).
Quindi ME - TU e TU - ME.
C'è poi uno spazio sacro che è quello più difficile da mantenere. Che rischia di inglobare qualsiasi parte di insieme o di essere risucchiato negli spazi personali smettendo così di esistere che è lo Spazio Comune, ovvero SC.
SC è dato dall'intersezione dei due spazi fisici e mentali. SC = TU ∩ ME.

Questo è lo spazio vitale per la coppia. Lo spazio in cui fare l'amore, condividere la giornata, andare a fare una passeggiata, vedere un film. È lo spazio in cui ci si incontra o ci si scontra, si discute e si sta insieme.
È lo spazio che si fa fatica a mantenere equilibrato nel tempo perché non si ha voglia o si fa fatica. Perché si è stanchi dopo il lavoro.

SC è il mio tallone d'achille. SC è la condivisione che non deve essere intromissione e non può essere troppo piccola. Nella mia vita SC ha preso sempre lo spazio della somma degli insiemi, o addirittura si è annullato, rendendo i due insiemi totalmente disgiunti e separati.
Io lo vorrei quello spazio comune. Lo vorrei per guardare le stelle stando seduta in un prato, per guardare un film scemo bevendo un bicchiere di vino, per fare un aperitivo mostrando compassione per un cane ignorato.

Ho parlato ultimamente con diverse persone che mi hanno confermato che SC va mantenuto, con grinta e con i denti. Bisogna mantenerlo in vita nutrendolo anche di spazi programmati. Che sia il venerdì sera ad esempio, o il weekend. So che programmare il tempo comune è poco romantico, ma se prima era solo una teoria esposta dal mio professore di sessuologia, ora è una conferma datami dalle coppie di lunga data che conosco.

Questa è, a mio parere, l'unica modalità di mantenimento equilibrata in cui le persone possono vivere felici insieme.
E l'unico modo di fare squadra. La squadra è formata da elementi singoli, con una propria vita, una propria testa, che giocano insieme per lo stesso obiettivo.
E se lo stesso obiettivo è stare insieme e sopravvivere al Tempo, forse una formula c'è.


13 maggio 2018

A.



Era il 24 febbraio 1997
Ho parlato spesso di te alle persone che conosco, anche se non ho esplicitato mai il tuo nome. Non era necessario in quel frangente. Ti ho definita "la mamma di un mio amico".
Perché sì, mi hai insegnato una cosa importante: che le famiglie separate e felici esistono. O per lo meno che non gettano in disastrose lotte di potere genitoriale i loro figli.

Tu ti sei separata subito da tuo marito, non appena nato Alelè, il mio migliore amico alle superiori. E sei sempre stata con Beppe. Eppure a tutte le feste c'era anche il papà di Alelè il quale si definiva così fortunato di avere questa meravigliosa famiglia allargata.

Così ogni volta che ero a contatto con una persona i cui genitori erano separati e si facevano la guerra, io parlavo di te. Di come era possibile vivere senza rancori, per lo meno senza mettere in mezzo i figli.

Io e Alelè eravamo come i ragazzi di Stand By Me, camminavamo sulle rotaie del treno, vandalizzavamo la piccola città in cui abitava con scritte sui muri (seduta sulle sue spalle, per poter raggiungere i posti più alti sul muro e imbracciando un pennarello ci sembrava di poter fare la rivoluzione), cantavo nel suo gruppo metal. Dormivo spesso da lui e lui dormiva spesso da me. Abbiamo fatto la prima (disastrosa) vacanza insieme da amici. Io, lui e Ivano. In quella vacanza c'è stata la mia prima scappatella di una notte e lui si arrabbiò molto perché era preoccupato, perché non sapeva dove fossi. Ma avevamo litigato. Io ero intrattabile e loro dei maschietti in cerca di pulzelle.

Mi ha iniziata al metal, mi faceva ascoltare i Megadeth e avevo comprato la cassetta dei Pantera. Quanto mi piacevano i Pantera: quando li ascoltavo mi sentivo invincibile.

E tu, tu mi chiamavi Carluccia. Dicevi sempre "Dov'è Carluccia nostra?". Mangiavo da voi, guardavamo insieme la tv, avevi una splendida voce. Alelè si lamentava sempre che qualche volta, quando ascoltava o suonava una canzone, tu irrompevi nella sua stanza e la cantavi un'ottava sopra.
Un'ottava in più non sono mica bazzecole.

Sono venuta con voi in montagna. Dovevamo attraversare il confine francese e io avevo già i capelli mezzi punk, decolorati e un po' arancioni, e avevo la carta d'identità non valida per l'espatrio. "Ma tanto non ci fermerà nessuno" e poi ci fermarono ma forse non chiesero i documenti. O forse chiusero un occhio. Quella notte guardammo le stelle, io e Alelè su sacchi a peli vicini, poggiati sulla nuda terra. Io espressi uno stupido desiderio che mio malgrado si avverò in parte. Accendemmo un fuoco. Ero così felice. Erano cose che con la mia famiglia non facevo ed ero contenta di avere questa sorta di seconda famiglia che mi accoglieva come una parente stretta e non faceva mai domande.

Mi dicevi che venivo da Marte, perché non avevo mai assaggiato cose banali, come forse i carciofini. me li facesti assaggiare. "Ma come fai a non averli mai assaggiati? Tu vieni da Marte!"

E guardare la tua bara che veniva portata via, nella camera ardente ha fatto un po' effetto.
Suonavano i CCR e Elton John, e prima di andare via, Alelè ha messo la ninna nanna che tu cantavi per lui quando era piccolo. E ha detto "È grazie a lei se sono diventato quello che sono, non potrei mai ascoltare musica di merda, io sono cresciuto con queste canzoni".

Qualcuno ha pianto forte. Agnese, il cane di Alelè, girava per tutta la stanza scodinzolando ed elemosinando coccole. Il padre di Alelè si teneva la testa tra le mani guardando il pavimento e Beppe era lì in piedi accanto a te per salutarti ancora.
E io mi guardavo intorno, dei vecchi amici c'eravamo solo io e Ale M, che ancora si ricordava di me. E Beppe che mi ha salutato dicendo "Ciao Carla".

Ci ho messo un po' a scrivere questo post perché sono mancate persone in questi ultimi anni per cui sono stata in religioso silenzio. Ma la verità è che di lei non avevo mai scritto.

Però sempre parlato, in qualche modo.

Mi hai insegnato che a volte le grandi battaglie si compiono per un bene comune, e si compiono con l'Amore.
E conferma ciò che ho sempre pensato: ovvero che bisogna scegliere attentamente le proprie battaglie.

I nomi in questo post possono essere reali, o di fantasia. Che importanza ha? E le foto prese da qualsiasi post su internet. Qual è la differenza? Cosa è reale? Cosa non lo è?


04 maggio 2018

Anaffettività

Ho una compagna di università popolare che ogni tanto vedo. È una persona particolare, come tutte le persone che frequento. Era tanto che non ci si incontrava, per via dell'intervento, dei nuovi lavori, delle giornate che hanno solo 24 ore e per la mia rinnovata incapacità di dedicare del tempo agli altri.

Penso di aver ritrovato, dopo più di un anno, la mia dimensione. Mi piace stare a casa, io, me, una tisana, un libro, il web, l'ukulele.
Ho una vastità di cose da fare che a volte uscire diventa un impedimento.

Il primo maggio ci siamo incontrate. Le ho detto che mi hanno operata, per quello avevo cominciato a fare un po' di assenze all'università popolare. Ma non era niente, alla fine.
Mi ha detto che dopo anni le hanno approvato il trasferimento al lavoro.

Dopo il classico rompighiaccio siamo finite su cose molto personali. Psicoterapia, famiglie.
"Quanto costa il tuo psicoterapeuta (nostro insegnante di psicologia criminale e sessuologia, tralaltro). Mi sa che ne ho bisogno"
"Ah sì, anche tuo padre aveva questo atteggiamento?"

E poi mi dice "Io sono anche anaffettiva".

Segnatevi bene questo termine.

Nella mia vita, questa precisa parola ha fatto capolino quasi all'improvviso. "E se fossi anaffettiva?". Ricordo di avere sempre avuto una percezione distorta dei rapporti umani e degli affetti. Faccio fatica a categorizzare le emozioni che mi tengono legata alle persone, e in molte situazioni non riesco a reagire spontaneamente. Ogni mia reazione è preceduta da una domanda interiore, più o meno sempre la stessa: "Come si comporterebbe una persona normale di fronte a questo evento?".

Così quando usa quello specifico termine, le dico che anche io mi sento anaffettiva.
Annuisce, "In effetti abbiamo tante cose in comune sulla gestione dei rapporti interpersonali, per esempio le amicizie a distanza".

Vero, ho tanti amici stretti che sono lontani fisicamente da me. E quando li ho avuti vicini non li vedevo. Tengo a distanza le persone che vorrebbero passare del tempo con me.

Le reazioni ansiose degli altri mi infastidiscono, non riesco a essere empatica: solo se la persona a me è molto stretta (stiamo parlando di 3-4 persone al massimo). Nel resto dei casi c'è la solita domanda interiore. Quale espressione è quella giusta? Vuole che la/lo abbracci? Per quanto tempo devo mantenermi sulla discussione per fare intendere che mi sta interessando questo problema?

Ma soprattutto, quanto dovrò sentirmi in colpa dopo aver scritto tutto questo?

Ogni giorno una gazzella sa che dovrà correre più veloce del ghepardo

Mi hanno detto recentemente che tutti ci vendiamo. Sempre.
Quando parliamo con una persona cerchiamo di conquistarla, vendiamo noi stessi.
Quando vogliamo conquistare qualcuno, ci vendiamo. Cerchiamo in tutti i modi di sembrare migliori agli occhi degli altri anche se dentro di noi sappiamo che siamo delle merde come tutti, che facciamo le puzzette puzzolenti, che ci schiacciamo i punti neri in ascensore davanti allo specchio (e ci lamentiamo quando questo non c'è).

Eppure mi ritengo un'incapace cronica a vendermi e a vendere in generale perché se dovessi convincere un estraneo a caso che le piante carnivore sono meravigliose perché danno l'idea di essere un incrocio tra il regno animale e quello vegetale, o che i ragni sono affascinanti per le loro ragnatele, o che in fondo le cavallette non hanno un brutto sapore, bhe, fallirei nell'80% dei casi.
Eppure mi sono trovata mio malgrado a fare un lavoro dove cerco di convincere delle persone a fare una cosa che io, per prima, non farei mai.

E le ho provate tutte eh?

Dalla tecnica filosofica del tanto la vita è breve, che le importa. Lo faccia e poi si vedrà. Siamo meteore che non permangono, però può darmi un istante di felicità se mi da' retta alla tecnica scientifica, con spiegone annesso blablabla lei lo sa che blablabla perché il decreto blablabla e quindi sarà costretta a blablabla e lo sconto che le facciamo blablabla.

E penso di avere trovato ieri, la mia tattica. Che posso definire quella del ghepardo.
Il ghepardo è veloce ma non ha molta resistenza. Deve cacciare in fretta altrimenti perde troppa energia. Dopo poco molla il colpo.

Quindi la mia formula di vendita è la seguente.
Lavoro sui grossi numeri. Cerco di raggiungere il maggior numero di persone possibili dedicando loro pochi minuti. Pochissimi. Alla prima obiezione, lascio.
Troppa energia.
E non sono mai brava a convincere nessuno di nulla.

E fu così che per la prima volta, in vita mia, riuscii a vendere qualcosa a qualcuno.

E che cosa vi viene in mente trasponendo questa tecnica di vendita su noi stessi?
Speed dating.
Pessimo.