04 giugno 2018

Il mio scatto sbagliato

Mangi con noi?
Carla ma ovvio, se mi ci vuoi

L'acqua è un elemento primordiale. Chiunque ha vissuto vicino a uno specchio d'acqua, grande come il mare o piccolo come il lago, prima o poi desidera tornarci. È come un desiderio di tornare nel grembo materno, dentro il quale i suoni sono dolci e attutiti ed esiste solo calma, e quiete.
Io non sono nata vicino a uno specchio d'acqua, sono cresciuta con gli aerei che mi sorvolavano la testa e abbracciata dalle montagne perennemente innevate.
I palazzi che coprivano il sole, l'asfalto rovente d'estate e il freddo pungente di inverno ad aspettare il bus. Amo tutte queste cose. Il freddo pungente d'inverno, le montagne innevate, gli aerei (e quando ero piccola Carla guarda l'aereo) i palazzoni, il disagio e la bellezza di una città poco italiana e molto francese.

Ma poi sono finita a Cömo. La casa in cui abitavo mi permetteva di vedere tutto il centro e il lago. E ogni mattina lo controllavo, il lago, per accertarmi che fosse sempre lì.
Andavo a passeggiare, leggevo sulle panchine sul lungolago. E poi ho trovato la mia family. Quante probabilità esistono di trovare persone che ami a un passo da te?

Quando A ha proposto una gita da fare tra noi ragazze e RagnoB ha posto il veto che non fosse lontana da Milano ho subito pensato alla mia Cömo. Avrebbero avuto modo di conoscere i ragazzi, avrebbero visto un posto piccolino ma che ritengo bello, dove ho vissuto. Avrebbero chessò, mangiato dove mangiavo, ad esempio.

Vorrei descrivervi la giornata ma penso che sia banale. Vorrei concentrarmi sulle emozioni di quell'incontro tra due luoghi non troppo vicini ma nemmeno così lontani. Il mio cuore diviso in tante città, in tante persone, e che fa fatica a restare unito. Vorrei dirvi anche che ricordo il freddo di una sera, la città vuota, la passeggiata lungo il lago e tu che passeggiavi accanto a me. E io che cercavo di stringerti e tu che ricambiavi.

E il suono dei nostri passi per le strade vuote e a volte i silenzi imbarazzati che mi piacciono tanto perché mi costringono a sentire i battiti del mio cuore. E quei battiti che avrei voluto sentissi quella sera, questo sabato sera, che nessun tuo come ti batte forte il cuore avrebbe potuto raccontare.

Sentirti parlare e sentirli parlare, sentirti ridere e sentirli ridere e mangiare insieme, e bere, e ridere ancora. E quella tua vicinanza, quel calore, le mani che si sfiorano appena. E si stringono.

Il cuore che batte, forte.

Penso a quella sera a Venezia, in cui siamo finiti con sconosciuti a ridere e bere. Penso che abbiamo questa cosa in comune, che riusciamo a legare immediatamente e con tutti, e che siamo adattabili a tante diverse sfumature di umanità. Quante probabilità esistono di trovare persone così?

Vedo le somiglianze anche se percepisco le differenze. Ma amo così tanto quelle somiglianze che alla fine le differenze non sono così importanti. La presenza colma la mancanza.

Penso che in queste righe non ho mai parlato esplicitamente di te, ma in molti sogni, in molti pensieri ci sei sempre stato. Quello scatto sbagliato, ma tanto bello. Penso a quanti scatti sbagliati sono stati prodotti da famosi fotografi. Mossi o fuori fuoco. Penso a Robert Capa.

E chissenefrega se sono scatti sbagliati. Sono meravigliosi perché sono vicini a un luogo pericoloso. Nessuno scatto in posa, solo di corsa a immortalare una scena brevissima, rischiosa. Dove nessuno può stare fermo.
Come in guerra ci muoviamo in un territorio minato e questo sabato siamo stati in territorio neutro, sgombro. In una situazione di normale quotidianità. In congedo dai nostri schemi mentali di ricerca di una (presunta) perfezione che non esiste.

Vorrei che tu potessi guardarti con i miei occhi di quella sera per poter capire.
Perché con tutte le parole messe a mia disposizione, io non credo sia possibile spiegare.


2 commenti:

kukri60 ha detto...

Un ricordo languido e triste, come spesso sono i ricordi.
Un abbraccio, virtuale , ma pur sempre un abbraccio.
R

Carla ha detto...

Grazie, R