13 agosto 2018

Lunedì 13

Questo è un giorno da segnare sul calendario. Dopo 6 mesi la mia ferita si è finalmente chiusa. Mi viene da piangere.

Avevo previsto che si sarebbe chiusa ad agosto, e ho indovinato. La pelle che la ricopre fa schifo, è coriacea, dura, ha un colore strano, sembra una crosta dal colore rosa scuro. Ma non c'è più la carne viva.

Piango e sono felice, perché prevedevo che fosse collegata a quell'altra situazione da chiudere, a quella ferita interiore che mi impediva qualsiasi guarigione, qualsiasi progresso.

Quando l'ho vista, quando ho tolto la vecchia medicazione per sostituirla, non ci potevo credere. Ho guardato più e più volte, sicuramente ora sanguina di nuovo, sicuramente c'è 1 mm di carne viva da qualche parte e io non riesco a vederla, sono andata alla finestra per guardare meglio con quel poco di luce rimasta e invece nessuna ombra di carne viva, di sangue, di niente.

Non credo (troppo) nella psicosomatica. Si rischia di trovare delle cause che non esistono a problemi che hanno in verità altre origini, ma proprio nel post prima lo scrivevo. Lo sentivo.

In un mese la mia ferita è migliorata a vista d'occhio e non posso che essere più felice di così. Domani parto, viaggio in solitaria, destinazione: Polacchia.

Ovviamente scriverò ogni cosa, magari al ritorno. Voglio godermi questo istante magico, questo viaggio strano, deciso all'ultimo, risistemato in pochi giorni.

Spero di vedere qualche bisonte nella foresta di Bialowieza, conto di perdermi con i vari trasporti perché girerò un po' ma in questo istante non mi preoccupa più nulla.

12 agosto 2018

La rosa di Gerico

[post mai pubblicato del 25/4/2018]


Dillo alla vita che a volte non va come deve andare. Che se tu solo avessi il coraggio di guardarti dall'esterno ti sentiresti un'imbecille.
Imbecille, sì. E forse lo sei davvero.
Dillo pure che i sentimenti non c'entrano.
Pensa all'ossitocina.
Pensaci.
Ma non è una scusa.

Tutte le cose che prima ti erano indifferenti sono diventate improvvisamente indispensabili. Il tuo sguardo, le tue mani sulla mia pelle, il tuo odore. La tua voce.

Penso a queste cose con una birra accanto, e le scrivo per imprimerle bene.
Cosa Cazzo Stai Facendo.

Tutte le cose che prima ti erano indifferenti sono diventate improvvisamente imprescindibili. Le cose in comune, la condivisione di momenti, il desiderio di viaggiare e di viaggiarti. Conoscerti. Fare cose stupide: guardare un film insieme con un bicchiere di vino in mano. O non guardarlo nemmeno. Leggere un libro sul divano, separati ma uniti e guardarsi con sguardo complice.

La mia birra è già a metà, è ghiacciata e scivola giù come acqua.
Ho perso la cognizione dell'obiettività.

Tutte le cose che prima pensavi di non poter fare, ora si rendono necessarie. Ricominciare, dimenticare, cancellare. Il lutto della tua anima, e il seno che ancora sanguina come metafora di un rapporto che esiste solo nella tua testa.
Quella ferita non guarirà se non chiuderai prima altre ferite. Se non metterai la parola fine a uno stillicidio.
Non ti vuole, fattene una ragione.
Dice che sei sexy, che sei bella, che sei intelligente. Sembra non manchi nulla in questo quadretto perfetto.
E invece.

E invece attendi sempre quel solito cazzo di treno che non sai mai se passerà, e anche se passasse non sai dove porterà.
Bevo un altro sorso di birra, penso alla giornata di oggi. A come raccontavo di te ai miei amici, ma non sapevo come definirti quindi ho detto che sei la persona che frequento.
Non è da me, è un termine così impersonale.
E li guardavo e facevano no con la testa. E io pensavo, mio dio, sono diventata come quelle persone patetiche che si fanno dei film nella testa e passano le giornate a giustificare le piccole mancanze di una persona che in realtà è stata ben chiara dall'inizio. Con i modi di fare. Ma io sentivo solo quelle parole meravigliose che riempivano il mio piccolo ego disastrato.
Il mio piccolo ego ferito.

La birra è quasi finita. Oggi, aprirmi con loro, è stato come guardarmi in uno specchio che ho tenuto coperto in questi mesi, perché sapevo che se avessi levato il telo avrei visto cose che non desideravo guardare.
Penso che vorrei farti felice ma io non sono in grado. Perché quando passano gli anni, le piccole mancanze diventano grosse mancanze che da piccole crepe diventano squarci che separano. E io non potrò farti felice. Non potrò nemmeno far felice me stessa in questo marasma che sono e che sarò.
E ti immagino già nella stessa condizione di partenza.

Ma con un'altra persona.

Non giocare con le mie insicurezze, non vomitarmi le tue belle parole addosso.
Non lasciarmi entrare. E se puoi, fammi uscire.

Ma mi mancheresti tanto. Come può una piantina fragile come me, crescere senza acqua?