28 novembre 2018

5 tons

Ho il cuore pesante. Così pesante che se nel letto dal quale faccio fatica ad alzarmi, riesco perlomeno a rotolare, come una larva, sul fianco sinistro, mi pesa sulle costole della gabbia toracica. E se mi giro sul fianco destro, idem, E se la forza mi assiste e riesco ad alzarmi, il diaframma è spinto verso il basso, come nella tensione di un grido che fa fatica a uscire.
Allora penso a una unica soluzione: se avessi una macchina guiderei fino a dove mi porta la benzina. Poi una volta ferma la parcheggerei e andrei avanti fino a dove mi portano le gambe. Poi, che ci sia luce o buio, mi fermerei a contemplare cosa ho attorno. Probabilmente niente, come adesso. Ma un niente più vasto.
Allora urlerei con tutta la forza che ho in corpo, che è così che si libera un cuore pesante. E piangerei fino a esaurire le lacrime.

Non ho mai compreso perché le persone decidessero, a un certo punto, di togliersi la vita. Ora un po' lo capisco. Perché senza avere la possibilità di rialzarsi, con un minimo di serenità e stabilità (pur immaginandola e contemplandola da lontano, come uno spettatore che vede la propria vita da dietro le quinte), ma ricevendo colpi forti, diretti e interminabili alla fine si esauriscono le forze. Che di me si può dire tutto ma non che non abbia lottato, pur uscendone perdente, a pezzi, insanguinata ed esanime. Di me si può dire ogni cosa ma non che non sappia lottare per le cose che ritengo importanti, e che sia pronta anche a subire l'ennesima umiliazione. E che quando smetto di lottare è solo perché sono troppo ferita e devo scegliere di sopravvivere.
Ma, alla fine, forse è quello. Lottare da soli ha poco senso.
Non mi toglierò mai la vita, non preoccupatevi. Dico solo che comprendo. Che capisco quale sia il peso che porti a un gesto così estremo.

Non sono sparita, sto scrivendo un racconto lungo. Che non so se terminerò perché sono abituata a scrivere in massimo un'oretta i miei post e invece sono giorni che ci sto sopra.

Io, a differenza di ciò che qualcuno dice, non so scrivere bene. Quando mi rileggo a volte mi infastidisco: ma ho una capacità, immagino e visualizzo tanto. E quindi io scrivo solo ciò che vedo, per quello mi riesce facile parlare della mia vita. Perché è qui, e ora.

Ma ogni tanto la visualizzazione di contesti non reali prende il sopravvento e allora se c'è un amico che ti stimola a buttarla giù sotto forma di un racconto non puoi non cedere alla tentazione della sfida. E quando verbalizzi le tue visioni ti rendi conto che forse si può fare, anche se la strada alla fine è ancora lunga, un po' in salita (ma non troppo) e non sai dove ti porterà.

Io penso che questo anno mi abbia portato troppa sofferenza e troppo a lungo. E sono stanca anche fisicamente.
Spero che questo anno di sofferenza finisca presto, perché la resilienza per cui ero famosa mi sta abbandonando. Non riesco più a rimettermi in piedi bene senza uscirne ammaccata.

Ammaccata come quelle mele magari buone eh? Ma che sono state troppo sballottate ed esteticamente per niente appetibili.

Che sia, lo spero, davvero l'ultimo post triste. Che anche a rileggerli mi viene la nausea.

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