05 novembre 2018

Il mio fiume in piena

Quando faccio il part time - che sarebbe il mio orario normale - come oggi, alle 13.17 prendo quello che io chiamo il bus proletario perché passa per l'Iveco e ci porta tutti gli operai. Io scendo lì davanti e poi ho quella decina, quindicina di minuti (al mio passo) per arrivare a casa.
Dico al mio passo perché probabilmente voi ci mettereste una ventina di minuti almeno, ma io ho il passo di un carabiniere che sta facendo una marcia di corsa e che intanto pensa a quanti ce ne vogliono per avvitare una lampadina.

Sono passata sul ponte sopra il fiume Stura. Il fiume è quasi in piena.
Ricordo che quando ero piccina questa cosa avveniva ogni anno circa a settembre, mese in cui la pioggia a Torino era incontenibile e c'era sempre qualche rischio piena fiumi.

È un qualche giorno di settembre (o novembre) del 1994.
Madre ogni tanto andava a trovare la sorella e la loro mamma che stava da lei, mia nonna.
In genere ci andava il mercoledì. Ricordo che era mercoledì perché saltavo scuola, e perché era il giorno in cui in edicola usciva Topolino. Da piccola lo leggevo sempre, ma sempre sempre.
A tavola mentre mangiavo, la sera prima di andare a letto, lo portavo in giro e se ci si fermava in qualche dove, in un bar, in una panchina, lo leggevo.
È stato il precursore delle mie attuali barriere sociali (ovvero lettore mp3, cuffie e libro).
E comunque il personaggio di Topolino (amicodelleguardie) l'ho sempre odiato. Preferivo Paperino, era più sfigato, più umano, più iracondo, più simpatico.
Ma è il 1994 e probabilmente ho abbandonato Topolino per dedicarmi ad altre riviste e/o testi.
Focus, sicuramente, a cui sono stata abbonata fino a che non è mancato mio padre. Leggo Edgar Allan Poe, qualcosa di Lovecraft, sicuramente Freud.
C'è la collana 100 pagine 1000 lire e li ho tutti, di Poe. Mi permetto anche di rileggerli e il mio racconto preferito è La mascherata della morte rossa.

Per andare a Milano, come sempre, si parte da Porta Susa. Penso di non avere mai visto Porta Nuova fino a quando non ho fatto un viaggio per conto mio. E la vecchia Porta Susa era più una stazione da paesino che l'attuale e inutile e bellissima stazione che è.
Il regionale ci mette un'ora e quaranta minuti circa. Più avanti per farsi fighi lo chiameranno Regionale Veloce. Ma è lo stesso che ora si chiama Interregionale.

Madre, donna ansia, appena arrivati a Rho esclama "Alla prossima dobbiamo scendere" e ci fa piazzare già accanto all'uscita, così ci tocca farci tutto il tragitto Rho-Milano Centrale in piedi.
Questo vizio non lo perderà col passare degli anni. Anche dopo 20 anni, sui vari bus, pur sapendo che conosco la città molto meglio di lei, non mancherà di dire "Alla prossima dobbiamo scendere" tanto che per il nervoso spesso la anticiperò "Tra due fermate dobbiamo scendere".
Ma alla fermata dopo esclamerà sempre "Alla prossima dobbiamo scendere".

Così arriviamo a Milano Centrale, prendiamo la metro fino al capolinea Cologno Monzese e facciamo il breve tragitto a piedi per arrivare dai miei zii, passiamo la giornata e torniamo in stazione.

Però i treni non partono. Causa alluvione siamo bloccati a Milano.
Io penso che è ok restare a Milano, chissene, ci facciamo ospitare e partiamo il giorno dopo.
No, Madre ha deciso che dobbiamo tornare a tutti i costi a Torino.
Le parte proprio l'embolo.

Così troviamo per caso una coppia di anziani signori che deve tornare a Torino e decidiamo di prendere un taxi.
Sì, avete letto bene, un taxi da Milano a Torino.
Anche il tassista fa difficoltà, piove molto e tante strade sono chiuse, ma alla fine riusciamo a tornare. Per la bellezza di duecentomila lire da dividere in due, metà noi e metà la coppia di anziani signori.

Non so dirvi se Madre ha mai raccontato a Padre dello sproposito di soldi che le sono partiti perché lei si era impuntata di tornare. Non so dirvelo perché Madre nascondeva un sacco di cose a Padre. Penso che Padre sia stato a conoscenza della metà della metà della metà delle cose che avvenivano in quella casa. Mia sorella fumava ma lui non lo sapeva, lei gli apriva le stecche di sigarette, rubava un pacchetto e poi gliele richiudeva.
Padre fumava tre pacchetti di sigarette al giorno, non poteva tenerne il conto.
Tutti nascondevamo un sacco di cose a Padre per evitare lunghissime e inutili discussioni che tanto sarebbero partite comunque. Dal tavolo della cucina in cui sbatteva i piatti arrabbiato, alle urla che continuavano nel corridoio e poi in camera da letto.
E quando invece ci sarebbe stato da discutere non accadeva. Avevo difficoltà a capire cosa fosse giusto e cosa sbagliato.
In ogni caso ci sarebbe stata una sfuriata scaturita da un nonnulla.

Ricordo bene quel 1994 anche per altre ragioni.

È il 2000, vivo con un ragazzotto che mi tratta da schifo ma sono convinta che di meglio non posso trovare.
Viviamo in un palazzo sopra un cinema porno, non troppo lontano dal centro "Dai veniteci a trovare, siamo in via Don Bosco"
"Bha ma dove, non conosco"
"Dai sopra il cinema porno!"
"Ahhh ho capito!"

Poco più in là c'è la Dora Riparia e sono giorni che piove. E io sono sempre più asociale.
Un pomeriggio, sono da sola in casa perché il ragazzotto lavora e io vado ancora a scuola, sento un megafono strillare.
STIAMO EVACUANDO TUTTI I PRIMI PIANI E TUTTI I SECONDI PIANI.
Faccio finta di niente. Sono al terzo piano.
C'è un palazzo diroccato e temono che se dovesse crollare nel fiume faccia casini.
Squilla il telefonino, sono gli zii del mio ragazzotto che abitano poco distante, in verità la nonna, che sta da loro.
"Abbiamo sentito che stanno isolando la zona, perché non vieni da noi?"
Asocialità mode: on "Ma no, sono solo i primi e i secondi piani, sto al terzo, tranquilli"
"Eh ma metti che si inonda tutto, poi dove vai? Se hai bisogno di acqua o qualcosa..."
"Naaah, non preoccupatevi. Sto a casa."

Mi affaccio sul balcone, le strade vuote, omini in arancione che sgomberano, il palazzo semideserto.
Il mondo è quasi mio.

Quell'anno l'acqua invase la zona del Balôn: tanti esercizi rovinati. La scuola, la mia che è proprio lì accanto al Balôn, chiusa a causa fango.

Quell'anno tante cose.
L'anno in cui il mondo fu quasi mio.

Una giovanissima undicenne simpsoniana si presta a un servizio fotografico fatto da Padre

Serracapriola (FG)

A testimonianza di quanto scritto sopra, io e il mio inseparabile numero di Topolino (amicodelleguardie)



Alluvione del 2000 (al minuto 0:26 c'è la mia scuola)





Canzone del giorno: Daniele Silvestri Ma che discorsi

2 commenti:

Andrea Dado ha detto...

Ben scritto.
Come sempre.
Che te lo dico a fare?

Carla ha detto...

Sempre troppo buono il mio amico Dado