16 dicembre 2018

Amata phegea



Tra i tanti sogni di stanotte, alcuni terrificanti fatti di urla, angosce e ansie pesanti, in un clima africano dove le teste mutavano in scheletri scavati dalla tristezza, ho sognato una sfinge.
Da tempo sogno di vedere dal vivo la Daphnis nerii.
Ma questo è stato l'anno della Mimas tiliae.
Come il messaggio portato da un lontano mondo fatato a cui non ho voluto dare retta, la Mimas tiliae è stata riconosciuta per una foto mandata. Non sapevo cosa fosse, ma mi è stato chiesto il riconoscimento e io, che non conoscevo le sfingi, alla fine l'ho trovata.
Non l'avevo mai vista dal vivo ma dopo quella foto si è fatta trovare ben due volte.
Vorrei ricordare i precisi istanti emotivi in cui si è palesata per comprendere se, davvero, si fosse trattato di un segno che ho cercato di non curare.
Non credo nei segni.
A volte il collegamento erroneo tra fatto e causalità, dovuto a un segno divino o altro, porta a conclusioni devianti.

Sta di fatto che non avevo mai visto nemmeno una sfinge, quest'anno due, ed entrambe Mimas tiliae.

L'ho guardata con un misto di stupore e sofferenza, come a ricordarmi un'immagine che volevo allontanare.

Desideravo la Daphnis nerii perché sorella più colorata della Mimas, più bella e accesa.
Ma.
Questa notte un'altra sfinge è venuta a farmi visita nei miei sogni.
Ali grandi e nere, a pois bianchi, una sorta di Amata phegea ma con ali enormi.
Amata, un caso, forse.

Lei l'ho anche fotografata.


Nel commento parlavo dell'amico libraio, della sua sofferenza che è comune e forse, solo forse, escludendo comunque l'eventuale casualità che sempre è presente, indica un percorso simile, fatto dalle nostre teste per sopravvivere e andare avanti.

L'Amata phegea modificata, più grande, del mio sogno, era nascosta in un anfratto di roccia. Era così grande da prendere tutto il palmo della mia piccola mano. Si è lasciata cogliere, nonostante l'istinto di sopravvivenza probabilmente le avesse suggerito di scappare ed è rimasta lì, così, ad attendere non so cosa, fiduciosa di non essere schiacciata e uccisa. Dopo una sosta che sembrava infinita è volata via, libera. Non so cosa significhi, ma mi ha messo serenità quindi è un messaggio sicuramente positivo.

Ora però ho in mente una poesia di Poe che quando ero piccina e avevo 12-13 anni mi piaceva tanto.

Un sogno dentro un sogno 
Questo mio bacio accogli sulla fronte!
E, da te ora separandomi,
lascia che io ti dica
che non sbagli se pensi
che furono un sogno i miei giorni;
e, tuttavia, se la speranza volò via
in una notte o in un giorno,
in una visione o in nient' altro,
è forse per questo meno svanita?
Tutto quello che vediamo, quel che sembriamo
non è che un sogno dentro un sogno. 
 
Sto nel fragore
di un lido tormentato dalla risacca,
stringo in una mano
granelli di sabbia dorata.
Soltanto pochi! E pur come scivolano via,
per le mie dita, e ricadono sul mare!
Ed io piango - io piango!
O Dio! Non potrò trattenerli con una stretta più salda?
O Dio! Mai potrò salvarne
almeno uno, dall'onda spietata?
Tutto quel che vediamo, quel che sembriamo
non è che un sogno dentro un sogno?

Ci sono dei momenti in cui vorrei non essere quella che sono. In cui, guardando i torti fatti e subiti, vorrei dimenticarli con una passata di spugna.
Come l'esercizio di matematica errato, scritto su una lavagna d'ardesia e presto dimenticato con un colpo di cimosa.
La polvere resta ma tutto svanisce in fretta.

A è l’attrazione per il partner, B il piacere psicologico della sua compagnia, C il desiderio di intimità con lui/lei, D il bisogno di essere accettati dal partner, E la paura di essere abbandonati da lui/lei. A ognuna di queste variabili bisogna attribuire un valore da 1 a 10 e poi fare il calcolo.

Alla fine il trucco, e qui sta la differenza, non è dimenticare ma perdonare e perdonarsi, perdonarci.
Ecco la mia cimosa: possiamo riscrivere un esercizio di matematica complesso e riformularlo meglio. Gli errori non mancheranno, ma come due studiosi sanno, senza la collaborazione non si può arrivare alla soluzione di un esercizio complesso.


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