13 luglio 2011

Due cose

Ieri sera alle 19.40 ho avuto un altro colloquio. La fortuna è che ho dovuto fare esattamente (vediamo che dice google maps) 160 metri.
Ero un po' in dubbio perché quando mi hanno detto l'indirizzo e ho scoperto che era dietro casa, sono andata a controllare un attimino e ci ho trovato un'agenzia immobiliare. Non ricordavo assolutamente di aver spedito un curriculum a un'agenzia immobiliare però chissà, ne ho mandati così tanti che vatti a ricordare.
Così ieri sera vado a sentire e mi presento con questa maglietta.

Prima di tutto perché un lavoro ce l'ho già, volevo comunque "andare a sentire" che non si sa mai. E poi perché questa, questa maglietta, i miei leggins e i miei capelli viola, sono io. E anche perché in nessun colloquio sono stata mai giudicata per il mio vestiario (con grande disappunto di chi, invece, dice che dovrei adeguarmi alla massa e andare a un colloquio vestita in maniera formale).
In ogni caso appena entro il tizio sta intervistando un altro ragazzo ("E' qui per il colloquio?")e mi invita ad aspettare fuori. Fuori? Va bhe, esco e aspetto.
Il ragazzo che era appena stato intervistato esce dall'agenzia immobiliare e mi chiama, salutandomi con un "In bocca al lupo".
Il tizio mi fa accomodare, mi squadra per un istante dalla testa ai piedi e commenta con un "Sportiva eh? E il viola..."
Stranamente non mi sento a disagio, è come se mi dicesse "ah, ma hai gli occhi verdi". E mi chiede "Come mai il viola?"
Che domanda. Come mai sei pelato? Avrei dovuto chiedergli.
Parto con la solita pippa del colore che mi piace ecc ecc. Rimarca ancora questa cosa della maglietta "certo, questi vampiri con i dentini". Ora, non a voler pensare male ma i dentini sono dritti dritti sul mio (quasi inesistente) seno.
Io però continuo a non capire di che tipo di lavoro si tratti, poi quando mi dice "Vedo che è residente a Torino, per quello via e-mail le avevo detto che il lavoro è a Bologna". Ora mi ricordo.
Qualche giorno fa Fry dice che dal sito dell'unibo stavano reclutando gente per un'azienda di cui mi passa il sito e ai quali invio subito il curriculum. La risposta è stata, come sopra, che loro sono a Bologna. Quindi cercano web designer, programmatori, un po' di tutto ma a Bologna. Ho rimarcato quindi di avere il domicilio qui.
Così mi spiega che si stanno appoggiando solo all'agenzia immobiliare, per fare colloqui, ma sono in espansione e in particolare mi fanno il colloquio per una posizione amministrativa. Però a metà tra segretaria e public relation, con una punta di conoscenze informatiche "per sapere di che parla il cliente". Mi comunica che mi trova una persona estremamente intelligente, che gli interessa anche il fatto che abbia studiato grafica, mi racconta la storia di Adriano Olivetti e mi dice che, nel caso venissi selezionata, dovrei essere la sua ombra, quindi se c'è da rimanere in ufficio fino a tardi per fare delle cose, si rimane. Se lui deve andare a un aperitico chic con i clienti, bhe io dovrei mettermi carina tutta sorrisi e tacchetti.
Una cosa assolutamente contraria alla mia filosofia di vita.
Però posso giocarmela, insomma, un lavoro già ce l'ho (sempre che nessuno ci ripensi) così quando scorrendo tutti i lavori che ho fatto, uno diverso dall'altro, mi chiede "Ma lei cosa vuole fare nella vita?" finalmente posso rispondere con un sincero "Non lo so". E, #sapevatelo, questa risposta piace, specialmente se corredata da un sincero "Non importa che lavoro andrò a fare, per me l'importante è trovare un bell'ambiente e tornare a casa soddisfatta. Qualsiasi cosa debba fare."
Si dondola sulla sedia soddisfatto, a quanto pare la mia risposta gli è piaciuta. E la domanda era riferita anche al fatto che lui vuole una risorsa da formare e che non cerchi altro lavoro, cioè mi sta praticamente dicendo che mi vuole pagare una miseria e che se trovo qualcos'altro non dovrei accettarlo per una promessa fatta a lui, per una promessa di crescita.
C. mi diede un consiglio essenziale. Mi disse di cercare sempre di capire ai colloqui se sei tu che devi venderti all'azienda, o se chi ti fa il colloquio vuole venderti l'azienda. Qui era vero il secondo caso. Cioè questo omino mi stava quasi dicendo che era un lavoro di merda, stare tante ore in giro con lui, vestendomi bene e sorridendo alle battute leghiste dei clienti snob, concentrata a non inciampare con i miei tacchetti, pagata quasi niente e con una parte di lavoro amministrativo di enorme responsabilità.
Mi dice che sarebbe un rischio puntare su di me perché non conosco la parte amministrativa del lavoro, che è quella più complicata. Mi chiede quanto imparo in fretta. Gli dico che il mio curriculum presenta tutti lavori diversi l'uno dall'altro e ogni volta ho dovuto imparare velocemente. Mi dice a quel punto che vorrebbe propormi uno stage ma subito rifiuto la proposta. Non posso permettermelo.
Alché mi chiede quanto vorrei (che sa un po' di richiesta a una prostituta): mi dico che il minimo sarebbe 1000 euro netti per un posto del genere in cui ci sarebbero un sacco di straordinari non pagati. Sono stata bassa anche perché se voleva prendermi in stage significa che mi avrebbe dato il meno possibile.
Mi dice che i miei 30 anni sono un problema perché non possono farmi il contratto di apprendistato e quindi mi propone un cocopro della durata di un mese, un mese in cui, ripete, non devo cercare altro lavoro. Gli dico allora che senza l'assicurazione di un futuro lavoro non posso non cercare, quindi scende a due settimane di non ricerca di altro impiego.
Guarda il libro che mi sono portata e mi chiede se mi piace leggere e parte una lunga discussione sulla crudeltà dei tedeschi verso gli ebrei e di come sia potuto accadere. Mi parla de "L'Onda" il film tratto dall'esperimento di un professore che ha ricreato nella scuola dove insegnava, la stessa obbedienza cieca verificatasi ai tempi del nazismo (esperimento che conosco però mi fingo interessata). Dice che mi farà sapere, oggi avrebbe sentito un'altra persona.
Tirando le somme, sono stata sincera più del dovuto e ho capito che questa cosa funziona, se hai contenuti. Tutto sommato il mio abbigliamento e il mio modo di essere hanno destato curiosità. Inoltre come giustamente mi ha detto Fry, se io mi mettessi in ghingheri per un colloquio non sarei io, e se ne accorgerebbero perché mi sentirei in imbarazzo. Appena uscita faccio per tornare a casa e trovo Fry per strada, si era preoccupato perché era passata un'ora (mioddio abbiamo parlato così tanto?) e stava venendo a cercarmi. Andiamo a prendere le birre scialle al piccol e intanto gli racconto. Conferma le mie prime impressioni, cioè che è un po' fumoso quando mi racconta del lavoro che andrei a fare, che gli puzza di fregatura.

Quando saliamo a casa col carico di birre a braccio, la ragazza del coinquilino mi dice che "loro" (indicando Fry e Conqui) non sono d'accordo però secondo lei dovrei vestirmi come una donna che ho trent'anni ormai. Parte una discussione già sentita in cui affermo che nessuno può dirmi come essere né come vestirmi e la società non può impormi di mettermi il tailleur perché ho 30 anni. Di solito queste cose me le dicono gli uomini che all'inizio sono incuriositi dal mio fare sbarazzino, poi cominciano a pretendere un abbigliamento meno mascolino e meno colorato, qualcosa di elegante o sexy mentre loro, d'altro canto, non hanno nessuna intenzione di mettersi eleganti - e io non lo richiederei nemmeno mai.
Dalle donne a volte ho qualche appunto, magari corredato da un "anch'io ero come te, poi sono cambiata".
Perché, perché mai devo cambiare? Posso, volendo, scendere a piccoli compromessi, ma questa sono io. Io mi piaccio così, sono a mio agio così, non potrei essere altrimenti. E se un giorno cambierò sarò perché sono realmente cambiata e non perché ho 30-40-50 anni.

Comunque, piccola parentesi, non m'importa.
Più che altro ieri prima di andare al colloquio è passata una signora di uno dei piani di sotto che tutta sfavata e con i pugni piantati sui fianchi mi aggrediva dicendo "Mi deve spiegare come mai l'ascensore è sempre bloccato a questo piano" - senza nemmeno salutare. In effetti al quarto piano succede a volte che la porta non si chiuda bene e quindi diventa impossibile chiamare l'ascensore dagli altri piani. Io di solito ci faccio attenzione e la chiudo a mano. Evidentemente non è così per tutti.
Però dalla mia ho i miei modi cortesi e gentili. E dopo una breve discussione dai toni pacati (miei) contro i toni aggressivi (suoi) è scesa chiedendomi scusa.
La cosa mi ha fatto sorridere e ha confermato la mia teoria secondo cui la cortesia vince su ogni cosa. Del resto si dice piemontese, falso e cortese, e sfruttiamoli questi stupidi detti.
Dopo questa scena ho deciso che per premiarmi del lavoro trovato mi dovevo fare un regalino. E mi sono comprata questi magnifici trucchini, dopo aver visto questo esempio di make up. Ho preso sia la palette che lucidalabbra e blush. Pare che con la pelle abbronzata questo blush renda meglio così ho deciso di diventare supernera quest'estate.
Vi lascio con due cose (oggi è la giornata due cose):
perché è giovane la scrittrice, perché è carino il tema, perché la Littizzetto ha detto "che fa morir dal ridere", vi consiglio questo libro che magari un giorno (comprati e letti tutti gli altri) prenderò anch'io:




L’allieva




Alessia Gazzola





Uno straordinario esordio tutto italiano



Vi consiglio questo libro




e poi, ovviamente, la canzone del giorno che mi ha svegliato stamane e non riesco a smettere di canticchiare da un paio di giorni: Mamma Lillo's Band

1 commento:

Zion ha detto...

porcavacca che post denso. Sono stupita del tuo self control sulle discussioni del "come ti vesti". Io avrei già preso a pedate nel culo parecchia gente. Ammirevole!