30 ottobre 2018

Il mio anno sabbatico

E comunque ogni tanto ci perdiamo un po', ma tu non devi mai mai dimenticare:
- che ti voglio bene
- che mi devi ancora presentare il tuo amico entomologo!
Leggo questo messaggio col sorriso sulle labbra. Me l'ha scritto l'amico libraio, complice di una chemio condivisa, segno di un'amicizia profonda che nulla può scalfire. La condivisione di un trauma così grande porta a un legame indescrivibile. Come le ife fungine che collegano gli alberi di una foresta, possiamo restare distanti e comunque sempre uniti.

La battuta dell'amico entomologo è presto spiegata. In realtà loro si sono conosciuti, un sabato, al Balôn. Ma chissà come mai, quell'oretta in cui siamo stati insieme io l'ho eliminata. Ricordo che Leonard, l'entomologo, ha conosciuto la mia collega, ricordo che l'amico libraio ha conosciuto la mia collega e un mio collega (che è andato via prima dell'arrivo di Leonard), ma la stretta di mano tra i due è stata dimenticata. Persa nei meandri della mia memoria, in uno dei buchi che è la groviera della mia mente.

Così un sabato ho detto a Leonard "Ti devo presentare il mio amico libraio"
"Ma guarda che l'ho conosciuto"
"E quando?"

Fosse stato solo questo.

Sempre sabato:
"Ti devo presentare il mio amico entomologo"
"Ah, ma conosci solo entomologi tu?"
"No, perché?"
"Dai quello che mi hai presentato al Balôn"
"Ah ma è lui, quindi l'hai conosciuto!"

E nonostante tutto, sempre quel sabato, con Leonard
"No, ti devo presentare il mio amico libraio, è una persona in gambissima"
Mi guarda come se stessi scherzando. "Ma sei seria?"

E via così.

Leonard è paziente con me, ma anche l'amico libraio. Anzi devo dire che tutti i miei amici sono molto pazienti con me, con i miei sbalzi di umore e di memoria. Non sono obbligati, semplicemente lo fanno perché mi vogliono bene e sanno che non sono emotivamente stabile, ma questa instabilità mi porta anche picchi in cui amo il mondo, amo loro, e glielo dimostro come meglio posso. Dopo quegli up possono sopportare i miei down che, devo dire, ormai non esterno nemmeno più troppo.
Perché non voglio pesare su nessuno.

Se c'è una cosa che ho imparato a fare, quando conosco qualcuno, è mettere le cose in chiaro: "Io sono impegnativa, ma do' anche molto". Fatta questa premessa le persone sono libere di scegliere se continuare a seguirmi su quell'ottovolante che è la mia vita emotiva oppure fermare la giostra e scendere.

***

I mesi passano, so che dovrei sentire l'ospedale per la mia visita annuale, ma non ho cuore. Sono stanca. E se solo per quest'anno saltassi? Solo un anno: un anno di pausa dalla mia malattia, poi l'anno prossimo ricomincio. Prelievi, mammografia, ecografia tiroide, ecocardiogramma, visita dei nei.
L'anno prossimo, giuro, mi faccio ribaltare come un calzino, faccio anche la visita proctologica nonostante non serva, giusto per aumentare il disagio. Ma quest'anno, vi prego, almeno quest'anno, facciamo finta che io non abbia mai avuto niente.

Ho già le mie cicatrici a ricordarmelo quotidianamente.

Canzone del giorno: NOFX I Wanna Be Your Baby

29 ottobre 2018

🤣

Qualcuno ti ha convinto, o ti sei convinta, che tu devi accontentarti di quel poco che arriva perché sei una stracciacazzi.
E invece sei avorio.
Un avorio che si crede legno.

Sono spaventata da una ricaduta da tumore, lo ammetto. E ne ho di ben donde.
Ma ciò che mi spaventa ancora di più è il male interiore: la depressione.

Non penso di averla mai inquadrata bene: ho sempre pensato che fosse un'immensa tristezza, un'angoscia che provi dentro e che piano piano permea tutta la tua realtà. In verità è più subdola.
La depressione, a parer mio, viene raccontata bene in un libro illustrato dalla famosa ideatrice di un meme, che si intitola "Un'iperbole e mezza". Tendenzialmente metterei il link al sito Amazon o meglio ibs, ma penso siate abbastanza scafati da trovarvelo da soli e se siete di Torino fate uno squillo alla libreria "I sette pazzi" che ve lo procura in breve tempo. Sono ragazzi simpatici, fighissimi e insomma Amazon per i libri ha anche un po' rotto la minchia.




Comunque il libro è da ridere, tantissimo, stile Leo Ortolani. Ma a tratti diventa riflessivo, e anche un po' angosciante. In maniera molto autoironica l'autrice racconta del suo periodo di depressione, di come senza preavviso è arrivata, e di come nello stesso modo se ne è andata.
È cominciata con una tristezza infinita per poi concludersi con un'assoluta mancanza di emozioni, come il nulla.
Un vuoto cosmico.

Io oggi.
Arrivo al lavoro e non ricordo come ci sono arrivata. Dovessi fare mente locale, posso solo ricordarmi di avere mandato una foto via Whatsapp in cui mostro che piove, e che sono dentro uno dei due mezzi che prendo per andare al lavoro. Non ho ricordi di come ho preso il primo bus, né del cambio. So che sono arrivata al lavoro a un certo punto, ed ero un po' fradicia per la pioggia, dato che non uso ombrelli. E ricordo di aver mandato un'altra foto a testimonianza.

Ho cominciato a lavorare e so che sono stata sballottata tra due attività. Poi ho smesso di sentire emozioni. Ma non sono andata in apatia. Sapevo di essere triste ma non provavo tristezza. Non provavo le sensazioni fisiche associate alla tristezza, non so spiegarlo.

E anche se ridevo e scherzavo con i miei colleghi, non sentivo allegria, era come se stessi indossando un guscio che agiva per me.

Ho aspettato poi mezz'ora il bus per andare via, ma è stato un tempo indefinito, che ho saputo quantificare solo guardando, a un certo punto, l'orologio.

"Ah ma è mezz'ora che aspetto, e piove, piove forte con vento".

E così senza sapore ho mangiato, mi sono struccata con i gesti automatici che ormai ho acquisito, mi sono lavata senza sentire l'acqua calda addosso.

Non mi sono mai sentita così. Vuota.

Canzone del giorno: Soundgarden Black Hole Sun

13 ottobre 2018

Un terzo di me.

Poi, volevo dirti che il racconto della drosophila è strepitoso. Tu hai una capacità di raccontare fantastica, unica

Sono in stazione, probabilmente in Polonia. Ho una divisa scolastica blu e non sono sola. C'è un'altra ragazza con me, una mia compagna di classe. Stessa divisa con gonnella blu a pieghe.
Dobbiamo andare in qualche posto ma sulle banchine c'è scritta solo la destinazione finale e non c'è la nostra meta, che deve essere una fermata intermedia. Abbiamo smarrito la nostra classe che probabilmente è già sul treno.
Ok, mi dico, cerco su internet. Ci metterò poco a capire di quale treno si tratta. Peccato che quando capisco su che treno dobbiamo salire, quello parte. Era al binario 5.
L'ho perso.

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Ieri pensavo in maniera un po' malinconica a questo blog.
12 anni.
Un terzo della mia vita è qui dentro.
Tra amori, cazzate, lavori (tantissimi), città, viaggi, interventi, sogni, incubi, speranze.

Siamo rimasti in pochissimi a leggere. Un solo fedelissimo, da sempre, Dado. Che mi ha seguita in silenzio quando tutti sono scappati. Pochissimi lettori attuali.

Ricordo che mi avevano convinta ad aprire un blog "per scrivere cagate" e poi è diventato una sorta di diario, intimo ma pubblico, in cui ho sempre scritto censurandomi per evitare di essere troppo esplicita.
E questo accade anche nei miei diari cartacei da quando un mio ex mi aveva fatto una lavata di capo perché in una delle mie pagine scrivevo che mi ero rivista con un fidanzatino di un paio di estati prima e avevamo parlato di noi.

Ma avevo 16 anni e non esisteva malizia alcuna. Così non sono mai riuscita a scrivere davvero ciò che pensavo, ho sempre usato codici indecifrabili anche per me: "Chissà che cazzo volevo dire qui, boh. Mha"
In effetti lui fu estremamente castrante per me, che ero solare, affettiva, fisica. Ho impiegato tanti anni per tornare a essere quella che ero, a dimenticare ciò che mi diceva ("Hai un carattere di merda", per dirne una). Ero cambiata per lui, e sono tornata a essere quella che ero per me stessa.
Scrisse anche un commento qui, non ricordo dove, dicendo che mi aveva trovata cercando informazioni su una "sua" vecchia passione, le piante carnivore. E così voleva rubarmi anche le mie passioni, e però non aveva scordato i miei occhi. E le cose che si dicono sempre.

Riflettevo su quanto io sia cambiata. Dal primo timidissimo post, alle difficoltà nel diventare una donna. Alle sofferenze continue dell'essere Carla. Perché essere me è faticoso, tanto. È faticoso mantenermi integra quando le persone intorno ti vorrebbero diversa, ci si sente davvero tanto soli.

Perché sì, all'inizio è tutto molto bello. Poi è sempre un "non finisci mai un cazzo", come se fosse una colpa voler imparare cose nuove, non volersi posare su nessuna strada per poter cercare di esplorarne il maggior numero possibile. Se potessi definirmi io mi vorrei chiamare "esploratrice", suona bene Carla l'esploratrice.
Vi invidio, miei cari e pochi lettori, che da anni fate lo stesso lavoro, che vi siete sposati e avete figli. Vi invidio perché mi sembra di fare il triplo della fatica per ottenere un minimo di stabilità, e anche quando la desidero con tutta me stessa, mi viene negata.
Dev'essere che poi alla fine il pregiudizio la vince. Il mio aspetto non è quello di una donna, ma di una ragazzina che non sa cosa vuole nella vita.
Ma sono come voi, voglio solo essere serena. Nemmeno felice, non aspiro nemmeno a quello.
Alla fine la resa è grandiosa se ci pensate. Costo poco, solo non datemi per scontata, un abbraccio ogni tanto e una presenza costante.

Forse è ora di chiuderlo, questo spazio. Questo pensavo ieri sotto la pioggia che mi piace tanto ma mi fa sentire parecchio triste.
Sarà perché adoro la pioggia sotto le coperte, abbracciando qualcuno che amo. Soprattutto se ci sono tuoni forti che fanno vibrare i vetri.
Ma sarà, romanticismi a parte, che scrivo senza alcun obiettivo. E 12 anni sono tanti. Un terzo della mia vita, torno a ripetere.

Oh, ma quando mi sono fissata di fare la sistemista? Che poi alla fine un paio di colloqui li avevo ottenuti e mi avevano pure assunta. E quella volta che ho fatto l'incidente? Che brutta giornata.
E al corso di programmazione Java che i miei compagni mi prendevano simpaticamente in giro perché li abbracciavo sempre? E gli svariati traslochi? E gli interventi?
Sono tutti chiusi qui dentro.

Mentre rifletto su cosa fare vi lascio qualche link ad alcuni miei post che ho trovato carini, mentre li rileggevo. Alcuni leggeri, altri un po' meno. Che alla fine anche quella Carla sono io.

Le mie piante carnivore
Linux
Il mio biglietto di sola andata
Le mie bugie
Le piccole cose
Uno dei post a cui sono più affezionata: fatico a posarmi sulle cose
I miei progetti del giorno
I miei 25 anni
Non ti sei ancora maritata?
Il mio primo test di gravidanza
Quinta superiore, lezione di matematica. Il professore chiede alla classe chi ci dice dove va x se la funzione tende a infinito. Un compagno alza la mano ed esclama "Carla!"
La mia cacapallaggine
Come la figa della scatola
Quando facevo la guida
Un fremito ancora
xgl
Quando non c'è più noi
Prima che sia domani
Fry
La piccola programmatrice Java
Andrò a Bologna!
Il mio incidente
La mia vita
Ma ero così brava con l'informatica?
I miei compiti per casa
La mia tela
L'usabilità

Cioè i post sono talmente tanti che... Mi rileggo e persino a me, che sono tanto cagacazzo con me stessa, piace il modo in cui scrivo. Alcune cose sono divertenti, altre commoventi, altre riflessive. E sono felice di sapere che in tutto questo ci sono io, assolutamente imperfetta, ma uguale ai miei post. Divertente a tratti, cacapalle come pochi, lunatica nemmeno a dirlo, casinara.

Mancherà più a me che ai miei sparuti lettori, temo. A parte Dado che sta già meditando vendetta.
Ciao, neh. Magari a presto. Magari no.

09 ottobre 2018

Con i miei occhi verdi

Non puoi andare lontano dalla tua psiche.
Hai bisogno di disintossicarti e vuotare il cranio
Tu scrivi. Lo sai fare, lo fai bene, ti fa bene. Farà male scrivere quelle cose, ne sono certo, ma devi farlo, come spurgare un veleno.


Oggi è stato l'ultimo giorno di lavoro di una mia collega: 18 anni di lavoro lì dentro. È entrata che aveva 16 anni, ancora col vecchio libretto di lavoro, e alla fine anche lei ha ceduto. Anni tra vertenze e demansionamenti, e solo negli ultimi giorni seduta dietro di me, al folletto aziendale (e non nel senso di aspirapolvere). Perché oltre a chiamarmi CarlaOhCarla con le c aspirate come se fossi toscana (ma nessuno aveva detto loro che ho vissuto a Firenze e del mio accento gianduiotto ne vogliamo parlare?) a volte mi dicono che sono un folletto.
Io e lei non ci siamo mai parlate moltissimo, di lei avevo scritto, tra le righe, un'altra volta in cui notandomi con un vestitino mi aveva detto, senza guardarmi, Che bella che sei. A volte le capitava di ridirmelo, quando ero vestita in modo particolare, con fare indifferente, come se la cosa fosse naturale e di nessuna importanza.
Lei però è bella davvero, ha un bel sorriso, dei begli occhi, un bello sguardo.
Oggi glieli guardavo, avevano qualcosa di familiare.
Sono solita fare complimenti alle donne, a volte mettendole in imbarazzo, ma non a tutte. Ma credo che un complimento di una donna etero valga più di quello di qualsiasi maschietto. Come quando a S dissi Te lo devo dire, qui dentro (e siamo 250) sei la ragazza più bella. E più dolce.
Scoprii poi che a S piacciono gli insetti e aveva anche allevato un bruco di Papilio macaon.

Mentre lei, Occhibelli, ha un ragno casalingo che ha chiamato Bartolomeo.

È il mio superpotere e ne vado fiera, fare in modo che le persone provino a guardare il micromondo con occhi più curiosi e meno disgustati.
Ma ho anche la facoltà di mettermi nei panni degli altri, nonostante l'egoismo cui mi sto obbligando per cercare di vivere meglio.

Sai che hai degli occhi stupendi? Te lo volevo dire da sempre, mi spiace che non abbiamo avuto modo di conoscerci meglio.
Ha parlato!, mi ha detto.
Aspetta, le dico, ma abbiamo gli stessi occhi.

In effetti sembrano un po' diversi solo perché io ho la pelle molto chiara e lei invece è molto abbronzata, ma è lo stesso verde con aura giallina vicino alla pupilla e cerchio esterno più scuro.

Pensa te.

In questi pochi giorni di vicinanza abbiamo parlato poco, ma ho sentito molto mio il suo cinismo.
Di come sentisse ormai tossico quell'ambiente a cui io invece mi sono affezionata, perché da novellina non conosco le dinamiche aziendali, non so cosa c'è stato e posso solo essere solidale ma in maniera parziale sperando, intimamente, di non essere rispedita a casa con un calcio nel sedere a fine dicembre.

I luoghi tossici, le persone tossiche, sono così. Entri in maniera euforica in quella vita, convinto di non cadere in nessuna trappola e piano piano invece le trappole diventano la tua casa e ci fai talmente l'abitudine che quasi non te ne rendi conto. Finché un giorno smetti di dormire, hai mal di stomaco, non riesci a mangiare. All'inizio non comprendi cosa stia succedendo, ma se sei fortunato hai la possibilità di vedere com'è vivere senza la sostanza. Stare un po' meglio, respirare, disintossicarti.

Se ci ricaschi è finita.

Anni fa un mio amico era stato insieme a una eroinomane e mi aveva passato un faldone che trattava di dipendenza. La predisposizione alla dipendenza dipende da vari fattori, e io ne avevo molti. Compresi, ma lo sapevo già a 12 anni, che dovevo tenermi bene a distanza dalle sostanze che possono dare dipendenza perché avrei fatto difficoltà a smettere.
Droghe, alcol, fumo (per quello fumo la pipa circa una volta al mese, forse meno).
Faccio fatica a smettere di fare ciò che mi piace fare anche se è dannoso per la salute, anche se ne sono consapevole.

Poi, bhe, sono fogli stampati, è tutta teoria. La pratica è un'altra cosa e dato che non sono mai stata dipendente di nulla (a parte l'acquisto compulsivo di libri), posso ritenermi soddisfatta e missione compiuta.

Oggi Leonard mi ha detto di scrivere, scrivere come atto di sfogo, scrivere per decidere, scrivere in maniera razionale. Ho avuto un Deja-Vu. Anche Elisa me lo disse mesi fa, ma non l'ho mai fatto.

Si può quindi ridurre tutto a una tabella? Forse no. Ma è necessario provare.



Fisso le pagine vuote su cui non posso riportare nulla.
I pro di cosa? I contro di cosa?
Non c'è effettivamente nulla da valutare.

Non dormo bene da qualche giorno, mi sembra di non essere più capace, razionalmente, di valutare le persone. Ho il radar sfasato.

Una parte di me vuole cedere all'impulso di riprovare determinate sensazioni.
L'altra parte, quella che sto allenando, la mia cieca visione a lungo termine, mi dice che starò male e gli effetti sono già qui. Che questa è la tipica situazione in cui ripetere, come un mantra, Rasoio di Occam. "A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire".
Per quanto faccia male e sembri impossibile. Chi mai farebbe male a una persona a cui dichiara tutto quel bene?

Accendo la pipa, guardo il cursore lampeggiare.

Non puoi andare lontano dalla tua psiche.
Dice il saggio Leonard, colui che studia il microcosmo ed è così sensibile al macrocosmo.
Nel frattempo un'ape entra in stanza, la sento ronzare, la vedo svolacchiare. Non si ferma o posa da nessuna parte, è in ricognizione, sicuramente un'esploratrice. Tornerà all'alveare dopo aver trovato fiori e polline e lo dirà alle sue compagne. Dirà loro la distanza e la direzione e poi partiranno insieme e troveranno, senza esitazione, il luogo indicato.

Non c'è nulla di complicato in niente, se lo si riduce ai minimi fattori. Alla fine è tutto o bianco o nero, e queste varie sfumature di grigio che tanto declamavo si spostano nello spettro visivo fino a raggiungere uno dei due limiti.
Bianco o nero.
Non ci sono grigi al 18%. Non più.




08 ottobre 2018

16 agosto 2018. Quella foresta ha un non so che...

Avrei voluto scrivere un sacco di cose sulla foresta ma nel video direi che parlo abbastanza ripetendo gli stessi concetti più e più volte.
Ohi ma che cazzo di occhi strani ho?

Detto questo, la foresta ha un non so che di magico. Nulla sarà mai come la giungla vista in Madagascar, dove gli Indri Indri urlavano come fantasmi, piccoli spiriti protettori dei boschi. Dove i termitai erano alti quasi quanto me e i gechi avevano l'aspetto di piccoli draghi. E i camaleonti guardavano sospetti dagli alberi con gli occhi indipendenti, muovendosi lentamente tra le fronde, sperando di non essere mai visti. Ma questa è una bella foresta. Gli alberi sono altissimi, la luce arriva poco, ti senti quasi inghiottito da questo mondo silenzioso ma non troppo, dove i piccoli rumori indicano diverse presenze nell'alto degli alberi, in basso nel terreno.

Non ho parlato nel video dei Mixomiceti, gli esseri più meravigliosi che potete incontrare. Una volta inquadrati come funghi, ora hanno scoperto avere un doppio aspetto: nella prima parte della loro vita si comportano come animali, nella seconda parte si comportano come funghi. Il che li rende molto molto molto più affascinanti di quanto pensiate e al confronto un banale bisonte deve togliersi il cappello di pelo e le corna.

Cose che sapevo già ma molti non sanno. Foreste e boschi possono essere classificati come un unico organismo. Infatti le ife fungine sotterranee collegano praticamente tutti gli alberi creando un unico organismo connesso. Non è commovente?
Entrerete in un bosco con lo stesso spirito di sempre sapendo di accedere a un segreto del genere?

Vi lascio al video (potete cominciarlo dal minuto 5:40 se non vi va di vedere la colazione e le varie passeggiate fatte prima della visita alla foresta, vi perderete una cosa interessante però che si vede al minuto 3:34. Trattasi di un parassita delle lumache, si chiama Leucochloridium paradoxum, molti mi hanno detto che sono stata molto fortunata a vederlo, e vi perdereste anche il micetto che mi ha tenuto compagnia al mattino, ma ovviamente, a voi la scelta).

Buona foresta.





Ed ecco le foto, un po' da cellulare, un po' da Fuji.

Direi che questa foto (di quelle cazzatine) presa da facebook rende bene

mhm è ora di alzarsi
 
sono da sola a fare colazione

come tutti i gatti sta semplicemente progettando di uccidermi

gli orari dei bus

la strada per il secondo albergo

bisonte e gnocchi di patate e un po' di verdura per sentirsi meno in colpa

vodka a Gogò

il sottosopra

quando il detto "Ogni scarrafone è bello a mamma soja" si riferisce alla soia generica e non a tua madre che invece ha deciso che devi sistemare quei cazzo di capelli

io lo so che già mi odia

Credo che sia una gallina dei boschi


L'ingresso alla parte protetta della foresta 


Tracce di lupo o di cane procione (importato per le pellicce e poi bhe, la storia è sempre quella)

Funghi everywhere



Phallus impudicus e le mosche carnarie che lo divorano


Mixomiceti


Arvicola rossa


Cicogna



05 ottobre 2018

"Dove vanno i gatti quando muoiono?" di Gianni Rodari

-Mamma, ma i gatti dove vanno quando muoiono?
-I gatti quando muoiono vanno nel paradiso delle crocchette che è un posto scoppiettante. Hai presente quelle macchine che al cinema fanno i pop corn?
-Si, quelli che si mangiano e sembrano nuvole?
-Esatto, proprio quelli. I gatti vanno in un posto in cima alle nuvole dove scoppiettano crocchette puzzolenti che però a loro sembrano profumatissime e gli fanno venire l’acquolina in bocca. Dalle nuvole escono le loro crocchette preferite e loro saltellano tutti insieme. E poi questo paradiso è pieno di gomitoli di lana che ai gatti piacciono molto, così ci giocano un sacco e fanno le fusa. Il paradiso delle crocchette è un posto pieno di fusa. Loro pensano ai loro amici umani e fanno tante, tante fusa d’amore.
Si, e poi un giorno prendono una nuvola con le zampette e la aprono come fosse una valigia. Le nuvole sono le valigie, nel paradiso dei gatti. Ci mettono dentro dei pezzettini di cielo che hanno ritagliato con le forbici dei piccoli per fare i collage e di notte partono.
-E dove vanno la notte?
-Di notte loro vanno a trovare i loro amici umani. Scendono le nuvole scala e si infilano dalla finestra, mentre i bambini e gli altri umani che li hanno amati dormono. Prima, se hanno degli amici animali, come per esempio le tartarughe che a me stanno molto simpatiche, vanno a salutare gli amici animali perché parlano la stessa lingua e poi si infilano in casa. Vanno a dormire in mezzo ai loro amici umani, oppure fanno delle piccole birichinate così quando loro si svegliano, si accorgono che è passato il gatto che adesso vive nel paradiso delle crocchette.
-Si, e secondo me dormono a siluro tra le gambe dei loro amici umani.
-Si, passano lì con la loro valigia e lasciano sparsi per casa dei pezzettini di cielo. In cambio sai cosa prendono?
-No, non lo so. Cosa prendono?
-Prendono l’amore e i bei ricordi insieme ai loro amici umani, li mettono nella valigia nuvola e se li portano nel paradiso delle crocchette.
-E perché?
-Perché così quando vanno nella “fuseria” che è il posto delle nuvole dove fanno le fusa, tirano fuori i ricordi di amore dei loro umani e possono fare le fusa pensando a loro.
E noi possiamo pensare ai nostri amici animali che hanno lasciato pezzettini di cielo nelle nostre vite umane.

04 ottobre 2018

Il giorno dopo. From Warsaw to Bialystok, to Białowieza, to my heart. (15 agosto 2018)

Ti volevo mandare questo messaggio vocale per dirti che sei uno spettacolo di donna, sono contento che la nostra amicizia sia in qualche modo viva perché comunque sia sei una bellissima persona. [...] Noi maschietti siamo sostanzialmente brutali [...] quindi quando si incontrano i tuoi dolci occhi, belli e buoni, queste tue gote così belle, affusolate, il tuo sorriso, [...] questo tuo modo di fare così delicato e dolce non ci si può altro che innamorare di te. Quindi non è solo l'aspetto fisico la cosa importante anzi, è ben altro quella cosa che ti fa ricordare, che ti fa stimolare tutto ciò che la bellezza da sola non può fare.

Il mio secondo giorno è un intero viaggio, di corsa. Dovevo partire con calma per Bialystok e poi prendere la coincidenza per Białowieza ma data la sveglia al mattino prestissimo perché alle 5.30 c'è la stessa luce che alle 12 e non c'è modo di oscurare i vetri, mi chiedo se forse non sarebbe meglio controllare il check-in dell'albergo a Białowieza, e così scopro che coi treni e bus che avevo previsto di prendere sarei arrivata al pelo, e un cazzo qualunque ciao banane, come direbbe la mia amica V. Così mi sono alzata di corsa perché il treno prima sarebbe partito a breve, fatto lo zaino di corsa, cambiato il biglietto del treno di corsa, lavata di corsa, e via.
Ovviamente questo ha portato a non avere più il posto prenotato e a fare due ore di viaggio seduta nel corridoio di un Intercity che nulla ha da invidiare ai nostri vecchi treni. Soprattutto l'odore (e tornano alla mente mille ricordi in cui io dormivo sulle valigie nei corridoi dell'intercity che ci portava giù in Molise, ero così magra e piccola che le persone riuscivano comunque a passarmi accanto senza dirturbarmi. E i lunghi sonni fatti dentro gli scompartimenti quando riuscivamo a prenderne uno, tirando giù i sedili e formando un letto unico. Ah, meridionali - segnominoretre - ).

Il viaggio per Bialystok dura 2 ore, con una emicrania pazzesca e successiva aura. RagnoB mi aveva suggerito di portarmi un paio di barrette proteiche che non si sa mai, ed è stata previdente. Mangiandone una sono riuscita a prendere la pastiglia per il mal di testa e a proseguire semiserenamente il viaggio. Tutto il resto lo dico perfettamente nel video, l'ho montato malamente perché altrimenti ci avrei messo più tempo che a scrivere e allora non avrebbe avuto senso: saltate i pezzi che vi annoiano, guardate ciò che vi va di guardare. Il viaggio in totale, da Varsavia a Białowieza sarà durato qualcosa di infinito come 5 ore, inclusa l'attesa a Bialystok per prendere il bus per Białowieza. Nei video, mi sono resa conto, parlo spesso di cibo. Ma levatemi cibo e sonno e mi incattivisco da matti. Qui alcune foto della giornata, dal viaggio al cibo, ovviamente. E poi il video, buona visione!

sì è proprio quell'odore che vi immaginate

lo sgangherato bus

panorami


no ma non sono stanca

bruchetto salvato

saprò di miele per tutto il viaggio

l'ingresso al parco

tramonto

no ma non sono stanca #2

i miei capelli al naturale. Robert Plant da giovane me fa una pippa

sorta di rösti con semi di girasole e funghi in salsa con burro (o burro con salsa di funghi).

Giochino alcolico per accompagnare il video. Per ogni "Eh niente" si beve uno shottino, vince chi non finisce in coma etilico o, nel peggiore dei casi, chi sopravvive. Nel primo minuto siamo quasi arrivati a destinazione, si vede la foresta ai lati. Alcuni video erano stati fatti apposta per amici e amiche, quindi mi rivolgo a qualcuno specifico "ragazze", oppure dico "ora ti saluto" e via. Gnente, ho messo tutto.




Canzone del giorno: Meraviglia Samuele Bersani



"Hai resistito ai devastanti effetti del mio passaggio e, per la cronaca ricordo l'ora e i minuti esatti: lo dico senza retorica. Purtroppo non era solo un gioco per provocare un comportamento: ogni reazione serviva a poco, nemmeno dirsi addio "

03 ottobre 2018

Sempre il primo giorno. 14 Agosto 2018, Varsavia, piccoli appunti.

Un piccolo spezzone montato da google photo in automatico e un altro spezzone di video dalla stanza.




Chiedo scusa se avrete il mal di mare dai video che faccio ma il OnePlus 6 ha questa modalità di fare video per cui evviva la stabilizzazione ma pare di stare all'interno di un videogioco in prima persona.
In più soprattutto quando mi riprendo, dato che detesto la fotocamera frontale che deforma e già non sono un bijoux, mi riprendo da quella sul retro con tagli improbabili e movimenti insopportabili.
Pazientate.

Altre foto da cellulare del primo giorno.

in viaggio sul SADEM

aeroporto

si parte!

da obliterare mi raccomando


Burger King levati proprio

quando dico che la cotoletta di maiale impanata era grande come la mia faccia non scherzavo!

Varsavia



No postproduzione, i colori della sera

e la gente in riva al fiume

shottini!
 
gelatone e vodka post pierogi