Questo weekend appena passato è stato l'ultimo ufficiale di scuola. Dopo più di un anno passato a vivere a Firenze un weekend ogni due tra corse, treni, risate, bevute, separazioni, arrancamenti, fotografie belle e orrende, chiacchierate tra amici, compagni e (spero) futuri colleghi mi trovo ora a tirare le somme di questo anno scolastico e fare i dovuti ringraziamenti.
Le persone non sono assolutamente in ordine di importanza, per me è necessario semplicemente ricordare cosa ognuno ha fatto per me, direttamente o indirettamente, per portare a termine la scuola.
Amici latinos: dentro ci metto tutti, anche i non latinos perché il mio cuore è del Sud. Perché mi avete ricordato come gioire delle piccole cose, perché se è risolvibile non è grave.
La mia piccola cattiveria in formato concentrato, Tahio, perché l'ho adorata dal primo istante per la sua ironia, la sua spontaneità e perché mai si è negata quando avevo bisogno.
Flap per quella volta che ci siamo messi tutti a piedi nudi seduti sul lungolago (prendendoti come esempio, ovviamente). La libertà è fatta di queste piccole cose. E perché mi hai proposto come fotografa quando c'è stato bisogno, hai alimentato lo sblocco delle mie paure.
AlessanFro: il mio rude tatuato con il cuore di panna, che non ama essere abbracciato ma c'è quando ho avuto bisogno. Alcuni tuoi consigli sono stati utili anche se io sono sempre la tua amica inutile (dai capelli colorati).
Àlvaro: la tua creatività è sorprendente e anche se capisco la metà di quello che dici (lo sai che scherzo - "risposta incomprensibile") la tua aggiunta al gruppo è stata fondamentale. Sai più cose tu di fotografia di quante ne so io alla fine della scuola e sarai sempre una fonte inesauribile di spunti per me. Grazie.
Amici torinesi, mi avete aiutata in questo difficile ritorno.
Gigi, sai quanto sei importante per me. Mi hai aiutata a ridere, ad andare in bici (ehm), a tornare in pattini. Mi hai rimesso in mano il basso e mi hai sorretta in tutto questo periodo. Posso tranquillamente dire che se non sono troppo stanca da tutto è perché mi hai praticamente portata in braccio per tutto questo tempo. Sono cose che non scorderò mai: la tua dolcezza potrebbe salvare il mondo (ora puoi tornare a fare il cattivo e arrabbiato metallaro, vai). Grazie per aver guardato le mie foto con le emozioni e senza la tecnica, perché quest'ultima si può applicare con il tempo e l'impegno ma se in una foto non c'è emozione non c'è nulla. Lorenzo, hai il potere di farmi ridere di gusto e in maniera sguaiata. Hai pubblicato mie foto che non erano stupende ma credi in me e questa è una cosa bellissima. E grazie a entrambi per il trasloco. Non so come avrei fatto senza di voi.
Ragno B, che mi sei venuta a prendere a Cömo replicando il viaggio fatto 6 anni prima dalla Toscana a Firenze. Per fortuna non è stata l'esatta replica e il ritorno ha avuto un sapore alla Thelma e Louise ma con lieto fine. Sei con me dalle elementari e ti voglio più bene di quanto riesca a dimostrarti.
Cristiano, un capitolo a parte, il mio mentore. Dietro quel guscio da orso si nasconde un occhio sensibile e attento, non solo per le foto. Ti ringrazio, mille e anche più volte, per aver criticato le mie foto nel bene e nel male, per avermi aiutato mettendoci del tuo senza mai chiedere nulla in cambio e per avermi dedicato tempo, la cosa più preziosa che abbiamo.
Amici fiorentini, Marco, Giada, Gianni, Laura, Germana, Steno. Non vi siete tirati indietro quando ho avuto bisogno di ospitalità a Firenze, una volta tornata a Torino senza lavoro e con pochi soldi. Avete ascoltato con interesse i miei racconti sulla scuola, abbiamo condiviso bellissime serate e mi avete persino portata a mangiare un'ottima fiorentina come avevo promesso di fare a termine dell'anno scolastico. Mi avete convinta a portare a termine la scuola nonostante io stessi quasi per mollare ("Tanto non mi serve il diploma, dai") e devo dire che è stato un ottimo consiglio.
Compagni di classe. Il confronto con voi è stato un terrore quasi paralizzante all'inizio, eppure il mio pragmatismo mi ha portato in là e le nostre discussioni sulle foto, sui progetti e sul futuro mi hanno fatto migliorare tantissimo. Con quasi tutti ho stretto un rapporto incredibile e soprattutto con i ragazzi del B&B (che abbiamo occupato praticamente tutti insieme) le storie si sono intrecciate, le confidenze ingarbugliate e alla fine, sì, siamo diventati amici. Daniela, come avrei fatto senza di te? Sapevi cosa dirmi e quando dirlo e ogni volta che mi hai chiesto un consiglio fotografico o un consulto è per me stata una pietrolina di autostima in più.
Grazie.
Professori! Per voi un capitolo a parte ma SOLO una volta completato l'esame, suvvia, non mi voglio conquistare voti a caso.
Familiari, Madre e sorellanza, cosa posso dire che non possiate già sapere?
Ultimo nell'elenco ma assolutamente primo in ordine di importanza, Fry, ovvero Iolao.
Iolao senza di te non sarebbe stato possibile nulla di tutto ciò. Quasi in lacrime ti avevo parlato di questo sogno tenuto nel cassetto da quando vivevamo a Bologna perché temevo lo reputassi un sognomatto, un altro dei miei, una cosa da fare a metà come tutto il resto. Invece no, mi hai appoggiata, eri entusiasta almeno come me all'inizio anche se ti ho chiesto di rimanere in disparte, di non darmi consigli perché non volevo che mi influenzassi e non volevo fare cose solo per compiacerti.
Hai creduto tanto in me, mi hai permesso di lasciare il lavoro e di dedicarmi solo alla scuola.
Sono cose che non potrò mai dimenticare.
Vi amo, vi amo, vi amo fortemente tutti.
Se ho scordato qualcuno non fatemene una colpa: la mia memoria non è grande come il mio cuore.
Canzone del giorno: Amen Dunes Song to the Siren
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19 giugno 2017
08 febbraio 2017
Io, piccola Seppiolina
L'attività del primo giorno di stage è stata così frenetica che per fortuna non sono una fumatrice, perché non abbiamo fatto nemmeno una micropausa. Cioè per mangiare, ma giusto in tempo ad impiattare le pietanze cucinate dalla cuoca e sederci a mangiarli, poi ci siamo subito rimessi all'opera. Per me è stato molto osservare, sto capendo ancora come funziona questa catena di montaggio dove non c'è molto di artistico.
Il fotografo mi aveva avvertita: "è un lavoro molto noioso", io lo trovo interessante ma capisco che lavorarci su tutti i giorni per anni può essere particolarmente noioso e ripetitivo. Lui è molto paziente, visto e considerato che sono come un garzone che gli sta sempre tra i piedi e posso essere più di impiccio che altro. Tirando brevemente le somme è uno stage che mi potrà dare molto, soprattutto sull'utilizzo di Photoshop. Ieri sera ero così cotta (svegliata alle 6, tornata a casa alle 20.30) che mi sono fatta una doccia e sono andata a morire a letto.
Ho preso anche 2 caffè nell'arco della giornata perché altrimenti non avrei retto. Anche prendendo il treno, avrei voluto leggere ma gli occhi erano pesanti così mi sono abbandonata al sonno. Per fortuna il risveglio era al capolinea.
Ora si riprende.
Buona fortuna a me!
Il fotografo mi aveva avvertita: "è un lavoro molto noioso", io lo trovo interessante ma capisco che lavorarci su tutti i giorni per anni può essere particolarmente noioso e ripetitivo. Lui è molto paziente, visto e considerato che sono come un garzone che gli sta sempre tra i piedi e posso essere più di impiccio che altro. Tirando brevemente le somme è uno stage che mi potrà dare molto, soprattutto sull'utilizzo di Photoshop. Ieri sera ero così cotta (svegliata alle 6, tornata a casa alle 20.30) che mi sono fatta una doccia e sono andata a morire a letto.
Ho preso anche 2 caffè nell'arco della giornata perché altrimenti non avrei retto. Anche prendendo il treno, avrei voluto leggere ma gli occhi erano pesanti così mi sono abbandonata al sonno. Per fortuna il risveglio era al capolinea.
Ora si riprende.
Buona fortuna a me!
01 febbraio 2017
L'ordine naturale delle (mie) cose
Capitolo 1: Firenze.
Firenze è e sarà sempre una città a cui sono molto legata. Nonostante sia difficile legare con i fiorentini, quei pochi che mi hanno lasciata entrare mi hanno totalmente aperto e fatto aprire il cuore.
Firenze è la città della mia scuola, sgangherata, costosa, inaffidabile. Quella però che comunque mi ha aiutata a modificare il mio sguardo, a migliorarlo anche se mi aspettavo probabilmente di più.
A luglio la mia scuola terminerà e a breve comincerò lo stage, ma di questo vi racconterò dopo.
Quello che mi mancherà di questo nuovo capitolo di Firenze è l'essermi affezionata a persone che non rivedrò probabilmente più. Che poi sono stronza, non lo ammetto volentieri ora, ma il pensiero già fa un po' male.
Ci tengo così tanto che nonostante lo sciopero dei treni regionali in Lombardia questo venerdì, ho accettato di provare blablacar per andare giù: tutto bene, sono viva. Ma uno dei passeggeri con l'alito di birra non è stato facile da reggere. Soprattutto l'odore, ahah.
Capitolo 2: Torino.
Torino è la mia città. Quando dico la mia città, non intendo la mia città preferita: sarebbe banale. È quella in cui ho riposto i miei punti strategici, quelli di riferimento. È quella che riscopro ogni volta che ci torno, è quella che amo passeggiare più di tutte. Ci sono stata un paio di settimane fa, il cielo era limpido e la vista delle Alpi innevate mi mancava come l'ossigeno. E così ho respirato quel panorama, così ho girato angoli diversi: capannoni abbandonati, collina, paesaggi lunari di vecchie fabbriche. E ho rivisto amici che erano solo conoscenti ma mi hanno regalato un paio di serate in cui ricordo di avere riso come era tantissimo tempo che non accadeva. E nulla di elaborato attorno: un pub economico, un vecchio tavolino, un personaggio assurdo. Un mesetto fa circa un mio compagno di corso mi raccontava di non avere amici, ma solo conoscenze. Un unico amico che abitava lontano.
Mi sentivo anche io così selettiva ma ora quando qualcuno mi dedica del tempo e mi regala qualche risata, mi sta facendo il dono più grande che posso immaginare.
Ho riso con accento gianduiotto, tra un "Diofà", un "neh" e un "bom" e l'avere riscoperto queste due persone mi ha tranquillizzato come non potevo nemmeno immaginare.
Per cui grazie.
Ah ho partecipato a uno stage di Naginata, una sorta di spada giapponese. Chi mi ci ha trascinato? L'unica comparabile a me, come follia: mia sorella.
P.s. La visita tuttapposto: al solito nodulini attorno alla tiroide. Al solito "non preoccuparti".
Capitolo 3: Cömo.
Mi piace Cömo ma è come se qui non ci fosse più nulla da vedere. Scalpito per andare via, come se sentissi che questo posto, che comunque adoro, che comunque mi piace, non fosse più la mia città. In media dopo un po' sento il bisogno di vivere in un altro luogo e il posto in cui vorrei è decisamente Berlino. Ma Fry detesta il freddo, che io invece comincio ad apprezzare. Spostarsi poi così lontano è complicato. A fine marzo farò 4 giorni lassù, sarà per me la quarta volta. Le persone mi chiedono cosa io ci trovi ma non lo so spiegare. Probabilmente perché Berlino non è Germania, probabilmente per la storia contradditoria, per la separazione interna, per l'ambiente multiculturale che si respira, per l'arte, la musica, la capacità di rinnovarsi che noi non abbiamo. Ma è così: si respirano opportunità a Berlino, che non significano soldi, significano possibilità. La Svizzera ci ha regalato del denaro ma Berlino mi regala sogni.
Capitolo 4: Facebook.
Ho disattivato l'account da qualche settimana. L'iniziale decisione era di non riattivarlo prima di un mese, ma sto pensando di non riattivarlo più.
Sapete cosa mi manca, anzi chi? L'unica persona che non posso raggiungere su altri sistemi: Med.
Quando l'ho avvisato che sarei stata un po' fuori dal giro e gli ho dato il mio numero per potermi aggiungere su whatsapp mi ha detto un malinconico "Mi mancherai".
Non so perché non mi scriva con altri mezzi, però il 9 febbraio è la scadenza del mese e dovrei decidere. Giusto perché siamo in tema, Medioformato è la pagina in cui ci sono le mie foto, se volete dare loro un occhio.
Capitolo 5: Me.
Me stessa è il luogo che più amo e più odio. È difficile da spiegare. Mi sento come il nastro di Möbius, che pare a una sola facciata ma a metà percorso ti accorgi di essere dall'altro lato. E ogni giorno, sto bene e sto male, voglio una cosa ma anche un'altra, desidero stare qui e desidero partire. Faccio così fatica a starmi dietro che alla fine lascio che ogni cosa vada come deve andare.
Ultima cosa ma non meno importante, sono felicemente in possesso di una fuji X-T1, ho venduto la canon eos 7D e presto scriverò una recensione. Adoro questa macchina ma ha dei piccoli limiti superabili.
Canzone del giorno: What's up 4 non blondes
Firenze è e sarà sempre una città a cui sono molto legata. Nonostante sia difficile legare con i fiorentini, quei pochi che mi hanno lasciata entrare mi hanno totalmente aperto e fatto aprire il cuore.
Firenze è la città della mia scuola, sgangherata, costosa, inaffidabile. Quella però che comunque mi ha aiutata a modificare il mio sguardo, a migliorarlo anche se mi aspettavo probabilmente di più.
A luglio la mia scuola terminerà e a breve comincerò lo stage, ma di questo vi racconterò dopo.
Quello che mi mancherà di questo nuovo capitolo di Firenze è l'essermi affezionata a persone che non rivedrò probabilmente più. Che poi sono stronza, non lo ammetto volentieri ora, ma il pensiero già fa un po' male.
Ci tengo così tanto che nonostante lo sciopero dei treni regionali in Lombardia questo venerdì, ho accettato di provare blablacar per andare giù: tutto bene, sono viva. Ma uno dei passeggeri con l'alito di birra non è stato facile da reggere. Soprattutto l'odore, ahah.
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Firenze, Piazza Santa Croce |
Capitolo 2: Torino.
Torino è la mia città. Quando dico la mia città, non intendo la mia città preferita: sarebbe banale. È quella in cui ho riposto i miei punti strategici, quelli di riferimento. È quella che riscopro ogni volta che ci torno, è quella che amo passeggiare più di tutte. Ci sono stata un paio di settimane fa, il cielo era limpido e la vista delle Alpi innevate mi mancava come l'ossigeno. E così ho respirato quel panorama, così ho girato angoli diversi: capannoni abbandonati, collina, paesaggi lunari di vecchie fabbriche. E ho rivisto amici che erano solo conoscenti ma mi hanno regalato un paio di serate in cui ricordo di avere riso come era tantissimo tempo che non accadeva. E nulla di elaborato attorno: un pub economico, un vecchio tavolino, un personaggio assurdo. Un mesetto fa circa un mio compagno di corso mi raccontava di non avere amici, ma solo conoscenze. Un unico amico che abitava lontano.
Mi sentivo anche io così selettiva ma ora quando qualcuno mi dedica del tempo e mi regala qualche risata, mi sta facendo il dono più grande che posso immaginare.
Ho riso con accento gianduiotto, tra un "Diofà", un "neh" e un "bom" e l'avere riscoperto queste due persone mi ha tranquillizzato come non potevo nemmeno immaginare.
Per cui grazie.
Ah ho partecipato a uno stage di Naginata, una sorta di spada giapponese. Chi mi ci ha trascinato? L'unica comparabile a me, come follia: mia sorella.
P.s. La visita tuttapposto: al solito nodulini attorno alla tiroide. Al solito "non preoccuparti".
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Capitolo 3: Cömo.
Mi piace Cömo ma è come se qui non ci fosse più nulla da vedere. Scalpito per andare via, come se sentissi che questo posto, che comunque adoro, che comunque mi piace, non fosse più la mia città. In media dopo un po' sento il bisogno di vivere in un altro luogo e il posto in cui vorrei è decisamente Berlino. Ma Fry detesta il freddo, che io invece comincio ad apprezzare. Spostarsi poi così lontano è complicato. A fine marzo farò 4 giorni lassù, sarà per me la quarta volta. Le persone mi chiedono cosa io ci trovi ma non lo so spiegare. Probabilmente perché Berlino non è Germania, probabilmente per la storia contradditoria, per la separazione interna, per l'ambiente multiculturale che si respira, per l'arte, la musica, la capacità di rinnovarsi che noi non abbiamo. Ma è così: si respirano opportunità a Berlino, che non significano soldi, significano possibilità. La Svizzera ci ha regalato del denaro ma Berlino mi regala sogni.
Capitolo 4: Facebook.
Ho disattivato l'account da qualche settimana. L'iniziale decisione era di non riattivarlo prima di un mese, ma sto pensando di non riattivarlo più.
Sapete cosa mi manca, anzi chi? L'unica persona che non posso raggiungere su altri sistemi: Med.
Quando l'ho avvisato che sarei stata un po' fuori dal giro e gli ho dato il mio numero per potermi aggiungere su whatsapp mi ha detto un malinconico "Mi mancherai".
Non so perché non mi scriva con altri mezzi, però il 9 febbraio è la scadenza del mese e dovrei decidere. Giusto perché siamo in tema, Medioformato è la pagina in cui ci sono le mie foto, se volete dare loro un occhio.
Capitolo 5: Me.
Me stessa è il luogo che più amo e più odio. È difficile da spiegare. Mi sento come il nastro di Möbius, che pare a una sola facciata ma a metà percorso ti accorgi di essere dall'altro lato. E ogni giorno, sto bene e sto male, voglio una cosa ma anche un'altra, desidero stare qui e desidero partire. Faccio così fatica a starmi dietro che alla fine lascio che ogni cosa vada come deve andare.
Ultima cosa ma non meno importante, sono felicemente in possesso di una fuji X-T1, ho venduto la canon eos 7D e presto scriverò una recensione. Adoro questa macchina ma ha dei piccoli limiti superabili.
Canzone del giorno: What's up 4 non blondes
06 dicembre 2016
Incendi rovinosi
Sottotitolo: ogni scusa è buona per non andare in palestra.
Oggi sarei andata a fare una prima lezione di pilates. Sono dimagrita, molto, secondo me 5 kg li ho persi tornando al mio peso forma. Essendo tornata un'acciuga la cosa migliore da fare sarebbe mettere su un po' di massa muscolare dato che sono molliccia come una medusa (e ho anche la pelle trasparente come una medusa, ma quella roba lì mi piace). Così visto che la mia carissima amica T va in un posto dove puoi anche pagare singolarmente le lezioni ed essendo io una che "sìsìsìsìsì pago tutto subito che così me lo levo e faccio 2 anni di iscrizione IMMEDIATA" frequentando poi a malapena 2 settimane, ho pensato nella mia testa da criceto russo drogato "Dai, faccio una lezione, la pago e vedo come la va".
Così di buzzo buono stamane vado a fare due foto di merda al confine (un progetto così brutto non vorrei nemmeno portarlo, mi vergogno) e, gambe in spalla, torno a casa.
Torno a casa e il tempo di mangiucchiare qualcosa si fanno le 15.
Mhm.
Per andare in palestra dovrei uscire almeno alle 16.30 ma ho da seguire dei videotutorial messi a disposizione dalla nostra insegnante di grafica, quindi dai, per oggi salto la palestra, magari domani che è meglio.
Ne approfitto anche per ordinare la spesa che, a questo punto, faccio arrivare alle 18.
Controllo su Youtube e non vedo i videotutorial in alcuna playlist.
Bestemmie.
Erano in una pagina di Facebook da cui mi sono staccata per il mio annuale mese sabbatico.
Bestemmie.
Chiedo ai miei compagni di corso in una chat Whatsapp. Le chat di gruppo di Whatsapp sono la versione 2.0 dell'inferno. Non se sei una spammatrice folle come la sottoscritta.
Nessuna risposta.
Penso, ok dai, vado allora in palestra.
Ah no cazzo deve arrivarmi la spesa, non ci posso andare.
Fanculo, attuo il piano B, recupero la password e accedo. E scopro che proprio 5 minuti prima era stata avviata una chat di gruppo su Messenger per problemi con la scuola.
Bestemmie. Devo tornare su facebook e sorbirmi i "ma comeeeeeehh? sei già tornataaaaah? buongiornissimoooooh!"
Seguo i videotutorial, elaboro le mie foto di merda, e penso che tanto anche domani potrebbe capitare qualcosa. Quindi, perché sbattersi?
Del resto fare attività fisica fa male. Chiedetelo alla mia schiena che dopo 20 minuti di "cammello" (dal minuto 2:58 in poi se non volete beccarvi un ripasso) di ieri, a danza del ventre, sta ancora urlando.
E poi: odio gli incendi.
10 ottobre 2016
La mia nuova vita, il mio ultimo giorno di lavoro, il mio futuro
Ho aspettato di terminare il mio diario sul Madagascar (che ha impiegato un lunghissimo anno) per raccontare davvero quello mi preme di più scrivere.
Ho cominciato l'accademia internazionale di Fotografia a Firenze. Un weekend sì e uno no, la bella città rinascimentale mi accoglie per insegnarmi a disegnare con la luce stupendi scatti.Perché Firenze? Perché quella scuola?
Torniamo indietro. Qualche anno fa, penso 4, un'amica di Fry ci raccontò di aver frequentato quella scuola. Ora lavora come fotografa. Non sempre c'è una correlazione causa effetto, la scuola non fa miracoli. Il mestiere del fotografo è duro, c'è tanta concorrenza, è che lei è molto brava.
Avrei tanto voluto iscrivermi anche io a quella scuola ma non avevo i soldi e così chiusi quel sogno in un cassetto senza pensarci più. La scuola mi avrebbe permesso di frequentare un weekend ogni due, non dovendo quindi lasciare il lavoro, ed era possibile fare uno stage tramite loro.
Per me sarebbe stato il massimo.
Lavorare in un call center è un po' l'inferno. Avete letto "Dannazione" Di Chuck Palanhiuk? Male, dovreste leggerlo.
Se però non vi andasse di trascorrere l’eternità facendovi endoscopie approfondite su un qualche squallido sito Internet, davanti agli sguardi libidinosi di milioni di uomini con gravi problemi di intimità, l’altro tipo di lavoro che quasi tutti scelgono di fare, qui all’inferno, è… il telemarketing. Ovvero sì, starsene seduti a una scrivania, gomito a gomito con schiere di altri colleghi condannati agli inferi lunghe fin oltre l’orizzonte in entrambe le direzioni, parlando a macchinetta in un auricolare con microfono.
Ecco in cosa consiste il mio lavoro: le forze oscure calcolano senza sosta il momento in cui nelle varie zone della Terra arriva l’ora di cena, e un computer chiama in automatico i numeri di telefono delle zone in questione, in modo da interrompere i pasti di chiunque. Il mio obiettivo non è vendervi chissà che: vi chiedo soltanto se avete un minuto per partecipare a un sondaggio per rilevare i trend di consumo dei chewing gum.
In effetti il call center, che tu debba vendere, intervistare o solo ("solo") dare assistenza è questo. Un rumore di fondo continuo che a lungo andare annebbia il cervello. Se già la mia memoria non ha mai funzionato in maniera continuativa, notavo che stava perdendo sempre più colpi.
"C********i buongiorno sono C*l*m*o, come posso esserle utile?"
Giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto. I clienti non sono tutti dei geni e la mia famosa pazienza cominciava a vacillare. Qualche volta sono andata in bagno a piangere, poche sappiatelo, qualche volta ho attaccato tirando giù bestemmie, qualche volta ho tolto le cuffie e ho lasciato che dall'altra parte continuassero a urlare, qualche volta io ho ricevuto bestemmie, e avanti così.
Il lavoro rende liberi, nessuno ci ha mai creduto. Se sono rimasta è solo perché amo la mia indipendenza, amo poter fare qualche viaggio oltreoceano (e questo lavoro ha permesso il Madagascar, dopo 10 anni!), amo potermi dedicare ad altro. Ma gli oggetti si sa, vengono spesso acquistati perché c'è un grande vuoto dentro, una frustrazione che non riusciamo a comprendere appieno né a superare. Vai di obiettivi, vai di libri, corso di danza, corso di basso eppure quella frustrazione di base rimane sempre. E d'improvviso, anche se potresti lasciare il lavoro, ti ci trovi invischiato. Ormai sei schiavo dei tuoi oggetti, della tua vita, dei tuoi acquisti e niente. Devi continuare.
Ci sono state diverse svolte tra le mie conoscenze che mi hanno portata a pensare di dover cambiare vita. È questa l'ora, non avrò mai più un'altra occasione.
Delle tante esperienze di vita altrui di cui faccio tesoro, la più importante è stata quella di PulcettaBallerina, una delle mie amiche più care. Dopo più di 10 anni in un call center (lo stesso in cui ho lavorato anch'io a Bologna per quasi 2 anni - i più lunghi della mia vita - tentando disperatamente di cambiarlo, tralaltro) ha deciso di voltare pagina. Ha richiesto la mobilità e si è iscritta all'università. È stata una scelta importante perché ci ha messo tanto e ha investito tutto quello che aveva. La sua scelta è stata per me un'epifania. Mi sono detta:
Ora restava il più grande interrogativo: quale sarebbe stata la mia strada? Cosa avrei potuto fare nella vita?
La mia scelta è sempre stata dettata da un'intuizione del momento, non ho mai imparato a essere lungimirante. Quel piccolo sogno nel cassetto che non era nato 4 anni fa, ma molto prima, quando dopo la scuola di Grafica ero intenzionata a proseguire con gli studi di Fotografia per mettere in atto quanto imparato tra bagni di sviluppo, fissaggio e i vari scatti in sala pose, era ormai dimenticato. Come un libro che acquisti e che volevi leggere ma che non sai più di avere.
Feci questo sogno e mi fu presto chiaro che ci doveva essere un modo. Per temporeggiare ma intanto fare qualcosa.
E mi tornò alla mente la scuola.
Di fotografia.
A Firenze.
Non era necessario per me lasciare il lavoro, dato che si sarebbe trattato di un weekend ogni due, e poi quando si sarebbe reso necessario fare lo stage, bhe ovviamente mi sarei dedicata solo a quello. Prima o poi una strada avrei dovuto prenderla, non potevo fare tutte e due le cose per sempre.
Così a scuola, un giorno, parlando con il signore che si occupa di seguire la pratica per lo stage di ognuno di noi, mi chiese quanto tempo avevo da dedicare allo stage. Risposi che stavo per lasciare il lavoro. "Da quando sei libera?".
Dissi "settembre, massimo ottobre". Era chiaro che di lì a poco avrei dovuto dare le dimissioni dato i due mesi di preavviso. E così è stato. A fine giugno ho presentato le mie dimissioni con un ampio sorriso sul volto e il 31 agosto è stato il mio ultimissimo giorno. Dal primo settembre sono libera. Dopo due anni e passa di cuffie nelle orecchie, lavoro di 8 ore al giorno su turni, isolamento totale dal mondo.
Libera.
Di scattare, di elaborare e anche di non fare un cazzo.
Vorrei scrivere molte, moltissime altre cose, ma lascio che il blog rifiorisca raccontandovi giorno per giorno le mie piccole avventure.
La scuola è cominciata ad Aprile e mi ha dato davvero tanto. Ogni giorno miglioro e sento di aver fatto la scelta giusta. Qualche scatto potete già guardarlo qui.
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