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01 settembre 2022

Non è un modo di dire

 Sono a Berlino, ospite della coppia di miei amici di Bologna che lì vivono, per qualche strana ragione dormo in soggiorno con il "lui" della coppia. 

Mia sorella intanto mi consiglia il nome di una tatuatrice per farmi un piccolo Totoro. Sembra, tra le altre cose, che sia divisa in due. Una parte di me è nello studio della tatuatrice che sembra l'antro di una strega (lei, capelli neri corvini, tutta tatuata, bellissima) e l'altro gira per Berlino.

Fatto sta che mi sveglio nello studio della tatuatrice, sembra che mi abbia stregata o addormentata, perché apro gli occhi e mi rendo conto di avere tutto il corpo tatuato (il dolore non mi ha svegliata o non ne ho provato). Non vedo Totoro in nessuna parte del corpo, ma tatuaggi scuri e neri che, seppur belli (vari mostri, il disegno delle ossa e dei piedi su gamba e piede destro). Il panico è totale, non solo non ho il tatuaggio che volevo, ma la tatuatrice ha coperto tutti i tatuaggi che già avevo. Non c'è più teschio o formica o papavero. Sono sconvolta.

E' un danno permanente a cui non posso rimediare. Non so nemmeno so ho i soldi per poterla pagare. Glielo dico "Ho solo 700 euro, non riuscirò a pagarti".

Mi guarda: "Non preoccuparti, il cliente prima di te ha pagato 80 euro".

Mi guardo, la mia pelle è diversa, non era quello che volevo, non era quello che avevo scelto. Il primo pensiero è di denunciarla, ma come farò a spiegare di non essermi accorta del tatuaggio, di non averla bloccata?

Sono arrabbiata e frustrata. Decido di chiamare Cliff, magari riesce a calmarmi.

Non ricordo se lo chiamo o no, alla fine. So che c'è un modo per capire se è reale o meno. Se è un ricordo o un sogno. Se è fantasia o sta accadendo. A volte mi capita, nei sogni: non sono sogni lucidi ma in qualche modo mi accorgo che c'è qualcosa che non va. "Ora apro gli occhi", mi dico "e controllo".


Apro gli occhi. Mi guardo la spalla destra. C'è il teschio.

Era tutto un sogno.

Paradossalmente proprio quel giorno vado a recuperare un libro, "Il cimitero del Batavia" presso un punto di ritiro. Mentre il tizio me lo consegna esclama "MA HAI UN CAPOLAVORO SUL BRACCIO!"

"E pensare che stanotte ho rischiato di non averlo più"

13 luglio 2022

Sogno del 30 Dicembre 2019

Ho sognato che esisteva un universo parallelo dove si poteva rimediare ai propri errori. Non ricordo come era stato aperto il varco, ma ricordo questa ragazza, bionda e nasino all'insù, occhi grandi e azzurri. Lei doveva rimediare con una persona. Il problema di questo luogo è che era molto lynchiano, e le persone non si comportavano come si sarebbero comportate nella nostra realtà, nel nostro universo.
Inoltre esistevano più esseri con lo stesso aspetto, più versioni della stessa persona. A volte cambiava una caratteristica, a volte cambiava l'età. Vedevo questa ragazza destreggiarsi con le più versioni di quella persona e tenere duro nonostante le reazioni spropositate e assolutamente illogiche di quell'essere. Io non so perché fossi lì, ma mi era ben chiaro che era difficile uscirne. Ormai lo scopo era quello. C'era una mamma che voleva rimediare con i figli che probabilmente non c'erano più, c'era questa ragazza che voleva rimediare con questo uomo. Forse un tradimento, chissà. E c'ero io. In questo strano universo popolato di persone che non avevano regole una signora mi invitò a ballare, temevo la reazione perché non sapevi mai cosa poteva capitare in queste occasioni. Era piccola bassa tonda e curva. Cominciò a battere i piedi secondo il suo ritmo anche senza una musica. Cercai di imitarla ma lei mi guardò come se stessi facendo la cosa più goffa del mondo anche se mi muovevo stranamente meglio di lei. Temevo una risposta ma sbuffò e andò a ballare da sola un po' più in là.
C'era il serio rischio di morire, se una delle entità si fosse arrabbiata Dio solo sa cosa sarebbe potuto capitare. Dovevamo trovare il portale, e quello divenne il nostro nuovo scopo.

Ricordo un portale rettangolare con i bordi un po' curvi stile Portal ma non ovale. In un posto scovato a caso.

Propongo un'agenzia che fa pagare per attraversare il varco ma la situazione sfugge di mano e le persone restano intrappolate lì o alcune entità attraversano il portale cercando di accedere alla nostra dimensione.


Fa davvero effetto leggere che anche nei miei sogni le persone non lineari, con picchi emotivi improvvisi  mi generino tanto terrore da cercare una via di fuga.

10 maggio 2021

Quel che succede al crepuscolo

Chiudo gli occhi.

Li riapro.

Nulla cambia, sono qui ma non so dove. È come se non ricordassi cosa stessi facendo qualche istante prima. Rettifico. Non ricordo assolutamente come sono finito qui. La seggiola di legno su cui le mie adorate chiappe posano è scomoda. L'amnesia che mi affligge è strana, nulla di ciò che ho intorno mi aiuta a ricordare. So chi sono, ma non ho assolutamente idea di che ci faccia qui, seduto, con il tavolino da campeggio, di fronte a questa giovane donna dai capelli corvini, in mezzo a questo prato.


D'istinto cerco lo smartphone, lui saprà dirmi che succede. Mi sarò annotato qualcosa, il GPS mi darà almeno qualche indicazione, magari negli ultimi messaggi ho scritto a qualcuno dove mi trovo, chi è questa tizia mezza dark che mi guarda con aria indagatoria. Ma la mia scatoletta tecnologica è kaput. Per la prima volta nella sua esistenza, scarica, non si accende.

Mai fidarsi troppo della tecnologia.

"Costa stavamo dicendo? Non ricordo a che punto eravamo"

Alza lo sguardo al cielo, scocciata. Gli occhi chiari e segnati da una vita non semplice, anche se ha l'aria di essere giovanissima.

"Sta a te" 

"Come prego?"

Solo in quel momento mi accorgo che sul tavolino che ci separa è poggiata una meravigliosa scacchiera in legno. Pezzi lavorati un po' grossolanamente ma belli. Quasi dotati di vita propria. C'è un vento leggero, dalle foglie cadute intuisco sia autunno.

Intuisco.

Ma non so dove siamo, non so chi è Lady Dark, non so nemmeno se so giocare a scacchi. Ho vaghi ricordi di quando ero piccolo e avevo una minuscola scacchiera da viaggio che si chiudeva piegandola a metà tramite piccole cerniere e i pezzi restavano chiusi all'interno di questo piccolo scrigno.

Avevo un foglio di carta plastificata con le istruzioni e grazie a quello ho imparato a muovere i pezzi, giocando da solo. Ma non ho mai imparato la strategia, negli scacchi, nei giochi in generale e nella vita. Gli altri mi hanno sempre battuto. Credulone e sognatore, quanto spreco di energie a sognare.


Mi toccano i bianchi. Gli occhi chiari della donna in nero mi fissano.

"Aspetta, te lo devo chiedere. Cosa ci facciamo qui?"

Il silenzio è così rumoroso da far male alle orecchie. Non si sente più il rumore del vento, né del nostro respiro, né il battito del mio cuore.

"In effetti ci giochiamo quello, i tuoi ricordi. Per ogni pezzo che mi mangerai, riaffiorerà un piccolo ricordo. Ma solo se arrivi alla fine, solo se fai scacco matto avrai modo di sapere esattamente perché sei qui".

La guardo, la cosa non mi diverte. Non so perché ma le credo. Se non fossi in questa strana situazione questa piccola Vedova Nera potrebbe anche piacermi. Quello sguardo sofferente, l'aria di chi non dorme da secoli, i capelli scuri e la pelle, ma soprattutto quegli occhi. Occhi di chi ha visto troppo, nella vita, per poter soprassedere. 

Ha le labbra screpolate, le unghie mangiate, la sofferenza la corrode dentro.

"E se vinci tu, se mangi i miei pezzi cosa accade?"

"Nulla, io lo faccio per divertirmi"

Non me la dai a bere strana e misteriosa fanciulla, nessuno fa niente per niente. Me lo hanno ripetuto così tante volte che alla fine l'ho fatta mia, questa frase. Qualsiasi cosa la si fa per un ritorno, anche solo emotivo. Forse la tua ricompensa sarà lo smacco di avermi battuto?

"Cavallo in f3. AFFONDATO!". Ridacchio da solo, più per quella strana ansia che mi ha rapito, che per la stupida battuta in sé. 

Anche lei muove il cavallo. Osservo il mio dirimpettaio scuro. Strategia. Strategia. Ripetere all'infinito una parola affinché perda di significato. Strategia. Strategia.

Pedone in c4.

Devo mangiare un pezzo. Devo capire qualcosa. È peggio di fare scena muta a un'interrogazione.

Nero in c5. Dirimpettaio anche lui. Costruisco una scena mentale in cui il colore dei pezzi degli scacchi non esiste. Nessuno deve battere nessuno. I pezzi sono tutti beige, o grigi, i cavalli saltellano a L su scacchiere senza caselle, piani infiniti in cui...

"Sta a te"

Ok, rettifico: potrebbe non piacermi. Detesto chi mi interrompe, ma soprattutto chi interrompe i miei pensieri. Cavallo in c3. I miei due cavalli sono ora schierati. Ma mi distraggo mentre anche lei muove un cavallo. La cosa immensamente strana è che ora procedo quasi per automatismi. Non è vero che non so giocare. Non è vero che sono un credulone.

Ma allora chi sono?

Nel mentre il suo pedone mangia uno dei miei. Cattivo da parte sua mentre ero assorto nei miei pensieri cercando di ricordare.

Cavallo bianco mangia pedone nero.

Sin da piccolo viaggiavo in treno, adoravo viaggiare in treno. Ed ecco i miei scacchi da viaggio. Giocavo in modo ossessivo da solo per imparare le mosse dei pezzi. Giocavo per ore da solo perché non avevo amici, non ne volevo. Rifiutava la compagnia degli altri, stupide bestie insulse che inquinavano i miei spazi. Il mio silenzio.

Mi chiedo come sarei stato, che vita avrei vissuto se fossi stato un animale sociale. O per lo meno, poco più sociale. Ma il filo dei miei ricordi è appannato dal suo pedone che si muove. E allora sono famelico di ricordi. 

Devo

Capire

Cosa

Sta

Accadendo.

In un paio di mosse le faccio fuori un cavallo. È un pezzo importante, voglio un ricordo importante.

La mia prima fidanzata. Non mi piaceva molto ma non volevo nulla che mi distraesse da me stesso, la mia vita, le mie passioni, le mie letture. Lei era così grata che io l'avessi scelta da non pretendere null'altro. Aveva 17 anni, i segni dell'acne sulla pelle del viso, l'apparecchio ai denti. Si chiamava... non lo so. Ma io la chiamavo topolina. La chiamavo così perché mi ricordava un ratto di fogna, non aveva un buon odore. Ma topolina evocava qualcosa di tenero (anche se nella mia testa sempre di ratto si trattava). La trattavo male e bene. Esplodevo di rabbia davanti a lei, anche se non mi interessava molto, ma con la scusa potevo dirle che se mi arrabbiavo tanto era perché a lei tenevo. Lei soffriva ma mi era grata. Poi le portavo un regalo.

Anche nei topi succede una cosa simile. Scossa e cibo, cibo e scossa. I topi non capiscono più un cazzo. Lo stress quasi li uccide. 

Tra sfuriate e regali lei diventò totalmente succube. Così tanto da continuare a essermi grata anche quando mi facevo le sue amiche. Non importava perché io stavo ufficialmente con lei. Mi era grata delle sfuriate, dei tradimenti e dei regali. 

Finché non ha retto la mia partenza. Fino ad allora, modellando la vita degli altri sulla mia piccola esperienza, non avrei mai pensato che una persona potesse far crollare un'altra persona. Non c'è niente che potrebbe buttarmi giù a tal punto. Eppure lei crollò. Non ne seppi più nulla fino a qualche anno dopo. Mi dissero che era dimagrita a tal punto che ormai il corpo divorava se stesso. Stranamente non mi sentii in colpa, ma in parte lusingato.

Cavallo nero mangia pedone bianco. Pedone bianco mangia cavallo nero.

Avevo 25 anni. Uno sfigato che riusciva in una cosa sola, imbonire gli altri. Grazie alla mia parlantina avevo il lavoro che volevo, mai pagato abbastanza secondo i miei canoni, ma sufficiente per sopravvivere abbastanza bene. Ero diventato così bravo e così prossimo alla promozione che potevo sentire l'odore dei soldi ogni volta che entravo in ufficio. Purtroppo la promozione, da voci certe, sarebbe stata offerta al mio collega più pacato. Fui costretto a farlo, a rifilargli una pratica scomoda, a fargli fare una mossa falsa abbastanza grave da impedirgli di prendermi il posto.

Mi guardavo allo specchio e mi sentivo un Dio. Altro che imbonitore, ero un cazzo di mago, piegavo tutti al mio volere senza bisogno di ipnotizzarli. Lui venne demansionato e io avevo già una piccola squadra di schiavi al mio servizio.

Mi fermo, comincia a non piacermi questa storia.

Alfiere nero mangia cavallo bianco.

"Sta a te" sorride, la stronza. Sa cosa sta accadendo, sa che non voglio continuare.

"Sai già che non porterò avanti questa partita. Non sono così, sei tu che stai armeggiando col mio cervello. Io non sono questo. Non so come stai facendo ma non riuscirai a farmi andare fuori di testa"

Sorride. Però ha fascino, cazzo, bisogna ammetterlo.

Torre bianca mangia alfiere nero.

La mia convivente. Già, convivevo. Sua mamma, terminale. E io, in giro a spassarmela. Soffriva tantissimo, ma non volevo entrare in quel vortice nero. Così mi ero inventato una serie di lavori fuori. Praticamente non ero mai presente. E più lontano andavo, meno sentivo quella pesantezza. Come se la distanza fisica attenuasse il dolore. Come se il dolore avesse una portata. Una gittata di veleno con un certo raggio, ma più vai lontano, meno arrivano gli schizzi.

Quando sua madre se n'è andata, io avevo spento il telefono perché non ero solo. Non spengo mai il telefono, lei lo sapeva bene. Vivevo con quell'arnese attaccato alle mie chiappe, in completa simbiosi con la mia persona. Non stavo 10 minuti senza guardarlo. Tranne quando ero via, allora potevano passare ore senza che rispondessi ai suoi messaggi.

Quando sono tornato lei non c'era. Non c'erano più le sue cose. Non so come dire, non c'era nemmeno più il suo odore. Come se non fosse mai esistita. Non l'ho mai chiamata, non l'ho mai più sentita. Sono entrato a casa, ho trovato una busta con una lettera scritta da lei. L'ho buttata nella raccolta differenziata della carta senza nemmeno aprirla, mi sono aperto una birra, mi sono sdraiato sul divano e ho acceso la TV.

"Nemmeno i cattivi dei supereroi vengono descritti come tu dipingi me"

"Devo dire che sei stato abbastanza bravo a fare tutto da solo"

È compiaciuta dal mio modo di comportarmi.

"Tocca a te" le dico "o, come ti piace, sta a te"

Torre nera mangia torre bianca.

Sorride e si mangia le unghie. Mi legge dentro. Dev'essere un sogno. Per forza.

Un sogno strano, magari sono i miei sogni abituali. Magari non lo ricordo

Alfiere bianco mangia torre nera.

La vidi in mezzo a un mare di donne. Stupenda, sicura di sé, ben al di sopra di ogni mia possibilità. Di solito cercavo una donna fissa come porto sicuro dalle mie scappatelle e per non sentirmi solo come un cane quando varcavo la soglia di casa. Una sorta di comoda copertura. Sembra antiquato, ma mi piaceva l'idea di una donna che accudisse il focolare mentre io, bhe, mi occupavo di altre cose. Ma lei aveva acceso qualcosa in me. L'avevo sentita parlare. Sexy. Intelligente. Eppure nessuno sembrava interessato a lei, questo mi diede modo di farmi avanti. Non mi respinse.

Sentivo che poteva essere quella giusta, il mio istinto era vigile e qualcosa dal profondo mi diceva di stare attento. Lei, sì proprio lei, era troppo simile a me. Bruciava di un amore per la vita che non era distruttivo come il mio, ma comunque poteva far male. Penso che fu proprio l'amore che aveva per la vita che mi portò a innamorarmi di lei. Amava se stessa e amava la vita. Solo chi ama queste due cose può permettersi il lusso di amare anche qualcun altro. Io, fino ad allora, amavo solo me stesso. Lei però mi fece apprezzare le piccole cose e il lavoro era diventato, per me, quella cosa che mi teneva distante da lei. Per la prima volta in vita mia non restavo un secondo di più del necessario in ufficio perché non vedevo l'ora di tornare. Mi spiegava con cura ogni cosa che la appassionava. Ed erano tante cose. Il poco tempo libero che la vita ci donava lo passavamo condividendo passioni. Riuscì a regalarmi i momenti più belli della mia vita.

Ma si sa, la vita è parecchio stronza.

Pedone nero mangia pedone bianco.

Torre bianca in scacco al re nero.

Sorride.

"Va bene, abbiamo accelerato. Forse, chissà, ti ho lasciato vincere. Mi piace quando arrivate qui con quegli occhioni da cuccioli impauriti ma siete i soliti bastardi. Per cosa lo hai fatto? Far sentire in colpa qualcuno? Manie di protagonismo? Il pensiero di qualcuno che può piangerti? Siete patetici."

"Devi dirmi chi sono. Devi dirmi che ci faccio qui. Devi darmi questo ricordo"

"Sei carino. Fai finta di non essere il pezzo di merda che sei. Sei anche un bravo attore, quasi potrei cascarci" intreccia le dita delle mani e vi poggia il viso.

"Proprio carino. Lo dico sempre, cuccioloni dagli occhi impauriti. Non chiedo niente alle partite perché mi diverte da matti scoprire le vostre espressioni quando ricordate chi siete davvero. Come se non aveste avuto scelta. Eppure avete avuto le stesse opportunità di tutti"

"I patti sono patti. Ho vinto. Devo sapere chi sono, e come sono arrivato qui. Chi sei tu?"

"Mettiamola così. Sono chi ti ha trovato. Chi ti ha permesso di essere qui. Forse sono anche un po' chi ti ci ha mandato. Ricordi la donna che tanto hai amato? Non ti somigliava soltanto, era un tuo preciso clone. È stato bellissimo vederti col cuore a pezzi dopo averlo devastato ad altri. Oh se ho riso. Proprio divertente. Qualcuno di voi lo chiama karma. Mi fate sbellicare anche per quello, voler dare un nome a ogni cosa; come se ciò che non ha un nome non esista. E tu poi? Dopo che hai scoperto che la donna che amava tanto la vita amava tantissimo anche altre persone oltre te, o forse proprio nessuno? Quelle gocce? Con l'alcol? Dai, esilarante. Nemmeno ti sei informato bene. Te lo dico io com'è andata.

Tu hai scoperto ciò che hai scoperto, banale, e ti sei ricordato di quelle gocce per dormire. Erano anche scadute quindi non avevano una copertura totale, ma ciò che conta di più di tutta questa messinscena è che nemmeno ti sei informato sulle dosi. Hai quella scatola magica da cui puoi estrapolare ogni informazione in pochissimi secondi ma no. Hai deciso di non farlo. Hai deciso di fare l'uomo dramma. Hai deciso di prenderne a caso, di mescolarle con il Whiskey migliore che avevi a casa e di farti trovare con la bava alla bocca. Ma qui viene la parte divertente. Quando lei ti ha trovato, ormai già privo di conoscenza, ha aspettato a chiamare i soccorsi. Aveva sentito che eri ancora vivo ma che ti stavo già tenendo per mano. Così ha pensato bene di aspettare"

Stava ridendo così forte che le lacrimavano gli occhi.

"È un vero peccato che sia finito tutto così presto, adoro questi melodrammi da b-movie. Peccato che all'ultimo lei abbia deciso comunque di chiamare i soccorsi. Non voleva rischiare che aprissero un'indagine. Ed eccoti qua"

Mi mancava il respiro anche se sapevo che probabilmente un vero respiro non c'era più. Il silenzio, la Dark Lady, la nera signora, i ricordi, la partita a scacchi. Un classico.

"Di solito alla vittoria corrisponde una sorta di seconda opportunità. Che senso ha portarmi qui e poi non permettermi di tornare?"

"Ah quello? No, hai visto davvero troppi troppi film. Mi annoio molto, e mi diverte da matti centellinare i ricordi di quello schifo che siete. Per ora mi toccate voi stronzi, ma spero presto in una promozione. Forse sarà più noioso ma almeno non mi tocca sentire le vostre insulse vite. Persino io ho una morale"

Sì alzò e se ne andò fino a quando sparì dalla mia vista.

Seduto lì immobile non sapevo cosa fare, non capivo ancora dove fossi. Sono morto? Sono in coma? Sono in uno strano limbo? Di sicuro avrei avuto tempo per pensare. Sarebbe stato un bene? Avrei dovuto incamminarmi nella sua direzione? Seguirla?

Guardo la scacchiera sfatta. Recupero i pezzi e li metto in ordine.

Forse avrò modo di fare un'altra partita. Forse verrà fuori qualche altro ricordo di me. Forse avrò speranza di redimermi.

Forse presto morirò.

18 novembre 2020

Cuor di cervello tenebroso

Mi sveglio con questa strana sensazione che provo da giorni. Non è un mal di testa, ma non riesco a spiegarlo altrimenti come una sorta di prurito in un punto preciso del mio emisfero cerebrale sinistro.

Un prurito intracranico. 

Non so come alleviarlo. Apro gli occhi: dal letto a soppalco vedo l'ombra scura di C girato di spalle. La luce dei lampioni che entra dalla finestra disegna strane fantasie sui muri, amplificate dalla tenda 

Massaggio il cuoio capelluto sperando di sentire meno fastidio. Ed ecco che arriva l'altro problema. Sembrano alternarsi. È come se una bestia strisciante si facesse largo tra i miei capelli sul retro della testa. I capelli si spostano, pochi, la sensazione è quella. Come un dito che passa accanto alla radice dei capelli.

Forse è mattino, forse tra poco suona la sveglia, ma sono le due. 

Ho appena fatto un sogno strano, ma nel mio caso è uno dei miei soliti sogni.

Nella notte (e "col favore delle tenebre") le persone scappano dalla pandemia. Gli spettacoli che includono persone sono vietati e così vengono organizzati spettacoli clandestini con marionette e burattini. Tinder non permette più di incontrarsi, è ormai un altro tabù. Ma le persone riescono comunque ad accedere a questi spettacoli per adulti e a far incontrare il proprio pupazzo (anche piccolo pochi cm) con un altro. Le riproduzioni in miniatura dei palazzi al cui interno avvengono gli incontri lasciano poco spazio all'immaginazione. All'interno delle stanze la luce accarezza i vetri delle finestre, le ombre sono più che esplicite. 


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Il prurito all'interno del cranio prosegue e con esso, la sensazione sul cuoio capelluto della bestia strisciante.

Non riesco a prendere sonno e la mente vaga.

Forse ho uno di quei parassiti del cervello, magari ho mangiato qualcosa che non dovevo. Sushi? No, è un millennio che non lo mangio.

La carne di pollo era abbastanza cotta? Sì, ma anche fosse...

Forse è un tumore, cominciano così, magari fa pressione all'interno del cranio.

Oppure è un ictus che arriva.




Mi giro verso il muro. 

Ci sono, è colpa delle onde elettromagnetiche, questo sibilo continuo che sento quando il telefono è sotto carica, è lui, sicuramente è lui.

Stacco la spina e il sibilo smette. Forte della convinzione di avere estirpato la causa di ogni mio male, mi riaddormento. Nonostante l'evidente delirio da dormiveglia e la mia stranissima lucidità (per un istante, uno di quei rarissimi casi in cui tutto è limpido e chiaro) mi addormento di nuovo.

Il fastidio è cessato, per ora. Altri sogni strani mi daranno motivo di pensare.

Il mio cervello è salvo.

25 marzo 2020

QuaranTenia

I miei sogni sono diventati molto simili tra loro. C'è una situazione di pericolo e devo portare tutti in salvo. Mi sveglio in una situazione casalinga e tranquilla, in cui la percezione del pericolo è pari a zero, eppure i TG e i giornali (e i social) mi riportano drasticamente alla realtà.
Siamo nel bel mezzo di una pandemia.
La premessa al sogno che ho fatto stanotte in aggiunta al mio solito è che continuo a non volere figli, quindi non preoccupatevi.
Ma sono di essere nel letto in cui dormo in queste notti, accanto a C e che sto partorendo.
Non sento dolore e non vedo cosa accade lì sotto, ma non ricordo la presenza di medici o situazioni ospedaliere. C'è una bella luce, le lenzuola sono candide. Guardo C e dico "Taglia il cordone".
Lui prende le stesse forbici che usiamo per qualsiasi cosa, dal taglio del pacco di pasta al taglio dei negativi in comode strisce da 6 foto.
Mi sveglio.
"Sai, ho sognato che partorivo"
"Ah sì?"

La protezione civile ci invita a non uscire, dalla sua camionetta con megafono incorporato. So che nelle grandi città sono presenti i militari in gran numero che effettuano i dovuti (e doverosi) controlli.

Forse sono fortunata a essere bloccata qui in questo momento, in cui non si sente forte la pressione delle forze dell'ordine (ma soprattutto non si sentono i vicini di casa cantare dai balconi).

Sembra che il tempo sia sospeso e nonostante i miei sogni alla Zombieland (in alcuni qualcuno muore e, come da regia tarantiniana, spruzza sangue ovunque) il bimbo sconosciuto di questa notte è un messaggio rassicurante.

Sarebbe vero se non fossi io, ma il sogno della nascita di un pupo è per me più inquietante di una qualsiasi copia di un horror truculento a base di emergenze sanitarie e incidenti mostruosi.
Questa è la cosa preoccupante.

27 giugno 2018

"Cosa fai? Stai dormendo? Sei a 1700, lo sai che devi arrivare almeno a 4000"
Annuisco imbarazzata.
"Vieni ti affianco a lui" e mi indica una persona a cui stanno togliendo monitor e computer per sostituirli con una tastiera gigante, larga almeno un metro e profonda 50 cm. Beige e rossa, di un materiale morbido tanto che quando la appoggiano sulla scrivania sembra quasi un grosso pezzo di pan di spagna che, tenuto ai lati, si affonda al centro. I tasti sono grossi e non appena la collegano alla corrente mi rendo conto che funge anche da computer. "Come un vecchio Commodore" esclamo.
Mi guardo intorno, non è l'ufficio luminoso dove ho lavorato fino a ieri. Non sembra nemmeno un garage o un seminterrato, quanto proprio una rimessa per auto. Le pareti sono dipinte di blu scuro, i neon illuminano piccole zone e lasciano il resto al buio.
Mi rimetto al lavoro ma so che devono arrivare gli amici di A. da Ginevra. Mi destreggio male tra lavoro e impegni. Arriva L. con una persona imprecisata e mi dice di seguirli. Attraversiamo un portellone rosso aperto e ride. "Dai non ho tempo da perdere, qui rischio il lavoro!" e ridendo se ne va.

Mi sveglio di scatto, è tardi, devo avere spento la sveglia nel sonno.

10 gennaio 2018

Focolai di proliferazione intraduttale con atipie di aspetto micropapillare

Ho dormito male ieri notte, ho fatto degli incubi in cui il mio endocrinologo mi anticipava il referto dell'agobiopsia e non solo era un (altro) cancro, ma aveva trovato anche una rara sindrome genetica che poteva essere la causa primaria di tutti i miei mali.

Bhe, non a caso ieri, nel primo pomeriggio, avevo la visita annuale dal mio endocrinologo.
La struttura in cui faccio le visite, il COES (Centro Onco Ematologico Subalpino) è stato, per una vita, sito all'ingresso di via Cherasco 15. Comodissimo.
Entri in via Cherasco e vai sempre dritto. Ma da qualche anno a questa parte lo hanno spostato, costringendomi ad ardue traiettorie. L'ospedale Molinette è un labirinto con indicazioni di difficile interpretazione!
Non mi do' per vinta. Passo dall'ingresso in via Genova, cerco il COES nelle indicazioni del tabellone all'ingresso principale di corso Bramante, seguo la traiettoria colorata di marrone, e TA-DAN.
Dopo solo 15 minuti eccomi!

Non ricordo mai cosa devo fare. Venendo qui una volta l'anno il dubbio amletico è: prendere o no il numero? Sedersi e aspettare? Annunciarsi in qualche dove?
Mi siedo e aspetto.

L'anno scorso il mio medico storico era affiancato da un dottorino giovane e un po' troppo volenteroso e presente. C'è un termine ma non mi viene, e quindi accattatevill'.
Appena mi vedono esordiscono "Colombo, venga pure".

Entro in saletta, mi siedo e il mio medico storico comincia: "Abbiamo il suo citologico, glielo avevamo detto?"
"No"
Il sogno voleva dirmi qualcosa.

"Allora l'esito glielo anticipo, in sigla si dice B3, vuol dire che purtroppo dal citologico non sono riusciti a stabilire cosa sia. Diciamo è un risultato dubbio, quindi bisogna indagare un po' meglio: glielo anticipo subito, quasi sicuramente le faranno una biopsia chirurgica come l'altra volta"
"Una biopsia escissionale?"
"Sì, più che altro per capire cosa sia"
Lucciconi. Ok, Carla, riprenditi.

La mia mente prosegue, faccio domande. Nel caso dovesse essere qualcosa di negativo? Asporteranno il seno? Che terapia faranno?
Si mantiene sul vago, dovrà decidere la senologa. Intanto io sarò ricontattata per programmare la biopsia.
"Vorrei essere operata dallo stesso chirurgo dell'altra volta, mi aveva fatto un bel taglio"
"Ah il dott. Coluccia, eh mi sa che in questi giorni (proprio in questi giorni) sta andando in pensione"
Che fortuna, penso.

Proprio non ci voleva un'altra biopsia, sullo stesso, già martoriatino, seno. Già piccolo, già sfortunato.
Già tagliato.

Sono a terra.

Procedono con la visita solita.
"Quanto pesa?"
Stavolta lo so, e rispondo come alla domanda di un esame che viene fatta da anni e alla quale hai sempre risposto - non lo so -. "45 circa"
"Ah" dice il dottorino "è un po' sottopeso, pesa molto meno rispetto all'altra visita"
"Va bene così"
"Mi faccia controllare i linfonodi, si tolga il vestito e si metta sul lettino"
E qui il dottorino ha rischiato male la vita. Mentre mi spoglio, per riempire l'imbarazzante silenzio, dico "Ci metterò un po', mi vesto a strati, sa, il freddo..."
"Ah ecco, infatti a prima vista NON MI SEMBRAVA COSÌ MAGRA"
Quei momenti in cui vorresti un lanciafiamme.

I linfonodi vanno bene, dice. Ma lo so. Gli esami del sangue sono perfetti e il mio medico storico dice che il fatto che gli antigeni del cancro siano nella norma è un'ottima cosa. Mia domanda: "Ma non sono gli antigeni del cancro all'utero?"
"... [silenzio imbarazzato] sì, anche" 
Non ce provà a fregarmi che m'informo, cristosanto. Col seno han poco a che fare mi sa quei due antigeni.

"Fuma?"
"No"
Mi sono stancata di dire che fumo la pipa in media una volta al mese e che non si aspira. Così, no, non fumo.

"Va bene, il quadro generale è molto buono. Solo il TSH è un po' ai limiti ma non voglio aumentarle la dose di Eutirox a 75 microgrammi tutti i giorni. Poi è così magra. Facciamo allora 75 microgrammi 5 giorni a settimana e 2 giorni a settimana 50 microgrammi."
Se ora era facile ricordarlo, perché i giorni pari sono 50 microgrammi e i giorni dispari 75, l'idea di prendere 50 microgrammi lunedì e giovedì e 75 i restanti giorni sarà parecchio dura. Vediamo.

Mi fanno attendere per l'ecografia alla tiroide. Il dottorino ecografista bello che qualche anno fa era ancora più bello controlla le mie precedenti ecografie al computer, accanto a lui il mio endocrinologo che lo avverte "Ora siamo un po' più incentrati sulla mammella, purtroppo ai tempi le terapie erano quelle che erano, abbiamo un B3 in Q2 sul seno destro. Ha fatto 36 Gy a mantellina a 13 anni, gli anni dello sviluppo"

"La solita fortunella, eh?" Dico sorridendo.

Prima che pensiate stiano giocando a battaglia navale, traduco: B3 è la sigla di cui sopra, il referto dubbio del citologico. Q2 la posizione del nodulino nel seno. I Gy sono i Gray, se posso usare termini non tecnici, l'unità di misura delle radiazioni usate sul mio corpo ogni giorno per più di un mese, per la prima radioterapia. 36 Gy equivalgono a 30 radiografie fatte tutte insieme ogni fottutissimo giorno. Mantellina è un termine così docile ma indica la zona irradiata, ovvero TUTTO il torace.

Mi fa di nuovo svestire e rimango in canotta, mi sdraio sul lettino per fare l'ecografia.
Si posiziona alla mia sinistra "Quel teschio, devo dire, un po' mi inquieta" parlando del mio tatuaggio
"Sì, l'ho fatto apposta per gli ecografisti".
Ride.

La situazione della tiroide è invariata. È sempre minuscola e i nodulini? Sono tutti lì, stanno bene e sono invariati. Meno male, mi sarebbero mancati.

Mi danno il referto dell'ecografia e il solerte dottorino (ecco "solerte", prima non mi veniva il termine) mi ricorda di passare venerdì mattina a ritirare il referto dell'agobiopsia al reparto di senologia radiologica e chiedere della dottoressa Mariscotti.
E che sarò contattata per la biopsia.
E io invece, in un altro mondo, assolutamente fuori da ogni controllo, vorrei solo riuscire a piangere a dirotto.

Canzone del giorno: Mama, I'm coming home Ozzy Osbourne

29 novembre 2017

Blattella germanica e Blatta orientalis

Vedo la busta con le cassette del Commodore regalate da Gigi che si muove. Vado per spostarla con un piede e dall'interno escono blatte di tutte le dimensioni. Non solo le piccole blattelle germaniche, ma anche Blatta orientalis e qualche larva caimano. Disgustata, cerco di schiacciarle tutte con le scarpe da trekking che stranamente indosso.

31 maggio 2017

Se solo.

Siamo in montagna, fa freddo e c'è la neve. Siamo venuti qui perché Giorgio Clunei ci stava costruendo una villa ma poi ha interrotto i lavori e nessuno sa perché.
Mi inviti ad andare a curiosare, ma non siamo soli. È pieno di curiosi che gironzolano in questa sorta di cantiere aperto.
Ci arrampichiamo su quello che dovrebbe essere il primo livello della casa: non ci sono altre cose costruite. Forse sono i garage, non so.
Decidiamo di spingerci oltre e ci arrampichiamo sul lato della montagna fino a quando la parete, nevosa e scivolosa, non diventa quasi verticale.
Te lo faccio notare ma non faccio in tempo a finire la frase che scivoliamo giù e non capisco nulla finché non riapro gli occhi e non ci sei più.
Ti cerco per i monti al freddo, alla neve. Urlo il tuo nome ma non ci sei.
Ti scrivo su WhatsApp ma non rispondi.
Non so davvero che fare.
Chiedo alla mia amica dove posso trovare un Pronto Soccorso lì vicino, mi spiega che posso andare ad Agliè.
Vado lì e parlo con una dottoressa, le spiego la situazione. Ma lei si arrabbia con me, non saremmo dovuti andare in quel posto. Continuamente gente si fa male andando a curiosare lì, siamo stati irresponsabili. Però no, tu non sei lì, non sei stato portato in quel posto.
Intanto cala il buio e io non so davvero cosa fare: mi arriva un tuo messaggio, quasi a riprovero di quanto ti ho scritto io, preoccupata.
Sei in via Roma, a Torino, in un ospedale.

Rimango sbalordita, io così preoccupata. Tu assolutamente indifferente. Se solo mi avessi scritto prima non mi sarei quasi smarrita nei boschi. Se solo tu avessi risposto non mi sarei così preoccupata.
Se solo.

29 aprile 2017

A Cömo c'è il mare

A Cömo c'è il mare. Per lo meno nel mio sogno.
Stiamo andando lì, guidando per strade in discesa tra villini bianchi e palme, un misto tra Guglionesi e San Francisco, finché non mi accorgo di non avere il costume addosso. Mi rimproveri e torniamo indietro, a casa, a prenderlo. Ma mi scordo di nuovo e dopo avermi rimproverato ancora andiamo in farmacia, sul mare. Parcheggiamo male la macchina che non è rossa come nella realtà ed entriamo. Ma non è una farmacia, sembra vendere rimedi esoterici e anche lì mi scordo del costume. Penso che sia uno spreco di soldi prenderne uno nuovo quando ce ne sono due a casa ad aspettarmi, quasi nuovi, per lo più. Mi chiedi come facciamo ad arrivare al mare, e ti dico che ci saranno dei gradini o qualcosa del genere per scendere.
Guardo il mare di sotto, il cielo è nuvoloso, le onde alte e minacciose. Quando raggiungono la riva l'acqua arriva lontano e crea una seconda pozzanghera di acqua poco più avanti.
Non vorrei scendere.
Scendiamo.
C'è un asciugamano in un posto riparato e ci sediamo lì, anche se ben presto arriva una donna dai tratti sudamericani con una bambina piccola che ci fa cenno di rimanere.
Penso che anche con le mutandine e in topless posso entrare in acqua ma quando apro la patta dei pantaloni è subito chiaro che non è possibile. Sono minuscole e lasciano tutto scoperto.
Guardo il mare, ne ascolto il suono e sento il vento freddo sulla pelle. E sento una tristezza infinita addosso.

08 settembre 2016

Isis sul tetto (che scotta)

Questa notte, in sogno, ho ricevuto una visita di RagnoB a Firenze. È da tantissimo tempo che non ci vediamo e mi dice di avere avuto un bambino.
È plausibile, non ho sue notizie da molto tempo. Sono stupita così comincio a farle qualche domanda. Chi è il padre, ad esempio. Ma lei è secca "il padre non c'è".
Ovviamente nei sogni i luoghi sono "non luoghi". Sai che si tratta di un posto perché nel sogno sei consapevole che sia quello, ma la topografia è tutta diversa. C'era un lungomare, ad esempio.

Insomma camminiamo e chiacchieriamo quando a un certo punto la perdo di vista e rimango da sola. Poco male, forse mi sono fermata a fare qualcosa e lei ha proseguito, non ricordo.

Immediatamente, il caos. Vedo dei terroristi dell'Isis che si arrampicano sui tetti dalla facciata esterna dei palazzi e cominciano a sparare colpi di mitra. Non ci sono tante persone in giro, il che è strano in una città come Firenze. Inoltre siamo in centro.

La gente comincia a crollare sotto le raffiche e io comincio a correre. Mi rendo conto che è stupido, dove posso andare? Ma ho forse altra scelta?
Corro, corro a zig zag ma vengo colpita: due colpi in pancia, uno nell'ombelico e uno lievemente sotto.
Premo la mano sinistra contro le ferite per evitare di fare uscire troppo sangue e alzo la maglietta per cercare di capire l'entità del danno. La ferita più preoccupante è quella di sotto, è come se mi avesse colpito di striscio, lunga circa 10 cm, larga circa 2 e completamente slabbrata. Pelle a brandelli.

Cerco di andare via ma ogni piazza, ogni via, è sotto assedio. Sono totalmente impotente e non so cosa fare. Mi nascondo dietro un furgone bianco ma un ragazzo (rasato) mi punta una pistola alla testa. Con la mia mano destra prendo la sua mano che tiene la pistola e gliela punto addosso e, non so come, scappo. Non sono ancora salva e non so come fare. Corro come posso ma ormai riesco solo più a camminare. Perdo molto sangue.

Cerco su google maps la posizione di RagnoB e vedo che è sul lungomare diretta a Nord (nel sogno verso Prato). Mi chiedo se sta bene e se si sta chiedendo la stessa cosa di me. Qua e là, sparse, ambulanze che si prendono cura della gente ferita. Io cerco un punto di sicurezza ma non riesco a trovarlo. Mi suggeriscono di cercare di raggiungere la stazione e da lì chiamare l'ambulanza.
Non ricordo il numero dei soccorsi.

Mi sveglio.

21 maggio 2015

Altri sogni

Ieri sera ho guardato la prima puntata di una serie che ricorda un po' twin peaks, si chiama wayward pines. Non sto a raccontare la trama ma è strano.
Così stanotte ho sognato....
Andavo da uno psicologo, uno strano, vestito come l'agente segreto della serie di cui parlavo sopra (giacca nera, cravatta nera, camicia bianca, ecc.). Lui mi porta, dietro mia richiesta, dall'indovina più famosa del posto, una donna di colore che però parla solo inglese.
La donna, dopo essersi concentrata due secondi e in presenza dello psicologo, dice "vedo la neve sui capelli". Dopodiché riscuote la parcella, 243 €. Un po' eccessivo, penso.
La sala d'attesa di indovina e psicologo è sempre piena, molto spesso le persone vanno lì anche solo per utilizzare il bagno perché, stranamente, è aperto anche di sera. Così una sera mi scappa un sacco e decido di andare lì ma la città (o paese) è illuminato solo dalla luce della luna la quale però da piena che è sta diventando nuova. Impossibile nella realtà, ma nei sogni tutto è possibile. Insomma come in una eclissi tutto diventa nero e buio e io corro facendomi luce col pebble. Ricordo anche che una volta in sala d'attesa c'era una donna in un letto ospedaliero... Molte persone erano al suo capezzale come se quella sala d'attesa fosse in realtà una camera d'ospedale.
La neve sui capelli... Nel sogno ho protestato animatamente con lo psicologo perché quella frase poteva dire tutto o niente. Anzi non mi aiutava proprio e il prezzo era davvero eccessivo.
Secondo sogno, in realtà fatto prima di quello dell'indovina. Io e Fry siamo per la strada di un paese che non è Como, ma è molto più piccolo, però è comunque casa nostra, infatti abitiamo in una bella casetta in centro, dalle pareti bianche. Quando passeggiamo incontro Sa**hite**i, un mio collega foggiano simpaticissimo. Ci prendiamo a braccetto e ci diciamo mille cavolate. Dopodiché ci dice che nel bar che sta sotto casa nostra (nel sogno) fanno un torneo di GTA (il gioco preferito di Fry praticamente). Così torniamo a casa, riposino, e poi torniamo al bar. Però mi pare di essere scesa dopo Fry e lui era tutto scocciato da questa cosa. Aveva preso una roba che sembrava margarita ma purtroppo poi non ricordo altro.

19 maggio 2015

Dreaming my dream with you

Questa notte ho dormito 10 ore. Ieri sera ho avuto un mal di testa così aggressivo che non potevo pensare ad altro. In aggiunta forte nausea (mi capita quando ho questi attacchi) e mangiare per prendere la pastiglia è stato difficile. In più ultime prove per il saggio di danza del ventre, quindi musica a tutto volume con gran vociale dalle 19 alle 20.30. Per cui stavo malissimo. Tant'è che non ho sentito il temporale e i tuoni di stanotte, io che di solito sento tutti i rumori del mondo e mi sveglio per ogni cazzata.

Questi i sogni di stanotte:

La malattia tornava ed era più aggressiva ma non ricordo se accettavo di fare la terapia o meno (mi sono svegliata abbastanza bene ma ora i lucciconi. Evidentemente è una paura reale. Forse tutto è partito dal fatto che il fratello di una mia collega ha la leucemia e deve fare il trapianto di midollo e mi era tornato in mente e ogni tanto viene fuori che vorrei donare il midollo ma non posso perché peso meno di 50 kg)

Una mia amica delle elementari medie e superiori era morta, E.M. 
In realtà andavo dai genitori a porgere le mie condoglianze ma poi scoprivo che non era affatto morta. loro si erano arrabbiati per questo equivoco. La incontro ed è molto invecchiata, con evidenti rughe sotto gli occhi, pare avere 60 anni. So che nella realtà ha due figli e penso: "vedi, i figli ti fanno invecchiare, io ho ancora questa pelle perché non ne ho"

Al lavoro nessuno mi considera (anche nella realtà), una mia collega con cui siamo (eravamo?) molto amiche non mi saluta quasi più. Quando vado via da lavoro saluto tutti ma nessuno ricambia il saluto e mi sento molto sola. L'ufficio è in un corridoio stretto e bianco (e piccolo) e l'aria è soffocante, c'è solo una finestra molto grande sul lato più corto del corridoio. Mi ricordo di aprirla.

Sto salendo le scale per andare non so dove, una congrega di ragazzini chiacchiera del più e del meno. Un ragazzo che pare il leader del gruppo afferma a gran voce "Oh se uno mi chiede di succhiarglielo io quasi quasi ci provo, trovo che non ci sia niente di male".
Sorrido all'idea e affermo: "Scusate se ho ascoltato i vostri discorsi e mi intrometto, ma trovo che tu sia molto coraggioso a desiderare di provare, al contrario dei tuoi amici totalmente omofobi".
Poi penso che forse il ragazzo è bisessuale e sta scoprendo nuovi istinti, ma trovo comunque bello che abbia il coraggio di rivelarli

Una mia cara amica, RagnoB, mi confessa di avere un problema alle ghiandole lacrimali, per cui ha un pezzo di ghiaccio perennemente installato nel dotto lacrimale. Me lo mostra (e mi fa un po' ribrezzo). 
Se questo per errore si toglie, i suoi familiari devono accorrere con sacche di ghiaccio per placarle il mal di testa e poi deve rimetterlo in qualche modo. 

Sempre con lei mi reco al supermercato. Io però devo rammendare qualche abito, compresa una maglietta azzurrina che mi è stata regalata (pare che i sogni siano in qualche modo tutti collegati ma non ricordo come) così mi porto ago e filo e cucio mentre cammino. Però ho portato solo filo nero e quando ho finito di rammendare la roba nera mi accorgo di non avere il filo azzurro (e di avere anche buttato il filo nero avanzato). Una signora mi da' un pezzo di filo nero ma è di quelli spessi, cerati, inutili per cucire, più utili per fare braccialetti. la ringrazio e rinuncio.

Mi sono svegliata piena di queste immagini. E' stato bello sognare così tanto. era davvero tanto tempo che non sognavo così.

Abbiamo sterilizzato Diana, giovedì. Ora è col cono e dopo i primi due giorni di apatia è tornata la solita gattina. Tempo qualche giorno e le andremo a levare i punti, finalmente! Nell'ultimo mese andava in calore in continuazione.

Domenica ho comprato i biglietti per il Madagascar. Sono così emozionata, è un sogno che si avvera. Ho preso un libro sui mammiferi del Madagascar e un altro generico sulla fauna. Alla fine ho modificato le mie ferie. Dato che alle mie colleghe ad oggi le ferie di agosto non sono state approvate, ho chiesto di spostarle a ottobre (se avessi atteso ancora un po' avrei dovuto fare un mutuo per comprare i biglietti). Il clima in Madagascar è migliore e i biglietti costano la metà. Ora dobbiamo informarci su visti, vaccini e profilassi antimalarica. Sono in contatto con tre guide che ci accompagneranno lungo il viaggio.
  • Un malgascio (che io preferisco tra tutti) simpaticissimo che parla italiano.
  • Un italiano che vive lì ma ci ha fatto un preventivo stratosferico.
  • Un altro malgascio che è impegnato in quei giorni e ci farebbe andare con suoi familiari che però non parlano italiano.
Seguiranno aggiornamenti.

Canzone del giorno, per l'appunto: Dreaming My Dreams Cranberries

08 maggio 2015

Madagascar e Zombies

Chissà quando avrò di nuovo due settimane di tempo per le ferie. E' per questo che alla fine Fry ha pensato di dirmi di andare in Madagascar, perché sa quanto ci tengo.
Ma proprio ora mi è venuto lo sconforto. I voli aumentano di giorno in giorno e non avrò responso sulle mie ferie fino al 15/5. Se in una settimana sono aumentati di 100 euro a testa non oso immaginare fino al 15/5.
Le guide locali che parlano italiano non sono molte e chissà se saranno ancora libere per quella data. Perché non è un posto dove, almeno la prima volta, ci si possa avventurare così, come viene. I mezzi sono quasi inesistenti, le strade asfaltatate sono poche e per fare 70 km ci voglio in media un paio di ore. Per l'unico treno non va molto meglio. Fa 200 km in circa 10 ore, fermandosi in 17 stazioni, ognuna delle quali è un mercato, una festa.
Ma ogni volta che ci penso, nonostante il rischio malaria, le sanguisughe di terra (sì avete letto bene), gli insetti, i problemi, i rischi, gli inconvenienti che sicuramente ci saranno, la fatica nelle escursioni nei parchi nazionali (alcuni sono foreste quasi incontaminate) questo viaggio mi entusiasma. Mi immagino colori e odori nuovi, animali impossibili da vedere in altri luoghi, popoli poveri ma genuini e cibo sano. O forse no?
Penso che anche in questa occasione mangerò carne. Lo zebù fa parte della vita delle tribù del Madagascar. Lo accompagna dal matrimonio (fa parte della dote nuziale) al lavoro nei campi, al trasporto con carretti lungo le dissestate strade nazionali, e lo accompagna anche nella morte. Il culto dei morti (degli antenati) è fortemente sentito. Gli zebù sono preziosi e non esistono allevamenti intensivi. Esistono per il loro lavoro, per il loro valore, per il loro nutrimento.
Il pesce viene pescato, nella costa ovest, dai pescatori della tribù Vezo che lo vanno a prendere al largo delle coste con le loro piroghe di legno. 
Effettivamente mi sono resa conto di non essere vegetariana ma semplicemente una carnivora (più o meno) responsabile. Del resto i piatti malgasci sono poveri, la maggior parte di loro mangia solo riso. La carne è preziosa.
Spero che mi dicano di sì per le ferie.

Poi ho fatto degli incubi. Zombies, ad esempio. Però confesso di aver cominciato la scrittura di questo post diversi giorni fa, quindi non ricordo esattamente cosa ho sognato.

Vorrei scrivervi di altre meraviglie che sto leggendo e annunciarvi che giovedì 14 maggio sarò a Bologna per un altro tattoo. Seguiranno aggiornamenti.
Stay tuned!

30 dicembre 2014

Sognincubi

Sono in un luogo tipo Far West, in una casa tutta di legno. C'è anche una sorta di porticato, io sono vestita con abiti tipo anni '50.
Sono a letto con un uomo, è Fry ma non ha l'aspetto di Fry.
Vedo in corridoio mia mamma, in penombra. Entra nel letto dicendo: "mi sono stancata di O. (un mio collega). È qui da diverse settimane non se ne va, per cui dormo qui"

Separiamo il letto matrimoniale in due singoli.

Il giorno dopo mi sveglio. C'è il sole. Corro incontro a Fry (ma è lui?). Ha una tuta da meccanico. Una salopette di jeans e una camicia a quadri bianca e rossa. Si gira sorridendo ma ha uno sguardo triste e mi abbraccia.
Cambio scena.
Di nuovo la stessa.
È mattina e c'è il sole. Corro sotto al porticato e vado verso Fry (ma è lui?). Si gira e ha lo sguardo triste. Qualcosa non va. Il sole sparisce, ci sono nuvole nere, un vento terribile. Mi stringe, mi dice che dobbiamo scappare. È come se i giorni che stavano scorrendo sempre uguali siano stati spazzati da una tempesta terribile. Una cosa non in programma. In effetti non è molto distante dalla realtà.

Secondo sogno. Premetto, sto giocando a un gioco abbastanza angosciante che si chiama "Alien Isolation"

Sono in un vicolo buio, ho una pistola. Sento dei passi avvicinarsi, vedo solo un'ombra. È Alien.
Sono terrorizzata e mi accuccio a terra sperando di non essere né vista né sentita.
In effetti mi supera e va via ma io sono paralizzata. Trovo dei gradini e ci striscio sopra. Piangendo rimango lì.

18 settembre 2014

Il mio intervento

Sono seduta in una stanza poco illuminata, luce gialla poi, non certo quella dei neon. Quello che ritengo sia un medico spiega a me e a un'altra persona che sta con me, seduta su quel tavolo che pare una scrivania, il tipo di intervento che andremo a fare.
Si tratta di un brutto cancro all'intestino, e va subito operato. Certo il mio intervento risulterà più lungo, il cancro è più esteso e devono togliere parecchi metri del mio intestino.
Ci sono dei "ma".
L'intervento sarà in anestesia locale, tanto per cominciare. E il taglio verrà fatto lungo il fianco destro, partendo dall'ascella per arrivare alla zona lombare.

Comincia prima il mio compagno di sventure, e non siamo certo in sala operatoria. Ho la schiena scoperta e forse ho freddo, ma soprattutto ho paura. Una paura fottuta.
Penso che sei ore di intervento siano tante, che l'anestesia locale non basterà. Che subirò tutto da sveglia, che non voglio farlo. Mi chiedo se posso scappare, evitarmi quel calvario, quand'ecco che avviene.
Sento che qualcosa non quadra.
Improvvisamente si accende una lampadina nel mio cervello. E penso: "Non sono costretta a farlo, tutto questo non è reale, è solo un sogno, ne sono certa. Non ricordo di nessun medico reale che mi abbia parlato di questo cancro da operare, non ho memorie precedenti di questo momento."

E poi, il nulla.


“La mia piccina dormirà, e il signore dei sogni su di lei veglierà. Il maligno allo specchio si vedrà e allora morirà”. (Nightmare IV - Il non risveglio)

06 agosto 2014

Killing the Joker

Era una ragazza, questo sapevo.
A casa sua la madre dormiva distesa sulla pancia, con una mano ciondoloni fuori dal letto. A vederla bene la mano era infilata nella sua enorme borsa forse a stringere una pistola per difendere la figlia, così ossessionata da una paura irrazionale quanto incomprensibile: la paura per Joker. 
Sì proprio lui, il personaggio nemico di Batman. Forse vi viene da sorridere, e così ho fatto anch'io quando lessi le lettere adesive appiccicate sul parabrezza.
"Killing the Joker" dicevano.
Killing era scritto in verde, forse per intonarsi con il colore dell'auto. Sta di fatto che proprio quell'auto, in cui lei si sentiva più sicura che altrove, tentò la fuga dalla sua paura, una sera, complice il buio. Col suo babbo poi, di cui lei era profondamente innamorata di un sentimento morboso e per nulla candido, pulito.
Glielo aveva appena annunciato, "Papà io ti amo", di quell'amore tutt'altro che ingenuo e non sono sicura che il padre avesse capito completamente la situazione.
Il padre era seduto al posto di guida, lei accanto, con le sue rotondità eccessivamente femminili.
"Partiamo".
Non so cosa accadde, una scintilla, qualcosa successe e l'auto si incendiò.
Entrambi furono avvolti dalle fiamme e poco prima di perdere la vista, gli occhi di lei incrociarono gli occhiali scuri di lui e lei vide quello che non avrebbe mai voluto vedere. Il suo volto sfigurato, quasi sciolto dalle fiamme, aveva deformato le sue labbra. Il suo sorriso era diventato un ghigno largo, una maschera orrenda, così simile, così troppo simile al suo nemico irrazionale: Joker.
Non potè più urlare ma quei secondi che la separarono dal vero buio furono interminabili: l'ultima immagine, l'unica sua vera paura.

Le fiamme avvolsero ogni cosa, e tutto ciò che rimase fu polvere.
E quella strana scritta attaccata al parabrezza.

30 giugno 2014

R.I.P.

Stanotte ho sognato che Roccio era morto, e che andavo al funerale alla sua tomba con Fry e c'era anche la sorella di Roccio che ovviamente non mi rivolgeva parola.
La foto per la lapide era la stessa che un suo amico aveva usato in un fotomontaggio sul sito bottomap.

proprietà di www.bottomap.com
La cosa mi fece sorridere, pensavo che anche in quel caso Roccio aveva voluto farsi una bella risata alle spalle degli altri, in questo caso di noi vivi. Però confesso, mi sentivo molto triste.
Sapevo che c'era stato un incidente e che lui aveva respirato vapori tossici, ed ecco come era successo.

Canzone del giorno: Lori Meyers NOFX



Per quel che riguarda il mio NUOVO lavoro, è ufficiale, vi invito a leggere il mio NUOVISSIMO blog, per ora vuoto. Più che altro domani se ho voglia vi racconto un paio di cose del minicorso fatto, e domani vado a firmare le cartacce per fare la frontaliera.

04 dicembre 2013

Happy birthday

XIII carta delle minchiate fiorentine: La Morte.

Oggi è l'anniversario della morte di mio padre. 13 anni fa, alle 4 del mattino, il telefono squillava in casa Colombo. L'ospedale ci avvisava di andare lì, perché mio padre aveva avuto un altro attacco, e non ce l'aveva fatta.

Ieri i miei colleghi erano presi dall'installazione dei festoni di Natale, io in verità questo mese non lo amo. Un po' per quanto scritto sopra, un po' la famiglia che ti vuole vedere e te non hai voglia quindi ti senti in colpa, un po' per la gente che ti chiede cosa fai a capodanno quando tu vorresti solo stare a casina tua, con una copertina, del buon vino, il tuo fidanzato e un filmetto. E siamo solo a inizio mese!

Oggi visita, ultima visita prima di andare su a Torino dalla senologa. Trattasi di ecografia transvaginale, ovvero mentre fai conversazione con la dottoressa in posizione comoda (con le gambe all'aria e la patata al vento) lei, senza troppi complimenti, infila un gentilbastonediplastica mentre scandaglia l'interno della tua baginga. Tutto bene là sotto e anche se le mie cose sono in ritardo (da almeno una settimana direi) secondo la bagingologa il mio endometrio è ben lontano dal dare segni di vita, quindi tutti gli incazzi di questo ultimo periodo sono solo incazzi, niente sindrome premestruale.

Stanotte inoltre ho fatto un sogno brutto. E strano.

Esco da lavoro, dovrebbe essere sera ma è giorno. La mia collega Lisetta arriva in macchina,nel parcheggio di quell'orrendo capannone, con altra gente per chiedermi se mi va di uscire. Dico che non ho molta voglia (è la mia risposta di default anche al di fuori dal sogno). Prendo la mia macchina (nel sogno ho aggiustato la mia seicento dopo l'incidente mentre nella realtà io e Fry abbiamo una sola macchina) e sono sorpresa. C'è un mezzo ricordo dell'incidente della seicento, non ricordo ma a quanto pare l'ho aggiustata, per cui prendo la strada di casa ma c'è coda per la tangenziale/autostrada/strada così sbaglio uscita e quando ne vedo una esco in velocità ma la macchina non tiene le curve per cui dopo la seconda curva esco fuori strada, passo una sorta di muretto e finisco di sotto "volando" letteralmente giù con la macchina.
Non faccio in tempo a pensare a come fare per tirarmi fuori da quella situazione quand'ecco Fry. E' a torso nudo, probabilmente anche in mutande. Gli occhi rossi. Ha visibilmente freddo, è arrabbiato forse stanco. Chiedo come ha fatto a trovarmi in così breve tempo ma non so se mi risponde. Nello spiazzale dove la macchina è finita precipitando troviamo due turisti, una coppia di anziani signori. Ci chiedono dove possiamo trovare i "bagni oleosi" e io vedo un cartello bianco con scritta nera che indica la direzione per raggiungere i bagni oleosi. Quindi tutti e quattro ci mettiamo in marcia, io sono ancora sotto shock per l'incidente.

Oltre al sogno tante novità: un possibile trasferimento ma ancora non si sa niente, tempeste emotive ma quelle ce le teniamo, noia e devastante noia.

Canzone del giorno: Ballo in fa Diesis Minore Branduardi


30 ottobre 2013

A volte ritornano

Ieri mi è arrivato il referto della risonanza magnetica fatta lunedì 21/10 a Monselice (PD). Pare sia tutto ok, ma il tessuto è un po' più concentrato sulla mammella destra, dove ho avuto il tumore.
Questo mi porta comunque un po' di preoccupazione. So che purtroppo sono problemi che tornano. E' difficile averli e passare tutta la vita sereni e tranquilli.
Mi ricordo quando ero piccola e mi ero letta la mano, e ci avevo visto che sarei morta a 40 anni. Sìsì, lo so, ma chi ci crede. Però ho 32 anni e 3 tumori alle spalle, l'ultimo in particolare piccolo e insignificante ma il più rognoso e subdolo.

Questa notte ho sognato di avere molti scarafaggi in casa. A un certo punto ne passa uno gigante, ma grosso proprio, delle dimensioni di un gatto. E, a parte le sei zampe e il culone da formica, in effetti ha la testa da gatto. Lo prendo a bastonate ma non muore. Quando però gli si stacca il culone rimane solo la parte di gatto e mi sento enormemente in colpa perché sento di aver fatto qualcosa di sbagliato.

Ah, da stasera avremo una nuova inquilina in casa: Diana. E' una micetta di due mesi e mezzo che qualche figlio di troia ha abbandonato. Ma con noi e Maya starà bene.

Canzone del giorno: Creep Radiohead