31 gennaio 2019

La Pianta Vitale

Il tuo blog langue.

Era il 1995 quando, scansati tutti i volumi dallo scaffale, trovai quello che cercavo. Era la cartografia fantastica di un mondo impossibile, consigliatami da qualcuno, che stava lì a prendere polvere. Probabilmente nessuno se ne curava e le pagine ingiallite erano lì a testimonianza di qualcosa che chissà, forse avrebbe potuto allargare la mente di qualcuno.

Mi fermai a pagina 24, come da indicazione. La stampa vecchia, i caratteri graziati, l'odore di qualcosa che non esiste più rendevano tutto estremamente reale.

La bibliotecaria mi guardava scrutandomi a testa bassa, nello spazio tra i suoi occhiali da presbite e l'arcata sopraccigliare.
Sarà un libro prezioso? O forse gli sembro una ladra.

Non sarebbe la prima, in effetti, a seguirmi per capire se voglio portarmi via qualcosa senza corrisponderlo in sonanti monete.

Tornai alla mia pagina 24 con grande gioia della bibliotecaria che riprese la sua lettura.

In mezzo alle pagine trovai un piccolo ramo di una pianta secca. Non la conoscevo ma poteva essere di un luogo lontano. Forse di quel mondo fantastico?

La cartina è stata disegnata, pare, con un vecchio pennino stilografico e i nomi all'interno erano praticamente illeggibili.
Non per via della scrittura, ma perché non siamo più abituati a leggere pagine scritte a mano. In verità la grafia era bellissima.
A lato, delle didascalie in caratteri graziati, come appunto ricordavo sopra.

I miei occhi, meravigliati da tanta perfezione, non riuscivano però a distogliere lo sguardo dalla pianta secca, le cui foglie richiamavano la mia attenzione più di quelle pagine fantastiche.
Sembrava ancora odorasse e nonostante il mio fiuto non sia specializzato e tanti odori io non riesca a sentirli, quello arrivava forte, superando anche la carta invecchiata.

Controllando che la bibliotecaria non mi guardasse, inserii la piantina nel quaderno in cui minuziosamente prendevo appunti.

Il sole basso e caldo entrava dalle finestre rendendo quelle pagine, quella pianta e tutta la magia che mi sentivo addosso, un evento davvero unico.

Di quel libro, poi, non ho più sentito bisogno.
Quel mondo, reale o fantastico, lì disegnato non mi apparteneva più. Nessuno studio sarebbe stato efficace a comprenderne la natura. Ma quella piantina, ancora oggi è tra le pagine del mio quaderno. Non sono mai riuscita a identificarla ma sento addosso una certa fretta di portare a termine queste ricerche, perché quell'odore, tanto forte, tanto buono, ha reso, penso, la mia salute così precaria.
Tutte le altre piante nella mia piccola casa sono morte, lentamente, dopo l'introduzione di quel rametto. E io, 29 anni dopo, sento di non avere molto più tempo.

Lei, invece, sembra rinverdire. Da che l'avevo portata via, mi è sembrata crescere, accendersi di un verde meno smorto e proprio ieri mi è parso di avere visto una piccola radice.

Scrivo questo piccolo appunto a margine della pagina, che se anche domani dovessero trovarmi riversa a terra, senza più l'anima aggrappata al corpo, con il viso mangiato dai ratti che ogni tanto vengono a farmi visita, almeno sappiano.

Che possano scoprire di che pianta si tratti, che possano trovare un antidoto. Perché da quelle pagine vecchie e scolorite temo di aver portato via qualcosa da un altro pianeta, un piccolo male, lento e inarrestabile, che si nutre della vita altrui.

Che Dio abbia pietà della mia povera anima.

CC 
31/01/2019

23 gennaio 2019

La Ragazza

Era lì, la Ragazza.
Seduta e pensierosa come se il vento le accarezzasse in modo un po' più violento il viso e a causa sua dovesse tenere gli occhi socchiusi.
In quella posa anche i suoi capelli sembravano scompigliati da quella stessa brezza.
Guardava fuori dalla finestra, la Ragazza.

A una prima occhiata sembrava non sbattere le palpebre, quasi come se, facendolo, potesse perdere dettagli importanti in quella frazione di secondo.

Il mondo le scorreva davanti e lei, inerme, lo scrutava senza sosta.

Era lì, la Ragazza.
Le unghie sporche della terra che aveva scavato, dentro cui voleva seppellirsi.
Per un attimo il colore blu di una sirena le aveva regalato un po' di colore, poi tornò a spegnersi piano.

Era lei, la Ragazza.
In quel mite pomeriggio d'autunno in cui le foglie ancora non si lasciavano andare. Un piccolo fiore tra i capelli.

Regina delle mille solitudini.

È lei.


21 gennaio 2019

L'Amore è una melodia fatta di sussurri a stento trattenuti,
di silenzi rotti dal rumore della pelle che si sfiora.
L'Amore è stare a fare niente, in momenti in cui si potrebbe fare tutto.
O fare tutto anche se non si dovrebbe fare niente.
L'Amore è impegno e promesse, accettazione e condivisione.

Amore è calore,
e a volte un rettile che allarga il patagio.


15 gennaio 2019

Il mio atto di ribellione

Ho letto da qualche parte, in questi giorni, non ricordo dove, che per cambiare basta fingere. E a forza di fingere presto o tardi viene spontaneo. Non fingere, ma essere come stai cercando di essere.

Non sono brava a fingere. Forse avrò finto un paio di orgasmi, qualche volta, ma da piccola.
Quando mi rendevo conto che non sarebbe mai finita se non avessi portato a termine la mia piccola corsa verso il piacere, rendendo orgoglioso di sé il maschio alpha che accesosi la sigaretta poteva dirsi "Che bravo che sono".
Per poi girarsi e dormire come se avesse sconfitto un drago o avesse aiutato Ercole nelle 12 fatiche. O Asterix. O che ne so.

Il mio atto di ribellione è sempre stato la sincerità. Non ridete.

Madre mentiva in continuazione a Padre, lo faceva per il bene di tutti. Lui non sapeva mai bene cosa accadeva, Madre non lo diceva e gli mentiva perché Padre si arrabbiava spesso per un nonnulla.

Madre mi consigliava di dire sempre che non ero stata io, se accusata di qualcosa, anche se le accuse erano fondate (però quando rubavo i giocattoli all'asilo e se ne accorgeva - poche volte - mi costringeva a riportarli indietro).

Non è educativo, lo so. Ma lei non aveva letto quei libri merdosi che ora leggono tutte le neomamme: "Come crescere un perfetto Milord" o "I no che aiutano a crescere" (sbaglio o esiste davvero questo libro?).
Madre non poteva fare che il meglio che già sapeva fare e lei aveva imparato che mentire era la sopravvivenza.
Io no.

Il mio atto di ribellione era la sincerità.

Come quando venni sgridata per le 2000 lire perse a un'amichetta. Non erano molti soldi, e io ero certa di averglieli ridati. Padre mi mise in castigo e disse che per una settimana non potevo più vedere i miei amici di via Exilles. Avevo 12 anni.

Però Padre era al lavoro tutto il giorno, e Madre mi diceva "Esci, tanto non glielo dico".
Mi rifiutavo. La punizione era giusta e l'avrei rispettata.

Imparai presto che piccole bugie potevano essere un'escamotage per uscire da situazioni imbarazzanti.
"Come mi sta il vestito?"
"Benissssimo"
Ma quelle esse di troppo, sul mio ghigno contratto, avevano l'effetto contrario.
Si vede quando mento.

Esisterà un altro modo di essere diversi da come si è? Essere più coraggiosi, più ironici, più versatili, più sportivi, più abili, più belli, più affascinanti?
Se mi tocca fingerlo, finirà che non riuscirò mai.

Se mi tocca esserlo, forse avrò speranze.

Canzone del giorno: 21st Century Schizoid Man King Crimson

14 gennaio 2019

Il mondo sottosopra

Voglio narrarvi di questa avventura
di questa guerriera dall'aspetto un po' strano
che non mancava di avere paura
e che indossava un buffo pastrano.

Un giorno incontrò un grottesco animale
che ella seguì per natura curiosa
"Da dove vieni, belva anormale?"
"Ma che domande, ma come osa!"

E la guerriera, nascostasi lesta,
vide l'ingresso di un mondo pazzesco
in cui elfi e gnomi facevano festa
e tutto intorno un ambiente fiabesco.

Da un'iscrizione incisa in un pino
lesse qualcosa che la fece tremare
"Caro avventore, stai pur supino
qui all'incontrario devi guardare!".

Ella si mise così apposta sdraiata
con la testa al contrario a guardare le fate
che all'incovercio la vita è sbagliata
ma se ci credete, allora ascoltate:

"Getta il tuo cuore nel mondo al contrario
tieni il respiro, non muovere un fiato
Guerriera tu credi, non è un lebbrosario
attraversa la porta" disse adirato.

"L'Amore che nasce attraverso le spine,
la morte vestita di rosso rubino,
il giorno che mostra immense rovine,
la notte che ammicca con far birichino"

Veloce vorresti cercar di capire
il mondo fatato però non aspetta
sei in pasto ai leoni e vorresti fuggire
volare, scappare, in tutta fretta.

Non tutto è normale, nel mondo al contrario.
Se provi dolore, diventerà amore?
Cerchi la prova nell'arbitrario
ma questo pensiero ti spezzerà il cuore.

Guerriera nostrana, guerriera fiamminga,
alfin questa terra ti ha conquistata
non lasciar più che il normale ti vinca
ragiona al contrario, sorridi beata

ché il leone alla fine non ti ha divorata
anzi nel pelo hai affondato narici
e fusa hai sentito, ne eri onorata
immersa com'eri nei suoi benefici.

La notte portava lieti sorrisi
le ombre schiarivano pensieri nebbiosi
il sole scuriva e teneva divisi
il giorno donava timor velenosi

La Guerriera rimase nel mondo al contrario
dimostrando a tutti la passata paura
ché non esisteva alcun avversario
nemmen nella situazione più dura.

Avreste mai detto che un giorno recente
sposò un bel principe, pittore moderno:
le mani da sogno, lo sguardo sfuggente,
perduto da sempre in un piccolo inferno.

Nel mondo al contrario, lì sì funzionava
non uscirono mai, e tra fate ed elfetti
si strinser le mani, la notte brillava,
dolci canzoni, momenti perfetti.

Sovvertite il pensiero miei cari guerrieri
cercate il buio, l'ombra più scura.
Amate il rischio, gli orrori più lieti,
nel mondo al contrario è la via futura.


Canzone del giorno: Behind Blue Eyes The Who

08 gennaio 2019

Il vento in poppa è mite, da quelle parti a babordo?

Mi sento un po' giù.

Giù da arrotolarmi nelle coperte, tipo.

Le mie vibrisse sentono qualcosa, il pelo sulla schiena si solleva, le orecchie scandagliano lo spazio in cerca di onde sonore.

Mi corico. Passerà.

07 gennaio 2019

Steatoda grossa

La Polonia lascia spazio a un miliardo di pensieri. Tra situazioni tragicomiche, situazioni solo tragiche e situazioni solo comiche, il freddo del luogo ha lasciato, di fatto, più calore di quanto pensassi.


***
Non riesco a fare foto dritte. Per quanto mi sforzi c'è sempre qualche linea che sbarella. E dare la colpa alle linee è una sublime privazione di responsabilità personale.
Il paesaggio si sposta, non sono io. O la macchina fotografica si inclina di sua sponte lasciandomi con una foto inutilizzabile. Con uno scatto sbagliato.
Eppure quante volte ho pensato a quello scatto.
Come una luce illumina un volto disegnandolo con ombre prevedibili, è tutta lì la fatica dell'essere.

Riguardo quelle foto, quegli scatti sbagliati che avevo messo da parte.
Il mio insegnante di fotografia di moda diceva Innamoratevi dei vostri scatti sbagliati. Niente di più vero.
Lui lo affermava per farci comprendere quali sono i nostri errori e non ripeterli.
Io me ne innamoro perché in quella grana, in quelle ombre rozze, in quello sfuocato e mosso ci vedo della perfezione. Molti fotografi hanno fatto degli scatti sbagliati un elemento vincente.

Se nell'immaginario comune la perfezione è data, appunto, dalla perfezione (quale rozzo modo di esprimermi, perdonatemi), nell'ottica personale (facciamo un 35 mm?) la bellezza e la perfezione non hanno regole oggettive. La simmetria è superata dal caos. La regola dei terzi antiquata.

Arte è fare Arte?

Se mi perdo nell'incanto di una Steatoda grossa, che molti giudicano al pari di una bestia di Satana, l'affermazione di cui sopra è assolutamente vera. La perfezione di questi esseri minuscoli che lottano più di noi per sopravvivere e non conoscono amore, ma solo riproduzione, non conoscono golosità, ma solo nutrimento, è indubbia, per me.

La mia foto, ripeto, è storta. Ho cominciato a capire che non serve raddrizzarla: farò sempre foto storte.
Forse cercando apposta l'errore troverò anche io la bellezza. Forse smettendo di correggermi apprezzerò il mio sguardo strano sulle cose (anticonvenzionale? No, non credo). Forse selezionando le foto peggiori, secondo il canone comune, scoverò qualcosa che mi si addice e la smetterò con questa ricerca. Io non sarò mai nemmeno lontanamente perfetta.

Come l'uroboro che sembra immobile ma è in perenne movimento, simbolo della natura ciclica delle cose, mi siedo guardando questo nuovo inizio. Apparentemente immobile, ma.

06 gennaio 2019

Il cubo di Rubik

Quando ero piccina avevo un cubo di Rubik. Non era originale, ma una cinesata, come si direbbe ora. Non sono mai riuscita a risolverlo.
C'era invece chi ci riusciva, anche senza guardare.
Un mio ex, la prima volta che uscimmo insieme, lo portò per mostrarmi quanto era bravo.
Diede una occhiata veloce e poi guardandomi negli occhi lo risolse.
Lui si invaghì di me a prima vista, ero di spalle. E non fu per il meraviglioso culo a mandolino che avevo a 25 anni, ma perché ero al lavoro e dal monitor intravide la schermata di una distro Linux, forse Debian; dal Mac del lavoro ero collegata in remoto con il mio server a casa.
Le donne forti e intelligenti, diceva, gli piacevano.
Io invece, quel cubo di Rubik non l'ho mai sistemato. Forse una facciata per volta. Ecco, ora il lato giallo, o il lato blu. Il resto resta sempre un fondamentale casino fatto di tessere accostate a casaccio, senza alcuna regola cromatica.
Così ho imparato a sopravvivere con un colore alla volta. Se sistemo una faccia del cubo, devo sopportare la frustrazione di avere le altre scombinate e fuori posto.
Piano piano la frustrazione si è trasformata in una serena rassegnazione e ho imparato a capire che quella perfezione cui aspiro muovendo le tessere è una tale monotonia cromatica, che il disordine è certamente meglio.

Molte persone che conosco vedono il lato ordinato e provano molta invidia per la mia vita perché sono sempre in giro, ad esempio. Perché ho fatto tantissime cose. Perché ho vissuto in tanti posti. Ho lavorato sempre.

Trascurano però che il prezzo da pagare per questa monocromia apparente è un accostamento continuo di cose diverse tra loro, senza continuità.

E che è molto, molto faticoso.

Nel respiro lento del mattino queste tessere, per un istante, si posizionano correttamente. Per quell'unico istante tutto, ma davvero tutto, ha un senso. Nel movimento lento e sinuoso di un rettile che si libera dalla sua vecchia pelle possiamo sfoggiare la livrea migliore e salutare questa vita con quel po' di felicità tanto ambita e mai raggiunta.
E ora posso tornare a guardare il mio disordine colorato, attendendo un altro mattino.

La canzone del giorno non è mia ma è un dono prezioso. Grazie amore mio.

01 gennaio 2019

L'uomo che non c'era

Il mio capodanno 2019 è decisamente strano.
La mia compagna di viaggio febbricitante, avvolta nel piumone: ne sentivo la manifestazione tra un colpo di tosse e l'altro.
Io, con un'emicrania così forte che anche respirare mi faceva male, impossibilitata a prendere la mia pastiglia magica a causa di un errore valutativo. La camminata al freddo e la stanchezza mi avevano fatto optare per un'aspirina ma i due farmaci non possono essere mescolati. Per cui.

Nel ristorante dell'albergo musica a tutto volume e donnine seminude danzanti mi ricordano che, forse, dovrei festeggiare anche io.
Ma qui, lontana da casa, non penso di avere nulla da festeggiare.
Capodanno 2018, separati, con altre persone.
Capodanno 2019, separati, con altre persone.
Mi sembra di ripetere gli stessi errori e di non potermi evolvere.

Capodanno 2019, una linea rossa fa capolino sulla cicatrice, la mia macchia di Rorschach. Sembra si sia aperto un graffietto.
È sensibile, lei, ai mutamenti. Come ci fosse un sottile filo che la collega al mio stato d'animo più profondo.

Sono in viaggio per una città che non so pronunciare, Bydgoszcz, su un treno senza posto, per me.

«Salendo le scale ieri sera ho incontrato un uomo che non c'era. Nemmeno oggi lui è qua. Spero tanto che se ne andrà.»