24 agosto 2020

La ricerca del brambonodonte

Fin da piccini ci dicono tutti chi siamo e a cosa dobbiamo aspirare: cosa studiare ma anche se studiare, come organizzarci la vita, come reagire alle difficoltà, che partner scegliere ma soprattutto ci ricordano tutti - dalla famiglia alla società - che dobbiamo essere felici.

Non ce ne rendiamo conto ma ogni giorno, da quando nasciamo a quando moriamo, riceviamo una serie di consigli inutili. Le nostre famiglie sono un esempio concreto, magari la cosa non viene verbalizzata ma resta comunque un sottinteso continuo. Devi diplomarti, fare figli, sposarti, realizzarti, trovare un lavoro che ti piace.

Riceviamo spesso messaggi contrastanti, come ad esempio: sposarti va bene ma il più tardi possibile, figli sì ma prima goditi la vita. 

Uno dei messaggi che mi ha sempre lasciato perplessa è Porta a termine le cose. Non penso che la Terra smetterà di girare attorno al proprio asse se comincio mille cose e ne porto a termine mezza, e ci ho messo quasi 40 anni a capirlo. Fino a poco tempo fa cominciare qualcosa era fonte di continuo stress nel drammatico pensiero che avrei deluso qualcuno (ma chi?) per una mia imperdonabile mancanza.

Così con grande fatica ho conquistato qualche attestato che alla fine non mi è servito a nulla in quanto, sia chiaro, la maggior parte dei corsi fatti erano lì per fare qualcosa, più per me che per un possibile spettatore o un eventuale lavoro da prospettarsi in un futuro non troppo remoto.

Ma gli spettatori ci sono sempre, pronti a giudicarti, così mi sono sentita in dovere di finire il mio corso Java (eh dai ormai sei arrivata fin lì), di portare a termine la scuola di fotografia (eh dai ci hai speso tanti soldi).

E la cosa che più di tutte mi ha lasciata un tantino perplessa è la ricerca della felicità. 

La felicità riempie più bocche di quante ne faccia il coronavirus in tempo di pandemia, ed è tutto un dire.

Trova un lavoro che ti renda felice, un partner con cui sei felice, aspira alla felicità.

Il problema è che nessuno ti spiega mai cosa sia la felicità.

Per quanto mi riguarda la vita è un susseguirsi di scazzi (della giornata o del periodo: io vivo ogni giorno circa 5-6 scazzi e ho almeno un paio di scazzi fissi a periodo) intervallati da piccoli momenti di gioia che non hanno però l'estasi sublime di quella che dovrebbe essere meno effimera, proprio lei, la felicità. Ma il cercare qualcosa che non si sa come è fatta porta a enormi frustrazioni. Provate a sostituire il termine felicità con una parola che non ha senso, ad esempio brambonodonte. 

Immaginate che ogni volta che qualcuno vi ricordi di essere felici vi stia in realtà dicendo di essere brambonodonti.

Trova un lavoro che ti renda brambonodonte, un partner con cui sei brambonodonte, aspira al brambonodonte.

Ma come cazzo sarà fatto mai un brambonodonte? Posso immaginarlo, ma nessuno può dirmelo, o disegnarmelo. Se posso immaginarmelo ma non ho idea di come sia, come faccio a sapere quando lo incontro?

Quindi da oggi faccio lo sciopero della felicità, non me ne frega più una sega, lascio che la vita mi scorra addosso senza particolari aspettative.

Mi gestisco gli scazzi, le mie preoccupazioni, le mie visite (che tanto se dici alle persone che non hanno mai avuto un cazzo nella vita che ti tocca la seconda colposcopia in due anni, visti i pregressi personali e familiari, loro matematicamente ti diranno di non preoccuparti che non è un cazzo, certo, come non era un cazzo la prima, la seconda e la terza volta), il lavoro, la vita sentimentale, i fallimenti.

Da bravo lepidottero regredito a bruco mi concedo un ulteriore passo, quello di mutarmi in crisalide. In perenne attesa di una cosa che non può essere soddisfatta, nel fermarsi del tempo che nulla concede e nulla toglie. Attraverso la sottile parete che mi separa dal mondo posso sentire ogni cosa ma nulla mi tange, nulla mi turba.

In questo stato e senza alcuna emozione, voglio astenermi dal tempo, dallo spazio, restare immobile. E nulla potrà più scalfirmi.