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10 maggio 2020

More than a feeling

Non riesco a concentrarmi.
Il mio Poldo non sta bene, era inevitabile. 17 anni e non sentirli, e tutt'a un tratto, sentirli tutti.
I reni che peggiorano, il ricovero giovedì sera con la chiamata della veterinaria che, da quando il nostro veterinario di fiducia ha aperto il suo studio più vicino a casa, segue i nostri cani, ormai il nostro cane. Perché tutti sono passati a miglior vita.
Forse capisco un po' Madre quando dice che non vuole più animali. Sono una delle gioie più grandi ma anche una delle tragedie peggiori quando decidono di abbandonarci. Riceviamo aggiornamenti quotidiani dalla clinica, sta bene, è coccolato, vuole la sua copertina, non mangia se non imboccato.
Poldo, che ho visto nascere. Poldo che ho portato in braccio dal veterinario quando trascinava una delle zampette posteriori e sospettavo (cosa poi confermata) un'ernia del disco. Poldo che ora con la cataratta mi abbaia sempre ma non appena mi avvicino e sente l'odore mi lecca le mani.
Per poterlo salutare, credetemi, ho attraversato un confine e due regioni italiane: in mezzo all'inferno rischiando di non poter né andare da lui, né tornare indietro. E rischiando di non poter più rientrare.
Ma comunque si mettano le cose non potevo permettermi di non salutarlo, so che a lui fottesega, gli animali vivono il presente e probabilmente da bravo cagnolino vorrà andarsene, un giorno, spero ancora più in là di quanto pensi, vorrebbe una situazione tranquilla, in solitudine, senza l'ospedale di mezzo, senza flebo e dottori e senza la nostra presenza.
In un altro post, forse più avanti quando tutto sarà più calmo, racconterò questo incredibile viaggio durato 6 ore, tra esercito, controlli, autocertificazione, mascherina ffp2, guanti, bus, treni (che per pulirli dovrebbero usare il napalm) e una pandemia che non si arresta, non si ferma, e il terrore di non riuscire a tornare, e il terrore di non arrivare.

Ora che sono qui, anche per una visita medica aziendale (nel bel mezzo di una pandemia, oserei dire), penso a come sarebbe bello essere su, in quella casa che sento anche un po' mia, anche con Poldo. Però il Poldo di 10 anni fa aveva quando ancora tutto il pelo fulvo, senza incanutimenti, con quella codina sempre rotta da quando è nato, magari a scarpinare in montagna mentre lui abbaiava a ogni cosa e cercava di catturare le lucertole che puntualmente tentavo di strappargli di bocca. Quelle nanne insieme con lui sempre attaccato. Sul balcone mentre prende il sole fino quasi a cuocersi il cervello.

Quello sguardo sempre felice di vedermi, nessun giudizio, solo affinità.



26 aprile 2020

Apocalipse nau



Penso che questo sia il compleanno più strano mai passato.
Mi sono svegliata col pensiero di avere già 39 anni e di essere chiusa in casa da un tempo indefinito. Da quando hanno deciso di chiudere la Lombardia, quindi verso l'8 marzo, mi sono mossa pochissimo. Forse il brivido di andare a fare la spesa o l'emozione di portare giù la spazzatura.
La mia ultima spesa risale a un paio di giorni fa ma era da più di un mese che non andavamo insieme. Ora vige l'obbligo della mascherina, un carrello a testa anche se si va insieme, la distanza sociale, l'obbligo dei guanti (quelli per prendere la frutta, per intenderci, gentilmente forniti all'ingresso). È una società strana che non riconosco ma alla quale mi sono abituata subito. Non mi pesa stare a casa, non mi pesa lavorare da casa, non mi pesa dover rinunciare ai contatti sociali, all'ora e mezza di bus per andare fisicamente al lavoro. Forse l'unica cosa che un po' mi manca è non poter vedere la mia famiglia, il mio cane, i miei amici. Sono fortunata perché quando tutto è successo ero qui, da Cristiano, e qui sono rimasta. Un po' a fatica perché la mia azienda voleva che rientrassi ma non poteva obbligarmi, in ogni caso non potevo perché Madre ha più di 70 anni e l'avrei messa a rischio. Cristiano mi sta preparando una dolcissima torta, il cuculo canta, i CCR suonano, il sole splende. Forse l'apocalisse non sarà così tremenda.

28 marzo 2020

Sabato

Faccio sogni strani, dicevo.
Sogno di essere in Russia, di finire in un appartamento al quinto o sesto piano e restarne imprigionata. I miei carcerieri non parlano una parola della mia lingua e dal quinto o sesto piano posso scendere solo con ascensore che è rotto. Sono bloccata.

Stamani mi sono riaddormentata sul divano.
Dei bambini vanno a caccia di nazisti, nazisti che li hanno imprigionati e torturati.
Mostrano loro degli scrittoi, con libri su cui hanno segnato le torture a loro impartite. Bambini fuggiti, bambini coraggiosi.

Emicrania.
È sabato.

25 marzo 2020

QuaranTenia

I miei sogni sono diventati molto simili tra loro. C'è una situazione di pericolo e devo portare tutti in salvo. Mi sveglio in una situazione casalinga e tranquilla, in cui la percezione del pericolo è pari a zero, eppure i TG e i giornali (e i social) mi riportano drasticamente alla realtà.
Siamo nel bel mezzo di una pandemia.
La premessa al sogno che ho fatto stanotte in aggiunta al mio solito è che continuo a non volere figli, quindi non preoccupatevi.
Ma sono di essere nel letto in cui dormo in queste notti, accanto a C e che sto partorendo.
Non sento dolore e non vedo cosa accade lì sotto, ma non ricordo la presenza di medici o situazioni ospedaliere. C'è una bella luce, le lenzuola sono candide. Guardo C e dico "Taglia il cordone".
Lui prende le stesse forbici che usiamo per qualsiasi cosa, dal taglio del pacco di pasta al taglio dei negativi in comode strisce da 6 foto.
Mi sveglio.
"Sai, ho sognato che partorivo"
"Ah sì?"

La protezione civile ci invita a non uscire, dalla sua camionetta con megafono incorporato. So che nelle grandi città sono presenti i militari in gran numero che effettuano i dovuti (e doverosi) controlli.

Forse sono fortunata a essere bloccata qui in questo momento, in cui non si sente forte la pressione delle forze dell'ordine (ma soprattutto non si sentono i vicini di casa cantare dai balconi).

Sembra che il tempo sia sospeso e nonostante i miei sogni alla Zombieland (in alcuni qualcuno muore e, come da regia tarantiniana, spruzza sangue ovunque) il bimbo sconosciuto di questa notte è un messaggio rassicurante.

Sarebbe vero se non fossi io, ma il sogno della nascita di un pupo è per me più inquietante di una qualsiasi copia di un horror truculento a base di emergenze sanitarie e incidenti mostruosi.
Questa è la cosa preoccupante.