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01 settembre 2018

Tornare.

Avrei voluto scrivere cose immensamente belle. Sono tornata il 21 agosto, ed ero così triste in viaggio. Pensavo a quanto mi era piaciuta questa piccola esperienza, a quanto avrei voluto fosse durata di più, a quanta inutile paura avessi prima di partire e a quanto, malgrado i piccoli imprevisti, sia riuscita a far quadrare tutto nonostante la mia scarsa conoscenza dell'inglese. E la mia timidezza nel parlarlo.

Però ero felice di averlo fatto, di avere lasciato alle spalle alcune cose ed essere partita. Poi, in Italia, dei messaggi che non aspettavo. Una ferita emotiva che si riapre piano piano fino a sanguinare di nuovo. La necessità di bloccare con tutti i mezzi la possibilità di ricevere altri contatti di quel tipo e, credeteci o meno, la riapertura della mia ferita fisica.

È come se il mio cuore si fosse spostato da sinistra a destra e ogni volta che sanguina il mio cuore emotivo, lo fa anche quello fisico.

La mia ferita fisica che aveva retto bene per tutto il mio viaggio si è riaperta.

Non credo nella psicosomatica, temo che possa trovare cause fittizie in situazioni dove è bene non cercare e invece lasciare che medicina, corpo e chimica creino la loro magica alchimia. Eppure.

Quando oggi ho rivisto il circolino rosso mi veniva da piangere. Anche se mi è stato consigliato di rimedicarlo, per me è un abisso: significa tornare indietro e non voglio. Così ci ho messo un cerottino di quelli marroni piccolini, mi sono rimessa il reggiseno imbottito dato che finalmente avevo abbandonato quello sportivo decathlon (che mi fasciava così stretta da lasciarmi i segni sulla pelle) e ho fatto finta di niente.
Se io dico che è guarita, è guarita. Non si torna indietro. Non dopo 6 mesi di medicazioni, lavaggi a pezzi, sconforto.

E se dicessi che ora sento anche dolore? Un dolore interno, come se la ferita, dentro, avesse qualcosa. Un dolore che ieri sera mi impediva di addormentarmi. Per non sentirlo mi pizzicavo la pancia ed è stato subito deja-vù. L'ho fatto anche appena uscita dalla sala operatoria. Prima che la morfina facesse il suo effetto sentivo dolore e per non pensarci mi pizzicavo forte la pancia.

E la gola bruciava. E pensavo, ora è tutto finito, qualche giorno ancora e avrò solo un'altra cicatrice da aggiungere alla mia collezione.

Invece.


01 giugno 2018

No makeup: day #5 & #6

Io invece ti propongo una cosa
La prossima settimana aggiungi solo un trucco
Poi la settimana dopo un altro

Mi uccidi così
Troviamo un punto d'incontro
Se lo scopo è abbassare la mia autostima già sotto le scarpe, ci stai riuscendo bene eh
Non è colpa mia se sei circondata da rincoglioniti la cui massima aspirazione è tornare a casa la sera per mettersi le ciabatte nuove prese alla rinascente pagate 150 euro e mettersi a guardare uomini e donne.
Eh magari fosse come tu dici
Il mio intento era farti capire che stai bene senza trucco. Però per fare sta roba bisogna procedere per gradi, quindi per questo ti proponevo di aggiungere un solo trucco. Scoprire in che modo puoi sentirti bene senza necessariamente coprirti.
Nessuno dica che non ci ho provato, ma da domani riprenderò ad abbellirmi il visino. Questa settimana mi sono sorbita ogni cosa. Dal blando "Ma perché non ti trucchi più?" al "Miodio che faccia sbattuta" passando per "Ma poi riprendi a truccarti, vero?".
Non siamo abituate a non truccarci, e i maschietti sono abituati a vederci colorate. In un mondo che gira un po' al contrario (in molte specie animali sono i maschi ad abbellirsi per conquistare la femmina, ma anche in molte tribù selvagge) ci sentiamo anche merce da mettere in mostra. Un po' per noi stesse, i canoni estetici li subiamo anche noi, e un po' per seduzione.
Nel mio caso (anche) per tamponare la mia infinita insicurezza.

Devo ammettere che è stato comodo potersi strofinare gli occhi, potersi preparare al mattino in meno tempo, potersi anche grattare la guancia senza levarsi strati di fondotinta e sembra una sorta di zebra rosata.

Ma il gioco non vale la candela. Il mio stato esteriore riflette il mio stato interiore. E vedermi così ha provocato un rimando non piacevole.

Che ognuno stia bene come si sente, senza doversi coprire o scoprire, truccare o smacchiare. Che si possano indossare jeans o gonne, corte e lunghe, che ci si possa pettinare o spettinare alla meno peggio, che ognuno si senta bella o bello come meglio crede.
Io, che sto facendo un grosso lavoro di riqualifica esteriore (perché dentro sono già bellissima, me l'ha detto il radiologo - bhe, schiena a parte - ah ah ah), in questa settimana ho subito un regresso che volevo provare ma ripeto non ne è valsa la pena.
Sì alla riduzione, in caso di fretta o di viaggi dall'altra parte del mondo. Evviva per le fortunate che sventolano la propria bellezza acqua e sapone (che, a meno di non avere viso perfetto ed età intorno ai 20 anni, è frutto di un makeup ad hoc più lungo e accurato del mio) ma per chi si deve arrangiare e non è proprio miss Italia che faccia un po' come gli pare, ecco.

Mi piacerebbe pensare, e una parte di me è molto arrabbiata con me stessa per quanto sto per scrivere, che il mondo sia un posto dove le persone si incrociano per interessi più che per prime impressioni o che, meglio, le prime impressioni estetiche non siano così impattanti da impedire o permettere futuri incontri e chiacchiere. Ma non è così. Per lo meno per me non è mai stato così.
Forse lo potrebbe essere ma ho speso troppo tempo a cercare di schivare i colpi che arrivavano, lievi come palle da baseball dirette sul capo dal campione lanciatore di baseball, che ora non posso immaginare di fare altrimenti.
O almeno non basta una settimana senza trucco.
E, temo, nemmeno 1 anno di psicoterapia.




Ma domani, gita a Cömo. Ho bisogno.