28 maggio 2020

C'era una volta, 17 anni fa...

Nel tacito patto che i bipedi sottoscrivono con i loro nuovi amici a più di due zampe vi è una implicita promessa di infinita amicizia. Quello che nessuno sa, però, è che esiste una clausola scritta in piccolo, in piccolissimo: nella maggior parte dei casi purtroppo non può essere così. Loro dovranno andarsene prima lasciandovi soli con un grande vuoto.
Sapevo che sarebbe capitato, 17 anni non sono per tutti e nell'ultima settimana era entrato e uscito dalla clinica diverse volte.
Sono rientrata nell'ex capitale in quei giorni non solo per non mancare a una visita aziendale, organizzata nel bel mezzo di una pandemia, ma anche per poterlo salutare.
Nonostante le visite fossero proibite in clinica causa Covid, per me, arriavata da terre in cui gli spostamenti erano stati vietati in anticipo rispetto alle altre, hanno fatto un'eccezione.
Arrivare in clinica e vederlo magrissimo, immobile e tremante, mi hanno spezzata. Così tanto da farci decidere per un viaggio leggero, per lasciarlo andare.

Ma non bisogna mai sottovalutare la forza di un quadrupede che vuole passare ancora qualche giorno con i suoi amici umani. È per quello che due giorni dopo era non in piedi ma vivace, sveglio, pronto a salutarci e leccarci il naso, le mani, la faccia.

Non c'era bisogno di dirsi nulla. Non avremmo potuto farlo.

La mia partenza era riprogrammata per il giorno successivo e anche il suo rientro a casa. Non ho aspettato, ma ero contenta di averlo salutato, che mi avesse riconosciuto.

Aveva ripreso a mangiare, a camminare e a bere autonomamente.
Prima del crollo.

Speravo mi attendesse ma non è riuscito, aveva già fatto abbastanza in clinica e così, di notte, nel sonno, tra le braccia di una mamma amorevole, è corso via per l'ultima volta. A salutare i suoi simili che hanno affollato casa nostra.

Penso che non avrebbe potuto avere vita e fine migliore. Una vita lunga e felice, passata ad abbaiare, a mangiare buone pappe, amato, andato via tra le braccia di chi lo ha amato in modo viscerale.
E penso che non avremmo potuto avere cane migliore, nel mio caso amico migliore. In tutte le mie vite passate in altri luoghi non mi ha mai rinfacciato nulla, non mi ha mai fatta sentire giudicata, era sempre felice di vedermi.

L'ho vista nascere, quella palla di pelo rugosa con le zampine bianche, e me ne sono subito innamorata.
Nel suo paradiso immagino arrosto come se piovesse, lo adorava, gatti da rincorrere e lucertole da mangiare. E il nostro calore che lo accompagna.

Riesco ancora a sentirlo abbaiare verso di me, con la sua lieve cataratta che gli impedisce di riconoscermi, e passare allo scodinzolamento immediato quando sono a portata di naso. Quando riconosce finalmente il mio odore e mi lecca la mano, e poi il naso. E poi abbaia ancora quando esco dal suo radar olfattivo.

Quel patto è una grande fregatura a pensarci, il vuoto che ti lascia è immensamente grande.
Ma quando penso a quanto ho avuto in cambio non c'è nessun dolore che possa sotterrare la gioia passata insieme.

Chiusa nel mio guscio, perché la sofferenza è un'onda che va cavalcata in solitudine, penso a quante volte nei miei spostamenti mi sia mancato. E quanto la certezza di ritrovarlo abbia influito su tante cose.
Ora che non ho più quella certezza ho il cuore in frantumi.
Addio Poldo, spero che  tu possa essere con Birba a correre incontro a Maya e ad abbaiare a Fiocco e a Briciola.


Disegno di Zion

27 maggio 2020

Minuti scritti - esercizio 3. Che cos'altro può succedere?

Tempo di lettura: 1.33 minuti

Che cosa succederebbe se i denti degli esseri umani cadessero ogni autunno e ricrescessero ogni primavera? Elencate tutte le conseguenze che vi vengono in mente.
  • I dentisti non esisterebbero, basterebbe un medico che curi i sintomi in attesa della primavera successiva.
  • Poche persone userebbero gli spazzolini, forse solo per l'alito ma non per l'igiene dentale.
  • La caduta dei denti dei bambini non sarebbe più festeggiata. Niente più soldi sotto al cuscino.
  • Non potendo contenere la caduta, che avverrebbe in ogni luogo, le strade sarebbero piene di dentini scricchiolanti e invece di organizzare passeggiate nei viali pieni di foglie secche autunnali, ci sarebbero passeggiate dentali, con i denti che scriocchiolano sotto i piedi.
  • Il cibo sarebbe stagionale, solido d'estate e liquido d'inverno.
  • I complottisti, ritenendo questo un complotto dei potenti dei denti, protesterebbero vivamente cercando di incollarsi i denti che cadono.
  • I paradenti non esisterebbero. Molti combattimenti sarebbero programmati solo in inverno.
  • Esisterebbero diversi modelli di dentiere in vendita, dalle extralusso a quelle usa e getta o stagionali per i meno abbienti.
  • Chi non può permetterselo non indosserebbe dentiere, ma potrebbero esistere ospedali o strutture apposite che ne confezionerebbero e "installerebbero".
  • Esisterebbe un esercizio di scrittura intitolato "Che cosa succerebbe se i denti degli esseri umani non cadessero ogni autunno?".
  • Le diete sarebbero obbligatoriamente invernali in quanto difficile ingrassare col cibo liquido. Anzi, l'obesità sarebbe un metro di ricchezza in quanto solo i più abbienti potrebbero permettersi dentiere buone per mangiare cibi solidi.
  • Esisterebbe un mercato di denti caduti "ancora buoni" e la mafia ci sguazzerebbe dentro.
  • Niente più torroni a Natale.
  • Non esisterebbe l'espressione "battere i denti dal freddo" che sarebbe sostituita da "battere le gengive dal freddo" o "tremolìo di dentiere dal freddo".


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Le prime categorie identificate per distinguere tra le diverse attitudini creative sono quattro:
  1. fluidità: quanto si è scritto
  2. flessibilità: la quantità di campi diversi coinvolti nelle risposte
  3. originalità: quante risposte poco ricorrenti sono state date?
  4. elaborazione: quanto dettagliate sono le risposte?

24 maggio 2020

Minuti scritti - esercizio 2. Che cosa vedete quando guardate?

Non ho avuto una famiglia molto affettuosa.
Quando osservo un'immagine in cui è presente del cibo (soprattutto se si evince che è stato cucinato) penso sempre a una coccola. È così che funzionava a casa. Non c'erano abbracci, o baci, o tenerezze, o premure fisiche. Tutto era correlato al cibo. Questa immagine in me evoca non solo l'idea di una famiglia che si prende cura di un pullo fornendogli del cibo in modo meccanico, è una vera e propria coccola.
Mia madre cucinava tanto, e lo fa tuttora.
Se c'è una riunione familiare la tavola è sempre piena di cibi di ogni tipo. C'è la cucina vegetariana per mia sorella che non mangia carne, le patatine fritte per i nipoti, l'arrosto per il genero, bevande di ogni tipo all'occorrenza.
Questa immagine è ciò che non ho mai visto da piccola. A tavola tutti insieme a prenderci cura l'uno dell'altro.
Ma ora, che mio padre non c'è più da tempo e mia mamma continua a cucinare, so che se c'è qualcosa che non va, e senza che lei faccia domande di alcun tipo posso dire ciò che segue sapendo che sarò capita:
"Farai la pizza quando arrivo?".
Posso chiedere una torta, o un piatto particolare, consapevole del fatto che dirà in questo modo che mi vuole bene, anche se non lo abbiamo mai espresso a parole.
Troverò in tavola il suo affetto.

E dell'affettato.


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I bias cognitivi sono meravigliosi, peccato non averlo capito prima. Guardando l'immagine dei genitori di un volatile imboccare un piccolo pullo non ho osservato bene. E mi sono lasciata prendere dal classico stereotipo del prendersi cura dell'altro, della tenerezza riferita a un'immagine che invece non è propriamente tenera.

Guardandola meglio si nota che il pullo è grande quanto i genitori e che ha un piumaggio diverso (cosa normale nei pulli ma qusto sembra un po' cresciuto). È infatti un cuculo, specie parassita che ha ucciso i veri occupanti del nido e si è sostituito a loro, facendosi imboccare fino a che non raggiunge l'età adulta per lasciare il nido.

Sconcertante.

Fonte: https://rivistanatura.com/lopportunismo-del-cuculo-luccello-parassita/ - foto di Maurizio Bonora


10 maggio 2020

Minuti scritti - esercizio 1. Facile come bere un bicchiere d'acqua.

Non è molto difficile. So che non sai cosa è un bicchiere e cosa è l'acqua. Lascia che ti aiuti. Il bicchiere è un contenitore cavo, ha una base circolare, in genere, e si sviluppa in alto come un cilindro cavo ma aperto sul bordo superiore. Il bordo superiore è sottile ma non tagliente. Può essere fatto di materiali diversi, in genere è di ventro ma anche di plastica. Può avere mille forme ma quella descritta è la più comune. Non è molto grande il diametro inferiore  sarà circa una decina di cm o anche meno, e il cilindro è alto anch'esso 10-15 centrimetri. Può essere trasparente o no. L'importante è che sia solido, perché se fosse troppo morbido non potrebbe contenere nulla, e che non si sciolga con i liquidi sempre per il motivo di cui sopra.
L'acqua è un liquido trasparente ed è la base della vita. Serve a dissetarsi. Ora l'acqua la puoi trovare comodamente, basterebbe aprire un rubinetto, che spero tu sappia cosa sia. O se apri il frigo, quell'oggetto enorme parallepipoidale che si trova in ogni cucina e che serve a fare fresco, potrati trovare delle bottiglie di plastica con dentro l'acqua. Le bottiglie sono cilindri (con forma diversa dal bicchiere ma sembrano comunque dei cilindri, possono avere anche base quadrata e non essere lisce) sempre trasparenti con liquido trasparente all'interno. Ecco, quella è acqua. Puoi aprire la bottiglia svitando il tappo (di solito non è trasparente e si trova in alto) e inclinando piano piano la bottiglia affinché il liquido venga versato dentro il bicchiere. Una volta introdotta l'acqua dentro il bicchiere ecco cosa devi fare. L'acqua dovrà arrivare poco più sotto del bordo, direi un paio di centrimetri. A quel punto porti il bicchiere vicino al viso tenendolo sempre in verticale e appoggi il labbro superiore sulla superficie interna del cilindo aperto e quello inferiore sul bordo esterno. Pronto? Bene. Ora inclini piano piano il bicchiere, pianissimo, verso di te, finché l'acqua non sfiora le tue labbra. Piacevole, vero? A quel punto apri leggermente le labbra in modo che il liquido possa scorrere all'interno della tua bocca. È fresco e non ha sapore.
Se hai ancora sete puoi versarti altra acqua nel bicchiere.
Questo è quanto.


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Un appunto aggiuntivo consiste nell'immaginare la scena, a chi ci stiamo rivolgendo? L'ho fatto anche se non si percepisce. Parlo a un alieno, l'esercizio è descrivere un bicchiere d'acqua a chi non sa cosa è un bicchiere e cosa è l'acqua.
Chissà perché ho immaginato un alieno nella mia cucina, volevo che imparasse da sé a versarsi l'acqua e a berla anche se ho dato per scontato che sapesse cosa è un rubinetto ma non avrei avuto molto tempo per descriverlo (avevo in tutto 10 minuti di tempo). Immaginare una scena lascia che tutto venga naturalmente da sé, immaginare chi, dove, cosa, come, quando.
Devo ricordarmelo le prossime volte.

More than a feeling

Non riesco a concentrarmi.
Il mio Poldo non sta bene, era inevitabile. 17 anni e non sentirli, e tutt'a un tratto, sentirli tutti.
I reni che peggiorano, il ricovero giovedì sera con la chiamata della veterinaria che, da quando il nostro veterinario di fiducia ha aperto il suo studio più vicino a casa, segue i nostri cani, ormai il nostro cane. Perché tutti sono passati a miglior vita.
Forse capisco un po' Madre quando dice che non vuole più animali. Sono una delle gioie più grandi ma anche una delle tragedie peggiori quando decidono di abbandonarci. Riceviamo aggiornamenti quotidiani dalla clinica, sta bene, è coccolato, vuole la sua copertina, non mangia se non imboccato.
Poldo, che ho visto nascere. Poldo che ho portato in braccio dal veterinario quando trascinava una delle zampette posteriori e sospettavo (cosa poi confermata) un'ernia del disco. Poldo che ora con la cataratta mi abbaia sempre ma non appena mi avvicino e sente l'odore mi lecca le mani.
Per poterlo salutare, credetemi, ho attraversato un confine e due regioni italiane: in mezzo all'inferno rischiando di non poter né andare da lui, né tornare indietro. E rischiando di non poter più rientrare.
Ma comunque si mettano le cose non potevo permettermi di non salutarlo, so che a lui fottesega, gli animali vivono il presente e probabilmente da bravo cagnolino vorrà andarsene, un giorno, spero ancora più in là di quanto pensi, vorrebbe una situazione tranquilla, in solitudine, senza l'ospedale di mezzo, senza flebo e dottori e senza la nostra presenza.
In un altro post, forse più avanti quando tutto sarà più calmo, racconterò questo incredibile viaggio durato 6 ore, tra esercito, controlli, autocertificazione, mascherina ffp2, guanti, bus, treni (che per pulirli dovrebbero usare il napalm) e una pandemia che non si arresta, non si ferma, e il terrore di non riuscire a tornare, e il terrore di non arrivare.

Ora che sono qui, anche per una visita medica aziendale (nel bel mezzo di una pandemia, oserei dire), penso a come sarebbe bello essere su, in quella casa che sento anche un po' mia, anche con Poldo. Però il Poldo di 10 anni fa aveva quando ancora tutto il pelo fulvo, senza incanutimenti, con quella codina sempre rotta da quando è nato, magari a scarpinare in montagna mentre lui abbaiava a ogni cosa e cercava di catturare le lucertole che puntualmente tentavo di strappargli di bocca. Quelle nanne insieme con lui sempre attaccato. Sul balcone mentre prende il sole fino quasi a cuocersi il cervello.

Quello sguardo sempre felice di vedermi, nessun giudizio, solo affinità.