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22 aprile 2018

Dadocritico e Bambinaborderline
Due blogger si incontrano
parte prima

Qualche giorno fa ricevo una strana email, ehi, qualcuno ha commentato un mio post.
Ora, quando aprii il mio blog nel 2006 lo pubblicizzavo un po' ovunque e avevo un sacco di lettori attivi. Commentavano, qualcuno mi scriveva anche in privato, con qualcuno sono nate anche amicizie.
Da quando ho conosciuto Roccio molti ometti sono spariti, il che mi ha fatto fortemente dubitare sulla genuinità delle loro intenzioni e i commenti sono diventati praticamente inesistenti.
Ora niente, il nulla.
Ma ho ricevuto una email.
Qualcuno
Ha
Commentato
Il
Mio
Blog!

Vado a leggere e riporto:
Spero che torni un po’ il sereno su di te, Carla.
Che le cose si aggiustino.
Si aggiustino in modo rocambolesco.
Tipo un medico radiato dall’albo che si faccia strada fra gli altri medici “Permesso, fatemi passare” e che entri in stanza e ti somministri un cocktail di farmaci di sua invenzione, un istante prima dell’arrivo delle guardie.
Che il dottore sia imprigionato in una fortezza su un’isola.
Dopo averti somministrato il sereno.
Ti leggo.
Ciao
Andrea
E sono una persona che visualizza molto quindi se da una parte mi sono commossa, dall'altra ho riso tanto perché ho immaginato questo medico ragazzotto con camice che sventola, mentre corre, e io sdraiata in un lettino di ospedale per una consueta visita e lui che viene trascinato via a forza dalle guardie. E io che sorrido, serena.

Sono, indubbiamente, curiosa. Vado a leggere il suo blog. Dadocritico.
Scrive bene, cazzo. Ed è anche barbuto. Penso che ormai lo saprete, ho un'innata simpatia per le persone barbute (uomini o donne con problemi di ipertricosi). Dal Roccio che considero ancora come uno degli uomini più buoni che io abbia conosciuto, a Gigi con un pizzone notevolissimo, ad, appunto, Andrea Dado. Ma non disdegno barbe più corte. Credo di aver fatto un'associazione mentale tra la barba e la bonarietà, forse associazione nata ben prima di Roccio, in una notte a guardare le stelle con uno sconosciuto rude come un camionista rumeno con la quinta elementare e strafatto di birre ma buono come il pane. E con la barba, naturalmente.
Lo cerco su facebook, seguo la sua pagina, mi chiede l'amicizia e ci scriviamo.
Scopro quindi con stupore che mi segue dal 2006, una presenza silenziosa ma costante, mi dice innumerevoli belle cose su come scrivo. Premetto, non mi considero una scrittrice: questo è un diario, per me. Non sarei in grado di creare una storia, con un intreccio e tutte quelle cose bellissime che ti insegnano alle superiori e che tu fai solo finta di imparare, tanto chissenefrega.

Ma mi fa sentire estremamente brava anche se so bene che tutto ciò che scrivo non è strutturato, ma è davvero quasi un flusso di coscienza.
Mi chiede se possiamo prenderci un caffè, una volta. Ma certo!
Ho intuito sulle persone e Andrea Dado mi ha fatto subito un'ottima impressione. Di quelle che senti quando incontri una persona molto compatibile con cui vorresti stabilire un'amicizia. Ma soprattutto perché mi conosce e perché nonostante tutto quello che scrivo e le mie paranoie e i mie problemi, decide comunque di conoscermi. Conscio che potrebbe essere seppellito da una valangata di Carla.

Il giorno della visita, dell'istologico negativo per cui in un momento molto bello, decidiamo di vederci in un anonimo chioschetto al parco Ruffini.
Io arrivo presto, per cui mi sfango su una panchina a leggere quando (e perché mai non dovrebbe accadermi qualcosa di buffo proprio oggi?) una signora si ferma in piedi davanti a me. La vedo con la coda dell'occhio e alzo lo sguardo che inequivocabilmente le dice "Ha bisogno di qualcosa?". Senza che io proferissi parola mi chiede di farle una foto.
Però al sole.
Però a figura intera.
Però si deve vedere bene la faccia.

Le dico che il sole è molto forte, forse è meglio fare delle foto all'ombra. Insiste.
Le dico che sono fotografa e il mio consiglio resta quello di fare foto all'ombra.
Insiste.
E io desisto.
La piazzo davanti a un muretto con mattoni a vista e le scatto una foto col suo cellulare. Le dico che a figura intera il volto non si vedrà benissimo.
Insiste.
Guarda la foto e mi dà ragione.
Le propongo un primo piano ma sempre all'ombra. Insiste col sole in piena faccia.
Desisto.
Guarda la foto. "Ma sai che forse è meglio all'ombra?".

Per fortuna desiste lei, e poi è quasi arrivata l'ora X, io vado, ciccia. Tieniti la tua foto con la fronte aggrottata e gli occhi semichiusi per il troppo sole. Io ho da fare. [continua...]

24 maggio 2012

Di zone non sismiche, videogame e musica fichissima

Quando sono venuta a vivere qui qualche volta è venuto fuori il fatto che fosse una zona tranquilla per i terremoti. La verità è una sola, la terra ti colpisce quando meno te lo aspetti.
Così questo sabato notte, ma meglio dire domenica mattina alle 4, una scossa di magnitudo 5.9 ha letteralmente svegliato non solo l'Emilia Romagna, ma anche il Veneto, la Lombardia, il Piemonte. Persino il Friuli.
Io l'ho sentita? Certo che no, dormivo serena come una pasqua. Sentivo un rumore in lontananza, qualcosa che avrebbe potuto fare anche Maya saltando sulla libreria. In realtà era la libreria che dondolava a fare casino. Il dondolìo del letto? Non l'ho sentito. Avevo aperto a malapena gli occhi per il casino fatto dalla libreria e stavo per riaddomentarmi quando la mamma di Fry (in visita da noi quel weekend) si sveglia urlando "terremoto terremoto!". Io dormo nuda, ma questo si sa già, ovvio che non mi sono alzata ma ho sollevato la testa sperando di non dover parlare, sperando di comunicare telepaticamente "sìsì lo so". Invece Fry si agita e si sveglia, si alza e va a vedere fuori dal balcone. Gli allarmi delle macchine suonano. In lontananza una fioca luce ricorda che tra poco albeggerà. Fry viene da me e mi sussurra "vestiti" mentre io mi chiedo se riuscirò a rimettermi giù e dormire. Mi vesto con estrema lentezza, nel frattempo arriva un'altra scossa e la mamma di Fry dice "andiamo in strada" terrorizzata dal fatto che siamo al sesto piano e in caso di emergenza non possiamo scendere troppo celermente.

Io a quel punto capisco che non riprenderò più sonno e ho la faccia di una cernia arrabbiata. Ci vestiamo, prendiamo il gatto, e andiamo vicino casa dove altre persone sono scese in strada. Lancio uno sguardo implorante a Fry del tipo "ma dobbiamo proprio?" e alla fine mi arrendo. Io e Fry facciamo due passi così posso bestemmiare in libertà mentre la mamma di Fry parla con sua cugina che abita di fronte casa nostra.

Passiamo così una mezzoretta, ormai si sono fatte le 5, chiedo se ora possiamo andare a casa e anche gli altri sono d'accordo. Prendere sonno è dura perché la tv rimane accesa, e anche se a bassissimo volume sento le notizie catastrofiche della provincia di Modena e Ferrara e del Bolognese. Dove gente è morta o ha perso la casa e insomma mi sento un po' in colpa per avere minimizzato la scossa.

Il giorno dopo ovviamente in tv non si parla d'altro, penso che in queste situazioni dovrebbero entrare in campo non semplici giornalisti ma comunicatori. Tranquillizzare la gente senza minimizzare il problema, invece di accrescere l'ansia anche in zone dove tutto sommato si può stare relativamente tranquilli, vedi Bologna città.

Altra novità, abbiamo comprato l'Xbox 360. Le finanze scarseggiano ma è stato un acquisto terapeutico. Infatti quando siamo agitati, giocando ci rendiamo conto di rilassarci parecchio. Giocando giocando in questi giorni ho terminato Dead Space (oggi forse compro il 2 perché mi è piaciuto tantissimo).

La macchina si è rotta di nuovo. Dopo un mese e dieci giorni dal meccanico e 1000 euro di fattura, finalmente ci pareva di poter rigirare in macchina e invece si ferma in mezzo alla strada accusando lo stesso problema per cui l'avevamo portata dal meccanico. Lo chiamiamo e lui arriva, raccontandoci anche di come è costretto a dormire in macchina coi figlioli perché il terremoto gli ha devastato la casa.

Ultimo, ma non meno importante, mi arriva il cd dei Sofisticator che mi ha spedito Roccio (di cui è il chitarrista!). Inutile dire che ieri l'ho ascoltato tutto il giorno e mi fa tanto ridere questo pezzo, che è la canzone del giorno (spero di poter caricare presto l'audio su youtube, se il gruppo mi da' il consenso).

Comunque, ragazzi, accattatevillo. Sono in gamba, fiorentini, e bravi ragazzotti. E gli auguro di fare strada perché se lo meritano. Il loro cd potete comprarlo qui (bhe la mia copia è autografata, ovviamente, ma che c'entra).



Canzone del giorno: Mantas (The Trashmaker) Sofisticator


In attesa di caricare questo pezzo, vi lascio però con quest'altro pezzo:

24 marzo 2012

La mia avventura con Trenitalia (ancora!)

A metà aprile, per il mio tagliando, salirò a Torino, così mi sono mossa in discretissimo anticipo per fare i biglietti del treno. Il sito trenitalia è cambiato, finalmente, e optando per le date flessibili, esattamente come accade per i voli aerei, puoi accedere a offerte vantaggiosissime. Usando questa opzione sono riuscita a fare anda e rianda Bologna-Torino a soli 28 euro. La metà del solo viaggio di andata praticamente. Ho prenotato il mio biglietto con Postoclick e sono andata a pagare presso un bancomat Unicredit (dopo aver ritirato le mie foto della Diana, tutte - come dicevo un post fa - fuori fuoco e con inquadrature impossibili; ci sono rimasta malissimo ma non mi arrendo) perché, secondo il loro sito, con un bancomat di qualsiasi banca puoi pagare lì il treno prenotato con Postoclick. Bene, peccato che infilo la mia tesserina e il bancomat mi propone il solo prelievo. Come volevasi dimostrare.
Pazienza, posso pagare anche in una ricevitoria Sisal. Vado in tabaccheria e fornisco il mio codice PNR peccato però che dallo scontrino che mi chiede di controllare vedo scritto solo il viaggio di andata. Entro in paranoia e chiamo Trenitalia. Trovo l'operatore e casca la linea. Mi richiama (gentilissimo) e mi spiega che devo fare un altro interno. Richiamo e dopo l'iniziale incomprensione mi rassicura dicendomi che viene indicata solo la prima tratta, ma va bene per tutte le tratte, tanto ho il ticketless e quando do' al bigliettaio il PNR lui dovrebbe avere tutto. Torno dal tabaccaio (nota positiva per l'assistenza trenitalia, davvero) e pago il mio biglietto. C'est plus facile.
Canzone del giorno: South Of Heaven The String Quartet (cover Slayer)

26 febbraio 2012

La musica per me



Vi chiederete cosa ci faccio con un disco dei C.O.V. sconosciuti ai più, acronimo per Church of Violence, gruppo punk attivo negli anni '90 nei centri sociali torinesi.
E' successo che a inizio febbraio spulcio nei negozi di vinili per trovare qualcosa per il mio Fry e trovo questa chicca. Essendo sconosciuti rimango sbalordita. Io li conosco solo perché mia sorella portava le musicassette a casa e io li ascoltavo a ripetizione.

Io e mia sorella sotto questo punto di vista siamo state fortunate. Siamo arrivate ai CD in ritardo rispetto ai nostri coetanei, noi avevamo uno stereo con giradischi e lettore di musicassette. E basta.
Quindi avevamo un po' di vinili e spesso li ascoltavamo. A differenza della nostra generazione io e mia sorella i vinili li abbiamo conosciuti. Ora per molti sono oggetto di culto, per noi era la normalità. Quando ho detto a mia sorella di aver trovato il disco dei C.O.V. inutile dire che mi abbia detto "Compralo!".

Quando ero piccola e fino ai 18 anni io, mia sorella, il mio babbo e mia mamma (più i vari criceti, il cane, il pesce rosso, le cocorite, le tartarughe e ogni sorta di bestiolina che ci stesse accompagnando in quel momento) abbiamo vissuto in un bilocale. Io e mia sorella non avevamo una cameretta ma questo lo avrò ripetuto un miliardo di volte.
Così io non avevo modo per isolarmi fisicamente dal resto del mondo. Non potevo essere triste, nè arrabbiata in uno spazio comune, ed ero costretta a sorbire e assorbire gli umori dell'ambiente. I miei genitori che discutevano, per esempio. Per isolarmi io ricorrevo allo stereo, ai vinili e alle musicassette. Indossavo i miei cuffioni giganti e ascoltavo. Dalla musica che allora mi passava mia sorella a quella che passavano alla radio. E' doveroso quindi dire che io ascoltavo davvero tutta la musica, anche quelle schifezze che passavano alla radio. Non dovevo dare spiegazioni a nessuno, nessuno poteva chiedermi com'era andata a scuola o cosa avessi fatto o chi era al telefono mezzo minuto prima.

In particolare questi C.O.V. li ascoltavo spesso durante la mia prima chemioterapia, era una sorta di colonna sonora, insieme ai Propagandhi e ad altri.

Ecco perché mi commuovo in modo buffo ascoltando una canzone che dice "Sono figo o no, mi vergogno ma non posso farci più di tanto", oppure "sangue di Giuda io voglio bere" perché, per quanto suonata male, cantata peggio, con testi assolutamente senza senso (bhe non tutti dai), questa musica racconta una parte della mia storia. Per cui vi lascio con questa.

Canzone del giorno: Sandrinkemall C.O.V.




E questa che mi piace un sacco.

Postdamsong C.O.V.

30 novembre 2011

Parafulmine emotivo

Quando una persona è seriamente disperata lo vedi. E' il vuoto degli occhi, è la mancanza di cura nell'aspetto, l'occhio lucido, il tono di voce basso. Il tono di una persona che ha smesso di lottare. Perché la vita è continua lotta.
Allo sportello viene gente di tutti i tipi, la maggior parte di loro non paga delle bollette e viene a piangere miseria, mentre il suo iPhone nuovissimo squilla e tu ti dici che se sono davvero così disperati potrebbero venderlo e pagare le bollette. Il cibo. Altre cose invece della vanità.
Oggi viene questa signora; parla a voce molto bassa, ha l'occhio lucido e i capelli spettinati e bianchi. Lo smalto è grattato via e le unghie sono un po' lunghe ma non curate. C'è anche dello sporco sotto le unghie.
Mi chiede se ha delle bollette da pagare, perché suo marito non ci sta tanto con la testa e dimentica tutto. Dimentica tutto da quando hanno perso il nipote.
Preferisco non indagare, anche se "sento" che vuole parlarmene.
Le dico che sì ci sono un paio di bollette non pagate e che le preparo il bollettino per effettuare il pagamento. Comincia a parlarmi di quanto questo evento tragico li ha sconvolti e di come non riescano più a fare nulla normalmente. Annuisco e dico che capisco, che non ci sono parole giuste a volte per confortare in queste situazioni, e una serie di altre ovvietà che non sto qui a scrivere. Poi una frase mi riaccende di botto il cervello emotivo: "... sa io ho un tumore e sto facendo la radioterapia, mi hanno già messo fuori uso un polmone e sto facendo una cura a base di calcio perché la parte bassa del bacino è quasi tutta bruciata dalle radiazioni..."
Interrompo immediatamente quello che sto facendo e la guardo negli occhi. Ha gli occhi lucidi e fissi su di me. Dentro di me mi chiedo se si aspetta che le dica qualcosa. E una vocina dentro di me mi dice solo di "esserci". Penso che quella signora per quei due minuti che posso dedicarle ha bisogno di me, allora sto zitta e mi metto in posizione di ascolto. Unisco le mani e le appoggio sulla scrivania.
"Sa, mio nipote aveva 12 anni. E' morto di tumore. A volte mi dico che voglio farla finta anch'io e morire ma poi penso a chi rimane..."
Mi rendo conto di avere gli occhi lucidi e che sto scoppiando in lacrime ma mi trattengo. Le dico di non fare questi pensieri, perché qui c'è ancora chi ha bisogno di lei.
Le poggio la mano sul braccio in segno di conforto ma mi chiedo se esiste conforto per un dolore così grande.
Ora che mi ha parlato, ora che mi ha sentita, ora che si è confidata torna a parlare delle bollette. Distogliamo gli sguardi dai nostri occhi, lei si riprende un attimo, come se avesse intuito in quel breve lampo di lucidità, che non era luogo nè momento. "Sono proprio belli i suoi capelli".
Mi ringrazia e se ne va.
E' come se avessi assorbito le sue emozioni, volevo chiudermi in bagno e piangere. E picchiare con violenza chi mi chiede perché non credo.

Non esiste dio che possa permettere questo. Proprio no.

Canzone del giorno: Sul Sole Subsonica

06 ottobre 2011

R.I.P. #SteveJobs

Capitolo fideiussione quasi chiuso, oso sperare.
Del resto cosa vogliono? Non solo hanno il mio conto bancario, ma c'è anche mia mamma che fa da garante.


Oggi è morto Steve Jobs. Premetto che non sono un'amante del marchio Apple anzi, ho una resistenza psicologica alla mela morsicata, tant'è che proprio oggi ho acquistato il mio primo telefono Android (e ho progettato di acquistarlo oggi da circa due giorni pertanto non sapevo assolutamente della notizia). Detto questo bisogna un po' separare l'uomo dal logo che tanto lo ha reso famoso. Steve Jobs era, in primo luogo, una persona con grandi idee. In un certo senso una persona che ha anticipato i tempi, almeno nella tecnologia. Un uomo che sapeva guardare al futuro.
Mi spiace, mi spiace a livello umano e mi spiace perché era molto giovane. Sono certa però che quando vivi così la tua vita, davvero la morte non esiste.
Vi lascio con il discorso ai laureandi di Stanford del 2005, di Steve Jobs.
"Stay hungry, stay foolish"

15 ottobre 2010

Berlinen

Eccoci qua, di ritorno da una bellissima vacanza a Berlino, 7 giorni e 7 notti per girare completamente la città e vederla da tutti gli angoli.
Il volo aereo è stato Alitalia con partenza da Torino, non c'erano voli diretti né da Firenze, né da Pisa, né da Bologna. Dopo un'oretta e mezza atterriamo all'aereoporto di Tegel. Presa la borsa cerchiamo il bus TXL che farà capolinea ad Alexanderplatz, dove abbiamo l'albergo. La macchinetta automatica dei biglietti è ovviamente davanti alla fermata del bus (perché solo qui è impossibile trovare i biglietti?).
In ogni caso arriviamo all'albergo (volo e albergo prenotati con lastminute.com, mi sono trovata molto bene tant'è che penso riprenoterò con loro), il Park Inn Alexanderplatz (che consiglio a tutti perché è spettacolare). Impossibile sbagliarsi, è la struttura più alta della piazza dopo la torre della tv. In albergo senza nessun problema ci tengono le valigie così possiamo andarcene in giro tranquilli fino alle 15, ora del check in. Ci daranno poi i passpartout con cui aprire la nostra stanza e usare l'ascensore (la stanza è al 12° piano di 37).

In 7 giorni Berlino mi è piaciuta molto, forse nei primi giorni un po' meno. Sono abituata a guardarmi intorno in tutte le città in cui vado e a Berlino è stato tutto ricostruito. Come a dire che bellezze architettoniche "antiche" non ce ne sono. Almeno nel centro ci sono solo grattacieli e l'unica cosa che mi ha colpito è stato il duomo, costruito in stile rinascimentale italiano (?).
Tuttavia Berlino ha un sacco di musei, e sono tutti enormi.
Quindi se proprio non sapete cosa fare, ecco qualche chicca.

Museo della medicina: per stomaci forti. Il penultimo piano contiene feti in barattolo e per chi ha mai visto rotten sa cosa intendo. Molte spiegazioni sono solo in tedesco ma questa è una cosa che noteremo in diverse altre strutture.

Museo della tecnologia: se avete una giornata piovosa qui dentro potrete passarci una giornata intera. E' talmente enorme che contiene diverse locomotrici di treno, diversi aeri (alcuni distrutti), qualche barca, e un sacco di piani dove poter soddisfare tutte le curiosità sulla tecnologia. Noi ci siamo soffermati al reparto informatico soprattutto, dove abbiamo scritto i nostri nomi in binario (eeeeeeh!!)



Il Reichstag: è gratuito (cosa rara visto che a Berlino si pagano anche le toilette all'interno dei centri commerciali) e salire su è abbastanza vertiginoso. Inoltre anche l'audioguida è gratuita e permette di sapere molte cose sui palazzi che poi si vedono dall'alto. Cosa buffa: Berlino è piena di gente con piercing e capelli colorati, anche di una certa età (sopra i 50 anni per esempio), roba che qui diresti "ahhh ma non si guarda prima di uscire di casa?". E invece è bello abbestia sentirsi liberi di conciarsi come si vuole. Dico questo perché al Reichstag ci ha aperto la porta una ragazzotta con i capelli rosa. Da noi quasi nessun lavoro al pubblico sarebbe permesso con quel colore di capelli. Potrei andare a vivere a Berlino ed avere finalmente i miei bellissimi capelli viola.

Il memoriale sull'Olocausto: una serie di parallelepipedi (sono ben 2711) in calcestruzzo che formano una sorta di labirinto.



Lì accanto c'è anche il Centro di documentazione degli ebrei morti nella shoah (ingresso gratuito), assolutamente da vedere.

Il Duomo: molto carino. Ha un organo con nonsoquantecentinaia di canne e spesso ci fanno concerti. Sulla guida era presentata come stile rinascimentale ma wikipedia lo presenta con stile neobarocco. Dire che non ci capisco nulla è dire poco.

Il museo di scienze naturali: fate largo al più grosso scheletro di Brachiosauro meglio conservato del mondo. Insieme ad altri scheletri di dinosauro e un sacco di altre cose (e i soliti animali impagliati)



Il campo di concentramento di Sachsenhausen: è stata la visita più toccante, anche se la struttura è stata trasformata in un vero e proprio museo che raccoglie i racconti di alcuni detenuti, camici, mobilio, foto dei prigionieri.



Per saperne di più: http://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Sachsenhausen_(Oranienburg). Ci si arriva comodamente con un treno e una camminata di 20 minuti. Non ho fatto molte altre foto al campo, l'unica cosa che ricordo è che, nonostante i turisti e le gite scolastiche (i ragazzi sembravano divertiti dalla visita, dovrebbero invece ricordarsi che sono cose fatte dai loro nonni...), c'era un silenzio incredibile. Si sentiva solo il vento che muoveva le foglie sugli alberi.

La torre della tv: non l'abbiamo visitata (quando eravamo lì si era diffusa la notizia di un possibile attentato proprio alla torre medesima), ma è stato un punto di riferimento fisso per tutta la permanenza. La torre della tv si vede da tutta la città, e dato che noi dovevamo andare in quel senso, per lo meno conoscevamo la direzione in cui incamminarci.


questa foto è stata scattata dalla terrazza del nostro albergo, la quale era a pagamento. Come tutto, del resto.

Quest'altra foto, in un rarissimo momento di sole:

Si vedono Duomo e torre della tv. Ho circa 50 foto della torre della tv, era davvero ovunque.

Porta di Brandeburgo:


Madame Toussaud: costa tantissimo, ma ne vale la pena. Almeno per farsi fare una dichiarazione dal Giorgio Clooney.


Oppure per fare le corna al papa:


Altre cose da vedere sono il museo ebraico, il museo della DDR (la repubblica democratica tedesca, per vivere il bello della DDR - e se proprio vi piace sarebbe bene controllare anche la prigione della Stasi, la polizia segreta della Berlino Est durante gli anni della guerra fredda), il KaDeWe, la loro "rinascente" grossa il doppio di un nostro qualunque centro commerciale, il checkpoint Charlie, dove quasi si scontrarono carri armati sovietici e americani, vari pezzi del muro, i migliori al Mauerpark (dove di domenica c'è un mercatino favoloso) e all'East side gallery, nel quale il muro è diventata la più grande opera d'arte a cielo aperto, parte del bunker ancora visibile che faceva parte della rete dei bunker sotterranei al quale era annesso anche quello di Hitler. In questo museo c'è anche una specie di casa della paura dove robot-manichini vengono squartati e signori in costume vi fanno "buh" da angoli bui.

Cosa mangiare a Berlino. Come in tutte le grandi capitali europee a Berlino si mangia di tutto. Dall'etnico, al locale, all'italiano. Da loro va un sacco il Currywurst, un wurstel cotto alla piastra, tagliato a pezzetti e inondati di ketchup e curry. Molto buono ma uno al giorno basta e avanza.
Fuori dalla stazione della metro di Alexanderplatz troverete omini che vi cuoceranno al volo un wurstel nel panino con la salsa che preferite. E a solo un euro e 20!


Se volete un ottimo burrito c'è Dolores, sempre vicino ad Alexanderplatz, io mi ci sono innamorata. Fa delle squisitezze quasi impossibili da terminare però strabuone!

Come ristoranti tedeschi ne abbiamo provati due e abbiamo mangiato in entrambi i casi molto bene. I piatti sono pesanti, ma come potrebbero esserlo da noi se mangiati al ristorante, le porzioni anche, molto abbondanti. Ma come da noi: nessuno a casa si prepara le vagonate di pasta che ti fanno mangiare al ristorante.

L'ultima sera abbiamo provato un ristorante americano. Si chiama Bird e fa solo ciccia. Bistecche e hamburger fatti di vera carne (come li pubblicizzano loro). Sono molto carini e chiedono sempre che taglio di carne vuoi e che tipo di cottura. Costa molto ma è davvero buono. Purtroppo non c'è mai posto se non si prenota e abbiamo mangiato al bancone come molti altri avventori dell'ultimo momento. Uno dei camerieri quando stavamo andando via ci ha chiesto di dove eravamo e ci ha offerto uno shottino, gentile direi!

Per quanto riguarda la birra abbiamo trovato ottima birra bavarese ma mi sembra che questa storia della birra tedesca sia un po' una leggenda. Più che altro bevono coca cola. L'acqua è carissima e fa schifo.

Ultimamente i berlinesi sono diventati attenti al biologico. Quindi mangiamo sì wurstel e patatine, ma certificate biologicamente. In alcuni chioschi anche le salsine sono biologiche, così ingrassi (ho preso almeno 2 kg) ma almeno hai l'impressione di mangiare sano!

I berlinesi: in generale sembrano sopportare loro malgrado le diversità. Ma amano i loro spazi. Abbiamo assistito a due scene incredibili.
Sale su un treno un ragazzotto un po' alternativo, si siede di fronte a un signore ben vestito e poggia lo zaino per terra. Lo zaino però, cadendo su un lato, tocca la gamba sinistra dell'omino benvestito il quale lancia all'altro una malevola occhiata. Il ragazzo, accortosi di ciò, chiede scusa e tira su lo zaino (da noi probabilmente si sarebbe risolta con il signore che cambia posto o il ragazzo che dice "che cazzo vuoi!").
La mattina del volo di ritorno riprendiamo il bus TXL per tornare all'aeroporto. Quando saliamo noi è vuoto, ma piano piano che va in là, com'è ovvio, si riempie di persone con valigie che non sanno più né dove sistemare i bagagli, né dove sistemarsi essi stessi. Una ragazza, credo americana, in particolare ha una valigia enorme che piazza, mancando posto, in mezzo al corridoio. Poi lei si siede accanto al finestrino in un posto doppio. Un signore si siede nel posto vuoto accanto a lei e accanto anche alla valigia enorme. Le persone fanno una grossa fatica a scavalcare l'enorme bagaglio e lui si sente in estremo imbarazzo, forse perché teme che gli altri possano pensare che sia sua la valigia. Così chiede alla ragazza se può spostarla, ma lei gli fa notare che non c'è posto. Lui non si da' pace, continua a guardare la valigia, poi guarda la ragazza e glielo chiede di nuovo ma nulla. Dopo un terzo tentativo ed evidentemente scocciato (chissà come si sarebbe comportata la ragazza se fosse stata berlinese?) tira su la valigia, la mette al suo posto e lui rimane in piedi.

In ogni caso Berlino è segnata dalla storia. Anche se credevo fosse più profondamente segnata. Nonostante tutto alla fine i ragazzi non capiscono qual è stato il risultato della loro storia nazionale. Tant'è che al museo ebraico alcuni ragazzini hanno scritto sul guestbook "SS". Anche Roccio ha notato che in realtà sembra che Berlino non sia stata colpita profondamente dall'Olocausto o meglio, che stia cercando di dimenticare quel brutto momento, quasi a dirsi "Ok c'è stato, ora basta, bisogna andare avanti".

Trovi più che altro segni del muro e delle sue vittime. Sì, decisamente Berlino ha una storia del tutto particolare.

I trasporti: una volta capito il metodo è facilissimo spostarsi e devo dire sono davvero efficienti i mezzi. C'è la metro che fermate molto più rade ed è più veloce. C'è il treno che fa più soste e ci sono pullman e tram. Noi ci siamo spostati solo con treno e metro e ci siamo trovati benissimo (a parte quando sbagliavo direzione o fermata).

A Mauerpark abbiamo inoltre trovato una band funky fantastica, con i quali ci siamo fermati a parlare e abbiamo anche comprato il loro cd. Se volete ascoltarli ecco il link.

Un'altra cosa: i berlinesi usano tantissimo la bici. In ogni angolo se ne trovano a noleggio e su treno e metro ci sono i posti prenotati per persone che hanno le bici. Favoloso.

La sera eravamo morti, pertanto non abbiamo provato la vita notturna di Berlino. C'è da dire che in albergo prendevamo, come canali italiani, solo raiuno e raitre. Abbiamo guardato "Chi l'ha visto" proprio mentre parlavano di Sarah Scazzi e abbiamo appreso la notizia in diretta. E' davvero una cosa devastante. Ma non mi faccio capace di ciò che può essere in grado di fare l'Uomo.



Canzone del giorno: The Say Rupert's Kitchen Orchestra

18 febbraio 2010

Dr. Feelgood

Ultimamente ho perso le mie abitudini. Quando vivevo a Torino mi alzavo presto così potevo fare colazione, truccarmi con calma e leggere il giornale online, magari aggiornare il blog, preferibilmente non tutto insieme, altrimenti rischiavo di puciare il pennello del trucco nel latte passarmi i biscotti sulle labbra e addentare un ombretto. Ora mi sveglio, a volte, alle 8.05, mi lavo la faccia, metto la cremina, mi lavo i denti, prendo le mie pastiglie e mi catapulto in macchina. Arrivo stravolta in ufficio dove mangio un tocchettino di cioccolata fondente e bevo un mocaccino delle macchinette automatiche e in coma così come sono cerco di cominciare la mia giornata lavorativa.
In questi giorni sto cercando di svegliarmi a un orario decente per poter fare un minimo di colazione e truccarmi. Senza trucco sembra che un tir molto pesante mi abbia passeggiato sulla faccia e abbia fatto retromarcia per assicurarsi di avermi presa bene.

Sto leggendo un meraviglioso libro di Oliver Sacks, si intitola "Un antropologo su Marte", parla di 7 persone, 7 casi clinici ma dall'occhio di Sacks solo casi umani, storie di persone che hanno perso qualche capacità o ne hanno acquistate di nuove.
Finora ho letto tre storie ma l'ultima è buffa perché parla di un pittore mnemonista di Pontito, vicino Pescia in provincia di Pistoia. Ora è quasi un paesino abbandonato, con i suoi 70 abitanti e nessun tipo di turismo. Franco Magnani, il pittore mnemonista, nacque lì per poi trasferirsi, dopo aver girato mezzo mondo facendo il cuoco sulle navi da crociera, a San Francisco. Dopo una non meglio precisata malattia incomincia ad avere visioni incredibili e tridimensionali della sua città natia, quasi allucinazioni che lo portano a dipingere con dovizia di particolari i luoghi della sua infanzia, tanto che le fotografie degli stessi scorci da lui dipinti si dimostrano identici ai dipinti stessi. Che posso dire se non che sono curiosa di vedere Pontito?

Oliver Sacks è un medico grandioso e uno scrittore fantastico, è il lato umano della medicina, quella faccia di cui spesso scordiamo l'esistenza.

Dopo aver fatto la chemioterapia e per un po' di tempo, ricevevo a casa il giornalino dei volontari dell'ospedale: mi aveva colpito il racconto di un ragazzo che ammalatosi da ragazzino di un tumore alle ossa, aveva dovuto anche sentire le dure parole del medico: non avrebbe mai più camminato senza le grucce. Il ragazzo si fece forza fece molta fisioterapia e nuoto e le grucce non le usa. Ha una compagna e un bambino.
Mi ritengo fortunata perché i miei medici, invece, sono stati incredibilmente umani, passavano sempre a trovarmi alla fine del turno anche se mi trovavo in reparti diversi da quello di oncologia, rispondevano alle mie email quando gli scrivevo una volta finita la terapia, avevano sempre due minuti per me quando andavo a trovarli (una volta guarita fu difficile troncare quel cordone ombelicale che mi univa all'ospedale, ben felice di essere guarita, sentivo tuttavia di aver perso una specie di famiglia), accettavano con pazienza le mie domande e se avevo qualche problema di qualsiasi genere avevano sempre un medico da consigliarmi.
Nonostante fossi una discola (non volevo mai mettermi la mascherina chirurgica nemmeno quando avevo i globuli bianchi bassissimi, andavo a concerti, centri sociali, a scuola) non mi rimproveravano mai quando tornavo in ospedale con febbre altissima e la possessione di qualche batterio. Capivano che dietro i miei occhi grandi e sotto il mio cappellino che copriva la pelata e il mio fare anarchico si nascondeva una ragazzina che voleva solo sembrare normale e che una mascherina verde avrebbe ucciso.
Passare al nuovo ospedale per adulti mi mise ansia, ma il mio nuovo medico è un essere mitologico più uomo che medico. Sa come prendermi, è molto dolce, molto paziente e soprattutto molto competente. Dopo il tumore al seno non volevo prendere le pastiglie di tamoxifene prescrittemi. Temevo tutti gli effetti collaterali e nessuno riusciva a convincermi del contrario. Eppure mi bastò una sua email di risposta per tranquillizzarmi e capire che quella era la scelta giusta.
Credo che parte del mio ottimismo sia dovuto a loro, credo e sono convinta che il mondo sia più bello di come lo vede la gente, e che le persone siano sostanzialmente buone.
Io ci credo nelle persone.

Canzone del giorno: Dr. Feelgood Mötley Crüe

16 ottobre 2009

Peripezie

Com'è andata a finire con l'esenzione? Ovviamente nessuno mi ha chiamata. Chiamo io ma mi dicono di richiamare di mattina perché al pomeriggio non c'è nessuno.
Va bene.
Però stavolta mi faccio dare il nome del responsabile con cui parlare.
Chiamo l'indomani e mi spiegano come funziona per l'esenzione. Me la può mandare anche via e-mail (meno male) ma sarà valida solo fino al 31 dicembre. Dopodiché dovrò andare dalla mia dottoressa che prenoterà una visita all'asl affinché possano decidere se posso ancora usufruirne o meno. Non sono molto fiduciosa. Del resto come darmi torto? Finora le visite di controllo per questioni burocratiche sono andate peggio del peggio!

Mica è finita.
Il 19 settembre portiamo l'IPhone in assistenza. La batteria dura 3-4 ore (forse anche meno), il Wireless perde segnale, ricevo gli SMS dopo ore, e spesso mi da' campo pieno ma non mi si riesce a chiamare.
Mi dicono di richiamare dopo 10 giorni per vedere se il telefono è arrivato (devono spedirlo, come tutte le cose Apple). Chiamo dopo dieci giorni ma nulla, richiamo dopo qualche giorno, nulla, richiamo ancora dopo qualche giorno, nulla. Per dirla tutta, richiamo questo lunedì e mi dicono che mercoledì arriva. Io per sicurezza mercoledì richiamo e mi dicono "Ma ti avevo detto giovedì!".
Bene, dico, allora è domani, però io domani chiamo lo stesso (che se non è arrivato almeno non ci facciamo un viaggio a vuoto).
Finalmente ieri chiamo ed è arrivato, non ci volevo credere. Arriviamo al negozio, porto il foglio dell'assistenza e il ragazzo mi dice che non è tornato nessun IPhone. Sbianco.
Meno male che si sbagliava: il mio telefono ce l'aveva un altro ragazzo in mano.
Lo accendo e vedo che è stato resettato, poco male. Avevo fatto il backup quindi non fa nulla. Risistemo tutte le mie cosine e mi metto a giocare.
Oggi di nuovo. Poca batteria, non prende, mi si sconnette il wireless. Ci incazziamo, praticamente non è stato fatto nulla. Nemmeno cambiare la batteria! Il mio cruccio è che questi siano difetti propri del telefono, e in questo caso non ci si può fare nulla. Domani glielo riporteremo, e se non funziona di nuovo, glielo porteremo nuovamente.
Mi spiace soprattutto perché è un regalo di Roccio, e lui stesso è incazzato abbestia perché di certo gli avrebbe fatto piacere comprarmi qualcosa di funzionale. Chissà se anche altre persone hanno avuto gli stessi problemi.
E' difficile trovare qualcuno che critichi i prodotti Apple per due semplici motivi:
- i prodotti Apple costano tanto, e spendere tanti soldi fa sì che ne giustifichiamo i difetti. O li nascondiamo. Insomma, dobbiamo giustificare quanto speso con un "funziona benissssimo", per intenderci.
- chi compra un prodotto Apple generalmente è un fedelissimo, ovvero se ha l'IPod, magari ha anche il Mac, o l'IPhone. La campagna pubblicitaria della Apple, Think Different, fa sentire tutti i possessori di un prodotto Apple appartenenti ad un elìte difficile da raggiungere. Gli appassionati del marchio Apple vanno fieri della loro diversità. Ma più che parlare di diversità si può parlare di conformismo.
Per cui se esiste al mondo una persona che riesce a rompere questi schemi e mi confessa di avere avuto gli stessi problemi con l'IPhone me lo scriva, please.
Premetto che tengo questo telefono come un gioiellino, gli ho messo la plastichina sullo schermo e una buccia di gomma morbida ed è l'unico telefono che ancora non mi è cascato a terra.

Stasera ho visto "Inland Empire" di David Lynch. Mi piace Lynch perché i suoi film sembrano dei lunghi sogni dove nulla ha senso ma le immagini rievocano altre scene del film apparentemente slegate tra loro. Mi ha creato un senso di angoscia vivissimo (me lo sono guardata da sola e con le cuffiette perché so che è il genere di film che Roccio non ama) e a qualche scena sono anche saltata dalla sedia.
Forse ancora più onirico di Mulholland Drive che è uno dei miei film preferiti.

09 ottobre 2009

Tettografia

Stamane mi è toccata: la tettografia.
Prima, però, dato che la mia esenzione ticket è scaduta, sono andata all'asl per rifarla. Apriti cielo!
Il funzionario mi ha detto che fino a lunedì non si sa nemmeno cosa e come fare, e che nel mio caso è ancora più complessa la cosa, dato che la mia esenzione era stata concessa da un'altra regione. Dovrò portare (non appena sapranno anche loro esattamente "cosa" dovrò portare) la documentazione medica del '93 nella quale è stata diagnosticata la patologia, il linfoma di Hodgkins.
Devo proprio scavare nei ricordi ospedalieri per trovare quella roba là.
In ogni caso un po' mogi, io e Roccio andiamo via dall'asl per recarci a Villa delle Rose (Careggi) per fare la mammografia.
La signorina tanto gentile del CUP mi aveva comunicato il seguente indirizzo per Villa delle Rose: via del Pergolino 4/6. Ieri sera controllo su google maps, mi dico che è semplice evviva evviva ci si arriva in poco tempo.
Peccato che in via del Pergolino 4/6 non c'è nessuna Villa delle Rose. Entriamo nella struttura che sembra stare al suo posto e chiediamo informazioni. La signora ci comunica che non è la prima volta che le capita una cosa del genere ma quella non è Villa delle Rose. Io non conoscevo l'azienda ospedaliera di Careggi. Sono abituata al fatto che un ospedale è unico e all'interno ha i suoi bei reparti. Careggi è un quartiere, diciamo, dove ogni villettina col suo spettacolare giardino è un "pezzo" dell'ospedale. Capita che questi pezzettini siano però molto distanti tra loro.
Così, quando la signora ci fornisce le indicazioni e Roccio sgrana gli occhi, io capisco che c'è parecchio da camminare.
Cammina cammina cammina e Villa delle Rose mica si vede.
Arriviamo al Meyer, l'ospedale pediatrico e chiediamo informazioni. Niente, Villa delle Rose era più dietro, ci dice la signora che c'erano anche le indicazioni. Torniamo indietro e ci inerpichiamo per una salitina. Raggiungo una dottoressa e chiedo se Villa delle Rose è da quelle parti. Lei ci indica il cancello di fronte a noi e dice "E' qui".
Insomma per farla breve, meno male che siamo andati con due ore di anticipo.
Entriamo e andiamo all'accettazione. La signorina al bancone guarda la mia prenotazione e scuote la testa. "Lei non deve fare questo esame" mi dice "è troppo giovane. Le mammografie di controllo si fanno più in là con gli anni". Sorrido e le dico gentilmente che sono stata operata, mi guarda, annuisce e controlla sul suo elenco. "Troppo presto" continua "non posso farla passare".
Porca miseria mi verrebbe da arrabbiarmi ma non mi arrabbio. Le dico che se c'è da aspettare aspetteremo. "No, ora sento se posso farla passare". Chiama non so chi e mi dice di andare in sala d'attesa che verrò chiamata col numerino.
Effettivamente in sala d'attesa sono la più giovane (questa è una parola che oggi ho sentito spessissimo riferita a me). Il radiologo, che ogni tanto si affaccia dallo stanzino, è giovane ma ha un'aria austera. In netto contrasto con i suoi capelli biondi che sembrano decolorati. Non sorride, non ha espressioni, un po' mi fa paura.
Quando è il mio turno gli porto ciò che ho in mio possesso. Precedente mammografia, esame cito-istologico della fettaditetta asportata ecc ecc.
Ma appena entro mi dice "Come mai qui? E' così giovane!". Gli riassumo la mia storia clinica, mi fa spogliare e mi fa avvicinare alla macchina.
Mi dice "Lo sa che sarà doloroso, vero?". Annuisco, ma il ragazzo è stato in gamba. Non mi ha fatto male ed è stato veloce, a differenza di Torino dove sono stata maneggiata e dove mi hanno effettivamente fatto male (lamentandosi, in maniera discreta, del mio seno piccolo che per la mammografia è un casino). Il medico biondo austero quasi tedesco che chiameremo Hans mi sposta mi gira e rigira e fa tutto ciò che deve fare. All'ultima proiezione mi sorride, strano ma vero, ed esclama "Lei è molto coraggiosa". Il che mi fa arrossire, perché per me è una specie di complimento dato che mi giudico assolutamente fifona. Mi dice di aspettare perché per chi è stato operato c'è anche la visita.
Sappiate che negli ospedali, nelle sale d'attesa, è normale sentir parlare di morte. E' come quando si mangia e si parla di cibo. Non riusciamo ad estraniarci dal contesto ed è buffo sentire queste signore che parlano di chi e di come è morto questo o quell'altro. "Se nè andato così, in fretta, che peccato".
Mi annunciano che ci sarà da fare anche un'ecografia e la visita. Bene, così la visita senologica non dovrò più farla il 22 ottobre. Anche in sala ecografia c'è un'atmosfera allegra e il solito "E' così giovane" che mi si è incollato addosso a tal punto che non ricordo più di avere 28 anni.
Anche l'ecografia e la visita non hanno rilevato niente. Sono sana, nessun segno di cose strane e ho persino un intero giorno di ferie per me. Ora però vado a preparare la borsa che stasera si sale a Torino.
Weekend con compleanno di mia mamma. E raffreddore a gogò.

05 ottobre 2009

Matrimonio celtico sotto le stelle

Forse non ne ho mai parlato in questo blog, ma S è stata la mia migliore amica per un sacco di anni durante quel periodo intricato che è l'adolescenza. Ci siamo poi perse di vista, capita, una volta entrambe seriamente fidanzate.
Io e lei eravamo inseparabili, una cosa mai vista per me che sono una specie di essere antisociale. Andavamo in vacanza insieme, i weekend insieme, in Molise insieme e non avevamo grosse gelosie. Se ci piaceva lo stesso ragazzo finiva che una delle due cedeva e dice "ok, questo è tuo". Ovviamente non con queste parole.
Io dopo cena passavo a trovarla, facevamo due passi e si parlava di tutto, abbiamo condiviso molte molte cose ma dopo tanti anni alla fine ci siamo perse. Ripeto, capita.
Per questo mi ha fatto ancora più piacere essere stata invitata al suo matrimonio.
Le sue parole al telefono sono state queste: mi sposo il 3 di ottobre in comune, lì se vuoi vieni ma ci tengo di più che tu venga il giorno successivo, mi sposerò con rito celtico.
Io e S avevamo sempre al collo un triskel da cui non ci separavamo mai (il mio purtroppo si ruppe e poi andò perduto. Ma forse perso no, so dove si trova ma non voglio recuperarlo per vari motivi che non sto a spiegare). Ce li portarono sua sorella e suo cognato di ritorno dalla Bretagna. Io e lei, piccole streghe, che ci mettevamo a compiere piccoli riti propiziatori alla luce della luna. Sempre con indosso il nostro inseparabile triskel.
Sapevo in un certo senso che se mai si fosse sposata l'avrebbe fatto così. E' una ragazza coraggiosa, S, non teme ciò che gli altri pensano di lei, va dritta per la sua strada ed è una delle persone più coerenti che conosca. Mi ricordo che da piccina litigò con suo padre perché non voleva cresimarsi.
Ci compravamo libri di magia bianca e stregoneria, quei pochi che le nostre poverissime finanze di allora potevano permetterci. Poi consacrammo dei talismani che ho ancora in un vecchio portafogli. Lei mi regalò un libro dulle divinità celtiche e da allora il mio nick (prima ancora di avere un computer avevo un nickname) passò da Cay a Cleena, la dea celtica che culla le persone che soffrono fino a farle addormentare.

Il rito civile è stato breve e indolore. Note curiose, lo sposo (che appunto conobbi quel giorno) invece di dire "Sì" alla fatidica domanda, rispose "Altroché", suscitando notevole ilarità.
Il giorno dopo, la cerimonia si è svolta in montagna, a mille metri, in una specie di ex convento di monaci. Non posto foto perché mi sembra di rovinare l'incanto di quella sera, di un matrimonio assolutamente non convenzionale ma spiritualmente il più incantevole che io abbia mai visto.
Scoprii solo lì che ero destinata ad essere una delle cinque ancelle (nel matrimonio tradizionale, damigelle) che avrebbe accompagnato la sposa all'interno del cerchio.
Così mentre lo sposo si avviava scalzo seguito dai suoi cinque testimoni e da tutti gli invitati in mezzo al prato, noi, insieme al padre, aspettavamo la sposa.
Intanto si faceva buio, era essenziale, c'era luna piena.
Lo sposo si piazzò al centro del prato e tutti gli invitati si disposero in cerchio, insieme ai cinque testimoni che in mano tenevano una torcia ciascuno.
Una volta arrivata la sposa noi abbiamo seguito lei e suo padre, ognuna di noi aveva in mano una piccola bottiglietta di vetro piena d'acqua e una spilla con fiori di lavanda.
Quando la sposa è arrivata al cerchio noi ancelle ci siamo posizionate tra un testimone e l'altro, ascoltando la loro cerimonia. Sotto la luna si sono scambiati le promesse e gli anelli e, a simbolo del loro amore, hanno piantato un piccolo faggio al centro del cerchio. Faggio che poi noi ancelle abbiamo bagnato con l'acqua delle nostre bottigliette.
S si è commossa leggendo le sue promesse allo sposo e un po' mi sono commossa anch'io.
Sotto la luce della luna tutto aveva un'aria così misteriosa e, nonostante le basse temperature, non sentivo più il freddo. Guardavo il faggio e pensavo che sarà bellissimo per loro tornare di anno in anno a guardare come sarebbe cresciuto. E che magari un giorno avranno un bambino e lo porteranno lì per raccontargli la loro storia. E gli diranno "Vedi quel faggio? Era piccolo una volta come sei piccolo tu, ma ora è grande e anche tu lo diventerai. Questo è stato il simbolo del nostro amore e ora lo sei tu". E mentre fantasticavo su queste romanticherie gli sposi si sono baciati e la sposa ha donato il suo bouquet, ricco di simbologie, allo sposo. Ci siamo riavvicinati al casolare e abbiamo preso posto ai tavoli per mangiare.
Io e Roccio siamo rimasti a dormire lì (erano due ore di tragitto per tornare a casa, di cui almeno 45 minuti su stradine di montagna, strette e a doppio senso di marcia), credendo che rimanesse molta più gente. In realtà alla fine siamo rimasti io e Roccio, sposa e sposo, Claudio, la sorella di S e suo marito. Questo ci ha permesso di fare quattro chiacchiere, ché era molto che non ci si vedeva. E fare quattro chiacchiere davanti ad una immensa scodella di zuppa inglese dentro cui pescavamo col nostro cucchiaio rende tutto più allegro e sincero. Dopo aver chiacchierato un po' siamo andati alle nostre stanze. Faceva abbastanza freddino e io ho dovuto usare anche il sacco a pelo oltre alla coperta per sentirmi a posto.
Quello che mi piace di questa ragazza è che mentre tutti guardano al passato, temendo il giudizio della propria famiglia e cercando in tutti i modi di fare ciò che essa desidera, S pensa al futuro e pensa al fatto che la vita va vissuta come nei propri sogni. Perché se si vivono i sogni degli altri si finisce per rimpiangere tutto.

11 gennaio 2009

Lorenzo, Christian o...?

Oggi pomeriggio c'è stato il battesimo di nostro nipote. Le riunioni tra parenti sono sempre terribili, già dopo 10 minuti dal loro arrivo da Milano sono partiti i litigi.
Comunque io e mio zio ce ne siamo altamente sbattuti e ci siamo seduti a guardare la tv aspettando che loro terminassero le discussioni. In chiesa il prete non si ricordava il nome del pupo, e noi dovevamo sempre ripeterglielo. E a cena ho mangiato come un'otre e ora sono in fase ultradigestiva che non terminerà a meno di non usare l'idraulico liquido. Colpa della donnina che serviva. Forse era un po' sorda o non voleva sentire quando gli dicevo "basta così, grazie", perché continuava a dire "ancora un po', ancora un ultimo cucchiaio" e mi riempiva il piatto di ogni cosa.
Mia sorella in compenso aveva un bel cappotto che ha preso a un prezzo stracciato e penso lo prenderò anch'io.

P.s. il padre di mio cognato, siciliano da generazioni, ha come suoneria del cellulare la musica de "il padrino". Grandioso.

30 dicembre 2008

Novità

Ieri mi ha chiamato l’ospedale, hanno fissato l’appuntamento per la prima parte della procedura, ovvero il posizionamento del rep. Che è il rep? Boh?
Da quello che ho capito iniettano carbone vegetale che verrà assorbito dai tessuti e permetterà di rintracciare i nodulini. Il tutto verrà fatto il 7 gennaio dalla mattina al pomeriggio (pare sia una robina lunghetta). Secondo il parere di chi mi ha chiamata ieri siamo a buon punto per la prenotazione dell’intervento ed è probabile che entro una settimana a partire dal 7 gennaio verrà fatto tutto.
Sempre in quella settimana c’è il battesimo di nostro nipote e io sarò la madrina. Io e Roccio siamo d’accordo che se proprio lui deve prendere ferie è meglio prenderle per venire alle visite con me: non importa se salta il battesimo. Per me è il solito dilemma esistenziale: la mia responsabile è una donna, se le spiego ogni cosa sarà più che comprensiva e forse la forzerà un po’ sulle sue scelte future (ricordiamocelo: a marzo mi scade il contratto), se non sono così specifica faccio buona cosa perché non mi giustifico e mantengo un po’ di privacy, ma potrei compromettere la mia situazione lavorativa futura. La questione è “prendere ferie/permessi per un problema di salute non specificato che ‘voglio’ curare a Torino e per il quale non porto certificato medico”. Ho tempo fino ad oggi pomeriggio per pensarci, vedrò.
Ieri dopo il lavoro siamo andati a passeggiare nel centro di Firenze, dovevo comprare un correttore per il viso.
Le opzioni erano due: correttore liquido MAC oppure correttore/fondotinta vichy dermablend.
MAC pro: è una marca incredibile e i suoi prodotti sono davvero eccellenti;
MAC contro: prezzo alto.
Vichy pro: è anche fondotinta, è molto coprente, ha un prezzo ragionevole, sicuramente non fa male alla pelle;
Vichy contro: fin troppo coprente e pastoso. Anche usato in modiche quantità sembra difficile da sfumare.
Passiamo in farmacia e provo il Dermablend Vichy. Una piccola passata sul dorso della mano e diventa quasi bianca. Mi fa provare anche il correttore La Roche Posay ma ha un colore rosato. Anche se non voglio ammetterlo ho una pelle giallognola e non rosata.
Passiamo da MAC, c’è un ragazzo che mi consiglia. In fatto di roba da donne chissà perché diamo molta più retta ai commessi uomini. Forse perché ci sembrano più obiettivi e imparziali. Difatti lui scova subito la mia tonalità di pelle ovvero NC20. Ero convinta di essere più chiara, una NC15, ma lui sembra sicuro infatti mi mette il correttore che sfuma perfettamente sulla pelle coprendo tutti i difetti. Nonostante il costo mi convince, anche solo per il fatto di essermi stato dietro e avermi consigliato e avermi fatto provare il prodotto. Dietro consiglio di Roccio prendiamo anche il Vichy Dermablend che posso tenere come fondotinta di riserva quando siamo in viaggio o simili.
Tralaltro a Torino questo weekend abbiamo preso dei trucchi stargazer. Stargazer è una marca che fa roba per dark/punk, quindi tinte forti (viola rosa gialle argento blu verdi ecc) ma anche cosmetici. Abbiamo comprato una cipria bianca (non chiara, proprio bianca bianca) e un ombretto arancione fosforescente. Non scherzo, oggi ho gli occhi a evidenziatore.
E ora torno al lavoro se no, assenze a parte, non riesco proprio a farmi assumere. Tzè.

24 dicembre 2008

Terza puntata

Non immaginavo esistesse un reparto di Senologia e una visita Senologica. Il nome mi fa pensare più alla geriatria che al seno vero e proprio.
Eppure esiste davvero. Ed è pieno di donnine che aspettano, alcune giovani, molte altre meno, raccontandosi le loro drammatiche esperienze. Rimanere in attesa lì fuori non è decisamente positivo e non fa sperare al meglio. Chi racconta di dover tornare ogni settimana per fare la medicazione, chi con perizia di particolari, come è stata operata e chi racconta dei propri problemi nella vita di tutti i giorni. La mia visita era alle 11 ma sono passata dopo le 13.
Il medico mi ha palpato il seno alla ricerca di questi noduli ma non li ha trovati, ha dichiarato che effettivamente sono microcalcificazioni troppo piccole, per quello facciamo la biopsia. Aggiunge che la biopsia serve per capire cosa sono perché non hanno ancora dati su “ragazze così giovani che in età dello sviluppo abbiano seguito cicli di radioterapia a mantellina”.
Sono diventata un caso statistico.
Prima di procedere alla biopsia, che sarà monitorata da una macchina radiografica per capire dove stanno andando, faranno un tracciamento col carbone vegetale che servirà da guida.
Il rischio che può verificarsi è di non trovare le microcalcificazioni, essendo troppo piccole, quindi di aprire, chiudere e dover riaprire nuovamente.
Domando di che dimensioni sarà il taglio, sto diventando una sorta di Frankenstein a forza di cicatrici. Il taglio sarà piccolo, dice lui, come quello che le hanno fatto per il neo (N.B. per un neo di 5 mm hanno fatto un taglio di 5 cm, la legge chirurgica del “x10”).
Strabuzzo gli occhi: dove sta la tecnologia, la nanochirurgia, la laparoscopia? Con le dita indica una lunghezza di circa 5 cm.
Eccolo: la legge del “x10”: per un nodulo di 4 mm un taglio di 5 cm.
Di questo natale è la cosa che più mi scazza, davvero. L’idea di fare questo e rimanere in attesa del responso.
Ieri era il compleanno di Roccio, mi spiace non essere molto allegra in questo periodo ma ho tante cose che mi impediscono di sorridere col cuore ed essendo troppo espressiva non riesco a nascondere tutto.
Poi non so, magari è il tempo, magari tra qualche giorno passa tutto, magari mi riprendo un attimo, magari la smetto di preoccuparmi.
Comincio ad odiare seriamente il natale.

16 dicembre 2008

Seconda puntata
per chi l'attendeva e non

Gentilissimi utenti, siamo qui ad informarvi che la visita è andata bene. Il nodulino sta lì, forse ci sarà da fare una biopsia ma i valori sono nella norma. Il mio ingrassamento non è poi così decisivo. Io credevo fossero 10 kg ma erano solo 3 kg. I valori ormonali della tiroide sono abbastanza stabili, la salute generale è buona.
Oggi mi chiama l'ospedale Molinette di Torino a nome del C.O.E.S. (centro onco-ematologico subalpino) per fissarmi un'ulteriore visita senologica (al seno, non per anziani!) il 22 dicembre.
Quindi domenica 21 sera partirò ancora alla volta di Torino per attendere news dal seno destro (il seno sinistro pare si sia infervorato di questa mancanza di attenzione verso di lui).

Questo in parte per tranquillizzare anche i più che si sono interessanti e che ringrazio sentitamente.

Altre novità più allegre. Sabato siamo stati a Genova alla fiera del radioamatore. Ho comprato una pennina laser verde stupenda. Ci si può indicare il cielo, il fascio luminoso si vede chiaramente.

Ieri sera cinema "Ultimatum alla terra". Due note positive. Lo strafico alieno Keanu Reeves e la strafica protagonista Jennifer Connelly.

In compenso dagli spot prima del film ho capito che ho proprio voglia di vedere Madagascar 2.
Qui il trailer:

28 agosto 2008

L'egoismo dei genitori

Ieri ho visto un video su youtube che un po' mi ha sconvolto. In realtà non stavo cercando proprio quello, ma youtube ha la particolarità di farti saltare da un video all'altro suggerendoti roba più o meno attinenti con ciò che stai guardando. Io stavo osservando un video linkato sul sito di beppe grillo che trattava di margherite-camomille deformi a causa del cromo esavalente. E a lato c'era il video di una bambina che, bhe poverina. Era nata quasi senza ossa del viso. Trattasi di una sindrome genetica piuttosto rara, la sindrome di Treacher Collins. Il suo caso è particolarmente grave, le mancano il 30-40% delle ossa del viso.
Ho spulciato qua e là su internet rinvenendo altri casi non così gravi.
All'inizio ho pensato ai genitori, di quanto deve essere stata dura questa situazione, eppure proprio in alcuni siti riferiscono che i genitori erano già a conoscenza della situazione prima del parto ma nonostante ciò hanno deciso di portare avanti la gravidanza. O forse era troppo tardi per interromperla. O forse erano sicuri di andare all'inferno, chissà.
E' un argomento delicato.
E non basta dire che bisogna trovarsi in certe situazioni, è una risposta che do' sempre anch'io quando voglio togliermi la responsabilità di dosso. Questa bimba non ha vita semplice e i genitori lo sapevano benissimo.
Ora scrivo una cosa un po' forte, qualcosa che ho dentro: a volte mi stupisco dell'egoismo dei genitori. Farebbero qualsiasi cosa per avere un figlio. Molti lo nascondono dedicando tutta la loro vita alla prole, ma ci si guardi bene dal dire che è istinto materno. E' egoismo anche quello. I figli che rimangono a casa fino a 40 anni con genitori felici di accudirli, sono figli dell'egoismo. I genitori desiderano che si abbia bisogno di loro, sempre ed esclusivamente di loro. Non vogliono essere utili per il loro bambino. No, vogliono essere indispensabili.
L'eccesso porta alla sindrome di Munchausen e i genitori avvelenano pian piano i loro figli, cosicchè abbiano sempre bisogno di loro, perché deboli e malati.
Ma qua arriviamo alla patologia.
Stavamo parlando di egoismo.
Vi prego, faccio un appello, non fate figli se sapete che soffriranno. Il mondo è già abbastanza duro così.

Se avete fegato e volete leggervi la sua storia la bimba in questione si chiama Juliana Wetmore. Auguri.

19 agosto 2007

(S)fortunate fatalità

Quanto sono belle le vacanze: anche se a metà. Ho lavorato in questi pomeriggi, tranne il 15. Ma Roccio era qui, ogni mattina con me, la sera a prendermi al lavoro, e ogni cosa era meno pesante. Persino attraversare in lungo e in largo la città per veterinari, medicine per camaleonti, lezioni di punture sottocutanee camaleontabili.

Ci siamo concessi anche due cene fuori: la prima in una pizzeria ristorante dietro casa (e nonostante l'ottima cucina abbiamo rischiato l'indigestione: forse abbiamo esagerato col cibo) e la seconda in un cinese/giapponese/vietnamita. Volevo fargli assaggiare un po' di sushi con la 'esse' maiuscola e il mio ristorante giapponese preferito era chiuso (il wasabi). Sono una rompicoglioni in fatto di cucina etnica: ogni volta che decido di andare a mangiare in qualche posto che non faccia cucina italiana cerco febbrilmente su internet tutte le opinioni per conoscere quale ristorante non solo è il più buono, ma fa anche vera cucina del posto. Alla fine abbiamo optato per questo posto. E devo dire, nonostante il misto di cucine il sushi non era davvero male. Persino Roccio che non ha proprio mai apprezzato queste cose ha detto che era abbastanza buono. Anche se poi siamo passati a prendere un cheeseburger.

Questo ieri sera, prima di vederci con mia sorella, cognato e nipotina (e futuro nipotino, già scalciante in pancia) per prendere un gelato alla gelateria storica di Torino, Fiorio. Un tempo Fiorio era la gelateria più buona della città: personaggi più o meno storici si sono seduti nelle sue sale riccamente decorate da stucchi dorati e affreschi variopinti. Fiorio ora ha solo un nome, ma non può dirsi il miglior gelato di Torino. Grosse catene di gelaterie stanno emergendo, e sono davvero buone. Poco storiche, poco belle, ma proprio ottime.
Comunque un gelato da Fiorio è sempre piacevole, sotto via Po, protetti dai portici.

Filippo, mio cognato, spiegava tutti i negozi, i locali, i posti a Roccio che ascoltava attento. Poi gli ha fatto la cronistoria del Torino (lui non è solo cuore granata: ha anche tutto il resto). Poi si è lamentato del fatto che io non lo abbia mai portato ai Murazzi.
Quindi ci siamo diretti lì. I locali di piazza Vittorio Veneto sono pieni. I tavolini fuori dai locali ospitano grappoli di gente felice che ride e brinda sotto le stelle della piazza porticata più grande d'Europa. La attraversiamo per andare ai Murazzi e guardare le luci dei locali che si riflettono sul Po. Sembra quasi un bel posto visto da qui.

Non sono mai stata un'assidua frequentatrice dei Murazzi: non è un bel posto per una fanciulla e più di una volta ho sentito di persone che sono state derubate di qualcosa. E magari lì per lì non se ne sono accorte.

Torniamo indietro verso piazza Castello passando dall'altro lato. Quindi sulla destra. Accompagnamo la famigliola alla loro macchina e torniamo su via Po. Fatalità.

Si sente la sirena della polizia e rumori metallici. Ci affacciamo sulla strada. Dal lato opposto al nostro una macchina esce da sotto i portici, scagliando col muso tavolini e sedie. Passa davanti alla macchina di mia sorella e Filippo, che intanto stavano proseguendo per piazza Castello, e la sua corsa si arresta. La polizia è riuscita a fermarlo.

Una folla inferocita lo insegue da sotto i portici, mentre i poliziotti lo fanno uscire dalla macchina: volano pugni, la folla vuole linciarlo, gridano “bastardo” e “devi morire”. Dentro la sua Polo grigia un cane che si guarda curioso attorno. Le persone accerchiano la macchina della polizia e la spingono, la fanno ondeggiare, gridano ancora. Da quel momento è tutto un suonare di sirene. Arrivano 3 o 4 ambulanze, arrivano diverse macchine dei vigili, della polizia e dei carabinieri. Arrivano anche i pompieri.

Noi guardiamo la macchina e torniamo indietro in piazza Vittorio per capire cosa è successo. Ascoltiamo qualcuno che racconta. Vediamo alcune persone a terra, l'ambulanza cerca di caricarle ma una ragazza urla di dolore. E' impaurita e piange. Un'altra persona è a terra e viene portata via. I baristi sistemano sedie e tavolini e cercano di riportare ordine. E' mezzanotte.

Un po' siamo sconvolti, pochi minuti prima stavamo passeggiando proprio da quel lato e siamo stati fortunati ad andare dall'altra parte.

Io e Roccio fantastichiamo su cosa può essere accaduto: era uno spacciatore che scappava? Era drogato e/o ubriaco? Come mai la targa dietro era coperta da un foglio bianco? Perché c'era un poliziotto in borghese lì? Lo stavano già seguendo? Sono stati davvero tutti celeri: erano già nascosti aspettando che succedesse qualcosa?

Oggi leggiamo La Stampa e scopriamo che in verità non è accaduta nessuna di queste cose. Il tizio era depresso e soffriva di manie di persecuzione. Gli sembrava di aver visto il suo capo tra le persone sedute (era convinto che volesse licenziarlo) ed è salito sul marciapiede andando dritto verso i tavolini. Poi ha fatto retromarcia, si è fermato due secondi ed è ripartito. Sotto i portici. Ancora tavolini che saltano via e sedie. Alla polizia ha dichiarato che nessuno lo capisce e di essere vittima del sistema.

Fatalità.

Siamo stati fortunati.