24 marzo 2018

Dissociazione cognitiva

La mia ferita non poteva aspettare e sabato 17 era nuovamente piena di siero. Ma sabato il reparto è chiuso.
Avevo già chiamato il giorno prima per qualche gocciolina sospetta ma mi avevano detto di non preoccuparmi, qualche gocciolina è normale.

Sabato non sapevo cosa fare, ma non volevo andare al pronto soccorso, temevo facessero peggio. Così sono andata in farmacia a comprare dei cerottoni per rimedicarmi, ovvero togliere il cerottone garza sopra, lasciando gli sterilstrip sotto, e rimettere un altro cerottone.
Lunedì sono tornata, stessa scena della volta scorsa, l'infermiera chiama una dottoressa perché una volta spacchettata, nella zona in cui prima c'era una crosta abbastanza spessa c'è una sorta di liquido giallo verdastro che a una prima occhiata sembra pus.
La dottoressa dice di non preoccuparmi, a volte succede, è fibrina e viene prodotta per riparare i tessuti ma impedisce la cicatrizzazione, bisogna toglierla.
Prende un bisturi, una pinza e armeggia. Sento tirare e non troppo dolore ma quando la leva rimane un buco. Profondo.

Da sdraiata non riesco a vederne la profondità ma i margini non sono belli. Sarà un ovale lungo due cm e largo un cm. Mi richiude con gli sterilstrip e mi impacchetta esattamente come il dopo intervento.
Chiedo della cicatrice, se rimarrà brutta "Ma no, usiamo apposta gli sterilstrip che chiudono bene i margini della ferita, purtroppo a volte accade. Ha mai avuto problemi con i punti?"
No mai avuti, e sono stata tagliata tante volte.

Dovrò tornare giovedì 22 come stabilito.

Torno giovedì che il pacchettone fatto dalla dottoressa era quasi tutto scollato, ma l'ho riparato alla meno peggio con un rotolo di cerotto trovato in casa e col seno compresso da un reggiseno sportivo. Così mi hanno consigliato.

Le solite domande: chi l'ha operata, quando, ecc ecc

Faccio notare che è rimasto un punto ed è strano, sono punti riassorbibili, così decide di toglierlo, però nel momento in cui lo tira via, parte del filo che riconduce a quel punto è interno e tirando viene in su un pezzo di carne del "dentro" la tetta. Meno male solo sdraiata. "Non guardi!".

Chiama un medico esclamando "so già cosa fare!".

Il buco è sempre lì. Se la ferita fosse a sinistra potrei dire che è il mio cuore che sta sanguinando e potrebbe non essere sbagliata come affermazione, ma è a destra. Mai una gioia.

Arriva il medico, lei dice "Con un'altra signora che aveva la stessa cosa ho usato le fitostimoline, ci vuole un mesetto ma si sistema"

"Non mi mettete gli sterilstrip?"

"No signora" dice il medico "la ferita deve guarire in profondità. Se lo chiudiamo ora, si riparano i margini ma sotto resta aperta. Deve venire in su".

Che cosa intenda con quel Deve venire in su è tutto un programma. Ma ho già le lacrime agli occhi. Senza che possa dire niente incalza "Purtroppo rimarrà una brutta cicatrice".

"Che fortuna eh?"

"Io preferisco essere chiaro con le pazienti, purtroppo sarà evidente"

Ormai ho gli occhi pieni di lacrime ma cerco di trattenermi come meglio posso. L'infermiera mi dice che molto dipende dal trattamento che farò dopo.

Mi dice che per questo tipo di medicazione dovrò essere in ospedale due mattine a settimana quindi mi ridà appuntamento per lunedì e giovedì.
Esco e resto seduta ancora un po' in sala d'attesa, che poi non è una sala d'attesa, è solo il corridoio davanti alla porta, a testa bassa.

Esco dal reparto a testa bassa, prendo il bus e ho gli occhi ancora gonfi di lacrime che però tengo, come un segreto che però faccio fatica a non rivelare.

Arrivo a casa di G e piango, piango di un pianto che non mi capitava da quando ero piccola. Piango e non riesco a smettere. Mi prepara un the e due muffins e guardiamo "Hot shots 2".
È una riparazione momentanea ma funziona, riesco ad andare al lavoro nel pomeriggio.

E lo so cosa pensate, è solo estetica. Ma non è una questione di estetica, è una questione di integrità fisica. Non riesco a fare in tempo ad accettare un piccolo problema che se ne presenta un altro. Avete presente quando in un film un uomo è a terra perché gli hanno appena sparato? Ecco, a fatica cerca di rialzarsi ma il cattivone gli spara di nuovo. Cade nuovamente ma non si perde d'animo, a fatica cerca di sollevarsi sulle braccia per strisciare, ma un altro colpo lo stende di nuovo.
Mi sento come sotto una raffica di piccoli proiettili (e deve ancora arrivare l'istologico).

Oggi vado a Genova, è una piccola gita di un giorno ma ho bisogno di staccare dalla mia stanza. Ho degli amici dolcissimi che vorrebbero starmi molto vicino ma per il carattere di merda che ho, questa vicinanza ha il risultato opposto di farmi sentire soffocata.

Così mi isolo ma consapevolmente, sapendo che ben presto anche loro si stancheranno di questo mio atteggiamento. La verità è che di solito sono più brava con queste cose, ma sono anche un po' stanca.
E in tutto questo mi sono innamorata proprio di una persona di cui non avrei dovuto.

15 marzo 2018

Il mio siero (della rottura di cazzo)

Qualche giorno fa al mattino, al centro dello sterno, ho visto delle goccioline di non so cosa.
Su internet pare che a volte si formi del siero sotto la ferita ed è assolutamente normale: quello che non mi è parso normale è stato svegliarsi ieri mattina con la garza completamente impregnata di questo siero.
Così ho chiamato l'ospedale e mi hanno detto di andare.

La ferita tralaltro mi pareva ancora aperta, un po' di crosta stava andando via ma sotto sembrava slabbrato, non so come spiegarvi. In ospedale hanno massaggiato fino a fare uscire tutto il siero e in effetti alcune aree che mi parevano più gonfie si sono sgonfiate. I margini della ferita non erano bene adesi, negli strati sottostanti e questo ha creato una sacca di siero. L'apertura poi della ferita creerà una cicatrice più visibile, ha detto l'infermiera.

Dopo avere spurgato tutto ha messo i cerottini sterilstrip per fare aderire meglio i bordi del taglio "Salviamola un po' almeno" e ha messo un cerottone "Non toccare niente e torna giovedì 22 a farti medicare". Mi ha anche consigliato di andare dal medico a farmi prescrivere un antibiotico ad ampio spettro per evitare infezioni.

9 anni fa nulla di tutto questo. In più ieri è morto Stephen Hawking.
In più mi sto reinfilando nel giro dei lavori di merda.

Ne avete altre di cose in serbo per me, per questo 2018? No perché eh? Mi sono già rotta le balle e siamo solo a marzo.


La decimatrice

Non so come abbiamo fatto a scappare, tutti i miei compagni erano stati uccisi. Ma noi, piccolo e sparuto gruppetto, no; ci siamo rifugiati in un altro universo convinti che nessuno potesse più rintracciarci. Eppure in uno dei nostri anonimi spostamenti tramite bus eccola, lei, vestita in rosso.

Colei che ci aveva decimati.

Ci fu subito ovvio che lì per lì non poteva muoversi, ma non potevamo andare da nessuna parte.

Aspettò che il bus si fermasse, scese con noi e ci portò sul tetto di una scuola. Il sacrificio stava per essere completato, ma io mi ricordai che nello zaino avevo qualcosa e dovevo solo trovare il pretesto per prenderlo.

Finsi un malore e chiesi di poter prendere le pastiglie per poterlo attenuare e lei, stranamente, acconsentì.

Aveva uno chignon biondo portato alto sulla testa, la radice scura dei capelli, il rossetto rosso abbinato al cappotto. Decisamente bella e crudele.

Presi la pistola, era minuscola e non era mia, non ricordo di chi fosse. I miei compagni di viaggio capirono e si rilassarono, forse troppo, rischiando di farci scoprire.

Nascosi la mano con la pistola alla sua vista e chiusi lo zaino. Dovevo essere rapida.

Si voltò un attimo e gliela puntai dietro alla nuca, premetti il grilletto ma "click click" niente, non sparò. Ero disperata e continuai ma lei si mosse e in quel momento partì il colpo.

Un minuscolo forellino apparve ma stranamente la traiettoria non era quella corretta e il risultato fu solo quello di farla agitare.

Secondo colpo, e cadde a terra.
Terzo colpo, per sicurezza.

Guardai lei, guardai la pistola e guardai i miei compagni. Il nemico era stato sconfitto, eravamo ancora vivi. Ma il viaggio non era terminato.

Avremmo trovato tante altre difficoltà ma ci sentivamo più preparati, più invincibili, meno umani.

Il sole stava tramontando riempiendo quell'atmosfera già carica di drammaticità di una luce splendida, surreale.

Ci mettemmo in cammino, la strada era ancora lunga.

09 marzo 2018

Axolotl

Il mio amico Ninja sta bene, nonostante tutto, nonostante tutti i dolori si sta riprendendo. L'unica sua preoccupazione è stata spazzata via, e io sono felice per lui.
Per quanto riguarda il mio seno, mi sento un po' come l'Axolotl: sembra si stia rigenerando. Rispetto a quando sono tornata a casa lo vedo più rimpolpato (ma può essere semplicemente più gonfio perché sta guarendo, chissà).

Poiché volevo sentirmi più bella, ieri sono andata a fare shopping vestiario. Ho preso anche cose che non mi convincevano un granché ma che mi stavano bene. Ho speso i miei ultimi soldi ma forse ne è valsa la pena. Lo psicoterapeuta mi sarebbe costato di più.

Massaggiare il seno fa male in questi giorni. È vero che il chirurgo mi ha detto che "deve fare male" ma l'altroieri ho visto le stelle per tutto il giorno.

Massaggio e penso ad altro, massaggio e stringo la pancia con le unghie, massaggio e penso che a breve guarirà, massaggio e penso che più mi faccio male ora e meno si vedrà la cicatrice dopo.

Comincia a scaldarsi l'aria, la natura si sta risvegliando.

E io? In fase di dormienza. Comincio a sentirmi un po' sola, ma forse l'ho già scritto da qualche parte.

05 marzo 2018

Ninja e Kunoichi

Amico mio,
un'altra battaglia hai combattuto e stai ancora combattendo. Su terreno sdrucciolevole e impervio, sotto la pioggia o la neve, e se qualche volta ti ho sentito arrabbiato, mai ti ho sentito abbattuto.
La tua forza, amico mio Ninja, aiuta me a essere meno fragile, a essere una Kunoichi.
Silenziosi ci muoviamo contro nemici invisibili che desiderano solo fiaccarci nel corpo e nello spirito.
Ma nessuno ancora ci è riuscito.
E allora brindo a te, amico mio, che non so che a punto sei. Non so com'è andato l'intervento, non so quanto tempo rimarrai lì in attesa di svegliarti.
Ma io sono pronta, qui, in attesa del risveglio, armata fino ai denti.
E se non mi vorrai vicina fisicamente, attenderò che tu ti riprenda per offrirti caffè d'orzo, per sentire i tuoi racconti, per parlarti di me. Di cuori infranti e ricuciti, di lacrime e sorrisi. Sentire il tuo abbraccio che mi dice di stare tranquilla e aspettare.
Che tutto si risolve.

Tutto.



Canzone del giorno: How to Save a Life The Fray

03 marzo 2018

Rifiuto
Rabbia
Patteggiamento
Depressione
Accettazione

02 marzo 2018

Prima medicazione

Caro Blog,
oggi sono andata al Sant'Anna a fare la mia medicazione. Seconda e ultima a quanto pare. I punti sono riassorbibili e non devo tornare a farmeli togliere. Il chirurgo mi ha detto che posso lavarmi, che posso già massaggiare la zona con una crema ma anche con dell'olio d'oliva: come tradizione vuole ho ricomprato il costosissimo olio di Rosa Mosqueta.
Dice il medico devo massaggiare spingendo bene, devo sentire male, devo muovere la cicatrice all'interno. Ci ho provato mio caro Blog, ma non sono più la stessa persona di 9 anni fa, evidentemente. La ferita mi fa impressione, il dolore mi blocca e guardarmi allo specchio, così, quasi dimezzata non mi fa bene.
Ho chiesto al chirurgo se potevo mettermi una protesi ma me lo ha vivamente sconsigliato. Se già ora per ogni nodulo mi fanno fare una biopsia, con una protesi di mezzo potrebbero non capirci nulla e vedere cose che non ci sono.
Sono un po' triste, caro Blog. Temo di avere fatto la scelta sbagliata operandomi. Forse potevo, e dico forse, aspettare. Magari non era niente. Ma non posso non pensare alla signora che dopo un anno si era trovata un cancro metastasizzato. Ora però il mio seno destro è la metà di quello sinistro e si vede tantissimo, e ora è anche un po' gonfio per l'intervento: tra qualche settimana sarà ancora più piccolo.

Mio caro Blog, cosa si può fare in questo caso?

Oggi sono stata a trovare A, il mio amico di chemio. In ospedale.
Invidioso del mio intervento ha deciso di farsi operare anche lui, per la decima volta.

Lo abbraccio, e penso che la vita a volte è un po' ingiusta. Vivi, sì, ma sempre in bilico: non abbiamo mai avuto la fortuna di conoscere la salute per troppo tempo di seguito.

Gli ho portato un peluche che mi aveva regalato Alelè, un mio grandissimo amico delle superiori che era venuto a trovarmi a 16 anni in ospedale.
Quel peluche, a forma di scimmietta e con il cappellino da esploratore, mi ha seguito in tutte le case in cui ho vissuto. È venuto a Firenze, a Bologna, a Cömo.

Mi dicono di non abbattermi ma forse ho un'unica fortuna: essendo sola posso finalmente piangere quanto voglio.

Caro Blog, non ho espresso tante volte il desiderio di potermi finalmente sfogare? Il 2018 non voleva essere l'anno del mio egoismo? Ecco, ora posso fare ciò che voglio di me stessa.
Perché non devo proteggere nessuno.