31 dicembre 2017

Dolce adrenalina

Giovedì 28 ricevo una chiamata dall'ospedale "La chiamo per l'agobiopsia, pensiamo sia meglio farla perché abbiamo valutato le sue precedenti analisi e vogliamo controllare meglio".
Tachicardia.
"Sì, mi dica"
"Le abbiamo prenotato l'agobiopsia per il 4 gennaio, deve portare l'impegnativa del medico"
"No, per fare l'impegnativa per la risonanza magnetica ho dovuto tribolare: il medico non mi fa l'impegnativa se non c'è la richiesta del medico specialista all'interno della quale è presente codice fiscale e numero di iscrizione all'albo del medico che la richiede"
"Mhm, aspetti un attimo, vedo se riesco a fargliela internamente"
Silenzio, cuore che batte.
"Riesce a venire domattina alle 8.30, così le prepariamo noi l'impegnativa? Perché altrimenti la dottoressa non riesce"
"Ah quindi domattina passo a ritirare l'impegnativa?"
"No domattina viene direttamente per l'agobiopsia"
Tachicardia. Controllati Carla, non è niente. Tanto lo sai che avresti dovuto farla. Controlla la voce, non deve tremare, controlla il battito.
"Ok, posso fare colazione? Ci sono raccomandazioni?"
"Ha preso antinfiammatori o antidolorifici negli ultimi 2-3 giorni?"
"No, nulla"
"Perfetto, se ha qualche problema prenda solo la tachipirina 1000. Può fare una colazione leggera. A domani."

Non so come mai non ci penso ma non controllo su internet cosa sia. Forse sono troppo agitata a valutare le mie reazioni presenti che sono sempre troppo esagerate.
O forse no?
Provate a mettervi nei miei panni, queste chiamate e questi esami nel corso della mia vita non sono state mai foriere di belle notizie. Alla fine di questi esami nessuno mi ha chiamata mai per dirmi: "Carla, la chiamo per comunicarle che tutti gli esami sono negativi, lei sta benissimo!"
In genere è sempre stato "DObbiamo fare altri accertamenti"
"Deve venire in tale data per fare questo accertamento"
Concluso con "Purtroppo abbiamo trovato delle celluline maligne e dobbiamo asportare la parte" oppure "Deve venire per un consulto terapeutico".
L'unico nodulo che non mi ha mai tradito, ma è lì da 18 anni quindi non mi spaventa, è quello sulla tiroide. Sarà cresciuto di un massimo di 2 mm in questi anni, è quasi una presenza rassicurante: qualcosa che quando faccio l'ecografia alla tiroide: "Dottore, c'è ancora il nodulino?"
"Sì, certo, eccolo lì"
"Ah meno male."

Quindi ecco il perché della mia reazione. Non potete capirlo, se non avete avuto per tanti anni questo tipo di chiamate. Sapevo sì di dover fare l'agobiopsia, ma il mio cervello ha cercato nell'amigdala i ricordi delle precedenti chiamate, di come sono finite. E il cuore accelera, i pensieri vanno. È così che funziona, ed è assolutamente normale.

Ho avvisato chi potevo e volevo avvisare e le reazioni sono state più o meno le stesse "Bhe meglio, così te la levi".
Capisco anche la risposta, ma vorrei stilare un manualetto di vicinanza per gli amici. Quando accadono queste cose non si vuole essere consolati, si cerca solo vicinanza emotiva. La risposta esatta e corretta è sempre la stessa : "Ti sono vicino".
Lo so, è banale, sembrano le classiche condoglianze che tanto odio. Ma è inutile razionalizzare, queste emozioni non sono razionali. Non si ha bisogno di qualcuno che ti dica "Cerca di stare calma".
Se riuscissi a stare calma, non pensate forse che lo farei?
Seguono anche risposte ironiche, che apprezzo sempre tanto, come il mio amico M, ex compagno del corso java, che mi dice "Son degli stronzi ad anticipare così. Uno ha anche programmi".
Sì ok, mi ha fatto ridere.
C, che sta imparando a conoscermi, mi ha detto semplicemente che era con me.
Gigi vorrebbe essere con me. Lys chiede di accompagnarmi.
Il sardosabaudo mi ha fatto sorridere "Quindi? Vieni lo stesso a cena?".
Una cena è un ottimo modo per pensare ad altro (culurgiones, mammamia che buoni!).

Comunque la notte non è stata tranquilla, non ho dormito bene. E mi sono svegliata presto. Arrivata al reparto di senologia radiologica delle Molinette l'unica cosa a cui penso è di volermi sdraiare nel lettino, ma il pensiero mi agita.
L'attesa è snervante e la sala d'attesa è piena di donne tutte molto più grandi di me. Una donna piange. La privacy non è assicurata in nessun modo. Le dottoresse non hanno uno spazio dove poter parlare con le pazienti e spesso questo viene fatto in corridoio, qualunque referto si abbia in mano. E tutti sentono. Non è per niente bello.

Mi ricordo di internet, cerco la parola "agobiopsia". Consigliano di venire accompagnati. Sono da sola.
Non importa, penso, al massimo chiamo un taxi.

Mi chiamano per firmare il consenso informato. Mi fanno le solite domande di routine, se sono allergica a qualche farmaco, all'anestesia locale, se ho preso antinfiammatori nei 3 giorni precedenti l'esame. La dottoressa mi spiega che faranno una puntura di lidocaina per anestetizzare la parte, allargheranno il buco con il bisturi e faranno entrare quest'ago per, come spiega una mia recente conoscenza, compiere la biopsia tru cut (sic). L'ago ha un'anima in metallo e farà un rumore, uno scatto forte e sarà finito. Faranno 3 prelievi nell'area, metteranno alla fine del ghiaccio perché l'unica controindicazione è la formazione di ematomi.

Firmo, torno in sala d'attesa.

Più o meno mi richiamano alle 9.30. La sala è quella ecografica già vista. La dottorina giovane della scorsa volta (che è anche quella che mi ha chiamato, riconosco la voce insicura e dolce di chi ha ancora non ha il cinismo medico) mi ripete l'ecografia e mi chiede di attendere. Tremo, un po' perché sono agitata, ma ho anche freddo. Mi da' una traversina per coprirmi e mi chiede di attendere. Sparisce.

Tornano in 3. C'è la direttrice del reparto della scorsa volta, la dottorina di prima e un'altra dottoressa giovane. La direttrice ripete l'ecografia e mi dice che quest'area scura non era stata evidenziata nelle scorse ecografie/mammografie/risonanze, quindi è meglio controllare. Arriva l'altra direttrice del reparto, ora sono in 4. Mentre la direttrice numero 1 esegue l'ecografia, l'altra osserva. La tirocinante accende e spegne la luce. La dottorina giovane a un certo punto si dilegua "Siamo troppe, non servo qui".
Io tremo.
"Vedi? È quest'area"
L'altra direttrice annuisce.
"Sono un po' agitata"
"Eh, come facciamo? Vuole andare a prendere qualcosa?
Mentre io immagino una dose potente di tranquillanti, lei mi consiglia una camomilla. Probabilmente dovrei prenderne una vagonata. Dico che no, va bene così.
"Ora sentirà una punturina".

La lidocaina brucia. L'ago nel seno fa male. Stringo i denti. La direttrice però è molto brava, infila pianissimo l'ago, lo osservo mentre entra, sento solo il pizzicore iniziale e da lì mi rilasso. Anche quando inietta la lidocaina lo fa lentamente. Credo che anche la paura abbia fatto.
La paura in queste situazioni è utilissima, l'adrenalina mandata in circolo, ne sono convinta, ha fatto sì che io non sentissi male, che io non sentissi troppo male.
Sfila l'ago.
"Tutto bene?"
"Sìsì, benissimo, dottoressa è stata bravissima, non ho sentito quasi niente!"

Prende il bisturi monouso: vedo tutto, tranne il taglietto che fa. Non sento. Non sento nulla.
Mentre la direttrice numero uno continua a tenere l'apparecchio ecografico sul mio seno, la direttrice numero due infila l'ago per la biopsia tru cut nel seno.
D2: "Qui?"
D1: "No, un po' più su, perfetto così"
La dottorina giovane è pronta a schiacciare il pulsante sul corpo verde e parallelepipoidale della siringa, ma prima mi intima "Sentirà un rumore forte, non si spaventi e non si muova."
"Ok"
TAK
Lo scatto della biro ma un bel po' più forte.
Mettono una strisciolina di circa 5 mm su un vetrino. Sembra carne di pollo, è molto chiara.
"Tutto bene?"
"Sìsì non sento niente"
Ormai mi sono rilassata.

Procedono col secondo prelievo.
TAK.

Si consultano
D1: "Non so se fare un altro prelievo ma lì c'è il muscolo pettorale. Però vedi qui?"
D2: "Sì in effetti non saprei"
"Ma no, io direi che va bene così"
Ridono.

"Sì, va bene così" dice la direttrice numero 1.
"Ora le farà la medicazione, tra due settimane può venire a ritirare il referto"

La dottorina mi mette gli steristrip e una medicazione col cerottone.
"Ora le metto anche il ghiaccio, le verrano delle supertette!"
"Ah non vedo l'ora, guardi!"

"Domani può togliere il cerotto. Non bagni la ferita, gli steristrip si staccheranno da soli in circa 3 giorni. Se ha male usi solo tachipirina 1000, se le viene un ematoma è normale"

Avviso tutti, per me e per il momento, il peggio è passato. Faccio colazione alternativa al bar dell'ospedale Molinette con Lys che mi corre incontro in lacrime.
Nota per il futuro: non sono l'unica vittima delle mie paranoie emotive.
Mi ha portato un melograno, porta bene, "mangiatelo a capodanno".

Sento un po' di male ma per me che soffro di emicranie pazzesche è quasi più un pruritino.
Torno a casa, dovrei fare mille cose ma il calo di tensione mi impedisce di muovermi, sono immensamente stanca.

La cosa buffa è che il giorno prima scrivo al mio medico, il dott. Brignardello per aggiornarlo. Non c'era alcun tono polemico né preoccupato nella mia email, eppure lui mi risponde con un "Capisco il suo disappunto".
In effetti sì, c'era del disappunto, ma non nella mia email. Effettivamente dopo 18 anni deve avere imparato a conoscermi, o forse sa che non è mai bello fare certi esami.

Ora si aspetta, e ancora una volta una piccola cosa mi ricorda quanto è fragile la nostra esistenza su questo pianeta e quanto poco io stia facendo per vivere appieno la mia vita. Questo ultimo anno poi è stato vissuto un po' in ibernazione, in letargo. Letargo delle mie capacità, soprattutto, oltre che lavorativo e tutto il resto. Questa sera festeggerò con alcuni tra i miei più cari amici; auguro per me stessa, per questo 2018, un anno di movimento, un anno di potenziale espresso. Disfare le scatole, trovare un lavoro che sia mio, fare un viaggio (ma meglio più di uno), sentirmi a mio agio e a posto nel mondo.

Poca roba, eh?

Canzone del giorno: Welcome Home (Sanitarium) Metallica

27 dicembre 2017

La mia mini-me

Io e il sardosabaudo siamo tornati a essere amici.
Lo eravamo già nel lontano 1995, quando lui andava in skate e io in pattini e ci incontravamo al Ruffini. Ho ricordi belli di quel periodo e ogni volta che rivedo il sardosabaudo mi tornano in mente quelle giornate spensierate: il viaggio in pattini con amici da casa al parco Ruffini, le chiacchierate con i ragazzi della rampa, i primi timidi tentativi di flirt (andati sempre male, da sempre sono un'imbranata cronica).
A me il sardosabaudo piaceva. Mi chiamava Clara, mi diceva sempre ti porta via il vento, lo chiamavo in mille modi: nei miei diari compare come Giova, Gianni il pecoraro, ma in rampa lo chiamavo anche spazzolino, perché aveva la cresta ricciolina coi capelli rasati ai lati.
E così ieri sera ho cercato testimonianza nei miei diari passati: non c'è scritto molto, un massimo di 4 date dedicate a lui, nell'estate del 1995. Sono passata dal "Forse Giova mi piace", al "Gianni (pecoraro) mi manca" (forse era andato in vacanza? Mha), al "Togliendo il forse, Giova mi piace".

Non mi ero mai fatta avanti, un po' perché quei 5 anni di differenza pesavano come un macigno, un po' perché non sono mai stata brava nell'approccio con le altre persone. Ma è divertente rileggermi: i miei voli pindarici, le mie insicurezze, le confessioni agli amici.
E poi, dopo qualche pagina, ritorno sul mio migliore amico: il mio unico amore per anni.
Ad oggi si potrebbe dire che sì, lo stalkerizzavo. Lo chiamavo tutti i giorni, se non lo chiamavo passavo sotto casa sua a citofonargli, quando uscivamo insieme facevo sempre in modo che restassimo da soli per poterlo accompagnare a casa. Quando andavo in vacanza gli scrivevo lunghe lettere e lui mi rispondeva. Mi ero fatta avanti ma lui, anche se non interessato, non era sparito.
È venuto in ospedale con me per la mia ultima chemio, ed era il suo compleanno.

Rileggo della me di qualche anno fa, e quella piccola persona mi fa tanta tenerezza.

23 dicembre 2017

Le vite dei miei contatti sono intrecciate in modi che non si possono immaginare. Anche se ora vivo in una città che considero abbastanza grande, molte delle mie amicizie e conoscenze si conoscono e sono in relazioni più o meno strette tra loro. Tanto che spesso mi sembra di vivere in una sorta di Twin Peaks ma meno movimentata.
Per fortuna, certo.
Sto ancora aspettando notizie dall'ospedale. Ma non sono agitata, le cose evolvono in modi del tutto inaspettati a volte.

Così vanno le cose, così devono andare.

E se il mio amico sardosabaudo riuscisse a svegliarsi a un orario decente magari si va al Balôn.

17 dicembre 2017

Questa vita tuttavia mi pesa molto

Sono in ospedale, venerdì. Attendo il mio turno per lasciare i miei dati in accettazione, al reparto di radiologia senologica. Attendo per fare la mammografia, attendo per fare l'ecografia. La sala di attesa è piena di persone, donne accompagnate dai loro mariti, molto più grandi di me. Mi guardano.
È come se con gli occhi volessero rubarmi la gioventù e non riuscendoci con gli occhi parlano di interventi e chemio. È così, sono d'accordo col fiaccarmi lo spirito.

Mi chiamano, dovrebbero chiamare con il numero ma usano nome e cognome. È la direttrice del reparto che se ne occupa. Intanto, mentre mi stringe e mi tira il seno, parla con la radiologa di qualche loro problema lavorativo.
"Eh ma cosa ci vuoi fare"
"Sì lo sai che fa sempre così"
"Non si muova eh?"
Resto immobile.
L'apparecchio per la mammografia mi scandaglia e fa rumori strani.
Tornano.
"Comunque vedrai che la prossima volta non si ripeterà"
"Si volti"
Mi volto.
"Ma poi eravamo tutti d'accordo, non capisco proprio"
Spariscono
"Non si muova eh?"
Non mi muovo.
In un'altra proiezione, la macchina fa il suo lavoro. Radiazioni nei miei tessuti, radiazioni rivelatrici.
"Senta ma lei era stata operata vero? Non ha altra documentazione con sé?"
"No, il dottor B mi aveva detto di portare solo questa risonanza"
"Ma come mai non ha fatto da noi questi esami?"
"Eh ho cambiato città diverse volte..."
"Ma che oncologo la segue, adesso?"
"... ehm.. alcune senologhe, ma sono tornata a Torino quindi posso venire da voi"
"Si rivesta pure"

Mi rivesto e vado in sala di attesa.

"Numero 61?"
Mi rialzo.
Sala ecografica. L'ecografia mi rilassa. Mi spoglio.
Ci metto tanto a spogliarmi, a Torino è arrivato il vero inverno e mi devo levare strati e strati di roba. Via il maglione, via la maglia a maniche lunghe, via la canotta, via il reggiseno.

Mi sdraio e mi cosparge di gel freddo.
È una ragazza molto giovane. "Dottoressa mi dica, si vede qualcosa?"
"No, non si preoccupi, non c'è nulla. Ora arriva la mia responsabile a visitarla"
Sparisce.

Resto parecchio da sola e comincio ad avere freddo. Guardo l'immagine fissa sull'apparecchio radiografico. Sono rimasta appesa lì, è il mio interno. Penso a quanto, nel caso peggiore, vorrei non essere come le signore in sala d'attesa. Non voglio parlare di chemio e interventi. È come per le persone che lavorano tutto il giorno e tornano a casa, e parlano di lavoro.

La vita è altro. Mi riprometto che in qualsiasi caso lascerò questa cosa fuori dalla mia vita. Che farò un breve excursus qui, manderò un unico messaggio vocale per raccontare e cercherò di non parlarne troppo, di non farmi inghiottire da quel "Male addosso" di cui parlava Sandra Verda. Ma lei avrà mai più avuto una ricaduta? Chissà.

Il tempo di alzarmi e fare una foto all'apparecchio radiografico (sarebbe proibito, ma tante cose sono proibite, le facciamo comunque e sono sicuramente più dannose) rimettermi sul lettino e arriva la direttrice.



Dopo un attentissimo esame al seno e alle cavità ascellari alla ricerca del linfonodo sentinella mi conferma un'area più scura. Probabilmente dovuto al carbone iniettato nel 2008 per l'inserimento del repere.
Non mi convince. Non avevano mai trovato quest'area scura.
Mi dice di portarle il resto degli esami fatti negli anni successivi e di non preoccuparmi: lei controllerà tutto e se c'è qualcosa di dubbio mi faranno un'agobiopsia. Infilano un ago nel seno che ha una sorta di lama tranciante in fondo, per raschiare un po' di tessuto ed esaminarlo. Il solo fatto di non dover essere aperta mi rassicura.
Esco più tranquilla, anche se so che all'80% dovranno eseguire questa procedura. "Con lei" dice la dottoressa "dobbiamo avere un'attenzione particolare".

Che è un po' un modo sfigato di essere speciali.

Una volta effettuata l'agobiopsia ci sono diverse strade. Se non c'è nulla è stato solo uno spavento. Se c'è qualcosa non so. Ma un passo alla volta. Baby steps e si arriva ovunque.

Ieri passando davanti a una bancarella di libri ho adocchiato questo titolo, edizione Adelphi: "Questa vita tuttavia mi pesa molto".

La vita, in effetti, a volte è una cosa abbastanza faticosa da tenere in piedi. A tratti mi sento logorata, a tratti immensamente felice. Mi sembra di non conoscere medi e viaggiare per questo ottovolante. In caduta libera verso il basso e in rapida ascesa.

Domani porterò i precedenti esami che vorrò fotocopiare, perché non voglio lasciare loro gli originali e poi attenderò la chiamata. Stay tuned.

14 dicembre 2017

Il mio principio del disequilibrio

Spesso io e il mio amico C parliamo di equilibrio. La ricerca, il mantenimento dello stesso. La perdita di equilibrio.

Ho realizzato di non avere mai avuto un equilibrio e la ricerca nella mia vita è sempre quella, avere a portata di mano qualcosa di conosciuto che mi possa dare sicurezza. La condizione di non equilibrio per me è sicurezza perché da quando ho 13 anni è così, perché lo conosco, perché lo sento mio.

Ogni situazione che tende a stabilizzarmi in realtà mi destabilizza perché è una situazione nuova e sconosciuta che non fa parte della mia vita.
Lavoro stabile, fidanzato stabile, vita stabile, salute stabile. Un oroscopo perfetto

Non ho mai capito in effetti perché le persone si sposano, comprano casa, fanno figli, bramano il lavoro a tempo indeterminato. O meglio, lo capisco, posso riuscire a immaginarlo, ma non è un'immagine che mi appartiene.

La maggior parte delle persone potrebbe replicare che per me è semplice, perché ora sono tornata a casa dei miei e ho una rete di sicurezza bella solida. Ma penso che se non ci fosse stata questa opportunità avrei trovato uno stratagemma per permettermi di continuare su questa strada arzigogolata che è così familiare.

E poi, vogliamo dircelo? Non ho abbastanza anni di fila di stabilità per potermi permettere di crederci. Potrebbe crollare ogni cosa da un momento all'altro e potrebbe non dipendere dal mio impegno. Potrebbe non dipendere da me.

Qualcun altro potrebbe replicare che è molto comodo restare nella propria zona di comfort senza uscirne mai: ma c'è davvero chi ne esce? Ci si può provare con cose piccole: superare le piccole ansie della vita, fare una strada diversa per andare al lavoro, ma... Questo non è uscire dalla zona di comfort. È illudersi di farlo.
E se solo foste onesti con voi stessi converreste con me che la vostra vita si ripete ciclicamente, come la mia. Comincerete qualcosa che terminerà allo stesso modo, con le stesse dinamiche. I vostri pensieri arrancheranno sempre sulle stesse problematiche e risolverete i conflitti nello stesso modo di sempre.

Qualcuno vorrà andare dallo psicologo sperando che questi lo aiuti a vedere le cose da un'altra prospettiva e, nonostante la dolorosa avventura, i grossi pianti esplosi tra una soffiata di naso e l'altra, una volta usciti da lì farete sempre le stesse cose.

La vita è un deja-vu continuo, un ciclo ininterrotto. La vita è un uroboro, il simbolo mistico del serpente che si morde la coda. Nella bocca ha il veleno e nella coda l'antidoto. Sopravviveremo sempre a qualsiasi sciagura capitata solo e soltanto perché attueremo l'unico modo che abbiamo per sopravvivere al nostro stesso veleno. Il nostro antidoto che abbiamo sempre usato da quando siamo piccoli, per andare avanti senza avere il desiderio continuo di tirare il calzino.

Vorrei che vi avvicinaste per sentire un segreto scomodo che posso solo sussurrare al vostro orecchio. La verità scomoda è che conoscete già l'entità di quello che sentirete, ma non vorrete crederci.

E non voglio crederci nemmeno io.

12 dicembre 2017

Il mio grosso Deja-Vu
Dicembre porta proprio sfiga

Martedì 5 dicembre vado finalmente a fare la risonanza magnetica al seno. Quella per cui fare l'impegnativa mi aveva provocato uno stress enorme, perché prima avevo fatto l'impegnativa per una mammografia che non mi hanno voluto fare perché nel referto precedente era consigliata una risonanza. Poi sono andata a fare l'impegnativa per la risonanza magnetica MA non c'erano (e pare che per legge debbano essere necessari) codice fiscale e umero di iscrizione all'albo.
Incazzata nera vado alla visita dalla senologa che era già prenotata e mi faccio fare l'impegnativa ma dietro non ha l'iscrizione all'albo e i comunica che non è necessaria. Torno dal medico e non va bene, non c'è l'iscrizione all'albo. Sfavata come poche, vado sul sito dell'OMCeO e trovo il numero in questione. Cazzo, avrebbero potuto farlo loro.
Mi fanno l'impegnatica ma senza contrasto, la faccio modificare e FINALMENTE ci siamo.

Detesto la risonanza con contrasto, devono bucarti ed è sempre il solito problema. Solo che mentre a Padova la risonanza magnetica è aperta, quindi meno claustrofobica e c'è uno specchio che permette (anche se sei a faccia in giù) di vedere le tue mani quindi di avere comunque una visione, anche se piccola, della realtà che ti circonda, e in più il buco te lo fanno prima di fare la risonanza (due anestesisti, uno per lato, tastano le vene finché non ne trovano una abbastanza decente per bucarti) quindi una volta superato quello è tutto ok, qui in questo posto fai la risonanza senza contrasto poi, immobile come sei, senza vedere nulla, sdraiata a pancia sotto con le mani sopra la testa tese, ti cercano una vena. Inutile dirlo, la prima vena è stata scazzata e ha dovuto ravanare parecchio per riprenderla finché sento "Ah cavolo, si è rotta". In tutto questo io non potevo muovermi e avevo un male cane. Con la seconda vena va meglio ma sempre doloroso. Mi ripiazzano dentro e via.

Ero così spaventata che tremavo quando sono scesa. Il radiologo, un ragazzo squisito, mi ha aiutata. Così l'ho ringraziato per la gentilezza. Ho a che fare con medici e tecnici da quando ho 13 anni e so che spesso non hanno riscontro, e che sembra tutto scontato. I pazienti si lamentano se vengono trattati con superficialità e freddezza ma non ringraziano mai abbastanza il lavoro fatto da medici, infermieri e tecnici.

Mi sono rivestita e sono partita, ho fatto due giorni fuori per rilassarmi.

Giovedì sono tornata e venerdì sarei ripartita con Lys, la mia amica, per Ventimiglia fino a domenica. Da scema ho pensato bene di passare quel giorno stesso a ritirare le analisi, invece di andare lunedì. Così ho letto. E ho letto che nell'area dove di solito c'è scritto Niente di rilevante, c'era un papier di roba. Una robina di 6 mm nel seno destro, in profondità vicino al muscolo pettorale, un'area compatibile con una cellularità patologica. Altre scritte. Altre cose. Nebbia, pensieri che vanno, inarrestabili e ripercorrono con frenetica fantasia un passato di 8 anni fa. Stesse cose, era dicembre. Era dicembre quando è mancato mio padre. Era dicembre quando mi hanno trovato il tumore al seno. Dicembre porta una cazzo di sfiga eh?

Ansia. Respiro. A breve incontrerò Gigi, non voglio preoccuparlo. Ma non ricordo la strada che ho fatto per arrivare alla metro, né quella dalla fermata metro a Porta Susa. Né ho memoria del tempo che ho passato ad aspettarlo. È come se il mio cervello si fosse congelato su alcuni pensieri e non riuscisse più a uscirne nemmeno per sentire lo scorrere del tempo, il variare dello spazio.

Ma la giornata è passata, Gigi non ha intuito niente e purtroppo ho vomitato il mio stress su un'unica persona, forse l'unica che non avrebbe dovuto sentire tutto questo fluire di pensieri veloci.

Ma va bene, è un passaggio necessario per metabolizzare, la paranoia. Devo passare nella nebbia della mia testa per trovare chiarezza e quindi un briciolo di tranquillità.

Parto. Lys è una persona dolcissima e splendida, che mi ha accolto nella sua vita come un'amica di vecchia data. Sabato le racconto tutto, ma con estrema pacatezza. Ho metabolizzato, non ho paura, non più. Ho i due estremi di possibilità all'interno dei quali esiste un range infinito di situazioni che potrebbero accadere. Sono pronta al peggio, so che posso scegliere, sono (relativamente) tranquilla.

Anzi mi spiace aver creato tutti questi allarmismi, ma al fondo di questo post metterò i link relativi a dicembre 2008 - gennaio 2009 per far capire cosa mi è tornato in mente in quei 10 minuti di lettura iniziale di referto.

Fotografo, fotografo il mare, fotografo cose, fotografo persone, e mi era venuta anche una mezza idea di documentare visite, analisi, referti, come un progetto tutto mio che tale dovrà restare. I miei nulla sanno, per ora. Ma non è detto che debbano sapere.

Perché potrebbe non essere nulla o essere tutto ma mi sento abbastanza scafata per poter reggere da sola, ma soprattutto non voglio che altre persone gettino addosso a me ansia inutile.
Si chiama sano egoismo.

Come promesso a chi mi sta vicino, ieri sono andata dal medico a fare le impegnative per ecografia e visita senologica, come consigliato dal referto. In attesa decido però di mandare una email al mio carissimo endocrinologo del COES, il quale, non appena letta la mail mi chiama immediatamente per comunicarmi che le impegnative le ha già fatte lui, che secondo lui non è niente, però venerdì vado alle Molinette a fare tutto.
Non è niente MA facciamo in fretta. Il solito medico, che non sa come comunicarmi le cose, che ha paura di spaventarmi ma non vuole che io sottovaluti nulla. Lo adoro.

Vado via dalla sala di attesa, per attendere nuovamente un giorno, venerdì. Quello in cui confermeranno se c'è qualcosa o è un falso positivo.

Scrivo ad A, il mio amico libraio e compagno di stanza durante la chemio.
"Certo che siamo proprio sfigati"
"A volte lo penso anche io, però in realtà, se guardo la cosa con obiettività, sono sicuro che siamo veramente fighi. Di vita noi ne sappiamo qualcosa, no?"
"vorrei smettere di saperne. non pensi la stessa cosa anche tu?
voglio tornare ignorantissima"

Non posso scegliere cosa sia, posso solo decidere come reagire.
Ed ecco i link del passato.

http://bambinaborderline.blogspot.it/2008/12/colpa-del-tassista.html
http://bambinaborderline.blogspot.it/2008/12/seconda-puntata-per-chi-lattendeva-e.html
http://bambinaborderline.blogspot.it/2008/12/terza-puntata.html
http://bambinaborderline.blogspot.it/2008/12/novit.html
http://bambinaborderline.blogspot.it/2009/01/esercizi-di-rilassamento.html
http://bambinaborderline.blogspot.it/2009/01/intervento.html

Ce ne sono altri relativi al Tamoxifene che "lassamo perdere va"

Canzone del giorno: Syd Matters Obstacles


29 novembre 2017

Blattella germanica e Blatta orientalis

Vedo la busta con le cassette del Commodore regalate da Gigi che si muove. Vado per spostarla con un piede e dall'interno escono blatte di tutte le dimensioni. Non solo le piccole blattelle germaniche, ma anche Blatta orientalis e qualche larva caimano. Disgustata, cerco di schiacciarle tutte con le scarpe da trekking che stranamente indosso.
Non ho imparato a decifrare le persone. A volte mi sento come relegata in un recinto di vetro smerigliato dove posso percepire ombre e presenze ma non valutare attentamente le reazioni e le espressioni altrui.
C'è il sole e fa freddo. Lo so anche se non ho ancora messo il naso fuori casa; lo si percepisce dal sole: aria tersa, cielo novembrino. Oggi sarei dovuta andare a fare gli esami del sangue ma non faccio che rimandare e temo di non fare in tempo ad avere i risultati per il 5/12, data in cui ho la risonanza magnetica al seno. Serve l'esame della creatinina (sto scrivendo forse una cavolata, ma non mi va di controllare).

Penso che oggi mi dedicherò un po' alla fotografia, vorrei riguardare le poche foto fatte nell'ultimo periodo, elaborarle per bene, pubblicarle sulla mia pagina MedioFormato che è ferma da tantissimo, forse da quando sono andata a Venezia.

Speravo che stare qui a Torino, ferma senza lavoro, mi avrebbe aiutata a portarmi avanti. E invece mi sento sempre indietro, come se qualcosa mi tenesse ferma. Inoltre la NASPI mi è stata riconosciuta solo per il periodo lavorato in Italia che è poco, dato che ho lavorato continuativamente per due anni in Svizzera: ma ho riportato la documentazione e vediamo. Pare che i due anni di lavoro in Svizzera non siano utili al fine NASPI, ma non capisco perché e la signora allo sportello non ha saputo darmi indicazioni precise se non Proviamo a reinserirla, magari si sono sbagliati.

Questo mi mette in estrema difficoltà: dalla certezza di avere un anno di disoccupazione e poter quindi cercare un lavoro (decente) con calma, ad avere solo tre mesi di cui due pagati insieme e quindi avere un altro mese di tempo per fare qualcosa.

E meno male che ho pensato di andare nuovamente, per la terza volta, all'INPS. Due mesi di disoccupazione pagati insieme e dal sito non risultava ancora il periodo Svizzero. Fammi andare a sentire ed è così: non comunicano, non c'è verso, anche chiamando ti dicono di andare direttamente in sede facendoti perdere un sacco di tempo.

Intanto cerco di programmare a piccoli passi le mie giornate, per fare qualcosa senza aspettare che capiti qualcosa.

Mi è passato il mal di schiena, ma solo perché il dolore si è spostato a livello di tibia. Dice la mia dottoressa che probabilmente il nervo sciatico è infiammato e il dolore si è semplicemente spostato. Che fortuna. Mi premo così forte con le mani sulla gamba, per dare sollievo, che a volte vengono fuori dei bei lividi. Ho prenotato una visita ortopedica e vedremo.

25 novembre 2017

Ho "tagliato" inglese

Lo so, lo so, ma voi non lo sapete ovviamente. Mi sono iscritta all'università popolare per fare più che altro inglese. Alla fine dato che pagando la stessa somma posso fare tutti i corsi che voglio, il risultato è che tutte le sere ho lezione e sono riuscita a incastrare inglese il venerdì dalle 21 alle 22.30, subito dopo la lezione di Psicologia Criminale tenuta dall'insegnante che fa anche il corso di Sessuologia (che però mi si sovrappone con inglese).

Dato che durante la lezione di Psicologia criminale ha accennato alla relazione tra sesso e potere mi sono detta che, dato che a inglese siamo al verbo To Be e posso tranquillamente saltare per un po', mi sarebbe piaciuto fermarmi alla prima (per me) lezione di sessuologia.

Ed è stato ISPIRANTE.

A parte sentire persone che fanno domande sul sesso e sull'orgasmo (evviva evviva, finalmente un luogo dove parlare di clitoride non sentirti un maniaco sessuale) ma ho finalmente capito diverse cose che a 36 anni ancora mi sfuggivano (o volevo che sfuggissero?).

In primo luogo che nel sesso una piccola componente di dominazione ci deve essere. Le coppie coccolose spesso a letto non funzionano.
Pensiamo agli animali (sì, lo so che lo sapete ma lo ripeto, anche noi siamo animali). Il maschio monta sopra la femmina, la immobilizza e ha un'immediata erezione.
Piccola componente. Ripeto.

Un'altra cosa che ho imparato è quella di vivere nel presente. Non nel futuro, non nel passato, nel presente. Cosa significa vivere nel presente? Godersi il momento, con tutti i sensi.

Ci ha consigliato un esercizio, no, non è da bollino rosso. Scegliete un piatto preferito e aspettate prima di assaggiarlo. Godetevi l'odore, il colore, cercate di capirne la consistenza. Mettetelo in bocca (il cibo, mamma come siete maliziosi, oh) sentite il tatto sulla lingua, la consistenza. Apprezzatene il sapore, toccatelo con la lingua. Ecco, vivere il presente.

Sappiate che il 100% delle donne può sicuramente avere un orgasmo clitorideo ma solo il 70% di queste potrà avere anche un orgasmo vaginale, e non c'è nulla di sbagliato in questo: è FISIOLOGICO.

Ha ironizzato e rassicurato i maschietti in sala dicendo che la lunghezza dei peni di tutti gli ometti presenti sarebbe stata sufficiente a soddisfare qualsiasi donna perché la zona ricca di terminazioni nervose è all'inizio della vagina.

Era così interessante che alla fine mi sono chiesta: "E ora come faccio con inglese?". Ho provato a incastrarlo in altri giorni ma ho sempre cose più interessanti da fare e non c'è nulla che io voglia saltare nelle date in cui potrei farlo.
Dovrei scegliere di rinunciare a spagnolo oppure a cosmesi e bellezza della pelle? Non penso proprio.

Quindi bai bai inglisc dovrò trovare un altro modo per studiarlo.

Qualcuno avrà da ridire pensando che queste cose le sapeva già, ovvio. Anche io le sapevo. La lezione è stata lunga e non posso trascriverla tutta.

Inoltre per vincere la pigrizia ed eliminare le scatole (baibai scatole) ho deciso che l'obiettivo di liberare le scatole è un obiettivo troppo grosso per me e quindi devo procedere a piccoli passi. Ieri mi sono messa di buzzo buono per liberare il divano pieno zeppo di roba. Sono riuscita a liberarne metà perché l'altra metà è occupata dai libri ma almeno ora posso scrivervi da qui e ho una postazione comoda per leggere, no? Quindi lunedì comincerò a buttare roba vecchissima dal bagno per fare spazio a quella sorta di profumeria che io chiamo scatola dei trucchi e non di magia. Ombretti, palette, pennelli, rossetti, matite e chi più ne ha più ne metta.

A proposito di makeup, essendo io una poraccia ieri mi sono concessa l'acquisto di due rossetti scontati col black friday. Sono andata da sephora e ho preso due rossetti liquidi a lunga tenuta dai colori soft, tenui e indossabili con qualunque makeup. Il nero e il verde.

Al minuto 9:13 del seguente video lo swatch del colore verde
Al minuto 9:25 lo swatch del colore nero

Voi pensate che io non abbia coraggio di indossarli, vero?


24 novembre 2017

L'oroscopo del presente

Amore: presente ma assente, voluto e scacciato. Il grosso dubbio. Di certo pare che anche se faccia fatica a trovare il mio equilibrio, da sola, al momento non cerco altro. Diciamo che l'amore per me stessa non manca.

Salute: da quando sono qui, così così. In elenco ho avuto: mal di gola inguaribili, febbri, candida (cioè io dal 2005 non l'avevo. mha), dolori sconosciuti (ora alla gamba ma pare sia un riflesso dei dolori che ho sempre alla schiena), cistite (assente dal 1999 dalla mia vita).

Scatole: vi salutano, stanno bene.

Pigrizia: vi saluta anche lei, sta molto bene.

Lettura: sono rimasta per tanto tempo bloccata su un libro consigliato da un amico, I sette pazzi ma, una volta terminato a forza, mi sono sbloccata. Leggo molto ed esco addirittura senza cuffie per evitare di distrarmi sul bus con la musica. Salgo sul bus e leggo. Chiudo il libro e scendo dal bus. Arrivo prima all'università popolare, mi siedo in un angolo e leggo. Mi vieto di portarmi il computer sul letto, la sera, in modo da poter leggere.

Lavoro: dopo il faticoso adattamento e il lavoro trovato in un call center (che ha scalato presto la top five dei lavori peggiori mai fatti e posti di lavoro tremendi) sono rimasta in attesa dell'indennità di disoccupazione, domanda presentata a settembre, ancora in attesa di soldi.
Prima o poi dovrò cominciare a muovermi per trovare lavoro, ma mi cullo in questa fase di adattamento: mi sento un orso in letargo, aspetto la stagione migliore per cominciare a fare cose.

Sport: smessi i pattini, quasi mai cominciata la bicicletta, della corsa non ne parliamo. Come ho scritto poco sopra, sono un orso in letargo. Ma sto attenta a mangiare, peso 44 chili controllati (non soffro la fame, sto solo attenta) e seguo i consigli forniti al corso di Principi di oncologia.

Amicizia: sto molto da sola e non mi spiace. In genere passo questo tempo cazzeggiando, con un pigiamone che farebbe passare qualsiasi fantasiosa idea anche a un sopravvissuto in un'isola deserta. Esco davvero pochissimo, un po' per impossibilità di incastrare gli impegni (la gente "normale" lavora). Così vado a vedere mostre (di arte o fotografiche, a Torino c'è sempre qualcosa da vedere). L'altroieri non sapendo cosa fare mi sono infilata al museo egizio, anche se mancava un'ora alla chiusura ma con la tessera musei non pago, e quindi non mi sono fatta problemi.

Fotografia: altra nota dolente. Un po' bloccata ma quando sono stata al museo egizio ho fatto delle foto. Ho deciso di prendere in mano la situazione e scrivermi cosa voglio fare, i vari progetti che ho in mente, e i vari passi per realizzarli: con le relative date di scadenza. Una cosa mi sono portata via da tutto il discorso della PNL: bisogna darsi delle date, altrimenti le cose progettate rimangono nella testa. Gli obiettivi restano pensieri. Scrivere le cose, un altro concetto fondamentale. Sono stata alla mostra di Peter Lindbergh e sono rimasta meravigliata da diverse cose. Innanzitutto è un fotografo che ha tolto la patina alle donne di esseri fragili da proteggere a ogni costo. Le modelle di Peter sono toste, cazzute e spesso le sue foto non sono state immediatamente accettate (Vogue, figurarsi). Poi gli appunti, quanti appunti prendeva, con disegnini su come mettere la luce o come sistemare il set.
Io poi ho proprio un bisogno fisiologico di scrivere, mi aiuta a concentrarmi, a farmi venire idee. La carta e la penna o la matita sono ESSENZIALI. E Peter me ne ha dato conferma.

Sogni: se parliamo di cosa voglio fare nella vita, è una riflessione che andrà avanti, penso, per tutta la durata della vita. Ma se parliamo di sogni durante la notte ecco, ora me li ricordo quasi sempre. Per esempio stanotte ho sognato che Fry andava in guerra e non era raggiungibile sul telefono.
Ho un quadernino dei piccoli pensieri che mi ha regalato l'amico sardosabaudo e cerco di scrivere almeno un pensiero al giorno. Ho preso un finto traveller's notebook e attendo delle finte penne da disegno (ora che ho questa poracceria dilagante, Aliexpress è diventato il mio migliore amico). Devo strutturare i vari quaderni/agende che possiedo. Ho un quadernone che uso per la parola del giorno, in cui scrivo una parola importante per me per quel giorno e spiego perché, il quaderno dei piccoli pensieri, un quaderno fotografico dove scrivevo (e devo riprendere) gli appunti fotografici, e la traveller's notebook che ancora non ha funzione ma vorrei usarla per quello per cui è stata progettata ovvero, programmare un viaggio.
Quindi prossimo passo scegliere una meta, prendere guida e prendere appunti. Il viaggio e i soldi per farlo verranno.


Il limbo non mi spiace. Perché spostarsi? Perché compiere questa immensa fatica? La risposta è scritta tra le righe del post che avete appena letto. Però per questo obiettivo non posso darmi una data, ci sono altri passi da compiere prima, ma prometto di tenere questo blog un po' più aggiornato.

07 ottobre 2017

Benedizione del viaggiatore

Possa la strada venirti incontro
Possa il vento essere sempre a tuo favore
Possa il sole splendere sempre sul tuo viso
E le piogge cadere lievi sui tuoi campi
E finché non c’incontreremo ancora, possa Dio tenerti nel palmo della sua mano.

16 agosto 2017

Di tempi (e parti, o partenze) lontani

Oggi è il compleanno di mia zia, la sorella di mia mamma.
Le chiedo: "Mamma, ma la zia è nata a casa?"
"Sì, lei è nata a casa, io sono nata a casa, mio fratello è nato a casa. Ai tempi tutti nascevamo a casa"
Mia mamma aveva 10 anni quando è nata mia zia. Sua mamma, mia nonna, le disse "Vai a chiamare la levatrice" (nel racconto si imbroglia e la chiama "lavatrice", buffo dato che in effetti mentre me lo racconta la lavatrice sta andando).
Così lei va e le dice, testuali parole: "Mamma sta partendo".
Per fortuna la levatrice sa, e accorre subito.
Lei e suo fratello si mettono allora a giocare sui sacchi di grano che tenevano in casa, perché lo vendevano. Fuori c'era il temporale.
A un certo punto una fiammata entra in casa. Dice che era un fulmine, ha fatto un boato tremendo ma nulla ha preso fuoco.
Racconti.

05 luglio 2017

La mia fiducia nel mondo

Ieri era lunedì ed era partita già male.
Il lunedì ci sono più chiamate, forse la gente cova rancore di domenica e quindi succede che sei tempestato di cose, richieste, problemi.
Ieri sera sarei dovuta uscire e le opzioni erano andare a piedi o prendere il bus. Avevo scartato l'opzione di "farmi venire a prendere" perché sono orgogliosa e perché non voglio che le persone mi scortino in giro.
Ora fa buio tardi, posso uscire tranquilla alle 20 col sole e godermi la passeggiata. O il bus.
Ho infatti optato per quest'ultimo.

Con il bot su telegram ho visto che il 57 sarebbe passato di lì a poco così vado alla fermata e il 57 in effetti passa, passa sì e non si ferma perché diretto al deposito.

Così cammino a piedi verso un'altra fermata dove passa un altro bus, il 27, che passa ma fa corsa limitata e mi lascia un po' prima di dove dovrei scendere.
In mano ho anche una scatolina di cartone con una torta dentro e quando scendo comincio a camminare, ascoltando musica, col cellulare in mano. Come sempre.

Peccato che quasi arrivata a destinazione un ragazzotto mi strappa di mano il cellulare e comincia a correre. Pare strano ma sono rimasta basita (F4) e sconcertata. Penso anche di aver gridato "Ehi, ma stai scherzando, vero?".

Nel frattempo un ragazzotto di colore dal balcone mi invita a seguirlo verso i giardini, ma poi penso: che faccio una volta trovato, se trovato? Mi faccio rubare anche lo zaino con dentro la macchina fotografica?

Quindi non corro, cammino nella direzione indicata dal ragazzotto ma torno presto indietro. Con il servizio find your phone di Android (per fortuna avevo attivato la geolocalizzazione sul telefono) guardo anche dove è situato ma siamo sempre lì, sono totalmente impotente.
Anche lo denunciassi la polizia non farebbe irruzione in un palazzo per prendere il mio telefono e se andassi di persona probabilmente mi riderebbe in faccia.
Così blocco la SIM, blocco il telefono, da remoto chiedo la cancellazione dei dati e mi accingo all'acquisto di un nuovo telefono.

Peccato, ci ero affezionata. A novembre/dicembre avrebbe compiuto 3 anni, non mi ha quasi mai dato problemi ed era un telefono perfetto.

E non mi sono arrabbiata, ci sono solo rimasta un po' male: è stata una situazione nuova ma penso di averla gestita, comunque, bene.

Oggi o domani dovrebbe arrivarmi il Huawei P9. Ho scelto quello al posto del P9 plus per due ragioni: il costo inferiore (si tratta ormai di un modello non recentissimo, sono usciti il P10 e il P10 plus) e perché non ha lo schermo AMOLED che non amo particolarmente.

Lo puntavo da tempo e anche se questa spesa imprevista non ci voleva (lunedì parto per Berlino con mia nipote, non ho ancora ricevuto il primo stipendio e i soldi del lavoro in Franciacorta chissà quando arriveranno) ho l'occasione di usare questa fantomatica doppia fotocamera Leica (sarà vero? Mha) che ha fatto cambiare sponda anche al mio amico fissato con gli iPhone il quale ha optato per questo modello dopo aver provato tutti gli smartphone della casa Apple.

E ora? Ora ho ripristinato il mio Nokia N70. Uso SMS e chiamate e Telegram da computer. Si sta caricando attaccato alla corrente ed è lentissimo ma ancora funzionale (tranne il riavvio spontaneo ogni tanto ma va bhe, è vecchiotto e ci sta).

La mia fiducia nel mondo non vacilla, certo, mi hanno rimproverato la leggerezza di andare in giro col cellulare in mano ma è una cosa che posso sistemare. Torino non è Cömo, certo, ma non è nemmeno la città più pericolosa al mondo. Al fantomatico Balôn non mi è mai capitato nulla e comunque in 36 anni di vita non ho avuto abbastanza furti da ritenere di poter diventare paranoica.

http://bambinaborderline.blogspot.it/2006/07/ho-portato-la-macchina-far-sostituire.html
nel post precedente scrivo: http://bambinaborderline.blogspot.it/2006/07/quando.html e non ricordo assolutamente di essere mai andata in stazione con i tacchi a spillo.

In ogni caso vedo che la mia filosofia non è cambiata in questi anni, cerco sempre di pensare "meno male che non è capitato questo, tutto sommato è andato bene"


22 giugno 2017

Carla e la tempesta

Ieri una mia collega mi ha chiesto come mai sorridessi sempre.
"È che sono brava a nascondere".

In effetti sì, passo notti in cui mi addormento tra le lacrime, mi sveglio e riattacco. Io, che non piango mai.
Sono una sfinge, come dice C, ma ho una sensibilità particolare.

Mi rendo conto solo oggi che sto attraversando una tempesta e sto costringendo le persone che ho attorno ad attraversarla con me.

19 giugno 2017

La scuola è finita
Andate in pace.

Questo weekend appena passato è stato l'ultimo ufficiale di scuola. Dopo più di un anno passato a vivere a Firenze un weekend ogni due tra corse, treni, risate, bevute, separazioni, arrancamenti, fotografie belle e orrende, chiacchierate tra amici, compagni e (spero) futuri colleghi mi trovo ora a tirare le somme di questo anno scolastico e fare i dovuti ringraziamenti.
Le persone non sono assolutamente in ordine di importanza, per me è necessario semplicemente ricordare cosa ognuno ha fatto per me, direttamente o indirettamente, per portare a termine la scuola.

Amici latinos: dentro ci metto tutti, anche i non latinos perché il mio cuore è del Sud. Perché mi avete ricordato come gioire delle piccole cose, perché se è risolvibile non è grave.
La mia piccola cattiveria in formato concentrato, Tahio, perché l'ho adorata dal primo istante per la sua ironia, la sua spontaneità e perché mai si è negata quando avevo bisogno.
Flap per quella volta che ci siamo messi tutti a piedi nudi seduti sul lungolago (prendendoti come esempio, ovviamente). La libertà è fatta di queste piccole cose. E perché mi hai proposto come fotografa quando c'è stato bisogno, hai alimentato lo sblocco delle mie paure.
AlessanFro: il mio rude tatuato con il cuore di panna, che non ama essere abbracciato ma c'è quando ho avuto bisogno. Alcuni tuoi consigli sono stati utili anche se io sono sempre la tua amica inutile (dai capelli colorati).
Àlvaro: la tua creatività è sorprendente e anche se capisco la metà di quello che dici (lo sai che scherzo - "risposta incomprensibile") la tua aggiunta al gruppo è stata fondamentale. Sai più cose tu di fotografia di quante ne so io alla fine della scuola e sarai sempre una fonte inesauribile di spunti per me. Grazie.

Amici torinesi, mi avete aiutata in questo difficile ritorno.
Gigi, sai quanto sei importante per me. Mi hai aiutata a ridere, ad andare in bici (ehm), a tornare in pattini. Mi hai rimesso in mano il basso e mi hai sorretta in tutto questo periodo. Posso tranquillamente dire che se non sono troppo stanca da tutto è perché mi hai praticamente portata in braccio per tutto questo tempo. Sono cose che non scorderò mai: la tua dolcezza potrebbe salvare il mondo (ora puoi tornare a fare il cattivo e arrabbiato metallaro, vai). Grazie per aver guardato le mie foto con le emozioni e senza la tecnica, perché quest'ultima si può applicare con il tempo e l'impegno ma se in una foto non c'è emozione non c'è nulla. Lorenzo, hai il potere di farmi ridere di gusto e in maniera sguaiata. Hai pubblicato mie foto che non erano stupende ma credi in me e questa è una cosa bellissima. E grazie a entrambi per il trasloco. Non so come avrei fatto senza di voi.
Ragno B, che mi sei venuta a prendere a Cömo replicando il viaggio fatto 6 anni prima dalla Toscana a Firenze. Per fortuna non è stata l'esatta replica e il ritorno ha avuto un sapore alla Thelma e Louise ma con lieto fine. Sei con me dalle elementari e ti voglio più bene di quanto riesca a dimostrarti.

Cristiano, un capitolo a parte, il mio mentore. Dietro quel guscio da orso si nasconde un occhio sensibile e attento, non solo per le foto. Ti ringrazio, mille e anche più volte, per aver criticato le mie foto nel bene e nel male, per avermi aiutato mettendoci del tuo senza mai chiedere nulla in cambio e per avermi dedicato tempo, la cosa più preziosa che abbiamo.

Amici fiorentini, Marco, Giada, Gianni, Laura, Germana, Steno. Non vi siete tirati indietro quando ho avuto bisogno di ospitalità a Firenze, una volta tornata a Torino senza lavoro e con pochi soldi. Avete ascoltato con interesse i miei racconti sulla scuola, abbiamo condiviso bellissime serate e mi avete persino portata a mangiare un'ottima fiorentina come avevo promesso di fare a termine dell'anno scolastico. Mi avete convinta a portare a termine la scuola nonostante io stessi quasi per mollare ("Tanto non mi serve il diploma, dai") e devo dire che è stato un ottimo consiglio.

Compagni di classe. Il confronto con voi è stato un terrore quasi paralizzante all'inizio, eppure il mio pragmatismo mi ha portato in là e le nostre discussioni sulle foto, sui progetti e sul futuro mi hanno fatto migliorare tantissimo. Con quasi tutti ho stretto un rapporto incredibile e soprattutto con i ragazzi del B&B (che abbiamo occupato praticamente tutti insieme) le storie si sono intrecciate, le confidenze ingarbugliate e alla fine, sì, siamo diventati amici. Daniela, come avrei fatto senza di te? Sapevi cosa dirmi e quando dirlo e ogni volta che mi hai chiesto un consiglio fotografico o un consulto è per me stata una pietrolina di autostima in più.
Grazie.

Professori! Per voi un capitolo a parte ma SOLO una volta completato l'esame, suvvia, non mi voglio conquistare voti a caso.

Familiari, Madre e sorellanza, cosa posso dire che non possiate già sapere?

Ultimo nell'elenco ma assolutamente primo in ordine di importanza, Fry, ovvero Iolao.
Iolao senza di te non sarebbe stato possibile nulla di tutto ciò. Quasi in lacrime ti avevo parlato di questo sogno tenuto nel cassetto da quando vivevamo a Bologna perché temevo lo reputassi un sognomatto, un altro dei miei, una cosa da fare a metà come tutto il resto. Invece no, mi hai appoggiata, eri entusiasta almeno come me all'inizio anche se ti ho chiesto di rimanere in disparte, di non darmi consigli perché non volevo che mi influenzassi e non volevo fare cose solo per compiacerti.
Hai creduto tanto in me, mi hai permesso di lasciare il lavoro e di dedicarmi solo alla scuola.
Sono cose che non potrò mai dimenticare.

Vi amo, vi amo, vi amo fortemente tutti.

Se ho scordato qualcuno non fatemene una colpa: la mia memoria non è grande come il mio cuore.

Canzone del giorno: Amen Dunes Song to the Siren

31 maggio 2017

La mia rubrica: lenti a contatto (di merda)
Le Mensili di Salmoiraghi

Dato che finora non ci ha pensato nessuno e ogni volta che cambio lenti (mi succede sempre perché non ricordo quali lenti ho acquistato in precedenza) mi capita di indossare lenti a contatto di merda che mi devastano gli occhi, eccomi qui, sperando che possa essere utile a qualcuno.

contents: 60% XC (omafilcon A 40%, H2O 60%)
Trattasi di lenti mensili: le preferisco come tipologia di lenti perché le giornaliere sono troppo morbide e a fine giornata mi danno fastidio e le bisettimanali costano tanto per la resa finale.

Allora: lenti prese a caso, come sempre.
A una prima occhiata si presentano morbide, troppo morbide, quasi al pari di lenti giornaliere, lievemente bluastre.
Metterle senza accartocciarle è impossibile.
Spesso appena indossate sono già poco confortevoli ma il peggio lo danno dopo appena qualche ora. Si seccano da matti (e non soffro di secchezza oculare) e l'unica cosa che vorresti fare è strapparti gli occhi dalle orbite.
Per me è assolutamente no. Stamani le ho messe, sono uscita, dopo 3 ore le ho dovute togliere che mi davano già fastidio (lenti messe per la prima volta, quindi nuove, 7 giorni fa appena). Le ho rimesse intorno alle 14, alle 16 mi sembrava di avere già sabbia negli occhi.

Non mi pare nemmeno fossero le più costose: sul sito le danno a 17,90 euro la confezione che comprende 3 lenti.

Quindi sono ben felice di disfarmene completamente tra un paio di settimane, dato che è già il terzo mese che ci soffro.
Alle prossime lenti!

Se solo.

Siamo in montagna, fa freddo e c'è la neve. Siamo venuti qui perché Giorgio Clunei ci stava costruendo una villa ma poi ha interrotto i lavori e nessuno sa perché.
Mi inviti ad andare a curiosare, ma non siamo soli. È pieno di curiosi che gironzolano in questa sorta di cantiere aperto.
Ci arrampichiamo su quello che dovrebbe essere il primo livello della casa: non ci sono altre cose costruite. Forse sono i garage, non so.
Decidiamo di spingerci oltre e ci arrampichiamo sul lato della montagna fino a quando la parete, nevosa e scivolosa, non diventa quasi verticale.
Te lo faccio notare ma non faccio in tempo a finire la frase che scivoliamo giù e non capisco nulla finché non riapro gli occhi e non ci sei più.
Ti cerco per i monti al freddo, alla neve. Urlo il tuo nome ma non ci sei.
Ti scrivo su WhatsApp ma non rispondi.
Non so davvero che fare.
Chiedo alla mia amica dove posso trovare un Pronto Soccorso lì vicino, mi spiega che posso andare ad Agliè.
Vado lì e parlo con una dottoressa, le spiego la situazione. Ma lei si arrabbia con me, non saremmo dovuti andare in quel posto. Continuamente gente si fa male andando a curiosare lì, siamo stati irresponsabili. Però no, tu non sei lì, non sei stato portato in quel posto.
Intanto cala il buio e io non so davvero cosa fare: mi arriva un tuo messaggio, quasi a riprovero di quanto ti ho scritto io, preoccupata.
Sei in via Roma, a Torino, in un ospedale.

Rimango sbalordita, io così preoccupata. Tu assolutamente indifferente. Se solo mi avessi scritto prima non mi sarei quasi smarrita nei boschi. Se solo tu avessi risposto non mi sarei così preoccupata.
Se solo.

29 maggio 2017

Ritorno all'ovile

Sono tornata all'ovile.
Nella prima capitale d'Italia, in questa città barocca che mi ha cresciuta.

Sono tornata gianduiotta.

Il 14 marzo per la precisione. Poi ho fatto le scatole a fine marzo e a inizio aprile ho portato tutto via.
Ovviamente non si porta mai via tutto di sé da un luogo, si spargono anche apposta piccole parti in modo che rimanga un po' di ricordo.

Sarebbe un peccato scordare, sarebbe un peccato essere scordati.

03 maggio 2017

Il mio teatrino

Questa notte devo recitare in una sorta di commedia teatrale. Ho pensato fino ad ora che gli altri attori fossero miei colleghi e invece riconosco adesso l'immagine di P.R., compagno di corso all'Accademia Internazionale di Fotografia.
Probabilmente colui che ha organizzato tutto è A. il gestore del pub "Il Corvo Rosso" a Torino.
Sono preoccupata perché si va in scena tra qualche ora e non so niente, inoltre so di avere poca memoria e questa cosa mi spaventa. Riuscirò a ricordare le battute?

Mi danno un libro con la copertina gialla. Sono convinta di fare la parte della protagonista, donna bella e intelligente ma scopro, sfogliando il copione, di dover fare la parte di un personaggio secondario, antipatico e polemico. Il suo nome è difficile ma ricorda il nome dell'artista Blondie.
Potrebbe essere Blondid? Blondì? Biondid?

Sono poche le parti che mi sono state assegnate e non ho nessuno con cui provare, sembra che tutti siano stati avvertiti molto prima o che siano molto più sicuri di me delle loro performances sul palcoscenico.
Questo mi rende molto agitata e non all'altezza della situazione.

29 aprile 2017

A Cömo c'è il mare

A Cömo c'è il mare. Per lo meno nel mio sogno.
Stiamo andando lì, guidando per strade in discesa tra villini bianchi e palme, un misto tra Guglionesi e San Francisco, finché non mi accorgo di non avere il costume addosso. Mi rimproveri e torniamo indietro, a casa, a prenderlo. Ma mi scordo di nuovo e dopo avermi rimproverato ancora andiamo in farmacia, sul mare. Parcheggiamo male la macchina che non è rossa come nella realtà ed entriamo. Ma non è una farmacia, sembra vendere rimedi esoterici e anche lì mi scordo del costume. Penso che sia uno spreco di soldi prenderne uno nuovo quando ce ne sono due a casa ad aspettarmi, quasi nuovi, per lo più. Mi chiedi come facciamo ad arrivare al mare, e ti dico che ci saranno dei gradini o qualcosa del genere per scendere.
Guardo il mare di sotto, il cielo è nuvoloso, le onde alte e minacciose. Quando raggiungono la riva l'acqua arriva lontano e crea una seconda pozzanghera di acqua poco più avanti.
Non vorrei scendere.
Scendiamo.
C'è un asciugamano in un posto riparato e ci sediamo lì, anche se ben presto arriva una donna dai tratti sudamericani con una bambina piccola che ci fa cenno di rimanere.
Penso che anche con le mutandine e in topless posso entrare in acqua ma quando apro la patta dei pantaloni è subito chiaro che non è possibile. Sono minuscole e lasciano tutto scoperto.
Guardo il mare, ne ascolto il suono e sento il vento freddo sulla pelle. E sento una tristezza infinita addosso.

02 marzo 2017

"Ma tu li ascolti i Rancid?"

Ti ho riconosciuto da lontano, hai una tuta azzurra con cappellino da basket coordinato. E passeggi con un bellissimo cane lupo cecoslovacco. Mi hai già fermato altre due volte.
Abbasso il capo (non lo faccio mai, io rispondo e sono gentile con tutti) ma tu mi scodinzoli la mano dall'altra parte della strada e attraversi verso di me noncurante delle macchine. Mi indichi col dito, non posso ignorarti ancora. Mi tolgo le cuffie.
"Ma sei punk? Eh sei punk?"
"Guarda, ci siamo parlati almeno altre due volte e..."
"Ma li ascolti i Rancid eh? Li ascolti i Rancid?"
"Io bhe, li conosco e.."
"Ma ci vai al concerto a giugno eh?"
Affretto il passo per superarlo.
"No guarda io non.."
"Ma sei punk eh? Ma i Rancid li ascolti eh?"
La voce si fa più fievole e lontana
"Ma sei punk eh? Ci vai al concerto dei Rancid? A giugno eh?"
Mi rimetto le cuffie.

Mi allontano velocemente.

Il non dare retta alle persone mi provoca senso di colpa e frustrazione. Vorrei fare qualcosa per tutti, dedicare due minuti anche a lui, ma il peso grava sulle spalle, voglio tornare a casa, ho bisogno di fare qualcosa per me.

Canzone del giorno: Elisa Eppure Sentire (Un senso di te)

21 febbraio 2017

Il nostro (mezzo) viaggio negli States.

Che sia chiaro, prima di vedere gli States avrei voluto vedere altri posti. Il Venezuela, il Costa Rica, altri posti dell'Africa, la Thailandia, l'India, il Laos, Cernusco sul Naviglio MA in un'ottica di par condicio di ferie dato che l'anno scorso ho vinto il Madagascar (era in un'aspra lotta contro Las Vegas e il matrimonio celebrato da Elvis) quest'anno Fry ha deciso. Si va negli States a fare il coast to coast.

Non amo gli statunitensi (senza generalizzare eh? Sia chiaro), ma ho chiuso tutti e due gli occhi e ho detto ok, sperando di poter vedere la Darlingtonia in natura (cosa che non avverrà perché troppo fuori dal tragitto possibile da fare). Facendo un paio di calcoli sul chilometraggio (ma espresso in miglia, si dirà migliatraggio?) ci siamo resi conto che le due settimane previste da Fry non possono bastare.
Così il nostro sarà un mezzo coast to coast. Ispirata dalle fotografie di Robert Frank voglio andare nelle campagne statunitensi a fotografare il cazzo nulla, esattamente come ha fatto lui ma con meno stile e senza il dilemma della pellicola (dato il mio ultimo sviluppo letteralmente "in bianco" perché non era stata caricata correttamente). Fry optava per un Denver to west coast ispirato dal cazzonulla che c'è nel mezzo e alcuni parchi che incroceremo deviando di poco.

"Così puoi fare delle belle foto" e guardando online m'è preso il panico, bellissimi posti ma il rischio di cadere nella fotografia turistica compulsiva è dietro l'angolo.

Primo step. Decidere il tragitto. Passare da nord o da sud? Cosa c'è da vedere in entrambe le situazioni? C'è abbastanza cazzonulla che possa essere fotografato? Da risolvere entro questo giovedì (no stage, va da un nuovo cliente e se inizialmente mi aveva detto che potevo andare con lui ci ha ripensato).

Secondo step. Controllare il migliatraggio. Quante miglia possiamo fare in un giorno senza stancarci troppo e avendo tempo di guardare anche qualcosa? (anche questa cosa me la risolvo facile entro giovedì)

Terzo step. I money. Quanti soldi cagheremo tra motel squallidi (lo spero) e noleggio auto e benzina e cibo? Probabilmente poteva essere un secondo step ma noi siamo manibucate quindi non ci poniamo troppo il problema (non sono brava a conteggiare soldi, ogni centesimo che passa per le mie mani va speso - la vita è troppo breve per accumulare soldi).

Quarto step. Decidere i giorni e controllare i biglietti. Presumibilmente a Ottobre, quando avrò dato gli esami e sarò una fotografa diplomata senza soldi; finalmente potrò erigere me stessa a fotografa (e quindi artista) depressa che nessuno comprende e vivere sotto il ponte della mia miseria. Fry dovrà prendere giorni di ferie quindi anche questo step è necessario farlo subito.

Quinto step. Comprare i biglietti. Costeranno un sacco e si prevede un mesetto di "questa sera non esco" intervallati da "questa sera mangio la ricottina scaduta nel frigo" con qualche sporadico "prendo il treno senza biglietto sperando che occhieggiando al controllore questi non pensi che si tratti di un tic ma di un'avance per non farmi la multa" (da fare il prima possibile).

Sesto step. Questo solo mio. Controllare che tipo di bestie incontreremo, specie di piante, posti inesplorati, parchi. Ci vuole la guida? Quanto cammino? Devo portarmi il voltaren? Si può entrare nella riserva Navajo? Se sì, c'è il rischio di sembrare i soliti gringo bianchi che vogliono farsi la foto con il capo tribù? E quindi in questo caso col cazzo che ci vado? Leggere accuratamente la guida e non fare quello che consiglia. I posti più belli consigliati saranno quelli più visitati. Cacca cacca cacca. L'ultima cosa che voglio è incontrare italiani con il cappellino con la stampa della bandiera americana che mi dicono: "Bella lì, guarda amò (rivolgendosi alla fidanzata) questi so' italiani!". Ho tutto il tempo per fare questo.

Ma essendo disordinata il mio ordine delle cose da fare sarà casuale. Controllerò prima le bestie che vedremo, poi deciderò i giorni e guarderò il chilometraggio. E per non farmi mancare niente, comprerò i biglietti scegliendo date a caso.

Arriviamo, mio caro popolo americano. Trump nun te temo.

20 febbraio 2017

Fujifilm X-T1 - Una recensione (semi)seria.

Da più di un mese ho acquistato, usata, una Fujifilm X-T1, a detta di molti un'ottima macchina.

Perché: avevo due reflex, la Canon EOS 6D di Fry e la mia Canon EOS 7D. La 7D è un'ottima macchina e l'ho amata, è stata la mia prima reflex digitale e si è dimostrata impareggiabile in situazioni scomode, ad esempio in Madagascar. La sua velocità nel multiscatto, i numerosi punti di messa a fuoco (più che nella 6D) mi hanno permesso di fare molte foto valide a bestie scattanti come i lemuri.

Come: ho acquistato su subito, dopo aver venduto la 7D e il corredo di lenti per APS-C. Avendoli venduti separatamente sono riuscita a racimolare un gruzzoletto più consistente della vendita di tutto l'insieme.

Dubbi: alla 7D ero affezionata. Comprata in un momento di separazione da uno dei miei mondi, una macchina solida, pesante e compatta, tropicalizzata (era stata acquistata già allora con l'intento di viaggiare in Madagascar), con un corredo completo di obiettivi. Lasciare una cosa, un oggetto, che conoscevo e che sapevo essere perfetto per me, per una cosa che non avevo mai provato e da cui ero incuriosita, una mirrorless, non era impresa semplice.

Modalità: sono arrivata alla conclusione di dovermi separare dalla 7D perché volevo qualcosa di leggero, da portare sempre con me, qualcosa che avesse la solidità strutturale delle vecchie analogiche e la comodità pratica delle digitali. Ho quindi compiuto il salto nel buio.
Un amico fotografo mi ha fatto provare la sua Fujifilm X-E2 e me ne sono innamorata.
Del resto ho un debole per le analogiche e quella linea mi stuzzicava. Inoltre la trovavo semplice e il mirino elettronico era decisamente stupefacente.

L'ho trovata, solo corpo,  a 560 euro: ho scoperto solo dopo, di terza mano. Ma poco conta, la macchina funziona alla perfezione. Ho acquistato una custodia di finta pelle molto vintage che la rende davvero simile alle vecchie analogiche. Ho scelto la X-T1 perché ha una ghiera di regolazione in più rispetto alla X-E2, anche se il mirino di quest'ultima, posizionata a sinistra rispetto al corpo macchina e non al centro, era perfetta per il mio nasone.

La X-T1 ha una cosa che non avevo molto cagato all'inizio, ovvero lo schermo reclinabile. Dato che con le ottiche fisse (di cui vi parlerò tra qualche riga) mi sto specializzando nella street photography (mi diverte, mi piace andare in giro e non mi fa fatica allenarmici) mi è utile a volte per scattare senza farmi notare. E pensare che era uno dei motivi per cui non avrei preso la X-T1! Del resto, poi mi sono detta, "Se ti da' tanto noia basta non usarlo!".

Primo problema risolto: habemus macchina! E che obiettivi usiamo? Torna in ballo l'amico della X-E2, che in cambio del mio 24 mm pancake mi regala una sfilza di obiettivi vintage (ed ecco gli obiettivi fissi).
Oltre al mio fantastico Helios 44 M7 entrano nel mio armamentario il Kiron Macro 24 mm, il Carenar 35mm, il Tessar 50 mm e lo Jupiter 85 mm.

Sono tutte ottiche meravigliose e molto luminose per cui credo di aver ricevuto molto di più di quanto ho dato!

Ma torniamo alla nostra Fuji: mi piacerebbe dirvi che l'inizio è stato ostico, qualcosa del tipo "Miodio ma perché ho dato via la mia 7D che mi ci trovavo così bene!"
Nein.
Amore a prima vista.
La macchina è leggera, si porta bene dietro, in un attimo la tiro fuori e scatto. Le ghiere sono posizionate bene e finora ho trovato solo due nei: per muovere la ghiera delle ISO bisogna premere un pulsantino posizionato sopra la ghiera. È scomodo e spesso si rischia di girare la ghiera di modalità scatto modificandolo da "scatto singolo" a "scatto continuo", e a scuola col trigger spesso non partiva il flash. C'è da capire se si tratta di un problema di compatibilità o altro.

Altra cosa incredibile: la X-T1 è tropicalizzata e anche se a detto di un ragazzotto conosciuto per vie traverse (è stato stagista dove sto facendo io lo stage) la X-T2 è di molto superiore, posso dire di consigliare la macchina, per ora come seconda camera (anche se il ragazzotto ha solo Fuji, la X-T1, appunto, la X-T2 e la 100s).

Il mirino elettronico è una "figata pazzesca" - è un termine tecnico per indicare una cosa davvero figa.
Si possono impostare diverse modalità di aiuto per la messa a fuoco (nel mio caso ovviamente manuale) e ben presto ho abbandonato il focus peaking per NON impostare nessun aiuto per la messa a fuoco.
Tanto dal mirino elettronico e pigiando il tasto "focus assist" posso vedere ingrandita la zona di messa a fuoco e regolarmi da lì. Vero, non è velocissima la cosa, ma per la street photography mi sono abituata a tenere il diaframma abbastanza chiuso e semmaialzoleiso (altro termine tecnico) pertanto non mi capita di dover mettere a fuoco la pupilla del signore che sta passando in quell'istante in bicicletta.

Inoltre impostando lo scatto in bianco e nero, dal mirino elettronico si vedrà in bianco e nero. I fotografi un pochino vintage torceranno il naso, lo posso capire. Ma la tecnologia va avanti: siamo stati restii a passare al colore, poi al digitale e questo è un altro passo che non vogliamo fare.
Ma alla fine sarà ben più importante in questi casi il risultato?
Ci sono alcuni fotografi autocelebrativi che scattano ancora solo in pellicola per compiacersene davanti agli altri, ci sono fotografi che hanno un'idea in testa e vogliono riprodurla e usano la tecnologia in loro favore. Credo non si debba demonizzare la cosa anche se io cerco sempre di scattare a colori e poi, eventualmente, post produrre in bianco e nero.

Tirando le somme: piccola, leggera, maneggevole e nulla da invidiare alle cugine reflex più cicciotte.
Del resto la macchina fotografica è come una bella donna: chi le ama tonde, chi le ama grosse e chi le ama secche. A ognuno la sua.

Io amo il seccume e questa macchina fotografica da quando è stata acquistata non mi ha mai abbandonata. Mi segue nei miei quotidiani viaggi a Milano, a danza del ventre, a Firenze a scuola, a Firenze in giro, a Torino quando posso, per strada e ovunque.

Allego foto della macchina (da juzaphoto) e della custodia (da amazon.it) e poi alcune mie foto scattate con la Fuji.
Buona visione e buona luce!







Ed ecco alcune mie foto:


















15 febbraio 2017

Di pp e ps e lr e br. #diariodiunastagista

Oggi approfitto di una generosissima ora in più di sonno dato che il mio "capo" dovrà andare in banca. Se volete leggere qualcosina, sto scrivendo ministorie su twitter su questa avventura. Le trovate qui: https://twitter.com/moocca oppure qui, cercando l'hashtag #diariodiunastaigista: https://twitter.com/search?q=%23diariodiunastagista&src=typd

Sto imparando molto, soprattutto sulla postproduzione. Quindi non posso lamentarmi. Sì, mi sveglio davvero presto ma guardiamo il lato positivo. Sto leggendo davvero tantissimo.

08 febbraio 2017

Io, piccola Seppiolina

L'attività del primo giorno di stage è stata così frenetica che per fortuna non sono una fumatrice, perché non abbiamo fatto nemmeno una micropausa. Cioè per mangiare, ma giusto in tempo ad impiattare le pietanze cucinate dalla cuoca e sederci a mangiarli, poi ci siamo subito rimessi all'opera. Per me è stato molto osservare, sto capendo ancora come funziona questa catena di montaggio dove non c'è molto di artistico.
Il fotografo mi aveva avvertita: "è un lavoro molto noioso", io lo trovo interessante ma capisco che lavorarci su tutti i giorni per anni può essere particolarmente noioso e ripetitivo. Lui è molto paziente, visto e considerato che sono come un garzone che gli sta sempre tra i piedi e posso essere più di impiccio che altro. Tirando brevemente le somme è uno stage che mi potrà dare molto, soprattutto sull'utilizzo di Photoshop. Ieri sera ero così cotta (svegliata alle 6, tornata a casa alle 20.30) che mi sono fatta una doccia e sono andata a morire a letto.
Ho preso anche 2 caffè nell'arco della giornata perché altrimenti non avrei retto. Anche prendendo il treno, avrei voluto leggere ma gli occhi erano pesanti così mi sono abbandonata al sonno. Per fortuna il risveglio era al capolinea.
Ora si riprende.

Buona fortuna a me!

06 febbraio 2017

L'attesa

Da dove arrivava non si sa, forse era portato dal lieve vento autunnale. Nulla di troppo freddo, nulla di caldo. Un vento che ha il solo pregio (pregio?) di arruffare i capelli nel modo più fastidioso possibile. Eppure era lì.
Faceva freddo e c'era dell'acqua. Salata, dolce, ha importanza?
L'attesa.
Non so cosa sia per voi l'attesa; a tratti mi rende triste, come se quel qualcosa o qualcuno ritenesse poco importante la puntualità di un appuntamento e quindi, me.
Ma l'eccitazione era forte. Lei lo attese.

Lo attese finché non spuntò da dietro un angolo. La piazza, il fresco, il calore dell'abbraccio. Null'altro.

Quegli occhi scuri profondi che a tratti la scandagliavano, la studiavano ma lei cercava di non abbassare lo sguardo.
Due forze che si incontrano, due mine vaganti, nessun tipo di equilibrio.
Eppure lei lo sapeva che se mai fossero andati oltre si sarebbero incrociati in quel preciso punto, nella metà perfetta.
Perché due forze uguali e contrarie si annullano generando un equilibrio tra le forze. Generando lo zero, il punto perfetto, l'armonia.


Golem - chi ben comincia.

Riassunto della mattinata: mi sveglio all'alba, vado lì, lo aspetto mezz'ora, lo chiamo "ah scusa non me l'ero segnato, devo andare a una visita medica, oggi". A questo punto penso sia un problema mio dato che la gente fraintende spesso i miei appuntamenti (eppure sono certa di avergli detto "cominciamo lunedì, alle 9.30, vero?" - forse dovevo specificare giorno, mese e anno). Confermato inizio per domani (bestemmie volanti), ho trovato il bar (bar vintage, molto peso) più bello del mondo con una cliente settantenne con i capelli rosa ("vorrei un mondo fatto di gente con i capelli colorati" - parole sue), il gestore che cantava con me pezzi italiani anni '70 ("ma sei giovane come fai a conoscerli?"), che ha messo il vinile de "le orme" dietro mia richiesta e nel quale, dice, i clienti possono stare da lui quanto vogliono, anche a leggere o ascoltare musica. E sono felice che sia lì vicino. ora sono a casa, sonno della madonna. ho solo voglia di svaccarmi e andare a danza stasera, indossando la mia canotta di YouPorn.

Se 1=2

https://it.wikipedia.org/wiki/Sofisma_algebrico#Divisione_o_moltiplicazione_per_zero

Lo so, cominciamo presto questa mattina. Ma comincia (presto) anche il mio stage a Milano e dovendo fare circa 2 ore di viaggio all'andata e 2 al ritorno sono costretta a svegliarmi presto. Potrei anche essere più veloce ma non è una cosa da me. Il mate richiede tempo, la vita richiede tempo.
Guardo le ultime cose da portare. Pipa? Ma sì dai. Roba per danza del ventre? Ovvio. Quadernino se dovessi mai appuntare qualcosa? Check.

Del resto, facendo piccoli errori, può essere reso possibile l'impossibile. Come dal titolo di questo post. Perché non è possibile dividere per zero.

Di altre cose interessanti: Venerdì sono andata alla Milano Tattoo Convention perché Flap aveva appuntamento con Knot (Audrey, tatuatrice presso PopInk, Marsiglia). Come ormai tradizione vuole l'ho accompagnato anche perché io e T volevamo farci un piercing (ma nada piercer, purtroppo, in fiera). Avendo già visto parte dei disegni che la tatuatrice aveva fatto per Flap e notando una bellissima pipa che lui aveva scartato, ne ho approfittato per scrivermela addosso.
Ceci n'est pas une pipe.
Ceci n'est pas une vie.
https://www.instagram.com/p/BQFkaJQASX2/



Di altre cose buffe: sono stata intervistata (apparendo come al solito una demente non sapendo rispondere alla domanda più banale "Quanti tatuaggi hai?" - Li ho contati durante questo ultimo tattoo, ora sono 7. Sette. SETTE, se dovesse ricapitarmi). Sono stata fotografata allo stand Canon (dovevano stampare delle foto per mostrare quanto è figa la loro stampante). Già la mia postura durante l'intervista lo rivela, mi accuccio, voglio scappare. Eh va bhe.

Eh qui non possiamo spiegare nulla

Ci prepariamo 
Sotto i ferri


Alcune foto fatte da me:



Tatuaggio giapponese con antica tecnica tebori

Body modification: sclera tatuata di nero

Belly Button tattoo (Perpignan), forse la mia coscia sarà tua

Marco Galdo, "Trafficanti d'arte" Milano.

Canzone del giorno: Rimini Fabrizio De Andrè