30 novembre 2011

Parafulmine emotivo

Quando una persona è seriamente disperata lo vedi. E' il vuoto degli occhi, è la mancanza di cura nell'aspetto, l'occhio lucido, il tono di voce basso. Il tono di una persona che ha smesso di lottare. Perché la vita è continua lotta.
Allo sportello viene gente di tutti i tipi, la maggior parte di loro non paga delle bollette e viene a piangere miseria, mentre il suo iPhone nuovissimo squilla e tu ti dici che se sono davvero così disperati potrebbero venderlo e pagare le bollette. Il cibo. Altre cose invece della vanità.
Oggi viene questa signora; parla a voce molto bassa, ha l'occhio lucido e i capelli spettinati e bianchi. Lo smalto è grattato via e le unghie sono un po' lunghe ma non curate. C'è anche dello sporco sotto le unghie.
Mi chiede se ha delle bollette da pagare, perché suo marito non ci sta tanto con la testa e dimentica tutto. Dimentica tutto da quando hanno perso il nipote.
Preferisco non indagare, anche se "sento" che vuole parlarmene.
Le dico che sì ci sono un paio di bollette non pagate e che le preparo il bollettino per effettuare il pagamento. Comincia a parlarmi di quanto questo evento tragico li ha sconvolti e di come non riescano più a fare nulla normalmente. Annuisco e dico che capisco, che non ci sono parole giuste a volte per confortare in queste situazioni, e una serie di altre ovvietà che non sto qui a scrivere. Poi una frase mi riaccende di botto il cervello emotivo: "... sa io ho un tumore e sto facendo la radioterapia, mi hanno già messo fuori uso un polmone e sto facendo una cura a base di calcio perché la parte bassa del bacino è quasi tutta bruciata dalle radiazioni..."
Interrompo immediatamente quello che sto facendo e la guardo negli occhi. Ha gli occhi lucidi e fissi su di me. Dentro di me mi chiedo se si aspetta che le dica qualcosa. E una vocina dentro di me mi dice solo di "esserci". Penso che quella signora per quei due minuti che posso dedicarle ha bisogno di me, allora sto zitta e mi metto in posizione di ascolto. Unisco le mani e le appoggio sulla scrivania.
"Sa, mio nipote aveva 12 anni. E' morto di tumore. A volte mi dico che voglio farla finta anch'io e morire ma poi penso a chi rimane..."
Mi rendo conto di avere gli occhi lucidi e che sto scoppiando in lacrime ma mi trattengo. Le dico di non fare questi pensieri, perché qui c'è ancora chi ha bisogno di lei.
Le poggio la mano sul braccio in segno di conforto ma mi chiedo se esiste conforto per un dolore così grande.
Ora che mi ha parlato, ora che mi ha sentita, ora che si è confidata torna a parlare delle bollette. Distogliamo gli sguardi dai nostri occhi, lei si riprende un attimo, come se avesse intuito in quel breve lampo di lucidità, che non era luogo nè momento. "Sono proprio belli i suoi capelli".
Mi ringrazia e se ne va.
E' come se avessi assorbito le sue emozioni, volevo chiudermi in bagno e piangere. E picchiare con violenza chi mi chiede perché non credo.

Non esiste dio che possa permettere questo. Proprio no.

Canzone del giorno: Sul Sole Subsonica

3 commenti:

roccio ha detto...

io come canzone avrei messo questa:

http://www.youtube.com/watch?v=-VUgHJUBJ70

Carla ha detto...

decisamente indicata

rompina ha detto...

concordo con te, Carla...decisamente.