19 dicembre 2018

La mia macchia di Rorschach

Torniamo a parlare del mio seno, perché no.
La cicatrice è ancora una macchia indefinita e rossa, tanto indefinita che se fossi single mi approccerei a un uomo con questa frase: "Ti piacciono le macchie di Rorschach? Ne vuoi vedere una?"
I più astuti potrebbero rispondere: dimmi quello che vuoi ma io ci vedo un seno.
Sbagliato, troppo facile (però mi piacerebbe affrontare il test con uno psicologo e dire "non so lei ma io ci vedo una macchia informe").
Il tutto perché Alvaro mi ha chiesto, in chat Comune, come va la ferita.
Aggiornamento finale: l'ultima crosta è caduta un mese fa circa, ero a Como.
Non ho il coraggio di pensare di rifarmi il seno perché l'idea di restare con una ferita ancora aperta per altri mesi un po' mi distrugge.
"Eddai e rifattele 'ste bocce", dice AlessanFro.
Comincio a scherzarci anche io, è un fatto positivo.

Dado oggi mi manda un messaggio vocale: "Non ti ho mai sentita così contenta da quando ti conosco, si legge dai messaggi che scrivi, dai post sul blog, è una scia di positività bella, davvero bella".

Ho ricominciato il mio periodo di disintossicazione da Facebook, ho disattivato l'account e tornerò, penso, tra un mese, come sempre.
Sembra che non si esista se non si è presente su quello specifico social. "Perché non vedo più il tuo commento al mio post?".
La verità è che nessuno vorrebbe mai essere bloccato.
Black Mirror insegna, si diventa invisibili.

Sono in pausa pranzo, ho deciso di dedicare questi pochi minuti alla scrittura più o meno ogni giorno, che a casa sono stanca e la sera mi vengono pensieri un pochino più tristi.
Ho cominciato un'attività che si chiama "Dormi un po' alla cazzo di cane" e funziona così: alle 21 (sì leggete bene), più o meno crollo. Se non è alle 21 riesco a tenere gli occhi aperti massimo fino alle 22.30. Crollo pesantemente col pensiero "Oh sì, mio dio, cazzo, sento che stanotte dormirò alla grande".
Poi si accavallano pensieri vari, belli, brutti, medi, inutili.
A mezzanotte riapro gli occhi che non ho più sonno. Fino all'una cerco di fare qualcosa, guardo qualche minchiata su Netflix: nulla che faccia piangere e nulla che accenda il cervello.
Verso le 2 sono pronta a chiudere di nuovo gli occhi. Da lì a dormire è sempre un terno al lotto. Mi sveglio al mattino come se un caterpillar mi avesse schiacciato la faccia, col solito pensiero "E' già il giorno dopo?"
Non faccio colazione, mangio solo la mia consueta pastiglia per la tiroide, mi lavo, mi trucco, mi vesto, con la matematica precisione di un cecchino.
6.45 in teoria sono già in bagno. Lavaggio, truccaggio, deodorantaggio, se va bene alle 7.15-7.20 sono fuori. Recupero mate (contenitore e foglie), schiscetta pranzo e varie ed eventuali e infilo tutto nello zaino. Lo porto il libro? Ma tanto ultimamente sono un'ameba cerebral e non leggo mai.
Ma sì dai, perché privarmi di quel chilo in ipù che tanto fa bene alle mie spalle doloranti.
Infilo tutto nello zaino.
Badge? C'è.
Cuffie da lavoro? Yes.
Chiavi casa? Ok.
Mi vesto infilando alla rinfusa sul mio corpo vestiario messo a caso. In genere stratificato come una sfoglia (comincio ad avere fame).
Maglia a maniche corte, maglia termica, maglione.
Calzettoni antisesso, pantaloni, stivaletti.
Prendo le cuffie Bluetooth, il cellulare. Via di sciarpa, cappotto.
Sono le 7.30-7.35.
Raggiungo il bus che parte alle 7.45.
Controllo attentamente il traffico. Se c'è molto traffico scendo a prendere il 2, altrimenti proseguo per il 3.
Arrivo al lavoro tra le 8.45 e le 8.55.
Ho ancora gli occhi incollati e ho molto sonno.
In genere gli amorevoli colleghi mi salutano con un "Ma com'è che sei sempre più sconvolta?"
Sfoggio il mio sorriso migliore "'ngiorno".

E via così.
Se sono fortunata, in pausa pranzo Elisa, la mia collega, mi fa un trattamento Shiatsu, subito dopo mi gira la testa.
Se sono sfortunata scrivo qui.
(Oggi come sarà andata secondo voi?)

Stasera mi trascinano a una serata di cabaret, voglio bene alle mie amiche ed è tanto che non ci incontriamo, ma mi piacerebbe infilarmi le ciabatte, il pigiama e ripetere il ciclo di non sonno.

(inconvenienti dello scrivere in pausa pranzo. Collega che conosco poco, arriva "che fai?"
"scrivo"
"uh lo sai anche io scrivo e vorrei scrivere un libro"
"ah sì"
diversi bla bla dopo - "cavoli devo timbrare l'ingresso".
Fine pausa. Post non terminato, ve lo beccate così, con tutti gli errori del caso).

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