12 agosto 2025

Gyumri, la Fortezza Nera e Madre Armenia

 Oggi voglio andare alla fortezza nera, a vedere Madre Armenia e una torre a ferro di cavallo, dovrebbe essere tutto abbastanza vicino.

La colazione alle 9 questa volta non mi devastano i timpani con musica italiana di dubbio gusto (certo la qualità della musica non è che sia migliorata molto). Terminata la colazione e subito dopo essermi messa lo stick solare ovunque, parto alla volta della fortezza nera.

La strada è in lieve salita, sia Madre Armenia che la fortezza nera sono su una collinetta da cui si vede tutta Gyumri.

La cosa estremamente buffa è avere incontrato una bottiglia gigante lungo la strada (ma non posso dire perché qui a Torino abbiamo una scultura del punt e mes).


Continuo a salire finché non vedo alla mia sinistra Madre Armenia, enorme, e poco più su, a destra , la fortezza nera.




Non appena arrivo in prossimità della fortezza vedo un cancello chiuso: bestemmie. Per fortuna ricontrollo Yandex Maps e vedo che avrei dovuto fare un'altra strada.

Da qui si vede tutta la città. La fortezza nera è molto bella e soprattutto all'interno la luce che entra da quella sorta si lucernario centrale crea dei bei giochi di ombre. Ne approfitto per fare foto cambiando ottiche (fino ad ora ho usato solo il mio TTArtisan 27mm f/2.8 che è davvero leggero e comodo per i viaggi).







Se non faccio foto storte non sono contenta. Comunque queste qui sopra sono col telefono. Le foto che metto qui sotto invece sono da macchina fotografica, la mia nuova fedelissima Fuji X-T5. Non sono elaborate, ho cercato di scattare bene in jpg e devo dire che la Fuji non delude mai.








Sarebbe bellissimo potersi sedere qui, fermandosi a leggere sulle panchine interne, ma i genitori armeni sembrano avere l'obbligo di crescere i loro figli come selvaggi e quindi non è possibile con tutti questi bambini che corrono, urlano, saltano...

E poi mentre scatto, sento una lingua conosciuta. Un gruppo di ragazzi italiani con cui inizio a chiacchierare.

Consiglio loro il ristorante del giorno prima, ci informiamo a vicenda sulle varie tappe, chiacchieriamo del più e del meno e poi ci salutiamo. Loro hanno dei tempi stretti e hanno l'autista che li aspetta, domani tornano a Yerevan.

Io invece decido di andare a vedere prima madre Armenia e poi cercare di arrivare alla torre a ferro di cavallo.

Trovo gli ennesimi cani randagini, un cucciolo con la mamma. E vorrei portarli via tutti, sono dolcissimi.

Dopo averne visto uno ieri sera rovistare nella spazzatura mi si stringe il cuore, anche se nessuno li scaccia e sembrano essere ben tollerati.



Madre Armenia è davvero imponente, enorme.




E prima trovo un monumento ai caduti della seconda guerra mondiale (dove dei gentili signori tedeschi si offrono di farmi una foto, non era nei programmi ma non mi sono osata a dire di no)



 
Io niente, continuo a essere la regina delle foto storte, ormai non cerco nemmeno più di correggerle

Decido di proseguire per arrivare alla torre a ferro di cavallo ma tutte le strade proposte sono chiuse con un cancello. Immagino che sia per la presenza (eh sì) dell'area militare russa, praticamente adiacente.

Continuo a camminare sperando che il percorso venga ricalcolato dal navigatore e finalmente trovo una strada non bloccata, ma aver incrociato dei militari lungo la strada non mi fa sentire ottimista in merito.

Infatti in fondo alla strada trovo dei militari, decido di avvicinarmi e chiedere, mica mi sparano a vista!

Non avevo calcolato che parlano solo russo, quindi gli mostro il punto che voglio raggiungere sulla mappa, e il ragazzo gentilissimo chiama un collega che parla inglese. Mi dice che posso raggiungere il posto ma non in 11 minuti come indicato dal navigatore, devo fare un altro giro (perché la strada proposta dalle mappe passa proprio DENTRO l'area militare) di circa un'ora.


Gna faccio, lo ringrazio e gli dico che torno in città, sono soddisfatta delle foto di oggi. Va bene così.

Rientrando in città trovo un negozietto turistico che si chiama daVinci, devo comprare un quadernetto perché il mio sta finendo i suoi giorni e non so più dove scrivere. Mi sono portata la stilo e l'inchiostro rosso scuro che mi ha regalato Cliff, stupendo.

Vado poi a mangiare da Lemon Cafè Restaurant, prendo uno stroganoff bianco con una bella birra IPA e poi cerco di comprare il tabacco da pipa in un negozio che si chiama Gentlemen's Choise che come insegna ha un barbuto che fuma la pipa, lascia ben sperare.


Ma quanto è bella?

Altro dolce cagnolino

E invece quando entro, ovviamente il signore non parla inglese ma soprattutto hanno due tabacchi (il classico original choise e quello alla vaniglia, va bhe li prendo lo stesso). Compro anche l'accendino che poi dovrò cambiare perché fa una fiamma di 2 mm che con la pipa ci faccio niente di niente.

Vado poi a cambiare dei soldi, ed è un vero peccato che le cose più belle non possano essere fotografate.

Entro in questo ufficio cambi e c'è un signore dietro una scrivania ma non sembra l'interno di un ufficio, quando più lo studio di una casa. O meglio, la stanza da the della nonna, legno vecchio e scuro, vetrinette con le tazze...

Consegno gli euro al signore, lui mi fa vedere l'equivalente in dram armeni con la calcolatrice, non parla inglese e nemmeno ci prova. Dico: Ok.

Wait

Ah, parla.

Aspetto. Arriva una corpulenta signora che poggia una tazza dentro la vetrinetta della nonna. Si siede dietro un'altra scrivania e mi consegna i dram. Niente ricevuta, niente di niente, nemmeno un pezzo di carta scritta a mano.

Nel frattempo il signore di prima si accende amabilmente una sigaretta...

Mi siedo sulla panchina davanti al mio albergo. La città è piena di panchine e la gente si siede ogni tanto per riposare e poi riparte. Purtroppo c'è troppo vento e l'accendino che poi cambierò non aiuta. Insisto così tanto che mi scortico il pollice.

Questa è l'ultima sera a Gyumri e voglio ancora fotografare un posto al tramonto.

Dopo aver cambiato l'accendino (grazie, app di traduzione molto famosa che mi consenti di sopravvivere) posso finalmente fumare la mia pipa con le persone curiose che passano e guardano. Un ragazzo con moglie e figlio al seguito mi dice qualcosa ma io non capisco e lui non parla inglese. Però sorride quindi non doveva essere qualcosa di tremendo.

Dopo una breve sosta in albergo decido di andare a mangiare presto perché al tramonto vorrei andare a fare foto in un cimitero in collina dove sono sepolti 369 tedeschi prigionieri della seconda guerra mondiale.

Non so dove andare allora procedo un po' a caso finché non mi fermo da Gyumri Hatsasun e prendo dei pelmeni al formaggio, del tolma (che a volte chiamano così, a volte dolma, sono involtini di foglie di vite ripieni di carne, molto buoni) e lingua di manzo fatta alla Gyumri (ovvero sommersa di formaggio).




Non posso restare ferma a lungo, pago e chiamo un taxi (qui costano molto poco, una corsa spesso viene meno di un euro) perché il percorso a piedi è di 20 minuti ma memore della strada fatta ieri sera per il ristorante di pesce, preferisco di no, e poi il sole sta scendendo.

Il taxi mi costa ben 60 centesimi e mi lascia letteralmente nel nulla. Se alzo lo sguardo vedo la croce del cimitero, il punto che dovrei raggiungere ma sembra non esserci una strada, né indicazioni, nulla.

Sull'erba vedo un piccolo sentiero formatosi dal passaggio di precedenti visitatori. Ma è un po' ripido, decido di provare ad aggirare la collinetta e, accompagnata dall'abbaiare dei cani, arrivo in cima.

Il cimitero, salvo le croci, una targa e la croce gigante, è totalmente abbandonato. Da qui la vista è bellissima, posso vedere tutta Gyumri accarezzata dalla luce calda del tramonto.

Scatto qualche foto, il mio saluto a Gyumri, e poco dopo una coppia mi raggiunge in visita.

Decido che è arrivato il momento di rientrare. I lampioni sono rari... Chiamo un taxi dall'app GO Yandex e attendo, guardando passare le innumerevoli Lada sullo sterrato in cui sosto.











Torno in albergo, e crollo. Domani dovrò fare un bel viaggio, fino ad Areni...

11 agosto 2025

Gyumri, un'intera area militare.

 La colazione è dalle 9 alle (forse, se ho capito bene) 10.30. Scendo alle 9. La sala ha già qualche abitante e c'è musica a tutto volume, in particolare un pezzo in italiano un po' sgrammaticato, dal titolo "Città dell'amore".

Forse il retaggio russo si fa sentire nell'amore per le nostre canzoni? Chissà. O forse ci odiano così tanto, nell'albergo, che mettono musica di merda per non farci sostare troppo. Il programma di oggi sarebbe stato quello di far volare il drone vicino a un posto che si chiama "Fortezza nera", nome degno di un romanzo di Stephen King, ma leggendo su reddit scopro esserci una base militare russa proprio lì attaccata e quindi alcune persone non sono state felici di essere richiamate da russi arrabbiati per il drone che gli vola sopra.

Peccato, anche perché attaccata alla fortezza c'è una statua gigante: "Madre Armenia" che sarebbe stato carino riprendere col drone.

Non mi arrendo però, viro sulla Saint Arsenius the Archbishop of Serbia Church. Una chiesa abbandonata a quaranta minuti di cammino.

E chi ha paura di camminare? Io no. Rientrando poi vedrò il resto. Chiese e altro che mi sono appuntato sul quadernetto e che mi hanno consigliato su reddit (niente io mi sono innamorata di Reddit, ci si trova di tutto e le persone quando chiedi rispondono, incredibile).

Porto ovviamente il drone. Chi potrà mai dirmi qualcosa in un posto così lontano dal centro, nel nulla, un luogo abbandonato?

Mi incammino, ma devo stare attenta, quindi non mi fermo nemmeno a guardare il cellulare, mando vocali rompendo le scatole a tutti, perché i marciapiedi (quando ci sono) sono così pieni di buche che rischio di invalidarmi a vita se ci inciampo. Fa caldo, caldissimo ma è secco, quindi sto bene anche se mi suda anche la vita.

Attraverso la periferia tra cani stesi all'ombra, vecchie LADA parcheggiate, negozi dell'improbabile, carrozzieri vari.


Le auto, quando rallentano per farti passare, mettono le 4 frecce (forse perché visto che corrono come matti, sono costretti a frenare di colpo e devono avvisare gli avventori dietro di loro?).

Presto il marciapiede finisce e mi trovo nel nulla. A un incrocio, guardando alla mia destra, vedo la statua di Madre Armenia e la Fortezza Nera.

Se fosse stato possibile volare col drone sarei andata prima dell'apertura della fortezza, in modo da non avere persone intorno, peccato.

Anche se sono nel nulla, mi sento tranquilla. Non sarebbe lo stesso attraversare la periferia di Torino con la mia nuova Fuji e il drone.



Mancano ormai pochi minuti all'arrivo, quand'ecco che alla mia sinistra noto un muretto in mattoni con del filo spinato sopra e un'equivocabile cartello in giallo (anche se non capisco cosa ci sia scritto). Ebbene sì: una base militare. Poco più avanti, un militare di guardia all'esterno.

Mi è presto chiaro che nemmeno qui potrò filmare. Bestemmio internamente ed esternamente, sicura che nessuno potrà capirmi. Da sopra il muretto vedo, a breve distanza, la chiesa abbandonata.

Niente drone nemmeno qui.

La chiesa si trova in un'area delimitata ma il cancello è aperto.

Comincio a fare foto all'esterno quando si avvicina un signore. Lo saluto in inglese e mi dice qualcosa in armeno, ma non capisco.


Ruskian? 

No, faccio con la testa, quindi con Google translate gli dico che sono a fotografare la loro bella chiesa.

Lui legge, coprendo lo schermo del telefono con le mani per evitare il riflesso del sole, mi guarda e mi stringe la mano.

Gli chiedo, sempre col traduttore, se posso fargli una foto. Accetta e si mette in posa davanti alla chiesa.

Gli mostro gli scatti dallo schermo della macchina fotografica e, contento, mi stringe la mano e se ne va.



Decido di entrare per questo Urbe intercontinentale. Appena entro il volo rumoroso di un piccione mi fa sobbalzare, uff, sospiro.

Dentro è abbandonata ma ci sono segni che c'è della manutenzione. Una scopa in un angolo, delle immagini religiose nuove attaccate alle pareti, una piastrelle che attendono di essere posizionate. In uno stanzino ci sono delle immagini sacre e un ripiano pieno di sabbia in cui sono ben visibili residui di candele sciolte. Lì accanto, 6 scatole di fiammiferi con scritte in cirillico.


Che ve lo dico a fare? Voglio che una di quelle scatoline diventi il mio ricordo di Gyumri. Che farà mai se manca una scatolina su sei? Ne metto una in tasca.

Il tempo di uscire dallo stanzino e arrivare nell'ambiente principale che sento un ticchettio sul tetto: sta PIOVENDO. Nessuna nube presagiva pioggia, e pur non credendo queste cose, lo considero un segno. Tolgo la scatolina dalla tasca e la poggio sulle pile rimaste (Rimetta a posto la candela). Foto di rito (da macchina fotografica, molte foto su macchina fotografica devono essere scaricate e magari farò un album a parte su Flickr).

In quel momento sento il rumore della porta d'ingresso che si apre. Vado a vedere chi è: un militare.

Mi avvicino sorridendo e gli parlo in inglese.

Ruskian?

Faccio di nuovo di no con la testa. Apro il traduttore (non so come mai però traduco in russo e non in armeno) e dico anche a lui delle foto. Però mi allargo e continuo dicendo di aver visto l'area militare e che mi sarebbe piaciuto fare delle riprese col drone, ma immaginavo non fosse possibile.

Niet.

Sentenzia.

Mi dice che posso fare le foto che voglio, ma niente video. Mi allargo ulteriormente e chiedo se posso fargli un ritratto.

Niet.

Niente da fare, ma lo sapevo eh. Mi chiede di mettere il traduttore in armeno e mi dice che ci sono dei carpentieri che stanno facendo dei lavori, posso fare foto ma nessun video.  

Ringrazio in russo, spasibo e torno indietro.

La strada per tornare sembra sempre più breve della strada per andare, eppure è la stessa.

Sono sudatissima, fa caldo, e decido di andare nella piazza principale, Piazza Vartanants, e visitare la chiesa del San Salvatore. All'interno sono vietate foto, così mi limiti a fotografare dei piccioni in gabbia fuori dalla chiesa, e presto mi rendo conto della gente elegante che popola lo spazio antistante l'ingresso... un MATRIMOSTRO!




Il caldo mi massacra e decido di andare da Florence, un ristorante vicino all'hotel, e prendere dei ravioli armeni (ricchi di burro ma ahimè, senza ripieno). Mi offrono anche un aperitivo fatto di crostini rossastri (penso siano spezie) con una pallina di burro arricchito di altre spezie. Innaffio il tutto con della birra, questa si chiama Alexandrapol ed è il vecchio nome russo di Gyumri. Ormai la dieta è andata a donnine di strada, chi sono io per mantenerla? Mi ero portata anche gli elastici per fare esercizi ma la sera sono mezza morta (facciamo anche intera).






A due passi da qui c'è l'albergo e di fronte al ristorante c'è un negozio che si chiama Gentlemen's Choise che ha come insegna un uomo con barba e pipa. Essendo un negozio di tabacchi e avendo la pipa con me, ovvio che cercherò di prendere dei tabacchi locali. E degli scovolini, che ho dimenticato. E un accendino.

I sogni di infrangono presto quando scopro che il negozio è chiuso il lunedì. Ripasserò domani. Vado a visitare un'altra chiesa nei paraggi: qui sono tutti molto religiosi, anche i ragazzotti molto giovani quando entrano baciano una croce sullo stipite della porta d'ingresso, fanno ennemila segni della croce ed escono "in retromarcia", continuando a fare segni della croce. Si inginocchiano, pregano, e io per rispetto non ho fotografato nulla all'interno della chiesa.

Sono un po' cotta: fa caldo anche se all'ombra si sta da Dio, ma decido di tornare in albergo a fare un pisolino che la salsa all'aglio che ha accompagnato i miei ravioli torna su facendomi fare ruttini a sapore di vomito misto aglio.

Ovviamente crollo male, sono lontani i tempi in cui andavo dritta come un treno...

Ora mi stanco e in un certo senso non vedo l'ora di andare ad Areni dove so che non c'è nulla e posso davvero solo riposare (a parte una grotta da visitare e un monastero).

Dopo il pisolino e il cazzeggio a letto, mi preparo per la cena.

Decido di andare da Cherked Dzor, mi è stato consigliato su reddit e pare facciano uno storione al Bbq da leccarsi i baffi.

Non ho molta fame ma la camminata di mezz'ora mi aiuterà.

Mi bastano 10 minuti di camminata per arrivare di nuovo in zone periferiche. No marciapiedi, no asfalto, solo sterrato.

Bambini che giocano per strada, cani randagi che oziano o cercano di mangiare nella spazzatura, macchine scassate. Insomma, una sorta di infinita baraccopoli. Eppure, con macchina fotografica in vista e visibilmente straniera non mi sento mai in pericolo tranne quando un enorme mastino nero mi abbaia contro ma per mia fortuna (e sua sfortuna) è legato.





Ogni passaggio di macchina solleva tanta polvere che copro l'ottica con la mano per proteggerla.

Dopo un po' di tempo mi ricongiungo a una strada principale. Un palazzo con la scritta CCCP mi ricorda di essere tornata in luoghi più abitati. Attraverso lo stradone correndo perché rallentare, per le auto e i suoi autisti, non è un'opzione. E mi trovo di nuovo sullo sterrato. Bambini che giocano per strada ecc. 





E ovviamente un'altra area militare (ma quante ce ne sono?).

Finalmente arrivo. Dalle baraccopoli a una sorta di bosco con scalini di pietra che scendono.


Il ristorante è enorme, ha diverse aree chiuse e diverse aperte e non capisco come facciano a gestire tutto. Mi scelgo un tavolo piccolo, un po' imboscato e ordino il loro famoso storione al BBQ e un bicchiere di vino bianco armeno, Karas (in altro tavolo due ragazze, probabilmente italiane). Mi offrono un aperitivo con della salsa al caviale e pezzi di una specie di pita che qui accompagna ogni piatto.


Lo storione è una favola: morbido, saporito, speziato, INCREDIBILE. Il pesce più buono mai mangiato. Il vino è ottimo e concludo tutto con un cognac invecchiato 7 anni (l'Armenia è famosa per il cognac, oltre che per il vino). Chiamo un tavi perché non ho nessuna intenzione di rientrare a piedi col buio. La cena è costata 25 euro (lo storione pesava 700 grammi). Il taxi la notevolissima cifra di 400 dram, ovvero 90 centesimi di euro.



E ora sono qui, sul divanetto della hall dell'albergo a scrivere. 



Domani tabacchi, fortezza nera, madre armena, cambio dei soldi e forse andrò a vedere il tramonto su un cimitero di prigionieri tedeschi della seconda guerra mondiale. E sto finendo le pagine del quadernetto su cui prendo appunti.