11 agosto 2025

Gyumri, un'intera area militare.

 La colazione è dalle 9 alle (forse, se ho capito bene) 10.30. Scendo alle 9. La sala ha già qualche abitante e c'è musica a tutto volume, in particolare un pezzo in italiano un po' sgrammaticato, dal titolo "Città dell'amore".

Forse il retaggio russo si fa sentire nell'amore per le nostre canzoni? Chissà. O forse ci odiano così tanto, nell'albergo, che mettono musica di merda per non farci sostare troppo. Il programma di oggi sarebbe stato quello di far volare il drone vicino a un posto che si chiama "Fortezza nera", nome degno di un romanzo di Stephen King, ma leggendo su reddit scopro esserci una base militare russa proprio lì attaccata e quindi alcune persone non sono state felici di essere richiamate da russi arrabbiati per il drone che gli vola sopra.

Peccato, anche perché attaccata alla fortezza c'è una statua gigante: "Madre Armenia" che sarebbe stato carino riprendere col drone.

Non mi arrendo però, viro sulla Saint Arsenius the Archbishop of Serbia Church. Una chiesa abbandonata a quaranta minuti di cammino.

E chi ha paura di camminare? Io no. Rientrando poi vedrò il resto. Chiese e altro che mi sono appuntato sul quadernetto e che mi hanno consigliato su reddit (niente io mi sono innamorata di Reddit, ci si trova di tutto e le persone quando chiedi rispondono, incredibile).

Porto ovviamente il drone. Chi potrà mai dirmi qualcosa in un posto così lontano dal centro, nel nulla, un luogo abbandonato?

Mi incammino, ma devo stare attenta, quindi non mi fermo nemmeno a guardare il cellulare, mando vocali rompendo le scatole a tutti, perché i marciapiedi (quando ci sono) sono così pieni di buche che rischio di invalidarmi a vita se ci inciampo. Fa caldo, caldissimo ma è secco, quindi sto bene anche se mi suda anche la vita.

Attraverso la periferia tra cani stesi all'ombra, vecchie LADA parcheggiate, negozi dell'improbabile, carrozzieri vari.


Le auto, quando rallentano per farti passare, mettono le 4 frecce (forse perché visto che corrono come matti, sono costretti a frenare di colpo e devono avvisare gli avventori dietro di loro?).

Presto il marciapiede finisce e mi trovo nel nulla. A un incrocio, guardando alla mia destra, vedo la statua di Madre Armenia e la Fortezza Nera.

Se fosse stato possibile volare col drone sarei andata prima dell'apertura della fortezza, in modo da non avere persone intorno, peccato.

Anche se sono nel nulla, mi sento tranquilla. Non sarebbe lo stesso attraversare la periferia di Torino con la mia nuova Fuji e il drone.



Mancano ormai pochi minuti all'arrivo, quand'ecco che alla mia sinistra noto un muretto in mattoni con del filo spinato sopra e un'equivocabile cartello in giallo (anche se non capisco cosa ci sia scritto). Ebbene sì: una base militare. Poco più avanti, un militare di guardia all'esterno.

Mi è presto chiaro che nemmeno qui potrò filmare. Bestemmio internamente ed esternamente, sicura che nessuno potrà capirmi. Da sopra il muretto vedo, a breve distanza, la chiesa abbandonata.

Niente drone nemmeno qui.

La chiesa si trova in un'area delimitata ma il cancello è aperto.

Comincio a fare foto all'esterno quando si avvicina un signore. Lo saluto in inglese e mi dice qualcosa in armeno, ma non capisco.


Ruskian? 

No, faccio con la testa, quindi con Google translate gli dico che sono a fotografare la loro bella chiesa.

Lui legge, coprendo lo schermo del telefono con le mani per evitare il riflesso del sole, mi guarda e mi stringe la mano.

Gli chiedo, sempre col traduttore, se posso fargli una foto. Accetta e si mette in posa davanti alla chiesa.

Gli mostro gli scatti dallo schermo della macchina fotografica e, contento, mi stringe la mano e se ne va.



Decido di entrare per questo Urbe intercontinentale. Appena entro il volo rumoroso di un piccione mi fa sobbalzare, uff, sospiro.

Dentro è abbandonata ma ci sono segni che c'è della manutenzione. Una scopa in un angolo, delle immagini religiose nuove attaccate alle pareti, una piastrelle che attendono di essere posizionate. In uno stanzino ci sono delle immagini sacre e un ripiano pieno di sabbia in cui sono ben visibili residui di candele sciolte. Lì accanto, 6 scatole di fiammiferi con scritte in cirillico.


Che ve lo dico a fare? Voglio che una di quelle scatoline diventi il mio ricordo di Gyumri. Che farà mai se manca una scatolina su sei? Ne metto una in tasca.

Il tempo di uscire dallo stanzino e arrivare nell'ambiente principale che sento un ticchettio sul tetto: sta PIOVENDO. Nessuna nube presagiva pioggia, e pur non credendo queste cose, lo considero un segno. Tolgo la scatolina dalla tasca e la poggio sulle pile rimaste (Rimetta a posto la candela). Foto di rito (da macchina fotografica, molte foto su macchina fotografica devono essere scaricate e magari farò un album a parte su Flickr).

In quel momento sento il rumore della porta d'ingresso che si apre. Vado a vedere chi è: un militare.

Mi avvicino sorridendo e gli parlo in inglese.

Ruskian?

Faccio di nuovo di no con la testa. Apro il traduttore (non so come mai però traduco in russo e non in armeno) e dico anche a lui delle foto. Però mi allargo e continuo dicendo di aver visto l'area militare e che mi sarebbe piaciuto fare delle riprese col drone, ma immaginavo non fosse possibile.

Niet.

Sentenzia.

Mi dice che posso fare le foto che voglio, ma niente video. Mi allargo ulteriormente e chiedo se posso fargli un ritratto.

Niet.

Niente da fare, ma lo sapevo eh. Mi chiede di mettere il traduttore in armeno e mi dice che ci sono dei carpentieri che stanno facendo dei lavori, posso fare foto ma nessun video.  

Ringrazio in russo, spasibo e torno indietro.

La strada per tornare sembra sempre più breve della strada per andare, eppure è la stessa.

Sono sudatissima, fa caldo, e decido di andare nella piazza principale, Piazza Vartanants, e visitare la chiesa del San Salvatore. All'interno sono vietate foto, così mi limiti a fotografare dei piccioni in gabbia fuori dalla chiesa, e presto mi rendo conto della gente elegante che popola lo spazio antistante l'ingresso... un MATRIMOSTRO!




Il caldo mi massacra e decido di andare da Florence, un ristorante vicino all'hotel, e prendere dei ravioli armeni (ricchi di burro ma ahimè, senza ripieno). Mi offrono anche un aperitivo fatto di crostini rossastri (penso siano spezie) con una pallina di burro arricchito di altre spezie. Innaffio il tutto con della birra, questa si chiama Alexandrapol ed è il vecchio nome russo di Gyumri. Ormai la dieta è andata a donnine di strada, chi sono io per mantenerla? Mi ero portata anche gli elastici per fare esercizi ma la sera sono mezza morta (facciamo anche intera).






A due passi da qui c'è l'albergo e di fronte al ristorante c'è un negozio che si chiama Gentlemen's Choise che ha come insegna un uomo con barba e pipa. Essendo un negozio di tabacchi e avendo la pipa con me, ovvio che cercherò di prendere dei tabacchi locali. E degli scovolini, che ho dimenticato. E un accendino.

I sogni di infrangono presto quando scopro che il negozio è chiuso il lunedì. Ripasserò domani. Vado a visitare un'altra chiesa nei paraggi: qui sono tutti molto religiosi, anche i ragazzotti molto giovani quando entrano baciano una croce sullo stipite della porta d'ingresso, fanno ennemila segni della croce ed escono "in retromarcia", continuando a fare segni della croce. Si inginocchiano, pregano, e io per rispetto non ho fotografato nulla all'interno della chiesa.

Sono un po' cotta: fa caldo anche se all'ombra si sta da Dio, ma decido di tornare in albergo a fare un pisolino che la salsa all'aglio che ha accompagnato i miei ravioli torna su facendomi fare ruttini a sapore di vomito misto aglio.

Ovviamente crollo male, sono lontani i tempi in cui andavo dritta come un treno...

Ora mi stanco e in un certo senso non vedo l'ora di andare ad Areni dove so che non c'è nulla e posso davvero solo riposare (a parte una grotta da visitare e un monastero).

Dopo il pisolino e il cazzeggio a letto, mi preparo per la cena.

Decido di andare da Cherked Dzor, mi è stato consigliato su reddit e pare facciano uno storione al Bbq da leccarsi i baffi.

Non ho molta fame ma la camminata di mezz'ora mi aiuterà.

Mi bastano 10 minuti di camminata per arrivare di nuovo in zone periferiche. No marciapiedi, no asfalto, solo sterrato.

Bambini che giocano per strada, cani randagi che oziano o cercano di mangiare nella spazzatura, macchine scassate. Insomma, una sorta di infinita baraccopoli. Eppure, con macchina fotografica in vista e visibilmente straniera non mi sento mai in pericolo tranne quando un enorme mastino nero mi abbaia contro ma per mia fortuna (e sua sfortuna) è legato.





Ogni passaggio di macchina solleva tanta polvere che copro l'ottica con la mano per proteggerla.

Dopo un po' di tempo mi ricongiungo a una strada principale. Un palazzo con la scritta CCCP mi ricorda di essere tornata in luoghi più abitati. Attraverso lo stradone correndo perché rallentare, per le auto e i suoi autisti, non è un'opzione. E mi trovo di nuovo sullo sterrato. Bambini che giocano per strada ecc. 





E ovviamente un'altra area militare (ma quante ce ne sono?).

Finalmente arrivo. Dalle baraccopoli a una sorta di bosco con scalini di pietra che scendono.


Il ristorante è enorme, ha diverse aree chiuse e diverse aperte e non capisco come facciano a gestire tutto. Mi scelgo un tavolo piccolo, un po' imboscato e ordino il loro famoso storione al BBQ e un bicchiere di vino bianco armeno, Karas (in altro tavolo due ragazze, probabilmente italiane). Mi offrono un aperitivo con della salsa al caviale e pezzi di una specie di pita che qui accompagna ogni piatto.


Lo storione è una favola: morbido, saporito, speziato, INCREDIBILE. Il pesce più buono mai mangiato. Il vino è ottimo e concludo tutto con un cognac invecchiato 7 anni (l'Armenia è famosa per il cognac, oltre che per il vino). Chiamo un tavi perché non ho nessuna intenzione di rientrare a piedi col buio. La cena è costata 25 euro (lo storione pesava 700 grammi). Il taxi la notevolissima cifra di 400 dram, ovvero 90 centesimi di euro.



E ora sono qui, sul divanetto della hall dell'albergo a scrivere. 



Domani tabacchi, fortezza nera, madre armena, cambio dei soldi e forse andrò a vedere il tramonto su un cimitero di prigionieri tedeschi della seconda guerra mondiale. E sto finendo le pagine del quadernetto su cui prendo appunti.

10 agosto 2025

Gyumri, la città total black

 Arrivo a Gyumri alle 17.30, la città del tufo nero. È bellissima ed è a 1150 mt slm. Fa caldo ma c'è un piacevole vento fresco all'ombra, ma io sono davvero cotta. L'unica cosa che voglio è andare in albergo, a letto, ed eventualmente a mangiare. 

Il treno, quel bello scafascione che mi ha fatto finire l'acqua perché anche lì l'aria condizionata era gentilmente fornita dai finestrini aperti, è stranamente arrivato puntualissimo. Alla faccia dei freccia merda nostrani.

Attraverso deserti da cui intravedo montagne e panorami brulli e bellissimi. Altri turisti francesi fanno foto e vengono sgridati dal controllore perché non possono riprendere altre persone (bravo!) così si limitano alle foto dei panorami di cui offro qualche scorcio.

Come al solito blogger non ce la fa a mettermi le foto nell'ordine in cui le carico, quindi sono tutte al contrario e questa userebbe l'ultima. A Gyumri (e a questo punto penso in tutta l'Armenia) c'è un evidente problema con i cani randagi che a volte si spostano da soli, a volte in branchi. Fotograferò tutti i cani che incontrerò. Sono paciosi, spesso dormono. Rovistano nella spazzatura e fanno tanta tenerezza. Sono marchiati sulle orecchie. Su reddit ho letto che li prelevano dalla strada, li marchiano, li sterilizzano e poi li rimettono su strada. Purtroppo non ci sono soldi per creare delle strutture tipo canili. Sono sporchi ma non troppo magri, in qualche modo si arrangiano o vengono nutriti. Certo è che vorrei portarli tutti via.



A una certa ho dovuto smontare i pantaloni e mettermi in pantaloncini, il caldo sul treno era intollerabile.





Araks è un albergo in pieno centro a 20 minuti a piedi dalla stazione. La mia stanzina si affaccia su un corridoietto a piano terra a cui si accede direttamente dalla hall, è soppalcata e molto piccina. Sopra, un letto singolo, la tv e una finestrella che si apre sul corridoio. Sotto, un microdivano e pochissimo spazio per muoversi. Accanto al microdivano, un microbagno in cui c'è tutto. Insomma non posso proprio lamentarmi. Solo una cosa: fa caldissimo. Cerco di impostare il termostato ma l'unica cosa che riesco a fare è far passare la temperatura da 28,5 a 29 gradi (direi che non è stato un gran miglioramento).

Lo dico alla reception ma mi comunicano che non hanno l'aria condizionata, vorrei piangere, ma ho sudato anche le lacrime.

Mi faccio la doccia e muoio a letto. Tutto sommato dormendo il caldo lo tollero stranamente meglio.

Mi risveglio con un certo languorino e decido di andare a mangiare in un posto vicino all'albergo che si chiama Alexandrovski. L'influenza russa qui si sente forse più che in altri posti. Gyumri infatti fino al 1924 si chiamava Alexandropol, ed era di dominio russo prima di passare sotto l'unione sovietica. Qui tutto contiene il nome Alexandropol, persino la birra locale (tra le altre cose scopro ora che qui nacque Gurdjieff). Appena esco, sorniona in pantaloncini e maglietta scopro che tira un vento della Madonna e sì, fa freddo. Hanno tutti la felpa. Che io non ho portato perché controllando il meteo mi sono detta che anche no, ma non avevo pensato all'altitudine e al vento. Ho comunque un impermeabili no pieghevole di plastica e una sciarpina, in ogni caso torno dentro e metto i pantaloni, su quello non si discute. Arrivata al ristorante però non hanno posto dentro, ma sono stanca e non voglio cercare un altro posto, per cui mi siedo fuori. Scelgo il tavolo 42.

Vedo che altri hanno la copertina, quindi la chiedo, e così va già un po' meglio. Ricordo di aver preso una cosa di maiale ma non ricordo il nome del piatto (anche qui non parlano inglese ma non importa, ci si viene sempre incontro). Accompagno tutto con una birra e decido di finire con la vodka che bevo spesso col mio amato Cliff (mi manca, ci saremmo divertiti il triplo, insieme).






Poi muoio soffocata dal caldo, in stanza. Ma questo posto, già lo amo.

I cani di oggi: