09 ottobre 2018

Con i miei occhi verdi

Non puoi andare lontano dalla tua psiche.
Hai bisogno di disintossicarti e vuotare il cranio
Tu scrivi. Lo sai fare, lo fai bene, ti fa bene. Farà male scrivere quelle cose, ne sono certo, ma devi farlo, come spurgare un veleno.


Oggi è stato l'ultimo giorno di lavoro di una mia collega: 18 anni di lavoro lì dentro. È entrata che aveva 16 anni, ancora col vecchio libretto di lavoro, e alla fine anche lei ha ceduto. Anni tra vertenze e demansionamenti, e solo negli ultimi giorni seduta dietro di me, al folletto aziendale (e non nel senso di aspirapolvere). Perché oltre a chiamarmi CarlaOhCarla con le c aspirate come se fossi toscana (ma nessuno aveva detto loro che ho vissuto a Firenze e del mio accento gianduiotto ne vogliamo parlare?) a volte mi dicono che sono un folletto.
Io e lei non ci siamo mai parlate moltissimo, di lei avevo scritto, tra le righe, un'altra volta in cui notandomi con un vestitino mi aveva detto, senza guardarmi, Che bella che sei. A volte le capitava di ridirmelo, quando ero vestita in modo particolare, con fare indifferente, come se la cosa fosse naturale e di nessuna importanza.
Lei però è bella davvero, ha un bel sorriso, dei begli occhi, un bello sguardo.
Oggi glieli guardavo, avevano qualcosa di familiare.
Sono solita fare complimenti alle donne, a volte mettendole in imbarazzo, ma non a tutte. Ma credo che un complimento di una donna etero valga più di quello di qualsiasi maschietto. Come quando a S dissi Te lo devo dire, qui dentro (e siamo 250) sei la ragazza più bella. E più dolce.
Scoprii poi che a S piacciono gli insetti e aveva anche allevato un bruco di Papilio macaon.

Mentre lei, Occhibelli, ha un ragno casalingo che ha chiamato Bartolomeo.

È il mio superpotere e ne vado fiera, fare in modo che le persone provino a guardare il micromondo con occhi più curiosi e meno disgustati.
Ma ho anche la facoltà di mettermi nei panni degli altri, nonostante l'egoismo cui mi sto obbligando per cercare di vivere meglio.

Sai che hai degli occhi stupendi? Te lo volevo dire da sempre, mi spiace che non abbiamo avuto modo di conoscerci meglio.
Ha parlato!, mi ha detto.
Aspetta, le dico, ma abbiamo gli stessi occhi.

In effetti sembrano un po' diversi solo perché io ho la pelle molto chiara e lei invece è molto abbronzata, ma è lo stesso verde con aura giallina vicino alla pupilla e cerchio esterno più scuro.

Pensa te.

In questi pochi giorni di vicinanza abbiamo parlato poco, ma ho sentito molto mio il suo cinismo.
Di come sentisse ormai tossico quell'ambiente a cui io invece mi sono affezionata, perché da novellina non conosco le dinamiche aziendali, non so cosa c'è stato e posso solo essere solidale ma in maniera parziale sperando, intimamente, di non essere rispedita a casa con un calcio nel sedere a fine dicembre.

I luoghi tossici, le persone tossiche, sono così. Entri in maniera euforica in quella vita, convinto di non cadere in nessuna trappola e piano piano invece le trappole diventano la tua casa e ci fai talmente l'abitudine che quasi non te ne rendi conto. Finché un giorno smetti di dormire, hai mal di stomaco, non riesci a mangiare. All'inizio non comprendi cosa stia succedendo, ma se sei fortunato hai la possibilità di vedere com'è vivere senza la sostanza. Stare un po' meglio, respirare, disintossicarti.

Se ci ricaschi è finita.

Anni fa un mio amico era stato insieme a una eroinomane e mi aveva passato un faldone che trattava di dipendenza. La predisposizione alla dipendenza dipende da vari fattori, e io ne avevo molti. Compresi, ma lo sapevo già a 12 anni, che dovevo tenermi bene a distanza dalle sostanze che possono dare dipendenza perché avrei fatto difficoltà a smettere.
Droghe, alcol, fumo (per quello fumo la pipa circa una volta al mese, forse meno).
Faccio fatica a smettere di fare ciò che mi piace fare anche se è dannoso per la salute, anche se ne sono consapevole.

Poi, bhe, sono fogli stampati, è tutta teoria. La pratica è un'altra cosa e dato che non sono mai stata dipendente di nulla (a parte l'acquisto compulsivo di libri), posso ritenermi soddisfatta e missione compiuta.

Oggi Leonard mi ha detto di scrivere, scrivere come atto di sfogo, scrivere per decidere, scrivere in maniera razionale. Ho avuto un Deja-Vu. Anche Elisa me lo disse mesi fa, ma non l'ho mai fatto.

Si può quindi ridurre tutto a una tabella? Forse no. Ma è necessario provare.



Fisso le pagine vuote su cui non posso riportare nulla.
I pro di cosa? I contro di cosa?
Non c'è effettivamente nulla da valutare.

Non dormo bene da qualche giorno, mi sembra di non essere più capace, razionalmente, di valutare le persone. Ho il radar sfasato.

Una parte di me vuole cedere all'impulso di riprovare determinate sensazioni.
L'altra parte, quella che sto allenando, la mia cieca visione a lungo termine, mi dice che starò male e gli effetti sono già qui. Che questa è la tipica situazione in cui ripetere, come un mantra, Rasoio di Occam. "A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire".
Per quanto faccia male e sembri impossibile. Chi mai farebbe male a una persona a cui dichiara tutto quel bene?

Accendo la pipa, guardo il cursore lampeggiare.

Non puoi andare lontano dalla tua psiche.
Dice il saggio Leonard, colui che studia il microcosmo ed è così sensibile al macrocosmo.
Nel frattempo un'ape entra in stanza, la sento ronzare, la vedo svolacchiare. Non si ferma o posa da nessuna parte, è in ricognizione, sicuramente un'esploratrice. Tornerà all'alveare dopo aver trovato fiori e polline e lo dirà alle sue compagne. Dirà loro la distanza e la direzione e poi partiranno insieme e troveranno, senza esitazione, il luogo indicato.

Non c'è nulla di complicato in niente, se lo si riduce ai minimi fattori. Alla fine è tutto o bianco o nero, e queste varie sfumature di grigio che tanto declamavo si spostano nello spettro visivo fino a raggiungere uno dei due limiti.
Bianco o nero.
Non ci sono grigi al 18%. Non più.




Nessun commento: