16 marzo 2020

L'ultima storia

"Mamma, mamma, mi racconti ancora di quando tu e papà vi siete conosciuti?"

"Ancora? Ma non ti sarai stufata?"

"No dai, ancora una volta, l'ultima."

"E va bene, dai. Era l'anno 2019, gli inverni stavano diventando sempre più caldi e già si respirava un clima da panico per emergenza globale. C'erano tanti attivisti in giro per le strade d'Italia a manifestare. E una ragazzina dall'impermeabile giallo..."

"Greta Thunberg?"

"... sì, lei. Aveva risvegliato una sorta di coscienza globale, i ragazzini finalmente avevano voglia di unirsi per qualcosa di più importante delle occupazioni a scuola per le serrature nei bagni che mancavano, come accadeva quando ero piccina io.
Era, in parte, bello. Sembrava ci si sentisse parte di qualcosa di importante.

Io e papà ci siamo conosciuti prima di quel momento, ma ci siamo avvicinati proprio in qelle giornate, tra le mani che si stringevano nelle manifestazioni, anche se non fisicamente lì, sempre vicini.
All'inizio non è stato facile, tuo padre è una capatosta, come avrebbe detto il nonno, ma alla fine abbiamo trovato una quadra."

"Capatosta?"

"Sì, testardo, cocciuto, ma ci siamo innamorati anche per questo. Diversi e vicini.
Il 2019 è stato un anno bello, considerato l'anno precedente: sembrava di riuscire a respirare un po'. E poi è arrivato il 2020."

"Questa è la parte che preferisco!"

 "Perché ti ricorda tanti quei vecchi film horror che guardiamo insieme. Il casino è scoppiato in un luogo molto molto lontano da qui, a fine dicembre del 2019. Molta gente cominciava a stare male ma non si capivà perché. Facevano fatica a respirare e presto hanno trovato la causa."

"Un virus!"

"Sì, un virus, che sembrava non cattivissimo, o forse le notizie arrivate qui non erano preoccupanti. Tant'è che abbiamo continuato a viaggiare, uscire, fare la nostra vita."

"E poi?"

"E poi, come tutti gli ospiti indesiderati o inattesi, è arrivato. Portato dagli aerei, dai turisti, dai treni, e presto eravamo circondati. Ma sottovalutavamo ancora il problema. Mamma ad esempio andava a fare aperitivi con le amiche, brindando con la birra Corona. Che per noi era una semplice influenza, così pensavamo. Poi l'esplosione."

"Come una bomba?"

"Più o meno, ma senza rumore. Si era scoperta l'alta infettività, qualcuno diceva che una volta preso, ci si poteva reinfettare. Così nessuno ha cominciato a sentirsi al sicuro. La nostra nazione è stata chiusa, prima un paio di regioni, poi tutta l'Italia. I voli sospesi. La vita come la conoscevamo è stata modificata. In quel frangente io mi trovavo con papà e lì sono rimasta, muovermi sarebbe stato complicato. Non potevo tornare a casa perché la Nonna aveva un'età a rischio. Le persone non potevano uscire e facevano piccoli concertini dal balcone, soprattutto nelle grosse città. Io e papà in quel paesino stavamo insieme e continuavamo a fare tante cose in attesa che la situazione si sbloccasse. E da lì non ci siamo più separati."

"E poi sono arrivata io."

"Sì, tutto era rimasto sospeso, alla fine le persone si sono stancate. Il disordine sociale ha avuto la meglio, per un po' ha regnato l'anarchia, qualcuno è uscito nonostante gli avvertimenti, qualcuno è rimasto chiuso in casa un po' per paura del virus e un po' per la violenza dilagante. Gli stati che sono partiti con l'isolamento e la quarantena dopo di noi hanno portato altri infetti e così via. Ci avevano sconsigliato di avere un figlio in quel momento così delicato e avevamo tanti dubbi anche noi, ma c'era pressione da parte dello stato per avere figli, perché stavamo diventando pochi, poi sai, sei una bambina speciale."

"Perché io sono immune."

"Già, perché tu sei immune a quel virus e quindi devono capire come puoi aiutare gli altri"

"Per quello sono qui, per aiutare tutti."

"Per quello sei qui"

Tolse il dito dal citofono perché cominciava a farle male. Tanto lei stava già dormendo, poteva vedere attraverso il vetro che li divideva il petto alzarsi e abbassarsi in modo regolare. La tuta con respiratore a cui era attaccata le cadeva pesante addosso e non vedeva l'ora di togliersela.
"Non sospetta nulla?"
"Sembra di no, crede sempre che io sia la madre"
"È dolce che le racconti la nostra storia, potrebbe darle un po' di speranza. La rende coraggiosa."
"È ingiusto, non etico, e lo sai."
"Il mondo ha pochissime speranze di tornare com'era, non abbiamo altra scelta"

Lungo quel corridoio, ogni giorno più lungo, le finestre mostravano un luogo diverso rispetto a qualche anno prima. Gli alberi non più potati e i rampicanti avevano preso possesso di ogni palo, ogni muro, ogni auto, ogni oggetto.

"Domani tocca a te il racconto del pisolino post prelievo. Ah, e ci serve ovviamente un nuovo campione di sangue"
Segnò una nota sul calendario:  Ratto 00842 non reagisce agli stimoli immunitari. Soppresso.

Era il 20 maggio 2040.

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