26 ottobre 2021

Chiedi alle rughe

I miei 40 anni sono passati quasi inosservati: c'è una ragione a tal proposito. Temevo di morire.

In parte è quasi un gioco, ne ho parlato altre volte qui, in parte un po' è stato così. Quando dico che è stato un gioco si è trattato proprio di una lettura di mano che mi feci da piccina: la mia linea della vita spezzata in quello strano modo, con una croce, non mi dava scampo secondo il libro. Sarei morta di una morte improvvisa a 40 anni. Anche se non ci ho mai creduto, per me i 40 anni sono diventati, da quel momento in poi, una sorta di deadline. Segnavano un limite per qualcosa.

E seppur non volendolo, così è stato.

A partire da circa sei mesi prima, una sorta di voragine scura ha cominciato a inghiottirmi. Sentivo una pesantezza addosso mai provata, tentacoli di un essere che mi trascinava via, dai quali non riuscivo a liberarmi.

In tutto questo, una pandemia che non accennava (e accenna) a finire e altri problemi che non sto qui a riportare. Il mondo si era fermato, e con una certa lucidità stavo cercando di fermarmi anche io. Il mio diario riporta piccoli appunti di questo progetto, diario che lasciavo accuratamente in giro sperando, non so cosa, forse che qualcuno mi facesse rinsavire. Poi d'improvviso, come destata da un brutto sogno, mi sono chiesa che cosa stessi facendo. E seppur ancora intrappolata tra le spire d'un mostro che continuava a portarmi giù con sé, seppur senza forze che mi permettessero di ribellarmi ho lasciato andare quel progetto disastroso con l'unico effetto di chiudermi ancora di più nel mio bozzolo dove nulla arriva, da dove nulla esce e che salvo rarissimi casi, mi impediva di esternare qualsiasi sensazione o emozione.

Del resto i miei 40 anni stavano arrivando, la mia deadline era vicina e io non avevo e non ho concluso nulla.

Ma tirando sempre fuori i nostri tarocchi, la carta della Morte non è una carta negativa, indica un cambiamento. Troppi mi stavano crollando addosso e pochi realizzando con le mie mani. In una lettura è importante controllare le carte che seguono quella del triste mietitore: belle carte indicano un cambiamento positivo. Ma le mie carte giacevano ancora coperte sul tavolo e io non volevo, né potevo, girarle.

Ed è così, cercando di girare quelle carte, che mi sono trovata, appena una settimana prima del mio compleanno, in una casa vuota ma tutta mia. Con un letto, un divano, un tavolo e quattro sedie.

Sola.

Poche volte ci si sofferma sulla tristezza di chi fugge, di quanto il cuore sia pesante, delle notti insonni e le lacrime di un progetto fallito, il senso di rabbia per non aver colto prima i segnali o di non averli voluti proprio vedere. Sentirsi addosso la responsabilità della tristezza di un altro essere umano a cui ci si sente intimamente legati. 

E una casa vuota.

E l'ennesimo fallimento.

Ci sono persone che si amano, si amano davvero, ma con le quali non riusciamo a comunicare. I loro pensieri vengono espressi nei modi peggiori e insieme si crea un connubio di potenza e devastazione che distrugge ogni cosa. Si entra in una risonanza negativa dove ci si fa del male.

Qualcuno mi disse, anni fa, eoni fa, che per produrre il minor numero di danni possibili, in quei casi, bisogna essere deserto. E così ho fatto.

Con tutte le difficoltà del caso di una persona che non nega mai una parola a nessuno, nemmeno allo sconosciuto che la ferma per la strada. 

Ci sono cose che però si rompono dentro, con microfratture che piano piano vanno a intaccare la struttura portante e succede che si cade. E possono accadere due cose. Si continua a scavare per seppellirsi o ci si rialza. Con grande fatica.

Mi sono rialzata, con grande fatica. Passando mesi di lacrime e lotte intestine in cui nemmeno io sapevo più chi fossi e cosa volessi e che ci facessi qui. Momenti in cui pensavo sarei rimasta sola per sempre e forse mi sarebbe anche andato bene, in cui pensavo che l'amore non esistesse e che anche la felicità (il famoso brambonodonte) fosse una chimera. 

In verità i miei 40, quel famoso compleanno festeggiato in una casa vuota con qualche amica più cara, non sono ancora passati. È come se quella lunghissima giornata stesse ancora scorrendo, verso però un futuro più luminoso, verso una notte senza tenebre, in attesa di un vero risveglio.

In verità i 40 anni non hanno decretato la mia morte. Sono viva, più viva.

Aspetto la fine di questo interminabile compleanno cominciato il 26 aprile del 2021 per poter assaporare questo nuovo anno. Consapevole di ciò che è stato, tenuto ciò che volevo tenere, buttato ciò che andava buttato.

Lo specchio mi restituisce (finalmente) l'età che ho.

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