12 maggio 2023

La puntaspilli

 Non ho (ormai) più paura degli esami medici e dei referti, a meno che il giovane e solerte dottorino di turno non sparisca all'improvviso dicendo "Torno subito" e arrivi poi con un medico più anziano, con il quale borbotta sottovoce usando parole in codice. Lì sì, mi preoccupo. E chiedo cosa sta succedendo. "No c'è una cosa piccola ma sicuramente non è niente, probabilmente una cosa vecchia". E tac, in men che non si dica ti han predisposto un altro intervento e non sai cosa pensare, oltre al fatto che mioddio quanto so' sfigata, c'è chi è più sfigato ma non è che voglio proprio vincere eh? Mica è un'olimpiade

Ma c'è una cosa che proprio non riesco a superare.

Gli aghi.

Non ne ho paura. Penso sia la prima paura che mi è dovuta passare a 13 anni, quando il pediatra, a seguito della scoperta di quel linfonodo gonfio sul collo e quella febbre che andava e veniva, ha apostrofato "Devi fare le analisi".

"Ma del sangue?". 

E quel piccolo terrore è passato quando ho scoperto che no, non avevo sentito niente. 

Poi è tornato, quando dopo svariati cicli di chemio, altri prelievi, altre chemio per la ricaduta, ecc, tutte le vene superficiali disponibili sono sparite dalla circolazione. Così gli infermieri son diventati creativi, almeno finché altre vene non si sono rotte. E l'unico posto disponibile per fare i prelievi è diventato il polso. Che sì fa male, molto, ma almeno non mi devono bucare mille volte per poi scoprire che "Eh mi spiace, ci sono solo quelle dei polsi" (sì certo, mi avessi dato retta prima ora non mi sentirei un puntaspilli tutto livido).

Quindi, salvo il prelievo annuale che ormai mi faccio il segno della croce e via di polso, l'unico altro esame per cui serve una vena che regga anche l'ingresso e non solo l'uscita è la risonanza magnetica con contrasto.

In genere mi trovano una vena sulle mani, fa male e quando entra il liquido di contrasto sento sempre un po' di bruciore, come se l'ago non fosse ben piantato, ma oggi sono andata tranquilla, stranamente. Mi sentivo fiduciosa.

Infausto presagio.

Appena arrivo mi fanno accomodare, non devo nemmeno aspettare o prendere un numero, altro infausto presagio.

Non mi sono nemmeno persa tra i corridoi dell'enorme ospedale, perché il medico giorni fa mi ha chiamata per dirmi che gli serviva l'impegnativa via fax ("Ah ma gliela mando via email, me l'ha inviata il medico via posta elettronica, così gliela inoltro e basta" - "No, ci serve proprio il fax". Certo che i Flinstones ve fanno una pippa) e dato che nella mia nuova agendina mi ero appuntata "Cercare dove si trova l'ingresso di Via Dogliotti per la risonanza magnetica" e avevo il mastro esperto del proprio reparto di radiologia direttamente al telefono, mi ero fatta spiegare e mi ero appuntata l'esatto percorso da fare entrando da corso Bramante. "Andare a sinistra, seguire il corridoio fino in fondo in direzione del fiume (giuro, mi aspettavo che mi dicesse "svolti a sinistra alla grande quercia"), poi scendere in radiologia 3, prof. Righi". Il professor Righi non era menzionato da nessuna parte, ma la radiologia 3 l'ho trovata senza problemi.

Infaustissimi presagi.

Mi fanno spogliare, via anche i calzini, ma ho degli elegantissimi calzari di plastica blu, via tutto il resto, ignuda come mamma mi ha fatto tranne le mutandine, quelle no posso tenerle, i calzini no ma le mutande sì. Ci sono misteri insondabili della medicina moderna (che si fa mandare ancora le impegnative via fax e inserisce la parola "fiume" in una frase in cui fornisce indicazioni per arrivare a un reparto) che non è possibile svelare. 

E quando mi fanno sdraiare sul lettino (dopo essermi tolta le lenti a contatto - non ricordo mai che la risonanza va fatta senza - poggiandole in un bicchierino di plastica tutt'altro che sterile, pieno di soluzione salina) e la ragazza inizia a tastarmi le braccia in cerca di una vena, solo lì, tutt'a un tratto, leggo i presagi come tali.

La ragazza, inizialmente col laccio emostatico solo sul braccio sinistro, rimasto appeso a penzoloni e ormai privo di qualsiasi sensibilità, si sposta sull'altro braccio, stringe un altro laccio emostatico e mi chiede di tenere entrambe le braccia a penzoloni.

E così, come un moderno Gesù Cristo resto un po', aspettando che qualche vena decida di dare un party in superficie invece di restare, timida, in fondo alla carne che ormai sta diventando violacea.

La ragazza (dottoressa? radiologa?) si butta "Ok ne sento una piccola piccola qui a destra". È sul lato sinistro del polso. Buca e fa male, ma non faccio nemmeno in tempo a dire AHIA che apostrofa "Oh mannaggia si è rotta appena l'ho toccata".

Sfila l'ago e riprende la ricerca.

"Ma non hai proprio niente, mi sa che devo chiamare un'infermiera".

Mentre la chiama spunta un giovanotto che non fa che chiamarmi "cara" (già lo detesto) e nell'attesa, decide di giocare anche lui al gioco più complicato di tutti: "trovalavenaacarla".

Qui a sinistra han già provato? Ma di solito dove la bucano? Ne sento una. Se per lei va bene, cara, proverei.

Senza nemmeno aspettare la risposta prende l'ago, disinfetta e buca. È sulla mano sinistra, vicino alle nocche.

Se anche sulle mani è rimasto poco è perché dopo aver annientato tutte le vene delle braccia, le chemio sono state fatte proprio lì, sulle mani, prima di decidersi a mettermi un catetere venoso centrale.

"Ah, cara mi spiace, si è rotta quasi subito"

Mi ricorda la barzelletta che mi raccontò un mio compagno delle elementari, su un convento pieno di frati bestemmiatori che ospitarono a cena un importantissimo vescovo e l'abate si raccomandò di non dire blasfemie di alcun tipo.

Ma un frate, portando la prima portata, scivolò e urlò: "MADONNA PU... rificaci".

L'abate stava già sudando ma tirò un bel respiro di sollievo.

Un altro frate, portando la seconda portata scivolò e disse a gran voce "DIO M... isericordioso"

L'abate quasi si congelò ma si disse che fino a lì, era in fondo andato tutto bene.

Il frate del dolce però scivolò anch'esso, spargendo il dolce per terra e facendosi un gran male. Non tardò a urlare "PER DIO E LA MADONNA".

E tutti gli altri frati, in coro "HIP HIP HURRÀ".

Ecco, avrei voluto urlare esattamente la stessa frase dell'ultimo frate.

Così, seminuda, con i sensi di colpa di chi non ha vene, sta facendo perdere tempo agli altri e viene messa quasi in punizione, vengo rispedita nello spogliatoio mentre fanno accomodare la prossima vittima domandandole "Lei come è messa a vene?". Ed ero lì lì per rivestirmi e andarmene quando poco dopo arriva l'infermiera, che in pochi minuti e con un solo buco, dolorosissimo, risolve la situazione.

Risonanza magnetica al seno salvata. La mia mano un po' meno.


Notare gli elegantissimi calzari


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